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    maeve weaford
    dawn finnigan
    › warrior › 18 › sheet

    « I woke up stronger than ever Driven by big waves of fire To run and yell all the way "Nothing can hurt me today" »
    I due giovani stettero a guardarsi per quelli che a Maeve parvero secoli. Non riuscì a decifrare l'espressione sul viso di Cain, non capiva se le sue parole erano riuscite a smuovere qualcosa. Se ciò non fosse accaduto, doveva ammetterlo, non ne sarebbe rimasta sorpresa: quel ragazzo era testardo come un mulo. Si preparò psicologicamente ad una risposta fredda, tipo "Ti ho detto di andartene", oppure una risposta assente, che non sarebbe mai arrivata, perché se ne sarebbe andato. Era pronta a tutto, ma non a lui che le domandava come si chiamasse. Ci mise qualche secondo a rispondere, il tempo di processare la domanda. Veramente? Non sapeva il suo nome? Eppure si era presentata, più di un mese fa!
    - Ah, giusto, mi aveva bellamente ignorata - aggiunse tra sé e sé, ricomponendosi il più in fretta possibile. « Dawn. » fece, ma stavolta il ragazzo diede segno di averla ascoltata. « Dawn... grazie. » ecco, a questo non si era minimamente preparata. Si sarebbe aspettata una risposta scortese, un'occhiata penetrante, un altro monologo alla "io sono il cattivo", ma non un sorriso e una parola gentile. Maeve ebbe l'impressione di avere la gola secca, così, all'improvviso, e sul momento non riuscì a rispondere, esterrefatta. Cain non le diede neanche il tempo di farlo, visto che si avvicinò a Briallen, ormai tranquilla, e la ragazza lo seguì con lo sguardo. L'aveva ringraziata. Non lo pensava capace di un gesto simile, almeno fino a quel momento. Da quando era arrivato non si era mostrato molto garbato, né nei modi né nelle parole, ma quel semplice grazie, più unico che raro, le aveva scaldato il cuore e un sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra mentre lo osservava accarezzare la puledra. Benché burbero e diffidente, in fondo la sua era un'anima gentile. « Al volo! » la voce del ragazzo la riportò alla realtà, e Maeve riuscì ad afferrare la spazzola per miracolo, prima che la colpisse, rischiando però di farla cadere dalle sue stesse mani. « Muoviti, i cavalli non si strigliano da soli. » fece lui, notando che ancora non si era mossa. Maeve alzò gli occhi al cielo, ma sapeva che quella spazzola valeva più di mille parole. La ragazza sbuffò in direzione di Cain mentre si avvicinava a Briallen, dal lato opposto al suo, accarezzandole il manto scuro. La principessa cominciò a strigliare la puledra in silenzio, guardando il ragazzo di sottecchi di tanto in tanto, godendosi la sua compagnia. Stavolta stare insieme a lui non lo sentiva come una costrizione, bensì la sua presenza la metteva di buonumore. Forse perché, finalmente, era riuscita a farlo aprire un po'. Si godette quel silenzio senza sentire il bisogno di riempirlo, perché già tutto era stato detto: lei non l'avrebbe lasciato solo e lui l'aveva ringraziata.

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    Cain, dal fatidico incontro nella stalla, era cambiato. Maeve, che lo incontrava ormai ogni giorno, lo aveva notato. Adesso la salutava perfino, e sembrava più entusiasta di allenarsi con lei, seppur non riuscisse ad eguagliarlo nell'arte della spada. Forse con l'arco avrebbe avuto più possibilità, ma i suoi insegnamenti erano tanto duri quanto preziosi. Il ragazzo non ci andava giù piano con lei, e seppure a fine giornata i muscoli le facessero male non poteva non ringraziarlo. Sentiva di essere migliorata, ma non era abbastanza. Non sarebbe mai stato abbastanza, se lui avesse deciso di non scendere in battaglia al loro fianco. Doveva diventare il più forte possibile prima dell'attacco di Greil. I soldati che avevano mandato al confine mandavano rapporti ogni quattro giorni, e ogni volta la situazione era sempre la stessa: stabile. Quella parola le faceva paura. Significava che nulla si muoveva, nulla destava sospetti, perché Greil era in stasi. Non si avevano notizie neanche dell'avanzata nel regno di Alturath ed una possibile conquista di Vearakir. Dal canto loro, Mundoor e Naultheras non collaboravano: inviano risposte vaghe, come se quella situazione non li riguardasse da vicino; dicevano che avrebbero mandato soldati una volta che l'attacco sarebbe diventato realtà, ma forse per quel momento sarebbe stato troppo tardi. Sua madre, ora più che mai, insisteva che sposasse Lysander di Estra: senza dubbio era di buon partito, la forza bellica del regno era niente male e le loro famiglie andavano d'accordo, senza contare il lato commerciale ed economico - decisamente vantaggioso -, ma Maeve era sempre della stessa idea. Un'alleanza la si poteva costruire anche senza un matrimonio, non era disposta a scendere a patti. Questi erano i pensieri che tormentavano la principessa di Thyandul da settimane ormai, e, ovviamente, ci stava pensando anche in quel momento. Lei e Cain si vedevano tutti i giorni, alla stessa ora e sempre al campo di allenamento, per allenarsi insieme: finalmente Cain aveva accettato la sua sfida a duello - gliel'aveva chiesto giorni fa, alla fine aveva desistito - ma non riusciva a concentrarsi quanto avrebbe voluto. Ogni volta che assestava un colpo o parava un fendente micidiale del suo avversario, l'attimo dopo era già a pensare a cosa avrebbe dovuto fare per impedire a Greil di far breccia nel suo territorio. Quella situazione incerta la stava stressando, e passare le notti a studiare strategie non avrebbe risolto nulla e -
    All'improvviso, la spada del ragazzo riuscì a rompere la sua guardia e le sembrò un po' troppo vicina al suo viso. Sì, era decisamente troppo vicina al suo viso. Maeve chiuse istintivamente gli occhi e si allontanò di scatto, ma la punta dell'arma riuscì comunque a ferirla. « Dawn! », gridò Cain, sembrava essere preoccupato. Sentì lo zigomo bruciare ed un dolore, seppur lieve, proprio a quell'altezza, e capì che non era riuscita a sfuggire del tutto al pericolo. Si toccò piano la guancia e si portò la mano davanti agli occhi: le punte dell'indice e del medio erano rosso sangue. Vide Cain avanzare verso di lei, il viso corrucciato, e, con sua grande sorpresa, appoggiò una mano sulla sua guancia ferita, facendo scorrere il pollice su di essa per ripulire il sangue. « Non sembra niente di serio... », « No, infatti, tranquillo » riuscì solo a dire lei, perché averlo così vicino non le era mai capitato prima. Non capiva se era la ferita a bruciarle o il contatto della mano calda di lui sul viso, fatto stava che era maledettamente vicino. Troppo vicino. Lo stomaco prese a farle male come se non mangiasse da giorni, e quella sensazione le fece uno strano effetto. Non le piaceva. Per fortuna Cain si allontanò repentino, e Maeve riuscì finalmente a focalizzarsi su altro che non fossero gli occhi di lui - mamma mia, di un blu strabiliante. Da quando aveva gli occhi così belli? - Eh no, eh -. Ritornò a toccare la ferita cautamente per togliere altro sangue, rassicurata dal fatto che avesse la magia bianca dalla sua. Ci avrebbe pensato dopo, curarla di nascosto in quel momento avrebbe destato sospetti. « Non è nulla di che, continuiamo » fece, raddrizzando il busto e in procinto di mettersi in posizione. « ...ma andiamo comunque in infermeria. », Maeve si immobilizzò sul posto, guardando di rimando Cain. « Ti ho detto che non è necessario » fece, alzando il tono della voce, come se lui non l'avesse ascoltata. Non poteva rivelargli il suo potere curativo - chiunque avrebbe fatto facilmente due più due -, ma non era nulla di che: un semplice taglietto non aveva bisogno di medicazioni da parte di qualche infermiera. « Posso medicarmi da sola una volta finito il duello » aggiunse, ma il ragazzo le afferrò il polso senza fare complimenti - anzi, sembrava davvero non avesse sentito neanche una parola di quello che aveva detto - e la trascinò di peso lontano dal campo, facendole cadere la spada. « Ehi, smettila! » gridò lei, tentando di puntare i piedi e fermarlo. Ovviamente non funzionò: Cain era molto più forte e muscoloso di lei, e quanto pare molto determinato a portarla nell'infermeria dell'accampamento, dedicata esclusivamente ai soldati. « Ti ho detto che... », Maeve si aggrappò inutilmente ad un palo che era riuscita a raggiungere con la mano libera, « ... non ce n'è bisogno! » sbraitò ancora, ma Cain sembrava non desistere a sua volta. Peccato che, tra i due, fosse lui quello con più forza fisica. Alla fine riuscì a farle varcare la porta dell'infermeria, e Maeve dovette arrendersi a perdere tempo lì dentro. « Mi sono ferita » fece, tentando di mostrarsi gentile e non assolutamente infastidita, e la ragazza che li accolse - lunghi capelli biondi, occhi cerulei, tantissime lentiggini - le indicò una panca per sedersi. Era un luogo piuttosto spoglio, con pochi mobili - un tavolo, una panca, qualche sedia e delle mensole - , una tenda copriva un'altra stanza collegata che probabilmente conteneva i lettini. Appena ella si voltò, Maeve lanciò un'occhiataccia a Cain, sedendosi sgraziatamente e attendendo la ragazza, che era poco lontano da lei ad armeggiare con degli unguenti. Quello era tutto tempo che potevano utilizzare per allenarsi, se solo Cain le avesse dato retta. Il ragazzo si sistemò al lato opposto della stanza, e notò solo allora altre due giovani infermiere intente a confabulare in un angolino. Seguendo i loro sguardi, sembrava stessero parlando di Cain. La ragazza aggrottò le sopracciglia, nascondendo il fastidio che provava per quella situazione. Cain non si era fatto assolutamente una buona fama fin da subito con tutta quella storia dell'eroe - qualche volta a pensarci si innervosiva ancora - e aveva un caratteraccio che lo rendeva inavvicinabile, ma aveva notato come all'accampamento solo lei gli rivolgeva la parola o era l'unica che, spontaneamente, gli chiedeva di allenarsi insieme. Aveva notato come molti soldati parlottavano al suo passaggio e lo squadravano dall'alto in basso, e molte matricole lo evitavano perché incuteva timore e per la sua brutale potenza e incomparabile abilità. Eppure, solo a vedere lo sguardo maligno e ostile che quelle due ragazze gli riservavano e come lo studiavano in lontananza, le mandava il sangue alla testa. Per quanto Cain stesse purtroppo sfuggendo alla scelta della dea Manaar, ricaduta su di lui, non si meritava questo infimo trattamento: avessero avuto almeno il coraggio di dirgli in faccia quello che pensavano. Quello era un mondo di codardi, di tutte le specie.
    La principessa sobbalzò all'inaspettato contatto con un unguento che le pizzicò la ferita, e l'infermiera ridacchiò. « Perdonami » disse, ma Maeve le fece cenno con la mano che era tutto okay. Di nuovo il suo sguardo ricadde, senza farlo apposta, sulle due ragazze che parlottavano in lontananza, ma lo distolse appena si accorsero che le stava guardando. Ultimamente era riuscita a mettersi nei panni di Cain, era riuscita in parte a capire come si sentiva, ed ora riusciva a vederlo come un ragazzo, e non solo come il presunto salvatore del suo regno. Non era solo una macchina da guerra, indispensabile per vincere e per fare il volere di Manaar, ma era anche, e soprattutto, un ragazzo. Nessuno si meritava tanta cattiveria, e a distanza di tempo dimostrargli il suo supporto era diventato sempre più importante. Gliel'aveva detto, in fondo: non l'avrebbe lasciato solo. « Vado a prendere un'altra pomata e qualche benda, torno subito ». Maeve annuì distratta, mentre la ragazza si allontanava e, con suo immenso piacere, fece cenno alle altre due di seguirla. Le sembrò che l'aria si facesse più leggera, e tirò un sospiro di sollievo. « Che diavolo ti è preso, si può sapere? » la voce bassa di Cain la fece voltare di scatto in sua direzione, e ci mise qualche secondo ad articolare la sua domanda. « In - In che senso? » chiese di rimando, sollevando un sopracciglio: non capiva a quale situazione si stesse riferendo. « Perché non hai parato quel colpo? ». Maeve si morse il labbro, alla ricerca di una mezza verità da rifilargli. Perché, ovviamente, non era il caso di dire che fosse molto preoccupata per il futuro del suo paese ed era da settimane che non riusciva a chiudere occhio nella speranza di trovare una soluzione a quella che sembrava il principio di una guerra inevitabile e crudele. « Ho le braccine esili » esclamò, tendendole verso di lui. In effetti, lei puntava molto di più sulla velocità e il predire le mosse altrui piuttosto che sulla forza bruta, senza contare che se avesse iniziato a mettere su massa muscolare sulle braccia e sulle spalle sua madre si sarebbe insospettita. Il corpo di una principessa deve essere delicato e fragile, come una farfalla. Glielo ripeteva spesso, e più glielo diceva più desiderava di possedere dei muscoli da far invidia anche all'eroe stesso. « E tu non sai contenerti » aggiunse, facendogli una linguaccia, « Non hai pietà neanche per una povera matricola come me ». Fare la parte dell'ingenua, quando si trattava di Dawn, le riusciva difficile, ma era necessario. Sapeva che non era lui a dover andarci piano, ma lei a dover rafforzare le sue difese. La ragazza prese a fissarsi le punte degli stivali, mentre il silenzio calava tra di loro. Maeve amava il silenzio: alludeva alla concentrazione, al conforto, all'autorità, a quando due persone erano talmente a loro agio che non sentivano il bisogno di parlare di continuo. Eppure, in quel momento voleva riempirlo. Continuava a pensare a quelle due ragazze e alle loro risatine di scherno. Lui cosa provava? Il suo popolo gli faceva ribrezzo, gli provocava rabbia? Com'era stata la sua vita fino a quel momento? Tante domande alle quali, già lo sapeva, Cain non avrebbe risposto. « Come ti trovi qui? » domandò alla fine, tornando a guardarlo. Stavolta non aveva tirato fuori un argomento di conversazione a caso giusto per entrarci in confidenza: voleva saperlo davvero, le importava. « Ti piace Xanturion? L'hai mai vista? » sapeva già la risposta, e sapeva anche chi era stato ad incatenarlo in un luogo dal quale avrebbe voluto scappare. « Non sono mai stata in Erethos, ma penso che qui sia completamente diverso ». I suoi occhi raccontavano storie che non le era permesso sapere. Manaar, quanto avrebbe voluto che quel peso potesse alleggerirsi.

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    Edited by altäir - 11/5/2021, 00:24
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    conferma aff & gem

    Ehilà, affiliati e gemellati :< 3 <3: Ho aperto questo topic per, come avrete sicuramente intuito, confermare l'affiliazione e/o il gemellaggio che avete instaurato con il mio blog. E' da tanto che non faccio una pulizia, ho notato che ci sono vari forum inattivi, quindi ne approfitto :oooooof: Se volete mantenere l'affiliazione e/o il gemellaggio, basterà riempire il modulo qua sotto c: Chiuderò il topic il 5 aprile, quindi modificherò la tabella in quella data.

    Piccola nota: so di essere un fantasmino, purtroppo sono stata molto impegnata, ma con questa quarantena sto tentando piano piano di rimettere in piedi questo posticino :ancora sbrilluccic:


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    Edited by altäir - 26/3/2020, 11:54
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    maeve weaford
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    Le parole di Cain la colpirono come pugnali, taglienti, dritte al petto. Inaspettate. Non era riuscita a difendersi. Persino Briallen si innervosì, e la ragazza cercò di farla rimanere sul posto e calmarla, mentre osservava, confusa, l'eroe, che, gridando, sembrava si stesse liberando di un grosso peso. Da quanto tempo si stava tenendo dentro quelle cose? « Cain, aspetta, io - », « Perché continui a girarmi attorno, si può sapere? » la interruppe, la sua voce imponente che sovrastava quella di Maeve, perplessa e titubante. Già, perché gli stava accanto? Chi glielo faceva fare in fin dei conti? Cain non li avrebbe mai aiutati, mai. Un'amicizia con una ragazzina qualunque non lo avrebbe portato in battaglia al loro fianco. Non avrebbe mai brandito Yeosin come faceva con la sua spada. Perché sprecare così tante energie e tempo, effettivamente, giusto per sentirsi urlare in faccia che non aveva bisogno di nessuno? Il suo primo pensiero fu quello di mandarlo al diavolo, una volta per tutte. Avrebbe continuato ad allenarsi, sarebbe scappata per aiutare il suo esercito, avrebbero vinto la guerra e tanti saluti, Cain sarebbe tornato in Erethos senza tanti complimenti e senza essere costretto a fare nulla che non volesse fare. « Hai la minima idea di chi io sia? » Sì, un grandissimo imbecille. I cavalli continuavano a nitrire, nervosi, mentre tutto quel discorso senza senso le mandava il sangue alla testa. Cain di qua, Erethos di là. Lo sapeva, diamine, lo sapeva, perché vantarsene così? Perché dire di essere il figlio di quello squilibrato di Greil se poi il massimo che lui faceva era starsene in un angolo ad allenarsi da solo, senza dare fastidio a nessuno? Lui non era come suo padre, si aggrappava a lui per dare un senso alla sua esistenza. Aggrottò le sopracciglia, guardando il vido di Cain, e notò qualcosa al quale fino a quel momento non aveva fatto caso. Era furioso, era impetuoso, e quando finì di parlare nei suoi occhi lesse i rimasugli della sua rabbia ed una silenziosa e letale tristezza. Cosa gli stava accadendo? Da quanto si sentiva così? Maeve sostenne il suo sguardo, tentando di capire cosa gli passasse per la testa. Lui stesso si considerava un assassino, quindi perché parlarne con tanta ripugnanza? Più lo guardava, più lo vedeva stanco e solo, in una nazione che non era la sua, senza nessuno accanto - fatta eccezione per una ragazzetta petulante. Tutti lo evitavano per la sua discendenza, ma qualcuno lo aveva mai visto spazzolare gentilmente una cavalla o avere la pazienza di insegnare ad una giovane insistente come tirar di spada, senza trarne nulla in cambio? Era convinta che nascondesse una gentilezza senza pari, nonostante la celasse dietro un muso scorbutico e una lingua tagliente, così come era convinta che avesse tutte le carte in tavola per cambiare il suo destino. Era strano provare quelle cose per uno come Cain, un tizio che aveva maledetto giorno e notte per la sua testardaggine ed insolenza. Era strano tentare di comprenderlo ed, effettivamente, riuscirci. Eppure erano così diversi, incompatibili, opposti. « Devi starmi lontano. », no, non lo avrebbe fatto. Per il bene superiore, per dargli una mano, perché neanche lui voleva stare davvero da solo. « No » rispose, decisa, appena lui finì di parlare. Non poteva, non dopo aver visto quegli occhi, non con una guerra alle porte. « Smettila di lamentarti, tu non vuoi rimanere da solo » continuò, stringendo i pugni. Voleva una mano, vero? Gliel'avrebbe data. « Non m'importa chi tu sia, siamo entrambi soldati » avrebbe voluto avvicinarsi, ma aveva paura che potesse andarsene. Non voleva che scappasse, non anche da lei. Dawn era l'unica possibilità per avvicinarlo, per tentare di rendergli il soggiorno a Thyandul un po' più piacevole. Cain non era solamente l'eroe di Thyandul, era un ragazzo abbandonato a sé stesso, con i propri dubbi e timori, perché se ne rendeva conto solo ora? Si diede della stupida, e più lo guardava più pensava che la causa del suo dolore potesse essere lei.
    « Mi hai sempre aiutata, e hai avuto molteplici occasioni per farci del male. Occasioni che non hai mai sfruttato » e avrebbe avuto molti motivi per farlo. Sapeva cosa si provava ad avere tutti contro, ad essere ignorato, a sentire qualcuno sussurrare qualcosa al proprio passaggio. Forse erano più simili di quel che credeva. « Che arcinemico temibile, eh? » ridacchiò, ma subito dopo rialzò lo sguardo su di lui, condividendo la sua tristezza. Si sentì come quando Dominic era scomparso, sola e spaesata, senza nessun punto di riferimento, solo tante responsabilità da cui avrebbe voluto scappare. Forse anche lui stava provando qualcosa di simile. « Tu sei molto più che un principe di una nazione nemica, il nostro destino lo costruiamo noi ogni giorno » lasciò per un attimo da parte la faccenda dell'eroe, quello che avrebbe dovuto salvare il regno, colui che avrebbe sconfitto il male una volta per tutte. Era solo un ragazzo, e lei era solo una ragazza, entrambi con responsabilità più grandi di loro. « Io non ti lascerò solo » gli sorrise, utilizzando il tono più pacato e rassicurante possibile. Avrebbe protetto il suo popolo, ma sentiva di voler provare ad andare d'accordo con Cain a prescindere dall'esito della guerra. D'improvviso, si era sentita sola ed affranta, come anni fa. Non voleva che lui si sentisse così.

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  4. .
    regno di thyandul
    Città di Xanturion • Scuderie



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    Ovviamente non si aspettava che, alla sua richiesta, Cain facesse i salti di gioia, ma non pensava neanche esibisse un'espressione quasi schifata. Ci mancava solo che girasse i tacchi e il gioco era fatto. Non che ne sarebbe stata triste, meno tempo passava in sua compagnia meglio era, ma doveva a conoscerlo a fondo. Per il bene superiore. Era da quando aveva messo su questo teatrino che si ripeteva la stessa cosa. Per il bene superiore. Era complicato, soprattutto quando anche il presunto eroe si rivolgeva a lei come se pure lui preferisse essere ovunque tranne lì, con lei. « Ma che razza di soldato sei? Come diavolo fai a non saper battere una spada? ». Maeve sorrise imbarazzata, portando la mano dietro la nuca. « Sono una matricola, e non ho mai avuto una mia spada da... sì, da battere », rispose, ridendo piano, « Ho sempre preso quelle da allenamento e via, ho solo guardato gli altri farlo ». In testa le balenò l'immagine di suo fratello, la guance sporche di fuliggine perché aveva tentato di spostarsi i capelli dal viso, e il suo solito sorriso luminoso. Quanto le mancava. Ogni stramaledetto angolo del castello, dell'accampamento, di tutta Xanturion le ricordavano lui, e a distanza di anni sentiva una fitta al cuore al solo pensiero. Maeve si riprese in fretta, e al sospiro del ragazzo fece spallucce. Sapeva di essere indietro e considerarla un soldato era un'esagerazione, ma a quanto pare ogni persona lì dentro doveva sottolinearlo. In quanto donna si sentiva costantemente sotto osservazione, sempre messa alla prova, e il comandante Cox era il primo ad agire in modo così meschino e molti soldati lo seguivano a ruota. A quanto pareva, Cain non sembrava essere della stessa idea. Sperava veramente di non sbagliarsi. « E va bene. ». Maeve esibì un sorrisone a trentadue denti, tipico di Dawn - Maeve non si sarebbe sentita abbastanza a suo agio da farlo - e rimase al suo fianco ad osservare i movimenti del ragazzo. Era evidente che sapeva cosa fare: i suoi colpi erano decisi e ben mirati, la forza nel braccio ben calibrata, non sbagliava un colpo. La ragazza gli lanciò un'occhiata di sottecchi: il volto del ragazzo era corrugato in un'espressione concentrata, che, a dirla tutta, era simile a quella che esibiva da quando era arrivato a Thyandul. Dubitava che in Erethos fosse più contento. Forse ci era nato, con quella faccia antipatica e perennemente arrabbiata. « Okay, tocca a me! » esclamò, con le mani tese verso di lui per farsi passare il martello, ma Cain rinfoderò la sua arma all'istante. « Non... tocca a me? » fece subito dopo, e il ragazzo rispose alla sua domanda con un solo sguardo. Evidentemente quella era la sua spada, e no, giustamente non gliel'avrebbe fatta toccare. Comprensibile, chissà in che stato avrebbe potuto ridurgliela. Maeve afferrò prontamente la spranga e il coltello che il ragazzo gli passò senza fare complimenti, e subito tentò di replicare quel che aveva visto fare al ragazzo. Qualcosa - tipo l'improvviso sbiancamento del viso di Cain - le diceva che forse stava sbagliando qualcosa. « Troppo forte? » si voltò verso di lui, riferendosi al bozzolo che aveva accidentalmente creato. « Questo significa che non so dosare la mia mirabolante potenza » fece, facendo un sorrisetto sghembo a cui lui non fece caso., perché si mosse velocemente dietro di lei, preoccupato per quella povera spranga come se fosse la sua. Ad un certo punto, un brivido freddo le percorse la schiena ed in contemporanea il ragazzo le afferrò il polso. Maeve si irrigidì, senza volerlo, ed ebbe l'istinto di strappare la presa ed andarsene. Lo stomaco prese a farle male per il nervosismo e la repulsione, ma riuscì a controllarsi giusto il tempo che Cain le mostrasse cosa stava sbagliando. « Il movimento da fare è questo... », gli fece lui, molto, troppo vicino. Quel movimento le sembrò durasse interi ed infiniti minuti, ed appena la lasciò trattenne un sospiro di sollievo. « Va bene » riuscì a dire, sottovoce, controllando che il movimento fosse più simile possibile a quello che lui le aveva mostrato. Quel contatto prolungato non aveva avuto un buon effetto su di lei, ma ciò che fece in seguito sembrò compiacere Cain. Se non altro non erano comparsi altri crateri su quella povera spranga. « Dopo hai voglia di allenarti un po'? » chiese, tentando di apparire risoluta. Per il bene superiore. Lo avrebbe fatto avvicinare tutte le volte necessarie, l'importante è che il suo popolo fosse al sicuro e con qualcuno di sorprendentemente forte a proteggerli.

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    Dall'altro lato del tavolo, vide il re appoggiare la testa sul palmo della mano, visibilmente esausto. Lo sguardo di Maeve passò dal volto provato del padre a quello attento del generale Gyfford al tavolo, accerchiato da pezzi grossi dell'esercito e vari consiglieri, dove era stata stesa una mappa rappresentante l'intera penisola di Surturas e vari segnalini da utilizzare all'occorrenza. La pressione era palpabile, e la visione del generale Barnes aveva totalmente senso: Greil avrebbe attaccato. Si era già fatto strada nella regione di Alturath qualche settimana prima, sicuramente deciso a conquistare Vearakir, grande città dell'ovest di Surturas, importantissima per il commercio marittimo e la presenza di una potente flotta militare. Se fosse riuscito a conquistarla in breve tempo, questa guerra, non ancora iniziata, sarebbe finita ancor prima di cominciare. Ethelbert era stremato: era risaputo che il re non volesse una guerra, ma di fronte a quella situazione come potevano agire se non imbracciando le armi? La testa di Maeve non si era fermata dall'inizio del consiglio, tentando di trovare una soluzione disperata. Presto o tardi, sarebbe scoppiata una guerra. Il problema era l'imprevidibilità delle azioni di Greil: avrebbe potuto attaccare quella sera stessa così come tra mesi, non riuscivano a capirlo. Potevano giocare d'anticipo, ma significava fare il primo passo: avevano abbastanza fondi, gli alleati sarebbero scesi in battaglia, le truppe erano pronte? L'eroe di certo non lo era. « Una guerra è inevitabile, padre » la principessa ruppe il silenzio, e i presenti si girarono verso di lei. Suo padre la guardò con occhi tristi, stanchi, di un re che non voleva più saperne nulla di manie di conquista altrui. « L'unica cosa che possiamo fare è giocare d'anticipo » diede voce ai suoi pensieri, e il primo a girarsi da tutt'altra parte fu Cox, deciso a non ascoltarla. - Fanculo. -. « Ma i soldati non sono pronti, abbiamo un sacco di matricole, li manderemmo incontro a morte certa » fece subito Barnes, e Maeve si morse il labbro. Lo sapeva bene, molti dei suoi colleghi erano poco più che novizi, compresa lei, anche se era passato ormai un mese dall'arrivo di Cain. L'ultima cosa che voleva era mandare il suo popolo dritto nelle braccia del nemico. « Prepariamo i soldati migliori ad un attacco imminente, più soldati e vedette ai confini, convincerò Mundoor e Naultheras ad inviarci quanti più soldati possibili, e nel frattempo tempriamo i soldati novizi » la ragazza puntò le mani sul tavolo mentre parlava con voce autoritaria, guardando tutti dritti negli occhi. Non doveva dimostrare a nessuno che aveva la stoffa per essere una brava regnante, ma alcuni in quella stanza ancora ne dubitavano. Non l'avrebbero fermata. Nessuno lo avrebbe fatto. « Tutto nel minor tempo possibile ». Se fossero riusciti a fermare Greil al confine, già sarebbero arrivati a metà dell'opera. Avrebbero avuto il tempo così di attendere altri soldati e far finire tutto nel minor tempo possibile, in modo da non danneggiare né gli abitanti né l'economia di Thyandul. Però il re e i generali dovevano darle fiducia, e quella era la cosa più difficile da ottenere. « E l'eroe? ». Quella domanda arrivò come un fulmine a ciel sereno. Già, l'eroe. Si allenava con lui da tempo ormai, e seppur fosse riuscita a scalfire la sua corazza, era evidente che ancora non si fidasse di lei. Seppur lei aveva imparato ad avere più pazienza con lui e cercare di mettersi nei suoi panni, Cain non badava a quante vite avesse sulle spalle a causa della decisione presa da Manaar. Non poteva costringerlo, ma erano in una situazione delicata, e la sua forza, combinata a quella della sacra spada Yeosin, poteva cambiare le carte in tavola. Ma lui non voleva saperne.
    « Andasse al diavolo » fece piano, stringendo i pugni. In una situazione come quella, dove le vite dei suoi cittadini erano appese ad un filo, dove gli occhi di tutti i presenti erano puntati su di lei e molti desideravano solo che stesse zitta, si sentì ribollire il sangue nelle vene. « Thyandul dovrà rispondere, con o senza di lui. Non possiamo permetterci nessuna esitazione ». Doveva mettere ciò a cui teneva di più al primo posto, e per la sua terra era pronta a sacrificare sé stessa.

    • • •

    Maeve si assicurò che i soldati uscissero dalle scuderie prima di entrare per, finalmente, tornare alle sue fattezze da principessa. Quella giornata era stata sfiancante, voleva solo ritirarsi nelle sue stanze e riposare fino all'ora di cena, e per di più nessun messaggero aveva fatto ritorno a palazzo. Giorni fa aveva inviato delle lettere ai loro storici alleati, avvertendoli della situazione e domandando delle truppe, ma non avevano ancora ricevuto risposte. Greil, d'altro canto, non si era più mosso. Cosa sarebbe successo? Quell'interrogativo la faceva impazzire, e neanche stare sui libri o tirare di spada la faceva rilassare. Se solo Cain si fosse deciso a collaborare, se solo lei fosse riuscita a capire cosa pensava quel ragazzo di quella situazione... Sarebbe stato tutto più semplice, per tutti. La ragazza varcò l'entrata della scuderia sospirando, avviandosi verso il box dove solitamente lasciava i suoi vestiti, ma all'interno trovò un'inaspettata sorpresa: una cavalla dal manto candido nitrì appena la vide, strofinando il muso contro il viso della ragazza e prendendola alla sprovvista. « Araluen, stai buona, piccola! » esclamò, accarezzandola vigorosamente sul collo e facendo combaciare la sua fronte e quella dell'animale. Araluen non era altro che la sua cavalla, erano cresciute praticamente insieme, e l'aveva riconosciuta nonostante avesse un aspetto diverso dal solito. Maeve sorrise appoggiando la guancia sul muso del cavallo, continuando ad accarezzarlo. « Brava piccola » le sussurrò, mentre un altro nitrito attirò la sua attenzione. Una figura familiare era intenta a cercare di strigliare una puledra alquanto vivace, e appena capì di chi si trattava la ragazza si allontanò velocemente dal suo destriero - sia mai che Cain sapesse che quello era il cavallo della principessa. La ragazza si avvicinò cauta, il necessario per ammirare la tenera scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi: Cain era alle prese con un'esuberante puledra che pretendeva coccole da tutti, e lui non faceva eccezione. Infatti, la stava accarezzando con una delicatezza che mai avrebbe pensato potesse riservare a qualcuno. Sembrava un'altra persona, così diversa dal soldato burbero e scostante che conosceva. Sulle sue labbra nacque spontaneo un sorriso, mentre pensava a come un ragazzo del genere potesse nascondere un lato tenero. Dawn avanzò ancora, silenziosa, per poi convincersi a parlargli un po' prima di rinchiudersi a palazzo. « Lei è Briallen » fece, allungando una mano verso il muso della puledra. Lei sembrò apprezzare il gesto. « E' una puledra piuttosto attiva, meglio essere in due per occuparsi di lei ». Gli sorrise, ma stavolta nessun sorriso falso. A vederlo accarezzare così gentilmente quel cavallo le fece da mettere da parte ogni rancore, e gli fece segno di passarle un'altra spazzola. « Conosco ogni cavallo di questa stalla, posso aiutarti con ognuno di loro », ridacchiò, mentre Briallen si faceva strigliare senza dare segno di ribellarsi. « Ti piacciono i cavalli? Ho visto come l'accarezzavi, è stato molto tenero. » ridacchiò di nuovo, e si rese conto di come quella era la prima volta in cui si lasciava andare con lui. Nessuna facciata, di Dawn aveva solo i capelli e i vestiti. Solo Maeve.

    « Parlato » || - Pensato -

    ☆ code by ruru

  5. .
    Altayr • Noel • Abel ›
    I don't care about what you did, only care about what we do
    N
    oel salutò l'amico senza trattenerlo oltre, sapendo quanto fosse testardo quando si metteva in testa qualcosa: l'amichetto di Evelya era la sua nuova preda, e alzò gli occhi al cielo. Gli augurava tutto il bene, ma povero pianista. Quei due erano l'uno l'opposto dell'altro, chissà se Cain sarebbe riuscito nel suo intento. Non riusciva a capire se fosse serio riguardo ad una possibile relazione con lui o semplicemente voleva portarselo a letto e ci metteva molto impegno per far sì che succedesse. Se ci pensava, però, doveva ammettere che ci metteva davvero molto impegno, fin troppo per un'avventura di una sola notte.
    « Buona fortuna casanova » fece, sperando davvero che non si facesse cacciare dal giovane pianista fuori dall'istituto a suon di ceffoni, « Fa' gli auguri anche a me » si voltò, non trovando l'amico alle sue spalle. « Ehy, un po' di supporto morale! » gridò nel corridoio, ma il batterista non si voltò neanche: scomparve dietro il cancello che portava all'esterno senza degnarlo di uno sguardo e Noel si sentì tradito. Ora, senza nessuno ad augurargli buona fortuna, sarebbe andata decisamente male, lo sapeva fin troppo bene. Era una sorta di rito scaramantico di cui necessitava per affrontare ogni situazione "complicata" ─ insomma, in cui serviva un po' di sano culo ─ con spensieratezza: bastava che qualcuno gli facesse un "in bocca al lupo" e si sentiva già più leggero, pronto ad affrontare qualsiasi cosa. Ma non un appuntamento - okay, forse appuntamento era una parolona - con una ragazza capace di mandarlo sulla Luna ogni volta che lo guardava. Sfilò subito il telefono dalla tasca della giacca, aprì la chat di gruppo degli Elysian e digitò velocemente un messaggio in maiuscolo: "FATEMI L'IN BOCC A AL LUPO VI RPEGO È IMPORTANTISISMO" . Se ne fregò degli errori di ortografia ai quali il correttore automatico non aveva rimediato, in attesa di una notifica che gli avrebbe salvato la vita. Nulla: né i piccioncini né tanto meno Cain si collegarono per correre in suo aiuto, quindi si mise alla ricerca di altre persone da contattare urgentemente: Julian, amici dell'università, del tirocinio, del bar sotto casa sua, una delle sue ex di cui non aveva cancellato il numero, la moglie di suo fratello. Si sarebbe accontentato anche dell'emoticon di un quadrifoglio, il minimo indispensabile. Il telefono vibrò mentre camminava a passo lento lungo il corridoio, ma non era il messaggio che si aspettava: il mittente era Evelya ─ meglio di ciò che si aspettava, e lo visualizzò alla velocità della luce. - Okay, primo piano - Almeno adesso sapeva dove si trovava il bar della scuola. Salì gli scalini che portavano al piano superiore di corsa, due a due, con lo stomaco sottosopra ─ sicuramente non a causa della fretta. Se ne pentì appena terminate le scale, perché la protesi gli faceva un male cane, ma decise di ignorarlo per non far aspettare troppo la ragazza. Rischiò di travolgere una povera studentessa dalla chioma rossa appena si buttò in mezzo al corridoio alla ricerca della caffetteria, guidato da un flebile odore di paste e caffè. Il telefono vibrò di nuovo, e lesse un messaggio di Cain: "Da oggi non abbiamo più un cantante, ma un organista.", "Simpatiko ihih. E poi chi lo sa, magari ho un talento nascosto" scrisse di fretta, rallentando un poco il passo finché fissava lo schermo del cellulare, fino ad appoggiarsi al muro e far riposare la sua gamba destra. Con gli anni era riuscito a mascherare bene la sua gamba mancante, camminando in modo naturale, ma sentiva il bisogno di fermarsi dopo una ventina di minuti - anche se la sua resistenza era nettamente migliorata grazie ai concerti. Il punto in cui i nervi erano collegati alla protesi bruciava da morire, perciò cominciò a massaggiarsela con quanta più naturalezza possibile, cercando di non attirare nessuno sguardo. Gli studenti non sembravano essere interessati ad un alunno qualsiasi, uno dei tanti con il telefono in mano durante l'orario di pausa. Avrebbe voluto tirarsi su le maniche della giacca, dato che lì faceva davvero caldo, ma il caso voleva che avesse una marea di tatuaggi proprio su entrambe le braccia. Ecco, se si fosse tirato su le maniche della giacca non sarebbe più stato uno studente qualunque. Nel mentre pregava in silenzio nella speranza che il dolore alla gamba si attenuasse presto per non far aspettare troppo Evelya; non sapeva neanche quanto durasse quella pausa ─ sperava abbastanza da farlo riposare un po'. Finalmente, quando aveva perso ogni speranza, la chat di gruppo degli Elysian segnò un nuovo messaggio: la sua salvatrice era Altayr, che aveva allegato agli auguri di buona fortuna una miriade di quadrifogli. Gli rispose con un tripudio di emoticon di cuori e bacini vari, neanche fosse lei la ragazza per cui aveva una cotta paradossale, e continuò la ricerca della caffetteria con un sorriso da orecchio a orecchio stampato in volto, il dolore alla gamba completamente svanito da un momento all'altro. Intercettò un debole profumo di caffè che si faceva sempre più intenso mano a mano che avanzava, quindi stava decisamente andando nella direzione giusta. Fuori dalla caffetteria ─ aveva capito fosse quella grazie ad una piccola insegna vicino alla porta, che classe ─ c'era giusto qualche studente, e quando entrò nel loro campo visivo il ragazzo tolse le mani dalle tasche e raddrizzò la schiena, tentando di farsi notare il meno possibile. L'interno era stracolmo di luce, esattamente come i corridoi, grazie alle gigantesche finestre che davano sull'enorme cortile dell'istituto. Il bancone che esponeva le cibarie era enorme e paralleli ad esso vi erano sedie e tavolini, tutto sui toni neutri e chiari. Solo a starsene lì si sentiva più rilassato, che razza di stregoneria era? Possibile che una scuola avesse tutti quei fondi? Nonostante tutti gli allievi ai tavolini, la sala non era chiassosa e la cosa lo stupì molto più della bellezza della caffetteria. I suoi occhi vagarono alla ricerca di una testolina bionda che riconobbe all'istante: Evelya dava di spalle alla porta, sedeva elegantemente ad un tavolino vicino alla finestra. Lo stava aspettando, e anche il solo pensarlo lo mandò in un brodo di giuggiole. Stava aspettando davvero lui! Si fece strada tra i ragazzi, tutti a parlare a bassa voce, e tutti quei bisbiglii quasi gli davano fastidio. Era così abituato al rumore che non sentirlo lo faceva sentire fuori posto. In effetti, quello non era il suo posto, affatto. Il profilo di Evelya lo guidò come un faro in mezzo ad un mare di persone che lo squadravano dalla testa ai piedi e subito fu alle sue spalle. Notò che la ragazza stava scorrendo distratta la home di Instagram e Noel prese il suo telefono dalla tasca, quasi sperando che lo avesse aperto per lui, notando una notifica di qualche minuto prima in cima alle altre. Era successo davvero. La notifica scomparve in quell'esatto momento, rimpiazzando il nickname di Evelya con uno che non conosceva, e lì lo ripose di nuovo nella tasca dei pantaloni. A casa lo aspettava del sano stalking. « Ehi, quel posto è per me? » si decise finalmente a parlarle, sbucando da dietro le sue spalle e dedicandole un grande sorriso. Le aveva fatto prendere un colpo ed era arrossita all'improvviso, ma era di una tenerezza non quantificabile. Si sedette di fronte a lei, a gambe larghe e sul bordo della sedia, facendole ombra su metà viso. Al sole i suoi capelli erano chiarissimi e gli occhi di un oro luminoso, osservò la pelle di porcellana in contrasto con i colori scuri della divisa che le donava un'aria distinta ed elegante, nonostante non riuscisse a staccare gli occhi dal bicchiere di caffè che stringeva tra le dita sottili. « Non c'è bisogno di essere così agitata » le disse, sporgendosi verso di lei, appoggiando i gomiti sul tavolino. Buffo, perché cercava di tranquillizzarla quando anche lui si sentiva teso come una corda di violino. Riconosceva che perdeva la testa spesso per le ragazze, per lui i colpi di fulmine erano all'ordine del giorno, ma una sbandata così non gli era mai capitata. Evelya era il suo opposto, era eterea, era delicata e composta, e come lei non apparteneva ai bar dove si suonava musica punk tutta la notte e puzzavano di alcol e fumo, lui era una pecora nera nei corridoi di accademie sfarzose frequentate da studenti con la camicia sempre abbottonata e nessun tatuaggio in vista. Non facevano l'uno per l'altra, lei del suo mondo si sarebbe presto stancata, eppure più la guardava più avrebbe voluto averla solo per sé. « Spero che il caffè non si sia raffreddato mentre mi aspettavi » esclamò, mettendo istintivamente una mano sulla gamba mancante e massaggiandola piano, senza quasi rendersene conto. « E scusa il poco preavviso, ma Cain ha avuto un'idea malsana e l'ho seguito a ruota ». Si accorse che stava parlando a voce piuttosto alta rispetto al resto della sala, perciò la abbassò subito: voleva evitare che qualcuno sentisse che lui in verità non era un rispettabile organista della Ripley. « Non sapevo cantassi, comunque! », cambiò discorso, focalizzandosi su una passione che avevano sicuramente in comune, « Hai una voce stratosferica! » e lo intendeva davvero, cantava in maniera così soave e controllata, ed era stato rapito dalle parole della canzone che aveva scelto. « Potremo cantare insieme qualche volta, ti andrebbe? ». Un sogno. « So anche suonare la chitarra, potrei accompagnarti! Anche se, beh, sei abituata a violino e pianoforte, roba di classe » ridacchiò, ma la verità era che doveva farsi passare velocemente qualche spartito dal ragazzo che aveva adocchiato Cain per pensare a degli accordi con la chitarra per accompagnarla sul serio. « Avrai visto il genere che faccio, ieri sera, al pub. Spero ti sia piaciuto! ». Guardandola in viso, non capiva se era felice o la stava spaventando, ma non riusciva a darsi un freno per quanto era contento. Forse avrebbe dovuto invece, giusto per non farsela scappare. « Scusa, sono stato precipitoso, in fondo sono praticamente uno sconosciuto » rise ancora, grattandosi il collo con fare maldestro. Lui per lei era Noel, un cantante incontrato in un bar pieno di fumatori e casino e intrufolatosi nella sua scuola infrangendo ogni regola possibile e immaginabile, davvero una bella prima impressione. Se però aveva accettato di incontrarlo di nuovo qualcosa voleva pur dire, giusto?

    • • •

    Abel uscì fuori dall'aula appena Evelya gli disse che ci avrebbe pensato lei a coprirgli le spalle, e lui non se lo fece ripetere due volte. La ringraziò con un abbozzo di sorriso e un cenno del capo, lo stomaco che gli faceva male per il nervosismo. Lui era lì, nella sua stessa scuola. Possibile che quel pazzo dai capelli rossi fosse venuto fin lì per un capriccio? Perché quello era, un mero sfizio. Come poteva essere attratto da lui, in fin dei conti? Sapeva che non gli interessava veramente, lo sapeva benissimo. Ne aveva il terrore, a dire il vero, e neanche capiva il motivo di così tanta paura. Gli sembrava una persona così sincera ed impulsiva, perché doveva perdere tempo con lui? E perché solo guardandolo gli cedevano le gambe? Perché tutte quelle domande? Era uscito a prendere una boccata d'aria per tranquillizzarsi e pensare ad altro, non per essere ancora più confuso di prima. Alzò lo sguardo mentre camminava e notò una figura slanciata appoggiata al muro proprio in fondo al corridoio che guardava verso di lui, come se lo stesse aspettando. Abel si lasciò sfuggire un sospiro, perché era uscito dall'aula anche per non vederlo per qualche minuto.
    « Conoscevi quei ragazzi? » gli fece Raphael appena l'albino fece per superarlo, « Cambierebbe qualcosa in caso? » rispose lui, voltandosi verso il ragazzo. Questo, a braccia conserte, lo scrutava con sguardo inquisitore, come se Abel fosse colpevole di qualcosa. E il brutto è che lui, effettivamente, si sentiva colpevole. Alla sua risposta il violinista fece spallucce. « Mi sembrava strano conoscessi qualcuno, tutto qui ». Quella frecciatina al suo essere ben poco socievole gli fece alzare un sopracciglio: non capiva se a Raphael fregasse effettivamente qualcosa o meno, perché quella conversazione non aveva il minimo senso. « Non capisco il motivo di pormi questa domanda, allora » fece, freddo e innervosito, perché se doveva dirgli qualcosa avrebbe preferito che l'avesse fatto senza mezze misure. Raphael non si sbilanciava mai in dichiarazioni, si teneva sempre tutto dentro, era difficile capire a cosa pensasse ed interpretare i suoi comportamenti. Avrebbe solo voluto capire cosa avesse intenzione di farne della loro storia, se contava ancora qualcosa per lui e, in caso contrario, perché non gli diceva nulla e preferiva ignorarlo piuttosto che affrontare il problema. Raphael fece di nuovo spallucce, e a quel punto Abel avrebbe voluto mollargli uno schiaffo. Che diamine di risposta era quella? « Cosa ti prende in quest'ultimo periodo? ». Il ragazzo lo guardò come se non capisse a cosa si stesse riferendo. Stava esaurendo la pazienza. « Sei distaccato e assente, mi dici cosa- », ma non lo lasciò finire, « Ho cose più importanti da fare che ascoltare le tue lamentele ». Le sue... cosa? « Perché non vai a piangere dal tuo nuovo amichetto? ». Non ci avrebbe voluto credere, ma sapeva che lo aveva detto davvero. Lo sguardo di Raphael su di lui era serio, forse arrabbiato, ma quello furente era Abel. Traboccava di ira, e non riusciva neanche a trovare le parole per fargli capire quanto lo avesse fatto incazzare. Aprì la bocca, ma non ne uscì nulla. Avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto essere così forte da mollare un pugno al muro e spaccarlo, ma non era che un ragazzino esile la cui unica difesa erano le sue risposte fredde e pungenti. Solo che in quel momento non ne aveva neanche una. Era indifeso, ma furibondo. E deluso. Sapeva che ormai Raphael non era più interessato a lui da tempo e mandare avanti una relazione del genere era stancante e inutile, ma una risposta del genere era come una secchiata di acqua fredda. Raphael non gli si era mai rivolto in modo così arrogante. « Scusa tanto se ho sprecato il tuo prezioso tempo » non riusciva a non guardarlo con disprezzo misto ad infinita tristezza, e nel vedere degli studentelli rumorosi avvicinarsi fece qualche passo verso il portone che dava sul cortile della scuola. « Perché tentare di salvare una relazione e discuterne col proprio ragazzo è davvero una perdita di tempo, giusto? » ridacchiò tristemente tra sé e sé, infilando le mani in tasca, in attesa di una qualsiasi reazione. Il primo a distogliere lo sguardo fu Raphael, come a dimostrare che Abel poteva davvero gettarsi tra le braccia di qualcuno che non fosse lui e non ci avrebbe neanche fatto caso. Lo aveva rincorso per mesi nella speranza di salvare il salvabile, ma si era ormai arreso al fatto che ci stava provando solamente lui. « Sì, scusa, dimenticavo che hai altro a cui pensare ». L'albino ringhiò piano, allontanandosi definitivamente.
    Aveva bisogno di aria, di respirare. Accolse il tepore dei raggi del sole sulla sua pelle come se non lo sentisse da anni, e fu contento che il giardino fosse pieno di gente. Non voleva sentire di nuovo il silenzio, non voleva sentire di nuovo la voce di Raphael, non voleva sentire di nuovo il suono di un violino per almeno tutta la giornata. Affondò le mani nelle tasche dei pantaloni, desiderando fortemente di rintanarsi in un angolino e rimanerci per ore e ore, ma i suoi piani vennero mandati in frantumi appena notò una testa color fuoco in mezzo agli altri studenti. Era lui, era Cain, il batterista pazzo, che sembrò accorgersi di lui appena Abel posò gli occhi sul ragazzo.
    - Merda -. Non riuscì a staccargli gli occhi di dosso mentre si faceva strada tra gli allievi per raggiungerlo, attirava l'attenzione come fosse una calamita. Era chiassoso, irruente, spontaneo, spalle larghe e sorriso contagioso. Non poté fare a meno di metterlo a confronto con Raphael, silenzioso e composto. Era come i raggi di sole che ora gli accarezzavano il viso, piacevole ed inaspettato. Non voleva però affrontarlo subito dopo la discussione appena avuta e dopo avergli chiuso la porta in faccia nel più scortese dei modi, perciò, all'ultimo, tentò di allontanarsi in modo da far perdere le sue tracce in mezzo agli altri studenti della Ripley. Avrebbe perso il suo tempo con uno come Abel, non capiva perché voleva stare in sua compagnia a tutti i costi. Cain suonava la batteria in una band strafiga, stava tutte le sere in dei bar circondato da belle ragazze e alcol, forse lavorava o studiava, chissà, era estroverso e adorava mettersi nei guai, mentre Abel... Abel? Cos'aveva di interessante? Non voleva che Cain perdesse interesse mano a mano che lo conosceva come aveva fatto Raphael, non lo avrebbe sopportato. Sempre se sarebbero riusciti ad arrivare così in là nella conoscenza, Cain non gli sembrava il tipo da relazione stabile. Riuscì a liberarsi della massa di ragazzi davanti al varco, ma appena mosse due passi verso un luogo più riparato si trovò davanti il batterista degli Elysian. L'albino trasalì, non aspettandosi minimamente che lo avrebbe seguito nonostante l'orda di persone. « Guarda, non è il momento » fece, abbassando lo sguardo, ma il rosso sembrò non sentirlo dato che cominciò subito a parlargli. Da una parte era contento di sentire la sua voce, dall'altra la trovava fastidiosa e voleva che smettesse immediatamente di parlare. Non voleva avere a che fare con nessuno in quel momento, e un ragazzo chiacchierone - per quanto fosse bello e interessante - non era quello di cui aveva bisogno. « Senti, ti prego, smettila » disse di nuovo quando Cain cominciò a provarci spudoratamente, tentando di non urlargli addosso per il nervoso. Lui non centrava niente in quella storia, ma se avesse continuato a blaterare cose senza capo né coda non sarebbe riuscito a trattenersi. « Se riesci a non flirtare per cinque minuti filati possiamo essere amici » esclamò all'improvviso alzando la voce, riuscendo a zittirlo. Cain rimase di stucco, era evidente che non se lo aspettava, e a dirla tutta neanche Abel. La verità era che gli sarebbe piaciuto conoscerlo, senza malizia, ma le sue continue pick-up lines lo irritavano. Poteva conciliare la curiosità reciproca che provavano l'uno per l'altro con un po' di sana tranquillità, ossia ciò che stava cercando disperatamente da quando le cose con Raphael non andavano più per il verso giusto. Il rosso sembrò accettare la sua richiesta, perciò l'albino si diresse su una panchina piuttosto lontana dall'entrata e vicina ad un albero rigoglioso, la cui ombra non la copriva completamente. Abel si sedette sulla parte all'ombra, facendo un lungo respiro a occhi chiusi. Si accorse di avere le gambe pesanti, addirittura. Era così stanco, in tutti i sensi. Ed ora? Raphael lo avrebbe comunque rivisto tra non molto e non se la sentiva. L'indifferenza del moro degli ultimi mesi lo aveva stremato, e adesso tutta quella rabbia ingiustificata da parte sua che veniva da chissà dove, rabbia che aveva vomitato addosso a lui. Quando riaprì gli occhi, Cain gli era vicino e sembrava trattenersi dal dare fiato alla bocca ogni tre per due. A guardarlo così da vicino era davvero un bel ragazzo, ben piazzato, i muscoli si intravedevano anche sotto la camicia - a quel punto distolse lo sguardo, non poteva farcela - e non sapeva di avere un debole per l'accoppiata capelli rossi spettinati/occhi verdi smeraldo. « Stai davvero contando i minuti? » sollevò un sopracciglio nel vedere quanto spesso il ragazzo tirasse fuori il telefono, e scosse leggermente la testa. Davvero desiderava stare così tanto con lui? In fondo, non era che uno sconosciuto. Come aveva fatto ad attirare la sua attenzione? Veramente la sua pelle pallida e il suo sguardo stanco avevano fatto colpo su un figo del genere? « Come avete fatto ad entrare qui? Siete riusciti addirittura ad eludere il personale, non male » osservò, mentre si stringeva nelle spalle a causa di uno spiffero che gli era risalito lungo la schiena. « Non avevi affatto pensato che avreste potuto cacciarvi in un guaio serio? » appoggiò la guancia sul palmo della mano, il gomito puntato sul suo ginocchio, e si voltò a guardarlo. Per l'ennesima volta pensò che fosse di una bellezza aggressiva e fuori dal mondo. Forse lo incuriosiva anche perché era istintivo, tratto che non condividevano. Abel si sentiva al sicuro solo dopo aver valutato una situazione in tutte le sue possibilità e sfaccettature, aver preso in considerazione ogni cambiamento e averci riflettuto per bene, senza mettere di mezzo i sentimenti o l'istinto. Non capiva la gente che si buttava a capofitto nelle cose senza neanche pensarci, i maestri dell'improvvisazione. « Sei fin troppo impulsivo per i miei gusti » commentò, « E confusionario. La batteria ti si addice perfettamente ». Lo strumento che aveva scelto era proprio lo specchio del ragazzo: potente, avvolgente, energico. Il suo opposto. Chissà cosa ci faceva con uno come lui, che non aveva ascoltato una canzone rock neanche per sbaglio. « Come va con la tua band? ». Quella conversazione si stava dimostrando inaspettatamente piacevole, parlare con qualcuno in modo tranquillo e casuale lo stava distraendo. In quel momento si sentiva abbastanza rilassare da intavolare una conversazione che non fosse composta da monosillabi - un record per lui - , e neanche aveva pensato che Cain potesse essere lì giusto per passare un po' il tempo e poi spezzargli il cuore come sicuramente aveva già fatto con altre persone prima di lui. Voleva solo non pensare a nulla per un po', Raphael lo avrebbe affrontato una volta in classe. Avere Cain come interlocutore era un bonus.

    • • •

    Quanto avrebbe voluto baciarlo, ora che erano così vicini. Quanto avrebbe voluto dirgli che era da sempre stata innamorata di lui, anche durante le sue passate relazioni, e approfittare di ogni momento per stargli vicino e rubargli un bacio sulla guancia, sul naso, sulle labbra. I suoi occhi verdi erano fissi in quelli del ragazzo, che sostenevano il suo sguardo senza apparente difficoltà. Quanto avrebbe voluto baciarlo. « Affare fatto. » la voce di Izar la riportò alla realtà e lo ringraziò per aver rotto la tensione che si era creata tra i due. « Non vedo l'ora di sapere cosa risponderai. » la ragazza sghignazzò, già convinta di dirgli di sì. Avrebbe potuto benissimo farlo anche in quel momento, senza dover sgattaiolare fuori dall'edificio scolastico e tornare a lezione dopo una breve chiacchierata, ma non era affatto nel loro stile. Bofonchiò un "Ehi!" nel momento in cui Izar le stropicciò una guancia e i due ragazzi si alzarono dal lettino contemporaneamente. La chitarrista degli Elysian si sgranchì la schiena mentre si alzava dal lettino - per dio, quasi vent'anni e sentiva di avere la schiena di un vecchio - e notò con piacere che l'umore di Izar fosse migliorato. Chissà come mai quella mattina si era alzato col piede sbagliato. Forse Samael c'entrava qualcosa, gliel'avrebbe chiesto lungo il tragitto. E avrebbe anche dovuto pensare ad una ricompensa in caso avesse vinto ad air hockey: la sua tendenza a rispondere "ci penso" ad ogni cosa le dava il vantaggio di avere più tempo per fare una decisione, ma a volte le si ritorceva contro - come la proposta di Izar, giusto per mantenere un briciolo di orgoglio e non fargli capire che era cotta di lui. Doveva chiedergli qualcosa a cui il ragazzo non aveva il coraggio di rispondere in situazioni normali. « Ma... mi hai preso il pranzo! Ti senti bene? ». Ad Altayr sfuggì una risata, ed uscendo dall'infermeria con lo zaino in spalla gli spettinò i capelli approfittando del fatto che fosse chino sul sacchetto del pranzo. « Mai stata meglio, stellina ».

    Sgattaiolare fuori dall'edificio scolastico senza farsi beccare fu una passeggiata, il tragitto fino alla fermata del bus fu breve e anche i panini se li finirono in un batter d'occhio. Per fortuna l'autobus verso la sala giochi era mezzo vuoto e trovarono subito posto, ed Altayr lasciò al ragazzo il sedile vicino al finestrino. Sfilò il telefono dalla tasca per vedere cosa Noel e Cain stessero scrivendo nella loro chat di gruppo, ed alzò un sopracciglio nel leggere l'ultimo messaggio inviato dal cantante. « Hai letto cosa ha scritto Noel? » chiese ad Izar mentre rispondeva con una miriade di quadrifogli. « Chissà cosa sta combinando » fece, ridacchiando, mentre rimetteva il cellulare nella giacca. Quel ragazzo era davvero imprevedibile, quindi sperò vivamente si trattasse di un esame universitario, anche se non lo aveva sentito lamentarsi abbastanza della sessione imminente. In che modo riuscisse ad organizzarsi tra band, lavori part-time ed università restava un mistero. « Hai visto che foto fa quella dello shooting? Non sono male. ». Altayr si sporse verso Izar, mentre lui approfittò della vicinanza per appoggiarsi sulla sua testa. « Spilungone » gli sussurrò, avvicinandosi a lui per colpirlo piano alla spalla. Odorava di buono, nonostante fumasse ogni qualvolta ne avesse l'occasione. « Mi piacciono, sì » commentò mentre scorreva il profilo della ragazza. Si faceva chiamare semplicemente Clara, ma era un talento emergente nel mondo della fotografia. Tutti gli Elysian speravano che questa collaborazione potesse aprire loro qualche via che li avrebbe condotti ad un modesto successo. I concerti nei bar più piccoli e sfigati di Lancaster non bastavano più ormai. « Cain si spoglierà, lo so ». Altayr rise, ripensando a come in ogni foto degli Elysian il batterista era a petto nudo, esibendo con orgoglio i suoi muscoli. « Il giorno in cui Cain non si denuderà per una foto, capiremo che la fine del mondo è vicina. ». Andava in palestra praticamente tutti i giorni, tutto quell'impegno sarebbe stato uno spreco se non avesse fatto vedere al mondo intero la sua prestanza ed imponenza. Altayr sperava solo che ciò che avrebbe dovuto indossare e il trucco fosse di suo gusto, e qualcosa di attillato per Izar. Così, giusto perché impazziva per il suo fisico snello e aveva un sedere niente male. « Mi dispiace per te, la mia bellezza ti metterà in ombra », « Cos'è, una sfida? A chi sarà il più bello davanti all'obiettivo? » ridacchiò lei, mentre faceva segno al ragazzo che era ora di scendere. La sala giochi era un edificio che di colorato aveva solo l'interno, perché all'esterno dava davvero poco nell'occhio. Il nome del locale era scritto sulla porta automatica, ma le lettere adesive erano vecchie e rovinate. Appena entrati, la musica troppo alta cominciò subito a rimbombarle nelle orecchie. Non che fosse un disturbo, era abituata a trovarsi vicino alle casse quando suonavano nei locali, ma aveva bisogno di concentrarsi. Affiancò Izar mentre si dirigevano verso l'air hockey, e si rese conto di non essere così nervosa. Gli avrebbe detto di sì anche se fosse stata lei a vincere. Non aveva neanche pensato a cosa chiedergli in caso la vittoria fosse stata sua, a dirla tutta. Aveva avuto un'idea piuttosto subdola, ma la verità era che voleva solo andare a quel maledetto concerto con lui.
    « Preparati, passerotto. ». Altayr lo guardò con la coda nell'occhio mentre posava lo zaino accanto alle gambe del tavolo, impaziente proprio come lei. « Non ci andrò leggero con te. ». La chitarrista degli Elysian esibì un sorrisetto sghembo, togliendosi la giacca per legarsela in vita e allentandosi il nodo della cravatta. « Non te l'ho mica chiesto. ».

    Izar era più forte di quanto ricordava, maledizione. L'aveva battuta davvero di poco, ma aveva perso. Si era convinta di aver voluto perdere apposta, ma la verità era che era riuscito a superarla. Per quanto fosse contenta di poter finalmente rispondere in modo sincero alla sua richiesta, c'era comunque un minimo di frustrazione. « Voglio la rivincita » lo guardò dritto negli occhi, puntandolo col dito, mentre si avvicinava a lui per dargli una pacca sul braccio. « Sei stato bravo, diamine! » affermò, estraendo i gettoni avanzati dalla tasca della giacca. « Scegli un gioco, dai » fece, per fargli capire che la sfida non finiva lì, anche se avrebbe già voluto trascinarlo fuori dal vecchio arcade e dirgli finalmente quello che avrebbe dovuto dirgli la sera precedente alla fine del concerto. Mannaggia a lei che si prendeva sempre del tempo per decidere qualcosa, qualsiasi cosa, anche quando aveva già deciso.

    « Ti odio, profondamente » esclamò la ragazza, rimettendosi la giacca appena furono sulla strada. Aveva perso, stavolta definitivamente: la somma dei punti di ogni gioco che avevano fatto parlava chiaro. Due soli punti a separarli, ma non riusciva a sopportarlo. Si era davvero arrugginita in quelle tre settimane e poco più senza aver messo piede nella sala giochi, e si ripromise che la prossima mancia la avrebbe buttata tutta lì per non perdere lo smalto. Sarebbe stato peggio perdere contro Cain comunque, almeno Izar non gliela faceva pesare troppo. « La prossima volta non avrò nessuna pietà » gli diede una leggera spallata, giusto per fargli capire che non gliel'avrebbe fatta scampare, « Anzi, sei stato fortunato, perché se avessi vinto io non avresti avuto il coraggio di rispondere a ciò che ti avrei chiesto » rise, e alzò gli occhi al cielo. Si era decisa a chiedergli a chi aveva dedicato quella stramaledetta canzone che suonavano ogni volta che salivano sul palco, qualsiasi palco. Il suo cuore diceva che c'era una remota possibilità che quella ragazza che ballava senza notare che qualcuno stesse tentando di avvicinarla fosse proprio lei, ma se Izar fosse stato innamorato di un'altra? Però l'aveva invitata ad un concerto, tornavano spesso a casa insieme - quando uscivano da lavoro, quando finivano le prove, da scuola, dalla biblioteca -, spesso e volentieri si trovavano a casa l'uno dell'altro per fare quattro chiacchiere, tutti i messaggi e le chiacchierate al telefono, quindi questi pensieri un po' egoisti non si fondavano sul nulla. - Te l'ha chiesto perché sei l'unica a cui piacciono gli Our Last Night tanto quanto a lui, sveglia -, si disse, per tornare momentaneamente con i piedi per terra. Eppure non riusciva a non pensare a come Izar potesse essere davvero innamorato di lei. Il sole stava cominciando a scendere all'orizzonte, e improvvisamente cominciò a farle male la pancia. Era nervosa. In senso buono, certo, ma significava che ciò che aveva tanto sperato stava per diventare realtà. Un appuntamento con il ragazzo per cui aveva una cotta stratosferica da anni. Chissà se anche lui lo considerava un appuntamento, o almeno qualcosa di simile. « Allora, passerotto, », la tensione la stava letteralmente uccidendo, ma tentò di mantenere la calma, « quando sarebbe questo concerto? Spero vivamente che tu abbia preso i biglietti per il parterre » esclamò, e non poté fare a meno di notare la faccia di Izar. Sembrava confuso, o entusiasta, o imperterrito, non lo sapeva, ma la fece ridere.
    « Hai un capito che è un sì, vero? », disse tra le risate, rifilandogli una gomitata leggera per farlo riprendere. Era sempre stato un sì. « Saremo solo io e te, non è che è una specie di appuntamento? » ridacchiò piano, ripetendo ciò che il ragazzo gli aveva detto la sera prima. Nel suo cuore on sarebbe stata un'uscita come un'altra, e il solo pensiero la mandò in brodo di giuggiole. Chissà se sarebbe riuscita ad arrivare fino al fatidico concerto se ogni volta che pensava di essere riuscita ad ottenere un appuntamento con Izar lo stomaco le faceva male e le gambe le diventavano di gomma. Già si immaginava in mezzo alla folla, urlante e sudata, con un sacco di scuse per starsene appiccicata al ragazzo. « Ti va di andare a pranzare insieme? Tanto dopo abbiamo le prove, possiamo prendere l'autobus per passare a casa e prendere gli strumenti », fece spallucce, come se passare ancora più tempo con lui le fosse del tutto indifferente. Ovviamente non era affatto vero. Avrebbero dovuto sorbirsi almeno un'altra mezz'ora di bus per arrivare prima a casa di Izar e poi da lei, per poi farsi qualche minuto di camminata per ricongiungersi con il resto della band. Nei paraggi c'erano diversi locali che servivano panini veloci, qualche bistecca non troppo cara e ottime birre, avevano solo l'imbarazzo della scelta. « Come sei riuscito a trovare i biglietti? Pensavo fossero sold-out », disse, mentre gli teneva aperta la porta del pub che avevano scelto, « Le loro ultime canzoni sono state una bomba in fin dei conti, non c'è da stupirsi se hanno fatto il pienone ad ogni tappa », commentò, mentre osservava il tabellone con le portate. « Hai preso i biglietti per la tappa a Lancaster? Dio, è la prima volta che li vedrò live! » Aveva bisogno di una birra, poco ma sicuro, il suo corpo la richiedeva, e alla fine si decise per un semplice panino con la cotoletta: faceva bene al suo portafoglio perché era economico, ma non troppo alla sua linea. Doveva solo sperare di non ritrovarsi con la pancia scoperta nel prossimo photoshoot, l'idea di avere uno stylist che non fosse lei stessa la terrorizzava. « Hai scelto? Sto andando alla cassa ad ordinare » fece ad Izar, mentre sperava disperatamente di trovare un coupon nella tasca della cartella. Era sicura di averne almeno uno, li conservava tutti in caso di bisogno. « Eccolo, lo sapevo! » esclamò trionfante, esibendo tra le dita un foglietto accartocciato, grazie al quale potevano usufruire di uno sconto di ben tre sterline. Lo esibì trionfante alla cassa come se quel coupon equivalesse ad una cena gratuita, e fulminò con lo sguardo l'amico appena diede cenno di volersi pagare il pranzo. Approfittò dell'attesa per mandare un messaggio a Kevin implorandolo di coprirla coi professori e al sentir chiamare il numero del suo ordine scattò in direzione del bancone, come se non mangiasse qualcosa da giorni. Il calore del panino, appena lo prese in mano, la fece sorridere e si avvicinò subito ad Izar con il suo ordine e le bevande sotto il braccio: gli passò il cibo in modo un po' goffo, mentre tentava di non far cadere nulla. « Il panino è caldo » gioì sottovoce, sorridendo in direzione del ragazzo. Se anche lui aveva le mani fredde come le sue era l'ideale per scaldarle un po'. Affiancò il ragazzo mentre apriva la lattina di birra, e la avvicinò a quella di lui per un veloce brindisi. « Brindiamo alla speranza che Noel e Cain non ci tengano fino a tarda notte nello studio a parlare di quanto belli siano quei due ragazzi incontrati ieri al Black Dog. ». Perché, sì, era convinta che il precedente messaggio di Noel fosse collegato al fatale incontro della scorsa serata. Di quei due ricordava solamente gli sguardi spaesati e i capelli chiari, nient'altro. Noel e Cain li avevano rapiti appena avevano posato gli occhi su di loro, e né Altayr né Izar erano riusciti a studiarli. Ah, sì, una birra ci voleva proprio. Una birra in sua compagnia, nello specifico. Era bello passare intere giornate insieme, non si stancava mai di avere Izar accanto a sé. Il non poterlo toccare in modi che facessero intendere che aveva una cotta stratosferica per lui da parecchi anni era un'altra storia. Per ora si sarebbe accontentata, anche se scalpitava all'idea di confessargli tutto, ma per certe questioni preferiva non affidarsi all'istinto. O meglio, per certe persone: avrebbe preferito vivere nella friendzone piuttosto che perdere Izar perché aveva interpretato male i suoi comportamenti. « Vuoi un morso? » Altayr diede un colpetto al ragazzo per attirare la sua attenzione, indicandogli con lo sguardo il suo panino. Appena lui si voltò, la chitarrista non poté fare a meno di notare di come si fosse sporcato con la salsa piccante vicino alle labbra e le scappò un sorriso. « Fermo, sei sporco » si sporse verso di lui e con l'indice della mano destra riuscì a togliere lo sporco senza ulteriori danni. Si portò poi il dito alle labbra, leccando quel poco di salsa non interrompendo il contatto visivo, impedendogli di distogliere lo sguardo fino all'ultimo. Se Izar l'aveva invitata perché ad entrambi piacevano gli Our Last Night, avrebbe fatto in modo che la prossima volta che sarebbero andati ad un concerto insieme sarebbe stato perché provava qualcosa per lei. Ed era giusto non farsi mille fantasie e rimanere con i piedi per terra, ma ogni tanto doveva giocare in attacco se voleva smuovere la situazione. Forse lui lo aveva trovato audace, forse lo aveva trovato davvero non necessario, ma un sorrisetto di vittoria si disegnò sulle sue labbra comunque, risvegliando una manciata di farfalle nel suo stomaco. « Dimmi tutto, corvetto », gli tirò una leggera gomitata al fianco, giusto per farlo rinsavire, e continuò a mangiare il suo panino, diventato ormai più freddo che caldo.
    Il telefono vibrò in quel momento, in contemporanea a quello di Izar, ed Altayr capì che era un messaggio sul gruppo degli Elysian. Aprì la chat senza leggere l'anteprima, aspettandosi la solita tiritera di Noel sul fatto che fossero in ritardo, e infatti. "Dove siete piccioncini? Noi vi aspettiamo in studio". La carne le andò quasi di traverso quando lesse quel "piccioncini", ma fece di tutto per celarlo. Non poteva neanche nasconderlo ad Izar, e pregò con tutto il cuore che il ragazzo non lo avesse ancora letto. Avrebbe voluto godersi gli ultimi minuti in pullman, da soli, senza nessuna strana ansia a divorarla. Digitò in fretta un "Stiamo arrivando" e rificcò il telefono in tasca, finendo le ultime gocce di birra. « Rosso numero uno ci ha ricordato che abbiamo un pomeriggio da trascorrere a spettegolare anziché suonare tutti insieme » ridacchiò, perché tutti gli Elysian sapevano che sarebbe finita così. Avevano prove quasi ogni giorno, il primo fotoset per una rivista programmato per quel fine settimana, nuove canzoni da scrivere e altri show da organizzare, ma i problemi di cuore venivano sempre prima di tutto.

    « Altayr » || « Noel » || « Abel »
    ‹ altayr c. windstorm (19) / noel h. moore (21) / abel c. gytrash (18) ›

    ☆ code by ruru ☆ noel's render done by bae



    Edited by altäir - 16/1/2021, 00:45
  6. .
    Ti ringrazio tantissimo!! :yuppiii: Ti ho inviato tutto per mp c:
  7. .
    Sono super contenta che ti piacciano! ❤ Ovviamente nessun disturbo e nessun sovraccarico di lavoro, partivo da un codice già pronto, quindi le modifiche sono state minime c:
  8. .
    Ciao, scusa se ti sto facendo aspettare! Avevo quasi finito un banner ma mi si è fuso il programma di grafica lmao, inoltre non sto troppo al pc questi giorni. Dal prossimo mese dovrei tornare operativa, tieni duro ancora per un po'!! Ti ringrazio per aver fatto la richiesta :< 3 < 3:
  9. .
    Esposto tutti i banner e preso nota dei numeri e premi in più, tra poco mi metterò sotto anche con gli altri premi! Grazie mille per aver partecipato e alla prossima :sbrilluccic2:
  10. .
    U'S WAIFU LOTTERY
    R U R U L O L ─ ahahah. MUORI.
    falling down › yume lee™
    oLZmHBp -------------------------------------------------
    Eccoci giunti anche alle premiazioni di questa terza lottery condivisa con Yume ♥ E' durata davvero poco, i numeri sono finiti in fretta e ne sono davvero felice! Yume è stata una partner in crime (?) fantastica, è stato un piacere organizzare questa piccola lotteria in sua compagnia ♥ So che l'avete già fatto, ma fate un salto sul suo magnifico blog per ammirare bellissimi lavori grafici e html e fare amicizia con una caramellina che sarebbe lei!!
    ⤷ Vi ricordo innanzitutto che la distribuzione dei premi è così suddivisa: i vincitori saranno tre e potranno scegliere quattro premi dalla lista, mentre i partecipanti potranno sceglierne due. In ogni caso, gli abbonati hanno diritto ad un premio in più.
    ⤷ I premi saranno ritirabili fino al 24/10, quindi avrete una settimana di tempo.
    ⤷ Questa, più che altro, è una mia piccola fissa, ma gradirei se mi lasciaste la lista premi che desiderate sotto QUOTE non giudicatemi vi prego
    ⤷ Ed ora, il momento di lasciare tutti i link utili! Per aprire una richiesta di affiliazione e/o gemellaggio (ricordo che, ad ogni lottery, gli affiliati e i gemellati hanno la possibilità di accaparrarsi un numero in più! *wink) fatelo in questa sezione e lasciate il link della stessa nella voce "materiale".
    ⤷ Per qualsiasi tipo di esposizione banner, lasciatemi il codice del banner, senza alcuna anteprima, alla voce "materiale".
    ⤷ Per quanto riguarda i messaggi spam, li gradirei non solo sotto codice ma anche sotto spoiler, insieme al titolo della discussione, sempre alla voce "materiale".
    ⤷ Per le richieste grafiche, aprite un topic in questa sezione e lasciate il link della discussione alla voce "materiale".
    ⤷ Se avete richiesto un numero o un premio in più, lasciatemi il link della discussione dove potrò avvisarvi nel caso aprissi una lottery in cui possiate sfruttare il premio, in alternativa va bene anche la tag o via mp, sempre alla voce "materiale".
    ⤷ Per una lottery condivisa aprite un topic in questa sezione e linkatelo alla voce "materiale".
    ⤷ Per lottery, contest ed iniziative alle quali iscrivermi o lasciare up e voti, lasciatemi semplicemente il link alla voce "materiale".
    ⤷ Per il topic di spam importante, aprite un topic in questa sezione e linkatela alla voce "materiale". Se invece avevate già aperto in precedenza un topic nella sezione spam, basterà linkarmelo.
    ⤷ Per l'esposizione banner lottery alla prossima lottery, lasciatemi il codice del messaggio spam, senza anteprima. NB: il premio può essere messo da parte, ma non verrò a ricordarvelo nel caso.
    ⤷ Per il raddoppio del premio a scelta potete raddoppiare un premio che avete già scelto. Se avete pietà di me non raddoppiate le richieste grafiche, ma ovviamente potete farlo lo stesso, lmao.
    ⤷ Per le richieste html aprite un topic in questa sezione e linkatelo alla voce "materiale".
    ⤷ Il modulo per ritirare i premi è il seguente:
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    &#10551; <b>materiale:</b> Questa voce non deve andare sotto QUOTE, solo i premi richiesti!</div></div></div></div>
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    ❣ esposizione tesserino spam di una vostra lottery/contest nella mia prossima lottery
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    Piccolo avviso!! Ho dovuto ri-estrarre il terzo vincitore perché il terzo numero uscito nella prima estrazione era stato occupato da un forum che aveva già vinto, ossia il 74. Quindi, se vedete due stamp è per questo motivo c:

    Il primo vincitore è
    † Tales of Deep Darkness; Ina's Land •}
    con il numero 74!

    Il secondo vincitore è
    The Gates of Eternal Darkness
    con il numero 32!

    Il terzo vincitore è
    White Midnight
    con il numero 54!

    ⊳ qui trovate gli stamp 1 e 2 come prova di sincerità (?) ⊲


    CODICE
    <a href="https://rurudie.blogfree.net/" title="&#956;'s waifu battle lottery • R U R U L O L & yume lee (lottery condivisa) || Rin Hoshizora team"><img src="URL TESSERINO"></a>

    tsk1QQf

    nalAX7E

    oBHflzQ

    TlCoqSB

    code&tesserini made by © yumæchu` | falling down › yume lee™


    Edited by altäir - 17/10/2019, 23:59
  11. .

    maeve weaford
    dawn finnigan
    › warrior › 18 › sheet

    « I woke up stronger than ever Driven by big waves of fire To run and yell all the way "Nothing can hurt me today" »
    Perché era così dannatamente forte? Perché non voleva aiutarli, perché li proibiva di una tale potenza? Maeve lo guardava, e nel suo sguardo cupo non trovava risposte che la soddisfacessero. Lui la squadrava da capo a piedi con fare critico, forse sorpreso da come una cos' si trovasse nell'esercito. La principessa, dalla sua, aveva solamente tanta buona volontà e un pizzico di magia, ma lui era di tutt'altra pasta. Era evidente che fosse stato sottoposto ad un duro allenamento e che avrebbe potuto insegnare qualche trucchetto a molti soldati di Thyandul. « Non hai niente di meglio da fare? », gli rispose secco, e a dirla tutta Maeve se lo aspettava. La sua determinazione non venne scalfita dal tono burbero del ragazzo, anzi, bruciò ancora più intensamente. « Qualcosa di meglio da fare che allenarmi e diventare più forte? » scosse la testa, stringendo le dita attorno all'elsa della spada, sentendola calda e appiccicosa a causa del sudore. Si passò una mano tra i capelli - averli corti era così strano, ma erano molto più facili da sistemare, senza rompere il contatto visivo con il ragazzo, che la osservava a sua volta. Era facile capire cosa pensasse: "perché dovrei perdere tempo con una inferiore a me?". Quando lui sospirò, Maeve si preparò a tornare all'attacco, perché non gliel'avrebbe fatta vincere. Voleva allenarsi con lui, voleva migliorare e voleva capire che tipo di persona fosse. Avrebbe continuato ad insistere, non importava per quanto. « Fammi una serie di colpi base. ». La ragazza strabuzzò gli occhi, perché era impossibile che l'avesse detto davvero. Eppure Cain non sembrava scherzare e puntò un manichino poco lontano, facendole capire che voleva che si esercitasse su di esso. Maeve seguì la direzione dell'indice di lui, osservando il fantoccio come se non ne avesse mai visto uno in tutta la sua vita, ancora esterrefatta. Questa davvero non se l'aspettava. Pensava che sarebbe finito a urlarle contro, preferendo una vita in solitaria piuttosto che supervisionare gli allenamenti di una ragazzina. « E sia chiaro, ragazzina, i miei insegnamenti te li devi guadagnare. » gli occhi di lei tornarono su Cain e annuì vigorosamente alle sue parole, un sorrisetto che si faceva strada sulle sue labbra nonostante i suoi sforzi di rimanere seria. Aveva forse un cuore più tenero di quel che sembrava? Dal tono che utilizzava non l'avrebbe mai detto, ma in fin dei conti aveva accettato. Era un passo avanti, e ne era rimasta piacevolmente sorpresa, anche se la sua idea su di lui non era cambiata. « Non ti deluderò » disse, entusiasta, dirigendosi a grandi passi verso il manichino mentre lui la seguiva. Si posizionò davanti ad esso senza soffermarsi se la sua postura fosse giusta o meno, già a pensare a fare degli affondi decenti, ma la voce bassa del ragazzo le fece notare quanto essa fosse errata. Ottimo. Il suo tocco sulla spalla fu inaspettato e spiacevole: la fece sbilanciare non solo perché non era stabile sulle sue stesse gambe, ma anche perché il contatto le fece ribollire il sangue nelle vene. Non le piaceva. Si spostò appena, migliorando la posizione e accennando un sorrisetto forzato. A parlare con lui non aveva quasi nessun problema ─ avrebbe solo gradito gridargli contro una volta ogni tanto, ma poteva benissimo trattenersi, mentre toccarsi era più difficile di quanto si aspettava. Non pensava che sentire il suo tocco le avrebbe procurato così tanto fastidio. Preferiva che la toccasse con la spada, piuttosto, come aveva fatto per indicarle la posizione giusta delle gambe. - Mi devo solo abituare - ripeté quel pensiero all'infinito mentre assestava diversi colpi al fantoccio, riconoscendo di essere scoordinata e imprecisa nei movimenti. Era così nervosa, ma era difficile spiegarne il motivo. Voleva dimostrargli di non essere un soldatino alle prime armi ma stava facendo l'opposto, non si sentiva a suo agio e lui era imperscrutabile: non si lasciava andare ad una sola emozione e ciò la metteva ancora più in difficoltà. Quando lo vide scuotere il capo con la coda dell'occhio si fermò di sua spontanea volontà. « Non ci siamo. » disse, mentre Maeve si portò una mano alla nuca e alzò le spalle, conscia di aver fatto una figuraccia. Sapeva fare meglio di così. Non lo disse a voce alta, ma ne era consapevole. Non era esperta quanto la maggior parte dei soldati dell'esercito thyanduliano o quanto Cain, ma sapeva fare meglio di così. Prese un respiro profondo, evitando così troppi pensieri negativi, e si mise ad ascoltare le istruzioni del ragazzo. Era evidente che fosse un veterano e aveva tanto da poter insegnare, perciò Maeve tentò di captare tutti i suoi movimenti e replicarli subito dopo. Il suo umore migliorò leggermente quando vide che Cain non la fermò dopo un paio di esercizi, ma la lasciò continuare, segno che, forse, aveva corretto qualcosa. Le scappò un sorriso quando mise a segno un altro fendente e il ragazzo non disse una parola, tant'è che quell'esercizio che le procurava così tanta ansia adesso le stava dando molte soddisfazioni. La campana del rancio suonò, al solito, per l'ora di pranzo, ma Maeve decise di non farci caso. Finalmente una sensazione gradevole stava riaffiorando mano a mano che il silenzio di Cain si prolungava e la sua lama colpiva il manichino dopo una mattinata di rabbia e nervosismo. Già, una mattinata passata, in teoria, a leggere vicino al ruscello e poi chiusa in camera ad esercitarsi nella calligrafia: se solo i suoi genitori avessero saputo che non aveva fatto nulla di ciò che sua madre le aveva intimato sarebbero andati su tutte le furie. Questo pensiero le attraversò la mente in un lampo e la ragazza si fermò d'improvviso, gli occhi spalancati a guardare il fantoccio che aveva davanti. Doveva tornare al castello, era ora di pranzo, dovevano pranzare tutti assieme. « Devo andare, scusa » la ragazza corse verso il mucchio di spade dal quale aveva preso quella che aveva in mano e la buttò lì, senza troppi pensieri, per poi superare Cain di tutta fretta. « Ci vediamo presto, scusa ancora, ciao! » gridò mentre si allontanava, cercando di evitare di scontrarsi con gli uomini che si dirigevano in mensa. Mentre correva si rese conto che le gambe le facevano davvero male, ma doveva resistere, altrimenti sarebbe finita nei guai. Si sfilò il ciondolo solamente una volta tornata nelle stalle: le lentiggini scomparvero e i capelli si scurirono, lasciando spazio alla principessa Maeve di Thyandul, giovane con mille responsabilità a cui doveva adempiere prima che sua madre venisse a scoprire che indossava abiti sgualciti e conduceva una doppia vita solo per tornare a lottare sullo stesso campo di battaglia che aveva causato la morte del suo primo figlio. Si tolse alla velocità della luce maglietta e pantaloni, nascondendoli in un angolo, per poi rimettersi di fretta il vestito con cui era uscita quella mattina, togliendo qualche residuo di fieno, e sgattaiolò fuori facendo attenzione a non farsi vedere, percorse velocemente le cucine e arrivò in camera sua salendo i gradini delle scale a due a due, fortunatamente senza incrociare anima viva lungo il percorso ─ non le era mai capitato prima d'allora, sia lodata Manaar! Si chiuse in camera, cacciandosi il vestito sporco il più velocemente possibile, tirando fuori dall'armadio un abito dai toni bluastri, molto discreto, e prese a pettinarsi con una foga che non le apparteneva. Sistemati i capelli grazie all'aiuto di un cerchietto, uscì dalla stanza dopo aver fatto un lungo respiro, cercando di calmare il cuore che batteva all'impazzata per la corsa e la paura di essere scoperta. Si diresse a grandi passi verso la sala da pranzo, sapendo benissimo di essere in ritardo, e appena fece il suo ingresso non poté non notare che i due regnanti erano già a tavola. I loro sguardi la percorsero subito da capo a piedi mentre la principessa accennava ad una riverenza, sedendosi poi tenendo il mento alto senza imbarazzo alcuno. « Sei in ritardo » la regina Violet ruppe il silenzio, mentre suo marito faceva cenno alla servitù di portare i piatti. « Ero talmente assorbita dallo studio che ho perso la cognizione del tempo » fece di rimando Maeve, una bugia con un fondo di verità. Sua madre sembrò essere soddisfatta della risposta della figlia, cominciando a mangiare. Il profumo della carne le penetrò le narici, e nel prendere le posate la ragazza si rese conto di avere le braccia a pezzi. « Come sta andando lo studio? » chiese Ethelbert, sorridendole, e la principessa ricambiò il gesto. « Bene. Il pomeriggio pensavo di passare in biblioteca e dopo recarmi al tempio ». Entrambi i genitori annuirono, segno che approvavano i suoi piani, e finalmente anche Maeve iniziò a mangiare. I pasti, solitamente, erano molto silenziosi, ma tutti e tre avevano bisogno di quella calma familiare per riuscire ad arrivare alla fine di una giornata che, una fine, sembrava non avercela. Thyandul era sul piede di guerra e la famiglia reale non sapeva come reagire, ciò era motivo di grande stress: suo padre non si staccava mai dal generale delle sue truppe, sua madre si rinchiudeva in camera a cucire o nel tempio a pregare, e Maeve partecipava ai comizi militari, studiava strategie e fingeva di essere una ragazza del popolo per tirar di spada. Ognuno affrontava questa crisi a modo suo, tentando comunque di essere d'aiuto ed evitare la catastrofe. « E' arrivata questa, per te » Violet ruppe ancora il silenzio, passandole una lettera che portava il simbolo della casata degli Milbourne, un elmo sormontato da una corona ed un giglio. Sospirò tra sé e sé, sapendo già di cosa si trattava. « Madre, ne abbiamo già parlato » disse, esausta, ma la donna non la lasciò finire, « Con una guerra alle porte urge un'alleanza » esclamò di rimando, riprendendo a mangiare. « Le alleanze non si costruiscono per forza con i matrimoni ». Sapeva che la regina aveva ricevuto varie richieste di matrimonio da parte di famiglie reali di altri regni e ne aveva inviate a sua volta, impaziente di accasare la figlia e beneficiare delle opportunità che esso avrebbe portato. La principessa di Thyandul, essendo a capo di un continente forte e vasto, era una bella preda tra le varie famiglie nobili, ma Maeve odiava essere trattata come un mero oggetto di scambio. Aveva discusso tante volte con sua madre, ma grazie al silenzio di suo padre al riguardo era riuscita sempre a rimandare il fatidico matrimonio. Conosceva Elliot, erede al trono di Mundoor, ma il solo pensiero di un'unione forzata le faceva ribollire il sangue nelle vene. Non era un oggetto, e un'alleanza avrebbe preferito stringerla grazie alle sue capacità di futura regnante, non grazie ad uno stupido matrimonio. Il pranzo proseguì in silenzio, le posate che graffiavano i piatti e la servitù che si sbrigava a cambiare le portate erano gli unici suoni nell'enorme sala. Avrebbe voluto tornare a infilzare quel maledetto manichino, ma si limitò a stringere forte, senza volerlo, il manico della forchetta come fosse l'elsa di una spada.

    • • •

    Il giorno dopo si svegliò presto, uscendo dal castello ancor prima di incrociare i suoi genitori nei corridoi. Riuscì ad eludere le guardie con la scusa di una breve passeggiata mattutina nei paraggi, entrando così indisturbata nelle stalle e diventare Dawn. Si diresse di buona lena verso il campo d'allenamento, decisa ad esercitarsi per massimo un'oretta e poi tornare ad indossare i suoi veri panni, ma nel tragitto vide una vivace attività nell'accampamento dei soldati. Incuriosita, optò per una piccola deviazione, con il pensiero di vedere se ci fosse qualche compagno disponibile ad un duello veloce. Magari sarebbe riuscita a mettere in pratica quello che aveva imparato il giorno precedente. Al suo passaggio, i soldati fuori dalle tende si scostarono o si voltarono all'improvviso dall'altra parte, chiaro segno che non volevano avere a che fare con una ragazzina. Maeve alzò gli occhi al cielo, stringendo i pugni senza dire una parola. Era stanca di quella situazione: possibile che le donne erano viste solo come un peso, alla pari di un oggetto, non meritevole di nulla? Possibile che non poteva decidere cosa fare della propria vita solo perché doveva sposarsi con un uomo ricco e portare soldi e soldati alla propria famiglia? Bazzecole. Avrebbe provato al mondo intero che era in grado di fare qualcosa di concreto per il suo paese. Una chioma ribelle di capelli cerulei attirò la sua attenzione poco lontano, e ci mancava solamente lui per iniziare la giornata nel modo migliore. Cain era intento a calare un martello su una spada, forse ne stava forgiando o riparando una. Si passò velocemente una mano sul viso, stremata, indecisa se cambiare direzione o meno. Non aveva voglia di litigare, di nuovo, ma in fondo il suo obiettivo era quello di farsi amico l'ex-generale delle truppe di Erethos e capire da che parte stava. Doveva parlarci e avvicinarsi il più possibile a lui. Si sforzò dunque di sfoggiare un sorriso, saltellando verso di lui come se fosse appena arrivata al campo. « Buongiorno! » esclamò vicino a lui, senza però urlare troppo forte per evitare di fargli prendere un accidente. Conoscendo le sue abilità l'aveva già vista da lontano e non si sarebbe comunque spaventato, ma meglio essere previdenti. « Ti ringrazio per l'addestramento di ieri, spero di allenarmi di nuovo con te prima o poi! » lui probabilmente non la stava ascoltando, quindi decise di rimanere in silenzio ed osservare ciò che il ragazzo stava facendo. Sembrava stesse riparando una spada, ma ad essere sinceri non ne era molto sicura: i soldati si prendevano spesso cura delle loro armi in quel modo, ma aveva avuto modo di osservare solo Dominic da vicino un paio di volte. Le mancava, e il soldato dallo sguardo accigliato che aveva accanto non glielo ricordava affatto. « Posso provare? » esclamò, sporgendosi con il busto in avanti in modo da farsi notare. Ormai lui aveva pitturato Dawn come una ragazzina curiosa e petulante, ne era sicura, tanto valeva approfittarne. « Dai, ti prego, vorrei tanto imparare! » riprovò, facendo leva sulla gentilezza che il ragazzo nascondeva dietro la personalità burbera.

    « Parlato » || - Pensato -

    ☆ code by ruru



    Edited by altäir - 11/5/2021, 00:55
  12. .
    U'S WAIFU LOTTERY
    R U R U L O L ─ ahahah. MUORI.
    falling down › yume lee™
    oLZmHBp
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    Benvenuti ad una nuova lottery in comune, la terza precisione, del RURU LOL, stavolta con la deliziosa Yume del ‹ hymn to insomnia ⋆ falling down › yume lee™, una ragazza dai molteplici talenti che ha creato sia il codice che i tesserini. E' stata super gentile con me, è stato sempre un mio piccolo sogno organizzare qualcosa con lei ♥ Il tema della lottery è Love Live, progetto che include manga, anime, film e giochi per telefono con protagoniste diversi gruppi di school idol. Io e Yume abbiamo deciso di incentrarla su Rin ed Eli, le nostre preferite delle μ's ♥ E' uscito da poco anche il nuovo gioco per telefono, che racchiude tutte le ragazze del franchise, quindi direi che questa lottery cade a pennello ♥ Preparatevi che sicuramente vedrete altre lottery a tema Love Live sul mio blog, è un'ossessione lol
    ⤷ Possono partecipare i forum di ogni circuito (fc, ff, bf) a patto che rispettino le regole del circuito.
    ⤷ Ogni forum ha diritto a un numero tra quelli disponibili; ogni tesserino ha 75 numeri, i tesserini sono 2, quindi in totale sono 150 numeri.
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    Edited by altäir - 17/10/2019, 10:39
  13. .
    Ecco qua finalmente i tuoi banner pronti! Scusa tantissimo per il ritardo, ho avuto un po' di impegni :oooooof: spero che la tua richiesta sia di tuo gradimento! Fammi sapere :ancora sbrilluccic:

    QiOwGjh XjvYur8 VJrweI3
    AQb0gAG 0r65Y6d PtN4Jqj

  14. .
    Ciao, scusa il ritardo nella risposta! Ho visto la richiesta, la eseguirò appena possibile! :< 3 <3:
  15. .
    Sono contenta ti piacciano 💕 allora chiudo la discussione, alla prossima!
281 replies since 23/12/2011
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