Posts written by altäir

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    Aggiungo tutti, grazie mille per la partecipazione e buona fortuna! :< 3 <3:
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    Lucina Lottery
    Benvenutə amiche, amici ed amicə, ad una nuova e freschissima puntata di io e la mia ossessione lottery del ruru lol! ♥ è da un po' che non ci si vede, eh? Se ripenso a quando ho aperto l'ultima lottery (gennaio dello scorso anno) sono cambiate un po' di cose. Vorrei tanto abbracciare la me del passato e dirle che ce la farà, poco alla volta, ma la didascalia di una lottery non è il posto giusto per lasciarsi andare a discorsi smielati c': Ogni tanto torno con una nuova lottery e poi sparisco, adoro organizzarle, quindi spero rimaniate con me per il tempo di questa nuova lotteria ♥ A dire il vero questo codice e questi tesserini stagnano nel mio forum di prova da tempo immemore, e quindi mi sono detta: "perché non ora?". Anche perché se avessi continuato ad aspettare sarebbe uscita la centesima versione di Lucina e avrei dovuto aggiungere altri tesserini, non mi pareva il caso. Il tema di questa lottery è uno dei miei personaggi preferiti di tutti i tempi, Lucina da Fire Emblem Awakening! Mamma mia, è tutto così blu ouo Bando ai convenevoli, passiamo alla sostanza c:
    ★ regolamento & modulo d'iscrizione ★
    ⤷ Possono partecipare i forum di ogni circuito (fc, ff, bf) a patto che rispettino le regole del circuito.
    ⤷ Ogni forum ha diritto a un numero tra quelli disponibili; ogni tesserino ha 10 numeri, i tesserini sono 8, quindi in totale sono 80 numeri.
    ⤷ I primi cinque iscritti hanno +1 numero bonus; gli abbonati hanno +2 numeri bonus; gli affiliati e i gemellati hanno +1 numero bonus (se siete sia affiliati che gemellati, i numeri bonus diventano 2).
    ⤷ Il tesserino va esposto dal momento dell'iscrizione fino alla conclusione della lotteria e la conseguente distribuzione dei premi; prima di estrarre farò un giro di controllo, e chi non rispetterà questa regola verrà escluso dall'estrazione dei vincitori.
    ⤷ Se il numero da voi scelto fosse stato già prenotato, io ve ne assegnerò un altro, ovviamente il più vicino a quello da voi scelto; per questo vi consiglio di leggere gli ultimi messaggi onde evitare ciò.
    ⤷ I vincitori saranno quattro e potranno scegliere quattro premi dalla lista, mentre i partecipanti potranno sceglierne due. In ogni caso, gli abbonati hanno diritto ad un premio in più.
    ⤷ I vincitori verranno estratti una volta occupati tutti i numeri tramite il sito Random.org. Se la lottery si protrae per troppo tempo, verrà chiusa e l'estrazione finale avverrà ugualmente.



    CODICE
    <div style="background-color:#94b1ee; width: 290px; height:px; text-align: center; font-size: 30px; color: #fff; padding: 9px; font-family: georgia; text-transform: uppercase;">&#9733; good luck! &#9733;</div><div style="background-color: #fff; width: 286px; height:px; padding: 9px; border-right: 2px #94b1ee solid; border-bottom: 10px #94b1ee solid; border-left: 2px #94b1ee solid;  text-align: justify; font-family: Georgia; font-size: 11px; color: #000;"><span style="background-color:#94b1ee; padding: 3px; color: #265ca7; text-transform: uppercase; font-size: 10px; font-family: georgia; letter-spacing: 1px">nome + link forum</span> [URL=http://link.forum]Nome del forum[/URL] (sotto codice!)
    <span style="background-color: #94b1ee; padding: 3px; color: #265ca7; text-transform: uppercase; font-size: 10px; font-family: georgia; letter-spacing: 1px">numero scelto</span> (1 numero base)
    <span style="background-color:#94b1ee; padding: 3px; color: #265ca7; text-transform: uppercase; font-size: 10px; font-family: georgia; letter-spacing: 1px">numeri abbonato</span> (+2 numeri se abbonati)
    <span style="background-color: #94b1ee; padding: 3px; color: #265ca7; text-transform: uppercase; font-size: 10px; font-family: georgia; letter-spacing: 1px">numeri affiliato / gemellato</span> (+1 numero se affiliato, +1 numero se gemellato)
    <span style="background-color: #94b1ee; padding: 3px; color: #265ca7; text-transform: uppercase; font-size: 10px; font-family: georgia; letter-spacing: 1px">numeri extra</span> (guardate la lista)
    <span style="background-color: #94b1ee; padding: 3px; color: #265ca7; text-transform: uppercase; font-size: 10px; font-family: georgia; letter-spacing: 1px">avviso a fine lottery</span> (dove dovrò avvisarvi una volta finita la lottery? Tag va bene, se lasciate un topic invece mettetelo sotto code)</div></div></div>
    ★ premi ★
    ❀ affiliazione
    ❀ gemellaggio
    ❀ banner 88x31 esposto in home per un mese
    ❀ banner 200x50 esposto in home per due settimane
    ❀ banner 500x100 esposto in fondo al forum per una settimana
    ❀ messaggio spam reso importante nell'apposita sezione spam per due settimane
    ❀ 5 spam in altri forum del vostro forum/di una vostra contest/di una vostra iniziativa
    ❀ set di 6 banner statici, dimensione a scelta
    ❀ set di 2 banner animati, 88x31 o 200x50
    ❀ 1 numero in più alla prossima lottery
    ❀ 1 premio in più alla prossima lottery
    ❀ 1 richiesta grafica a scelta, no html e skin
    ❀ lottery condivisa
    ❀ partecipazione ad una vostra lottery (potete richiederlo anche se sono già iscritta, a questo punto prenderò un altro numero)
    ❀ iscrizione ad una vostra iniziativa (ovviamente dovrò essere d'accordo con essa prima di aderire)
    ❀ 20 up ad un contest up a cui partecipate
    ❀ un voto ad un contest a voti a cui partecipate
    ❀ raddoppio di un premio a scelta
    ❀ esposizione banner 200x50 nella mia prossima lottery
    ❀ esposizione tesserino spam di una vostra lottery/contest nella mia prossima lottery
    ★ numeri bonus ★
    ★ numeri disponibili ★
    C0voJmj
    CODICE
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    mArCguE
    CODICE
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    U06xatO
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    #29 - The Gates of Eternal Darkness
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    REJWR73
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    #31 -
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    Qp0DWiZ
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    cbgr0jz
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    NHU8KvO
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    #61 - Liberty's Ocean ~ L'Oceano di Liberty - topic
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    #70 - Liberty's Ocean ~ L'Oceano di Liberty

    KhVpsJQ
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    #71 - ♅ Distant Horizons ❧ {Shang's Blog}
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    #80 - NYC Metropolitan Life GDR
    ★ esposizione banner, lottery e iniziative ★
    DHshang20050k RKFJYCL XjvYur8 TMaHuVF VfUqcXT


    Edited by altäir - 16/9/2022, 18:20
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    Marzo 2020/Giugno 2022 - Promise of Crimson Melodies


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    Si avvisa che questa è una sorte di vetrina, se così vogliamo chiamarla, ma metto ugualmente i codici a disposizione di tutti. Se vuoi prelevare qualcosa, leggi il regolamento codici, poi avvisa qui e compila il modulo specificando quale codice in particolare vorresti. Appena possibile ti invierò tutto via mp. Grazie mille, much love ♥



    nome e cognome personaggio
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    ☆ code by ruru
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    Non è un regalo ma lo dovevo mettere da qualche parte
    dquu6Kd

    Edited by altäir - 18/2/2022, 22:48
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    Altayr • Noel • Abel ›
    I don't care about what you did, only care about what we do
    S
    eguire Evelya nel suo moto di ribellione, fingendo uno svenimento e offrendosi di aiutarla, si era rivelata essere tra le decisioni più sagge che Abel avesse preso ultimamente. Respirò a pieni polmoni una volta varcato il cancello della Ripley, che nell'ultimo periodo considerava una prigione più che una scuola, e affiancò l'amica fino a Greaves Park senza chiedere nulla sui suoi occhi gonfi: poteva benissimo immaginare il motivo, ma fece finta di non accorgersene, dirigendole sorrisi accennati e stanchi di tanto in tanto e risposte molto concise. Quando neanche le melodie del pianoforte riuscivano a distrarlo la faccenda era seria: i suoi pensieri viaggiavano a mille chilometri all'ora e non riusciva a trovare qualcosa sul quale concentrarsi per calmarsi un po' che subito il volto di Cain sovrastava ogni cosa. Almeno sapeva dare un nome a chi aveva reso la sua testa un casino.
    Seguì Evie tra i tavolini del bar dove avevano deciso di sostare e nell'esatto momento in cui si sedette ad uno di essi il senso di colpa gli attanagliò lo stomaco. Aveva mentito per uscire prima da scuola nonostante il saggio alle porte, aveva litigato con Raphael e non aveva concluso nulla, e infine aveva congedato in malo modo il batterista degli Elysian in preda al terrore, tutto nel giro di poche ore. Abel si passò una mano sul viso, tentando di farlo con nonchalance, prima che la cameriera passasse a prendere gli ordini, riuscendo a respirare solamente quando ebbe una calda tazza di tè davanti a sé e i suoi amati scones con burro e marmellata di fragole. « Hai incontrato il ragazzo della batteria alla fine? ». Ringraziò il cielo che non aveva ancora messo nulla in bocca, altrimenti si sarebbe di siscuro strozzato. Si prese qualche secondo per rispondere, nonostante quella di Evelya fosse una domanda semplice: sì, o no. Ma c'era un discorso più complicato dietro quella che sarebbe potuta essere una semplice risposta, ed Abel era stremato. « Sì, siamo stati un po' in giardino. » riuscì a dire infine, passando il dito indice sul bordo della tazza di tè, deciso a berne un sorso, per poi rimettere la mano poggiata sul grembo intrecciata all'altra, senza far nulla.
    « Abbiamo solo parlato. ». Si tenne sul vago, mentre le ultime parole di Cain gli rimbombavano in testa: se avesse solo voluto un premio, non sarebbe venuto fino alla Ripley. Il rosso non aveva proprio un aspetto rassicurante - grosso almeno il triplo di Abel, altissimo, super tatuato e lo sguardo di chi avrebbe potuto incenerire se solo qualcuno lo avesse guardato un secondo di troppo - e neanche le maniere delle persone che era abituato a frequentare, ma quel discorso l'aveva colpito. Era schietto, senza filtri, diceva ciò che pensava senza porsi il problema di contare almeno fino a dieci: magari non aveva avuto neanche il tempo di inventarsi una menzogna giusto per addolcirlo, quindi ciò che aveva detto era... vero? Sul serio credeva nel destino, un tipo come lui? E davvero era disposto a trattenersi solamente per riuscire ad avvicinarsi ad Abel? Per lui? Non ne valeva la pena. Alzò lo sguardo su Evelya, su quegli occhi chiari da cerbiatta che si ritrovava, e sospirò debolmente. « E' stato... strano. », e da lì iniziò a raccontare all'amica cos'era successo tra loro, cercando di riportarle ciò che si erano detti il più accuratamente possibile, ma nel farlo non poté non notare come le guance dell'amica si stessero colorando mano a mano che parlava, e pure lui si sentiva il viso caldo. Colpa del tè, senza dubbio. « Mi chiedo se non dovremmo tentare... sai, rivederli. ». Alla fine del racconto, Evelya se ne uscì con una frase che non si sarebbe aspettato, non da lei perlomeno: alzò lo sguardo su di lei, rispondendole in silenzio con un'espressione tra la sorpresa e la paura, mentre lei viaggiava sul suo viso alla ricerca di una risposta positiva, qualsiasi essa fosse. Glielo si leggeva in faccia, che voleva tornare tra la calca ed il fumo per sentirli suonare di nuovo. « E' che... » cominciò, ma il ragazzo si fermò prima che potesse dire qualsiasi cosa e continuò a guardare l'amica come se potesse offrirle un appiglio al quale aggrapparsi. Si sentiva così pesante, ma non voleva caricare nessuno coi suoi effimeri problemi, ed Evelya aveva già tante cose a cui pensare: la scuola, Eberthorn che le stava addosso, le aspettative della famiglia... era appesa ad un filo, ed il cantante degli Elysian le aveva fatto perdere irrimediabilmente il fragile equilibrio che tanto aveva faticato a raggiungere. Eppure sapeva che poteva fidarsi di lei, che non gliene avrebbe fatto una colpa. Poteva spiegarle a grandi linee la situazione, come mai non era tanto entusiasta quanto lei, giusto per farle capire che, nella sua testa, la situazione non era così semplice. Gli occhioni da cerbiatta di Evelya, che ancora aspettava una risposta e lo osservava interrogativa, lo fecero capitolare. « E' che io sto con Raphael, lo sai, ma ultimamente le cose non vanno un granché. » sospirò, accorgendosi di aver abbassato la voce verso la fine. Ecco, di nuovo il senso di colpa gli fece venire la nausea, perciò rivolse la sua attenzione al suo riflesso nel tè, senza riuscire a guardare la ragazza seduta dall'altra parte del tavolino. Non era abituato a raccontare di sé agli altri, ma Evelya gli era sempre stata accanto, voleva dimostrarle che si fidava di lei.
    « Credo di non piacergli più. Abbiamo litigato anche stamattina. » aggiunse, ma sentiva di star tirando fuori le parole a forza mentre gli tornava alla mente ciò che gli aveva detto il violinista nei corridoi della Ripley. Parlare della sua relazione fallimentare gli stava costando una buone dose di coraggio e si ricordò come mai si teneva tutti i pensieri e sentimenti per sé: si sentiva vulnerabile, si sentiva un peso, si sentiva stupido e debole, ma ormai il discorso l'aveva iniziato, tanto valeva concluderlo in modo che Evie capisse cosa stesse succedendo. « Vorrei lasciarlo, ma non ne ho il coraggio. » disse infine, e finalmente tornò a guardare l'amica e, in qualche modo, il peso che sentiva all'altezza dello stomaco si fece un po' più leggero. Eccolo, il potere di Evelya, quello di far sentire ascoltato e capito chiunque, anche chi come lui si apriva poco e male, ed Abel abbozzò un debole sorriso in sua direzione. Non aveva detto granché in effetti, non aveva spiegato la situazione fino in fondo, ma sentiva di essersi sforzato come se avesse dovuto correre una maratona. « E Cain mi manda in confusione. E'... », si morse l'interno della guancia per l'imbarazzo, ma era Evelya, si fidava di lei, ed erano più o meno sulla stessa barca, « ... è tutto il contrario di me, sembra non aver paura di nulla. E mentre io me ne sto qui, fermo, a rimuginare su una relazione finita da un bel pezzo che continua per, boh, forse abitudine, lui da un giorno all'altro si finge uno studente di una scuola privata, infrangendo decine di regole, per un tizio di cui non sa un accidente. ». Sbuffò, incrociando le dita sotto il mento per evitare di continuare a torturarsele come ogni volta che faceva quando era nervoso. « Cain è arrivato al momento sbagliato. » concluse, ma era solamente una bugia per sentirsi meglio, lo sapeva benissimo. A cosa sarebbe servito mentire ancora? Lo aveva capito subito, dal primo momento che lo aveva visto sul palco del Black Dog la sera prima: gli sarebbe piaciuto rivederlo, e provare a vedere come sarebbe potuta andare tra loro, ma ammetterlo a sé stessi e dirlo ad alta voce era più complicato del previsto. « O io sono solo un codardo. Più probabile la seconda opzione. ». Il riflesso traballante che gli rimandava la superficie scura del tè assomigliava ad una visione distorta che aveva di sé in quel momento, perciò si portò la tazza alle labbra in men che non si dica, in modo da non doverlo più vedere. Sapeva benissimo cosa sarebbe stato meglio fare per la sua salute mentale: lasciare Raphael una volta per tutte, così da non doverlo più vedere neanche dopo il saggio di fine anno, finire la scuola in santa pace, entrare in conservatorio e avviare una carriera grazie ai contatti forniti dalla Ripley e, intanto, provare a dare una possibilità ad un certo rosso a cui non riusciva a smettere di pensare. Non sembrava affatto male come piano, ma addentrarsi in qualcosa di sconosciuto lo terrorizzava - Cain era un tornado di energia e passione, lui a malapena trovava la forza di alzarsi dal letto la mattina. Abel era una persona impegnativa, pesante, poco di compagnia, Cain sarebbe stato solamente uno spreco per uno come lui. Quasi preferiva sopportare la cattiveria di Raphael piuttosto che illudere Cain di essere una persona interessante e con cui valeva la pena costruire qualcosa. « Non so cosa vede in me. Ho paura di deluderlo. Poi, già, c'è Raphael. Ho paura di dirgli che voglio chiudere, ultimamente è sempre nervoso e attacca briga con me anche per il motivo più stupido. » sbuffò lievemente, senza scomporsi, ma con le sopracciglia corrugate e le dita strette intorno alla tazza nonostante fosse ancora calda. Incrociò lo sguardo dell'amica - che sapeva la pensava come lui, mannaggia a lei che si sottovalutava di continuo - e gli sorrise di nuovo, sporgendosi verso di lei mentre appoggiava il mento sul palmo caldo della mano sinistra. Con lei si sentiva al sicuro. « Però sì, se potessi permettermi di essere egoista, mi piacerebbe rivederlo. ».
    Quando si era messo con Raphael, un paio di anni prima, non ne aveva parlato con nessuno: ad eccezione di Hannah che l'aveva scoperto per sbaglio, aveva vissuto la sua cotta per l'affascinante violinista dai capelli lunghi e scuri in solitudine, non aveva raccontato a nessuno della prima volta che l'aveva accompagnato a casa dopo la scuola, la prima volta che si erano tenuti per mano, il primo bacio, la prima volta, niente di niente. Nessuno sapeva quanto ad Abel piacesse il suono del suo violino o l'odore del suo profumo. Aveva custodito il loro rapporto gelosamente, neanche fosse un segreto, ed ora parlava di un altro ragazzo con una sua amica, affermando ad alta voce che si era preso una sorta di sbandata - e che sbandata - per un tizio con il quale, all'apparenza, non aveva quasi niente in comune se non l'amore per la musica. Era terribilmente imbarazzante, ma condividere i propri sentimenti con qualcun altro che poteva offrirgli un po' di supporto e qualche parola incoraggiante era... liberatorio. Chi l'avrebbe mai detto? « Cain mi ha detto che faranno parecchi concerti nei prossimi mesi, avranno annunciato le prossime date da qualche parte. E mi ha anche detto dove provano di solito. » fece, rigirandosi uno scone tra le dita prima di addentarlo: quella pausa al bar si stava rivelando, contro le aspettative, il primo momento della giornata in cui riusciva a respirare e starsene un attimo tranquillo. E in più i dolci riuscivano sempre a farlo sentire meglio. « Ho anche visto Noel. ». Nel pronunciare il nome del front man degli Elysian si preoccupò di guardare Evelya e che reazione avrebbe avuto, preoccupandosi di non farle avere un crollo nervoso o qualcosa del genere. In fin dei conti il cantante si era comportato in maniera piuttosto preoccupante con lui e Cain, ed Evie, appena si erano incontrati in corridoio prima di uscire, sembrava aver passato una mattinata turbolenta. « E' apparso all'improvviso mentre io e Cain stavamo parlando, e ha detto che te ne eri andata. E' tutto... a posto? » domandò alla fine, chiedendosi se fosse stato troppo diretto, facendole però capire che, se non se la sentiva, potevano anche cambiare discorso. D'altro canto era lei ad aver proposto di rivederli, quindi troppo male non poteva essere andata, giusto?

    Noel
    Cain aveva ragione: aveva rovinato tutto. Aveva buttato nel cesso l'unica possibilità che entrambi avevano per rivedere Evelya ed Abel, ben pensando che interrompere qualunque cosa il batterista e la sua nuova conquista stessero facendo fosse non una buona, ma bensì un'ottima idea, facendo scappare uno a gambe levate e facendo sì che l'altro gli urlasse in faccia da quando avevano lasciato l'istituto. Noel aveva il cuore spezzato, ma in fondo sapeva che la rabbia del rosso numero due non era infondata.
    Pure Altayr aveva ragione, perché Evelya era così diversa dalle altre, cosa l'aveva attratto così tanto, perché stava così male? Poteva cantare quante canzoni di Lewis Capaldi voleva, sapeva che il sollievo sarebbe stato solo temporaneo.
    E persino Izar, il cuore di ghiaccio del gruppo - all'incirca, quando non si trattava dell'aquilotta - aveva ragione: doveva darsi una svegliata. Le date dei mille concerti che dovevano preparare si stavano inesorabilmente avvicinando, e solo ora stavano decidendo la scaletta di quello che ci sarebbe stato tra poche sere. Non andava affatto bene. Dovevano sfondare, dovevano uscire da quel buco di città, voleva sentire le canzoni degli Elysian in radio e i ragazzi canticchiarle per strada. Bisognava darsi una mossa, e quell'enorme peso sul cuore, ahimé, non poteva essere un ostacolo, non in quel momento, per quanto avrebbe voluto dormire per una giornata intera dopo la delusione alla Ripley.
    Sorrise mestamente mentre il bassista gli parlava nella speranza di riportarlo sul pianeta Terra, e annuì piano, con poca convinzione, perché per quanto sapesse che doveva alzarsi da quel divano, il cuore era messo piuttosto male.
    « Perciò ti scongiuro, ti imploro di mettere da parte una delle tue solite delusioni d'amore per il bene della band e dei nostri portafogli. ». Lo sapeva, eccome se lo sapeva, doveva solo trovare la forza di farlo: Izar aveva fatto bene a ricordargli che così facendo ci andava di mezzo il futuro del gruppo, e buttò un'occhiata fugace a Cain e Altayr poco lontani da loro, senza alzare troppo il capo. Ognuno stava vicino al proprio strumento, pronti per cominciare, e l'asta col microfono lo aspettava al centro della sala. Doveva solamente alzarsi.
    « So che non capisci niente perché sei bastardo senza cuore, ma guardalo bene: questi sono gli occhi di un uomo innamorato che ha perso tutto ». Le parole del batterista lo bloccarono sul divanetto proprio nel momento in cui stava facendo leva sulle braccia per rimettersi in piedi: non si sarebbe aspettato che proprio lui potesse prendere le sue parti quando un attimo prima di entrare in sala aveva affermato che, testuali parole, avrebbe utilizzato la sua testa come tamburo. « No, Izar ha ragione, devo... Devo darmi una mossa. ». Sospirò nel dirlo, buttando fuori l'aria in un soffio forte, per poi finalmente alzarsi, facendo attenzione a non scaricare troppo peso sulla protesi. Il dolore e la delusione gli stavano facendo vedere le stelle, ma la musica, sperava, l'avrebbe distratto fino a sera. Fece cenno ad Altayr di passargli il foglio della scaletta e passò ad analizzare le canzoni che gli altri avevano proposto: "Sleeping In", adorava cantarla, una delle sue preferite, "Time Bomb" e "A Love Like War" erano due dei loro cavalli di battaglia, con quelle ad un concerto non sbagliavano mai, e "Don't You Go" era una novità, non l'avevano suonata spesso in live, e vederla scritta lì lo fece sorridere. Toccava a lui proporne un paio, e all'improvviso fu come se non avesse mai cantato nessuna canzone in vita sua: doveva scegliere dei brani che spaccavano, ma a questo punto sarebbe stato meglio puntare su qualcosa di iconico o buttarsi nel vuoto e presentare delle canzoni inedite che non sapeva come il pubblico avrebbe potuto accogliere? « Vorrei inserire qualcosa di nuovo, vediamo se riusciamo a finire una canzone entro questa settimana. » esclamò piegando il foglio e appoggiandolo su uno degli amplificatori, e incrociò lo sguardo divertito di Altayr. « Rischioso. ». Il ragazzo fece spallucce, sapeva benissimo cosa stava facendo, ma in caso a scegliere due canzoni del loro vecchio repertorio non ci avrebbe messo molto. « Proviamoci. Se qualcuno di voi ha qualche testo dietro o ha in mente una melodia ce ne occupiamo dopo, intanto facciamo "Don't you go" - mamma mia Cain, che roba mi hai tirato fuori? Fantastica. » esclamò e schioccò la lingua, avvicinandosi al microfono mentre si strofinava le mani e cominciava a fare qualche esercizio di riscaldamento per la voce. Stava cominciando a sentirsi meglio, parlare a ruota faceva sì che non ricominciasse a pensare a quel pomeriggio e cantare con i suoi amici lo portava direttamente in un altro mondo, ma sentiva il bisogno di chiacchierare, di suonare, di scrivere, di cantare, qualsiasi cosa pur di non rimanere un attimo fermo a pensare allo sguardo triste col quale Evelya l'aveva salutato prima di andarsene dalla caffetteria. « Spero di non sbagliare, è da un po' che non la suoniamo. ». Noel gesticolò con una mano per dirle che andava tutto bene mentre con l'altra era alle prese col cellulare: nelle note aveva tutti i testi delle loro canzoni salvati con tanto di appunti, melodie e accordi vari, e avere il testo sotto lo faceva sentire più sicuro. « Si chiamano prove per un motivo. ». I due rossi aspettarono che Izar e Altayr accordassero gli strumenti, Cain che scalpitava alla batteria senza preoccuparsi di poter risultare fastidioso, e Noel si scambiò uno sguardo d'intesa con la chitarrista per cominciare insieme. Chissà se Cain aveva scelto quella canzone per ciò che era successo quella mattina oppure totalmente a caso, ma qualunque fosse il motivo gli sembrò di sentirlo suonare con tanta energia da riuscire quasi a sovrastare la sua voce. Sentì Altayr steccare ma recuperò in fretta, e tutti e quattro riuscirono ad arrivare a fine canzone senza troppi errori. « Non mi è sembrata male. Che dite? », « Mi era mancata. Gran bella scelta Cain. ». Noel annuì all'affermazione di Altayr e sorrise in direzione del batterista, e dopo un'altra prova - andata molto meglio - decisero di prendersi una pausa di una decina di minuti, il tempo di prendere un caffè o andare in bagno alla velocità della luce. Guardò l'amica allontanarsi verso il suo zaino per fare non si sa cosa, e Noel maledisse il silenzio che era sceso nel momento esatto in cui Izar era uscito dalla stanza: non voleva pensare, voleva solo concentrarsi sulla musica, che però in quel momento non c'era. Prese un respiro profondo prima che il viso di Evelya potesse far capolino tra i suoi pensieri ─ doveva dimenticarselo, quel nome. Era bravissimo a non ricordarsi il nome di nessuno, eppure il suo gli sembrava di conoscerlo da sempre. Che fortuna, proprio la ragazza che gli aveva spezzato il cuore. Senza farlo apposta la sua attenzione passò dalla punta delle sue scarpe al suo compagno di bravate che sedeva alle sue spalle, e sospirò di nuovo. Da quando aveva messo piede fuori dal letto non ne aveva fatta una giusta: la macchina si era rotta - per la seconda volta quel mese, e il lavoro part time quasi non bastava più a coprirne le spese -, si era infiltrato in una scuola che non era la sua - non lo sapeva con certezza ma magari da qualche parte nel globo era illegale -, era stato rifiutato dalla ragazza dei suoi sogni ed il suo amico era stato piantato in asso per colpa sua. Facendo una lista, in effetti, si sentiva abbastanza una merda. « Cain, senti, » cominciò, avvicinandosi all'amico e assicurandosi che si fosse sfogato sui tamburi della batteria per evitare che lo facesse sulla sua faccia, « mi spiace per stamattina, sono stato davvero un egoista. ». Aveva agito senza contare prima fino a dieci - non era neanche arrivato a due, a dirla tutta -, e a causa del suo dolore ci era andato di mezzo qualcun altro: inizialmente era troppo concentrato a piangersi addosso per rendersi conto che interrompere due ragazzi sul più bello fosse, effettivamente, un grandissimo errore, ma era troppo tardi, e a ripensarci avrebbe agito diversamente - magari avrebbe potuto fare dietro front una volta visti i due insieme su una panchina seduti vicini, così, per dire. Forse non si stavano scambiando le figurine. Dio, era stato davvero un coglione. « E un pessimo amico. Avrei dovuto lasciarvi in pace e aspettare che tornassi. Stavo male e mi sei venuto in mente tu, e volevo solo andarmene a casa mentre tu stavi ancora lì con Alex. Scusami. » fece, pesando ogni parola come se stesse andando al patibolo, ma durante il tragitto in moto non gli aveva ancora posto delle scuse degne di chiamarsi tali - era troppo impegnato a frignare ed asciugarsi le lacrime sulla giacca dell'amico -, « Evelya supera di gran lunga i miei standard, hai ragione. Non sono abbastanza, non lo sarò mai, mi metterò l'anima in pace prima o poi, ma se tu perdessi Adam per colpa mia non riuscirei mai a perdonarmelo. ». Anche perché avevano un appuntamento, giusto? O aveva capito male? Ricordava benissimo che l'albino lo aveva salutato dicendo "a presto", e questo lo fece sperare. « Ah, scusami, Abel. Non Adam. Che poi è pure facile da ricordare, Cain e Abel, neanche a farlo apposta! » ridacchiò, colpendolo alla spalla in modo fraterno sapendo benissimo che quel colpo non lo avrebbe neanche sentito dati i muscoli, « E' un segno del destino! Però anche Noel ed Evelya suonano bene insie - » si interruppe a metà frase, rendendosi conto solo dopo cosa stava per dire. Nessuna falsa speranza, non poteva permetterselo. Per quanto poteva far male, dovevano prendere due strade diverse: lei era destinata ad altro, non sicuramente a starsene con un musicista da quattro soldi.
    « Sì, scusami, non volevo. » rise ancora, tentando di cambiare alla svelta discorso, « Altayr, tu invece? Cos'è successo con Izar? ». La ragazza si voltò verso di loro con un'espressione interrogativa, ma appena il rosso fece il nome del bassista lei sbuffò sonoramente, avvicinandosi a loro a passo svelto mentre stringeva dei fogli tra le dita. « Non so che cos'abbia, abbiamo litigato di nuovo. », « Abbiamo notato. », disse Noel, scambiandosi un'occhiata complice con Cain,, « Ieri sera mi ha invitato ad un concerto degli Our Last Night, e - », il ragazzo non la fece finire di parlare, « Come, scusa? » fece, sinceramente sorpreso, perché si trattava di una mossa davvero audace per Izar. Non aveva mai messo in pratica né i consigli di Cain né quelli di Noel - erano troppo distanti dalla sua visione della vita: il moro era serio, paziente, timoroso, mentre loro due lo avevano sempre incoraggiato a prendere l'iniziativa e giocare in attacco. « E tu che gli hai detto? Non dirmi che hai rifiutato? ». Stava facendo uno sforzo enorme per tenere bassa la voce temendo che Izar potesse sentirli, ma finalmente qualcosa si stava muovendo tra loro due, visto che erano anni che flirtavano tra di loro - pure in maniera abbastanza esplicita e quasi passivo aggressiva, avrebbe osato dire - per poi chiedersi se a lui piaceva lei e viceversa. Finalmente stavano diventando grandi. « No, no, figurati, cioè, non proprio, gli ho detto » « che ci avresti pensato su. E' come un rifiuto, per Dio! Altayr! » il leader degli Elysian concluse la frase al posto della sua chitarrista, perché la conosceva, eccome se la conosceva, e questa bruttissima abitudine di rimandare le decisioni la applicava in qualsiasi campo e contesto, pure quando la sua cotta storica la invitava a niente di meno che un appuntamento. « Mi aveva preso alla sprovvista, ho risposto in automatico, ho avuto dei dubbi! », « Ti ha invitato ad un appuntamento, ma te ne rendi conto? Che dubbi vuoi avere?! ». Noel si passò una mano sul viso, incredulo, perché il motivo per cui Altayr fosse così lenta sulle questioni di cuore quando dispensava consigli a destra e a manca ancora non riusciva a comprenderlo, e stanco, perché dover ascoltare sia il bassista che la chitarrista che si sfogavano a turni lo aveva proprio sfinito. Stavano diventando grandi un cazzo, erano solo degli idioti. « Ho comunque paura di rovinare tutto. Siamo amici da anni, eppure certe volte proprio non lo capisco. Stamattina è arrivato a scuola incazzato, credo per ieri sera, abbiamo comunque fatto pace, poi si è arrabbiato di nuovo dal nulla. », la ragazza sospirò, visibilmente nervosa, e Noel non poté fare a meno di notare i poveri fogli nelle sue mani che lei stava involontariamente stropicciando. Mentre la ascoltava glieli sfilò, lei glielo lasciò fare, e ci buttò un'occhiata veloce per curiosità: avevano tutta l'aria di sembrare appunti sulle prossime canzoni, ma ne avrebbero parlato dopo, ora c'era una tempesta da placare. « Penso che si arrabbi perché faccio qualcosa che gli dà fastidio, ma non mi parla. Sul bus gliel'ho detto e neanche mi ha risposto. Non lo sopporto quando fa così. ». L'introversione di Izar e la sua tendenza a tenersi qualsiasi pensiero per sé in quel caso non aiutava, e Altayr si alterava per un nonnulla: quella era sicuramente una combo pericolosa, e nessuno dei due sembrava averlo ancora capito. Quei due si rincorrevano dai tempi dei primi anni di superiori, una storia travagliata di litigi continui e riappacificazioni istantanee, ma chiunque sembrava aver capito i sentimenti che provavano l'uno per l'altra tranne loro e anche solo osservarli mentre si guardavano di nascosto a vicenda era diventato irritante. Noel guardò Cain di sottecchi senza intromettersi nel racconto della ragazza, sapendo benissimo che stavano pensando la stessa cosa: "datevi una mossa e mettetevi insieme, imbecilli che non siete altro". « E' che... sta diventando difficile stargli dietro, eppure sono ancora qui. Penso di lasciarlo stare e di andare avanti per la mia strada, e poi invece torno indietro a vedere come sta. E' estenuante. », « Guarda che se ti fa più male che bene non è un buon segno. », « No, no, non è questo, sono abituata. Non mi fa stare male, mi fa... stancare. Vorrei solamente dirgli tutto il prima possibile, così almeno questo supplizio finisce, ma ho sempre paura che per lui non sia la stessa cosa, che ne so. ». Noel stette zitto, limitandosi ad alzare le sopracciglia senza neanche nascondere la sua espressione da "ma che stai dicendo?". « Da quando ci conosciamo ci comportiamo così, non capisco se per lui è cambiato qualcosa negli anni. Qualunque cosa lui faccia mi fa andare su di giri, mentre se faccio qualcosa io lui si innervosisce, e finiamo per litigare. » la ragazza sbuffò, e Noel incrociò le mani sul petto: anche lui era stanco, stanco di starli a sentire. Sarebbe stato tutto più semplice se avesse potuto dire ad Altayr che pure Izar le moriva dietro, basta coi teatrini, che litigavano perché entrambi pensavano che l'altro non ricambiasse i propri sentimenti. Ma no, era un uomo di parola e un amico fantastico, non le avrebbe detto nulla. « Secondo me dovresti buttarti. », « Già lo faccio. », « No, in senso, diglielo. ». Vide chiaramente la mandibola di Altayr irrigidirsi e le sopracciglia aggrottarsi, gli occhi verdi di lei a guardarlo come se avesse appena bestemmiato in chiesa. « Ma se vi ho appena detto che - », « Dai, andrà bene. » disse facendo spallucce, un sorriso incoraggiante disegnato sul volto, e colpì Cain alla spalla in modo amichevole, « Tu che dici, latin lover dei nostri stivali? ». Altayr sorrise, seguendo Noel a ruota e colpendolo a sua volta appena finì di parlare, « Col tuo principe, invece? Che tipo è? ». Apprezzò il pensiero della ragazza di non nominare Evelya, perciò anche lui si concentrò sulla cotta di Cain. Non gli andava troppo di parlare del suo cuore spezzato, era meglio dedicarsi a quella che sembrava una promettente - forse un po' travagliata, visti i soggetti - storia d'amore. « Un tipo piuttosto sulle sue, ma non mi sorprende che Cain si sia preso una sbandata. E' molto carino. », commentò, mentre Altayr premeva per saperne di più. In quell'atmosfera così familiare riuscì a dimenticarsi dell'angelo dai capelli biondi per un po', e quasi accantonò l'idea di cantare qualcosa di Lewis Capaldi alla fine delle prove: forse gli sarebbero bastate quattro chiacchiere tra amici e le canzoni degli Elysian a rendere il tutto meno doloroso. La zazzera scura di Izar fece capolino dalla porta mentre i tre ragazzi erano ammassati vicino alla batteria di Cain, e Noel lo invitò ad avvicinarsi, annunciando che stavano parlando della nuova fiamma del batterista - e siccome lui e lo stesso Noel erano quelli che avevano sempre diversi aneddoti amorosi da raccontare erano sempre argomenti di conversazione molto apprezzati -, ma l'altro fece cenno all'unica ragazza del gruppo di seguirlo fuori. Quella non nascose uno sbuffo di leggero fastidio, ma lo seguì comunque, non dopo aver salutato i due rossi con uno sguardo piuttosto eloquente ─ avevano appena litigato, si erano scambiati giusto una decina di parole fino a quel momento, il minimo indispensabile per accordare gli strumenti, stilare la bozza della scaletta e andare insieme durante l'unica canzone che avevano provato, era ovvio avesse i nervi a fior di pelle. La incoraggiò con un pollice alzato, poi i due sparirono dietro l'angolo del corridoio. « Vecchio mio, ho un'idea. E a quei due non piacerà. »

    Altayr
    L'aria fresca accarezzò Altayr appena fu fuori dal Waterwitch, ma subito venne sostituita dall'odore di nicotina che veniva dalla sigaretta accesa dal ragazzo al suo fianco ─ personalmente non gli dava fastidio, ma in quel momento qualsiasi cosa le dava ai nervi. Doveva darsi una calmata, decisamente, o non sarebbe riuscire ad affrontare una qualunque discussione in maniera costruttiva. Da una parte sperava che Izar volesse fare pace - era l'opzione più plausibile -, ma una vocina guastafeste le aveva suggerito che magari l'aveva portata fuori per dirle che era tutto finito: niente concerto, niente serate insieme, aveva in mente di lasciare la band per colpa sua, qualsiasi cosa pur di uscire dalla sua vita. Ma, appunto, era solo una vocina guastafeste e come tale la trattò: si stava facendo troppi film mentali, e anche Cain e Noel le avevano detto che sarebbe andata bene. Il silenzio tra di loro sembrò durare un'eternità, ma lei non fece nulla per riempirlo. Stupido orgoglio. Avrebbe voluto chiarire una volta per tutte, perché a stargli lontano non era proprio capace, ma aspettò di sentire cosa Izar aveva da dire. Peccato che quel minuto scarso che ci volle per tirare fuori e accendere la sigaretta le sembrò durare ore e ore e ore, tanto da finire per guardarsi intorno facendo finta che la cosa con la toccasse. « Scusa per oggi, sono un coglione. ». Beh, era stato molto diretto, una novità per Izar. L'attenzione della ragazza tornò su di lui, e nonostante la rabbia, nonostante fosse d'accordo con lui, fu una tortura sostenere il suo sguardo: gli occhi verdi di lei seguivano il movimento della sua mano, poi il fumo della sigaretta che si mischiava al colore dei suoi capelli, e poi finivano sulle iridi chiare dell'amico. Un supplizio. « Meno male che te lo dici da solo. » esclamò, incrociando le braccia sul petto e stringendosi nella giacca della divisa, perché per la smania di seguirlo non aveva neanche pensato a prendere qualcosa per coprirsi, e dato che le serate primaverili ancora così calde non erano un brivido di freddo le percorse la schiena. « Però a volte fai delle cose che mi fanno credere che... cioè, se le facessi io a te sarebbe strano. ». La ragazza alzò un sopracciglio: cose strane? « Spiegati meglio » lo esortò, ancora più confusa di prima. Dire ciò che si pensava quando preferiva di gran lunga tenere tutti all'oscuro di ciò che gli passava per la testa non doveva essere facile per lui, ma non capiva davvero dove voleva andare a parare. « Non darmi false speranze se sono sullo stesso piano di Kevin o Noel. ». Altayr perse un battito, e a quelle parole, come se finalmente un ingranaggio avesse finalmente ripreso a girare, facendo tornare tutto al proprio posto, trovò risposta al suo dubbio: si era arrabbiato per ciò che era successo al fast food, e si chiese come aveva fatto a non pensarci prima. E false speranze... in quel senso? No, si stava immaginando tutto, non poteva stargli dicendo che sperava in qualcosa. Non in quella cosa, non qualcosa in più rispetto a ciò che avevano. Poi però ripensò a come le sera sembrato di capire che il concerto degli Our Last Night fosse un appuntamento, il fatto che avesse pensato a lei quando aveva comprato i biglietti, come aveva reagito mentre stavano mangiando, e perfino tutte le egoistiche e stupide teorie sul testo di "Lost in Stereo" le sembrarono plausibili. No, non era possibile, se ne sarebbe accorta, conosceva Izar meglio di chiunque altro. « Mi mandi in confusione. » aggiunse dopo un'altra boccata di fumo, e lei lo guardò di rimando, perché forse non se ne rendeva conto, ma lui gli faceva lo stesso effetto. Lo guardò in attesa di qualcos'altro che potesse riempire il silenzio tra di loro, e per un folle e breve attimo ebbe l'impulso di dirgli tutto proprio come avevano detto Noel e Cain, perché non ne poteva più: lo stomaco le faceva male solo a guardarlo, e quando sorrise le sembrò di avere un mancamento. Quanto era patetica. « Da adesso ti do un ordine restrittivo, Windstorm. », sospirò, non gli avrebbe mai detto che odiava farsi chiamare per cognome tranne che da lui, « Resta sempre a cinque passi da me e nessuno si farà male. ». Quando le accarezzò i capelli avrebbe voluto staccargliela, quella mano. Come poteva fare una cosa del genere quando era lui ad aver detto che aveva assunto comportamenti equivoci dandogli false speranze? Ci sarà stato un motivo se si stava comportando così, diamine. E se invece si stava solo divertendo a prenderla un po' in giro e lei stesse interpretando male i segnali? Perché ce n'erano un bel po', e pensandoci bene se una sua amica le avesse raccontato che qualcuno aveva fatto le stesse cose di Izar con lei, beh, Altayr le avrebbe detto che sicuramente quella persona era interessata. Perché con Izar doveva essere diverso? Giusto, perché lei aveva paura di perdere tutto. Gli sguardi sul palco, le risate in corridoio a scuola, i pomeriggi in sala giochi, il sabato a badare a Seth, il modo in cui sua madre scherzava con Izar come fosse un figlio, i compiti da fare insieme, trovare luoghi sperduti per vedere le stelle e usare la scusa di avere un solo telo per stare stesi il più vicino possibile. Sarebbe svanito tutto, qualsiasi cosa, anni di amicizia e silenzioso amore buttati nel cesso. Ma fanculo la prudenza, gliela stava servendo su un piatto d'argento e lei era stanca di mordersi sempre la lingua sul più bello. « A partire da domani, magari. », « Anche da ora, se vuoi. » disse, seguendo con lo sguardo la sua mano mentre si allontanava, le punte delle sue lunghe ciocche che gli scivolavano dalle dita. « A cinque passi massimo, giusto? Quindi così va bene. » guardò ai suoi piedi, contando all'incirca la distanza tra loro - forse un paio di passi, non gli stava troppo vicino dato che stava fumando - e chiese silenziosamente conferma con un cenno del capo. « Anche così va bene. » fece un passo indietro continuando a guardarlo, sperando non la contraddisse e stesse al gioco. « Così la rischio grossa invece, sono cinque. E così » continuò a camminare all'indietro, fino ad uscire dal limite immaginario che Izar aveva imposto poco prima, « ops, mi sono allontanata troppo. E siccome non voglio assolutamente scoprire cosa saresti in grado di farmi se trasgredissi le tue regole » ridacchiò, e si riavvicinò di nuovo tenendosi le mani dietro la schiena in un inutile tentativo di sembrare innocente e senza secondi fini, quando invece sperava vivamente che Izar avesse capito che i secondi fini c'erano, eccome. « accorcio la distanza. Così va meglio? ». Da sei passi a tre era stato facile, ridurli a due pure, e quando ce ne fu solamente uno, nonostante fosse la solita distanza che li separava quando camminavano fianco a fianco o quando parlavano, il battito le accelerò così tanto da pensare di rischiare un infarto. Fece un altro passo, l'ultimo che poteva permettersi, fino a finirgli pericolosamente vicino: soffiò sulla sottile linea di fumo che saliva dalla sigaretta del ragazzo continuando a guardarlo fisso in quei meravigliosi occhi verdi che si ritrovava, maledicendo il giorno in cui si era innamorata del tenebroso bassista degli Elysian. « Mi hai mai visto così vicino a Noel? O a Kevin? » gli chiese a bassa voce, sforzandosi di non abbassare lo sguardo sulle sue labbra, la testa che, nel mentre, le stava per esplodere, buttati, buttati, buttati, « Fatti due domande, passerotto. Sei sempre stato diverso da loro. ». Perfetto, la bomba l'aveva sganciata, troppo tardi per tornare indietro, ora stava a lui. Riuscì a metabolizzare solo dopo che era riuscita a dirgli davvero ciò che provava: okay, non aveva utilizzato il classico "mi piaci", ma sperò che il messaggio fosse arrivato a destinazione comunque. Era agitata, molto, le budella le si stavano attorcigliando fino a farle fisicamente male e il cuore ci mancava poco e sarebbe balzato fuori dal petto per quanto stava correndo, e non riusciva a decifrare l'espressione di Izar, fantastico. Le opzioni erano due: o si arrabbiava, di nuovo, e le sue paure si sarebbero concretizzate, oppure la baciava. Non potevano esserci vie di mezzo.
    Oppure c'era anche una terza opzione, che aveva un nome ben preciso e non aveva preso in considerazione: Noel. Sentì la sua voce in lontananza chiamarli, e Altayr si sentì letteralmente morire: nelle stelle era scritto che quello sarebbe stato il giorno in cui il rosso sarebbe apparso nei momenti più inopportuni di sempre, a quanto pareva. Alzò gli occhi al cielo e ora sì che poteva capire l'improvviso desiderio di ammazzare qualcuno che aveva provato Cain quella mattina. La ragazza buttò un occhio alla porta e si allontanò velocemente dall'amico prima che Noel potesse coglierli in flagrante, e lo vide uscire dal locale con l'espressione più angelica di sempre. « Finita la sigaretta? » domandò, e Altayr si limitò a fare "sì" con la testa, imponendosi di tenere la bocca chiusa per non inveirgli contro, l'atmosfera intima di prima ormai completamente rovinata. « Datevi una mossa allora. », « Arriviamo. ». Lanciò un'occhiata arresa ad Izar, avviandosi verso il Waterwitch a passi lenti voltata però verso di lui, mentre Noel li attendeva alla porta e urlava a Cain che stavano rientrando - forse loro pensavano di averle dato abbastanza tempo, ma avevano sbagliato a fare i calcoli. « Forza Izar, come sei lento » esclamò, facendo bellamente finta di nulla in presenza del rosso, e gli fece la linguaccia prima di entrare in sala prove, dove ad aspettarli c'era anche Cain. Fine della pausa, fine della magia: la risposta del corvo era rimasta sospesa tra di loro ed Altayr, sebbene si stesse comportando in modo disinvolto, era tesa come una corda di violino: sul momento le parole di incoraggiamento di Noel e Cain e l'impazienza l'avevano fatta agire d'impulso, ma ora, a ripensarci, si chiedeva solamente come diavolo le fosse venuto in mente di fare una cosa del genere visto quanto si stava giocando. Se Izar le avesse detto di no sarebbe riuscita a far finta di nulla e continuare ad essere amici come nulla fosse? Pensare ad un'eventualità del genere la faceva sentire anche peggio, e concentrarsi sulle prove le pareva impossibile quando non riusciva a ricordare altro che l'espressione indecifrabile di Izar. Lo guardò dall'altra parte della stanza, un gesto automatico che le sarebbe costato caro se lui avesse avuto la stessa idea di alzare lo sguardo su di lei: Izar era una presenza silenziosa e non prendeva molto spazio, ma in una stanza piena di gente avrebbe cercato solo e solamente lui. « Mentre eravate fuori abbiamo dato una letta a queste bozze qua. Sono tutte le canzoni incomplete, giusto? ». Quando sentì la voce di Noel la ragazza tornò di botto coi piedi per terra e annuì. « Dunque, prima direi di provare per bene tutta la scaletta, la sistemiamo, poi vediamo quanto tempo ci rimane e, in caso, selezioniamo almeno una canzone da finire. Forza che ce l'abbiamo, me la sento. » esclamò Noel, che a confronto con il ragazzo steso sul divanetto in preda alla disperazione qual era a inizio prove sembrava rinato, e Altayr gli sorrise di rimando pronta ad imbracciare la chitarra, contagiata dal suo buonumore, e quando prese posizione, come sempre, incrociò lo sguardo di Izar per vedere se fosse pronto, e le sembrò di morire. Quel contatto visivo non aveva mai significato solo "sei pronto?", e sperò che, adesso che lo stava sostenendo qualche attimo in più, lo avesse capito. - Ti prego, dimmi di sì. -

    Sul finale di "Time-Bomb", sapendo fosse l'ultima canzone della serata, diede tutta sé stessa, sostenendo l'ultima nota e troncandola con un colpo deciso della mano lungo il manico con un sorriso soddisfatto e spostandosi i capelli dal viso che, nonostante li avesse legati in una comoda coda di cavallo, le erano ugualmente finiti sul viso. Aveva notato come Noel sembrasse rinato, come se nulla fosse successo - ma lo conosceva bene, e sapeva che buttarsi sulla musica era l'unico modo per distrarsi dal dolore -, e vederlo così aveva dato una svegliata a tutti gli Elysian, facendo concludere quelle prove in maniera più che accettabile. Avrebbero riprovato la scaletta nei prossimi giorni in modo da arrivare preparati al prossimo live e si sarebbero dedicati a qualche brano nuovo a casa, con calma, discutendone quando si sarebbero visti: a tutti era parso un programma ragionevole, e iniziarono a sistemare la sala per tornarsene a casa. Sistemò in silenzio la chitarra nella custodia, unendosi ogni tanto ai discorsi di Noel che variavano dall'ultimo gossip che aveva sentito all'università al costringere i suoi amici a guardare un tenero video del figlio di suo fratello vestito di tutto punto per andare all'asilo. Quel pomeriggio passato a suonare sembrava aver giovato a tutto il gruppo, ma Altayr era stata tutto il tempo ad osservare Izar, senza avvicinarsi troppo e stando attenta a non farsi beccare: l'aver detto ad alta voce che per lei non era mai stato un semplice amico senza aver ricevuto una risposta l'aveva portata quasi a temere di incrociare lo sguardo del ragazzo, certa che non sarebbe riuscita a sostenerlo. La testa le faceva male, i pensieri viaggiavano a mille all'ora accavallandosi tra loro, e sebbene volesse sapere cosa ne pensasse Izar, di tutta quella situazione, e cosa aveva capito dalle sue parole, allo stesso tempo avrebbe voluto tornare indietro nel tempo e cucirsi la bocca. Quell'attesa la stava ammazzando. Sperò di metterci più tempo a raccogliere tutte le sue cose prima di uscire, invece i quattro sembrava fossero perfettamente in sincronia e uscirono tutti insieme - evviva -, e come se non bastasse, per quanto fosse evidente che i rossi stessero cercando di andare avanti per dare loro un po' di spazio, l'autobus che entrambi dovevano prendere arrivò in anticipo, e dovettero correre per non rischiare di perdere l'ultima corsa. Altayr recuperò il fiato appoggiandosi alla porta appena si chiuse, lasciando cadere lo zaino a terra mentre si allentava la cravatta che in quel momento le dava solamente un gran fastidio. « Santo cielo, per poco. », commentò, lanciando un'occhiataccia ad un tipo che li stava guardando in cagnesco, « Ci sono dei posti per sedersi? » domandò poi, rimettendosi dritta in modo da guardarsi in giro, ma non sembravano esserci dei sedili vicini liberi, « O sennò fa niente, cioè, volevo solo... » cominciò, ma si morse il labbro in maniera nervosa prima di continuare: perché era così difficile, santo cielo? A malapena riusciva a guardarlo in faccia. « ... continuare il discorso di prima. ». Le ultime parole le uscirono in modo affrettato, ma aveva bisogno di parlarne, anche se la risposta finale si fosse rivelata essere un no. "Lost in Stereo" le rimbombava in testa nonostante in sottofondo ci fosse un brano di Dua Lipa, pregando che le sue non fossero solo dei castelli in aria o dei film mentali da Oscar, perché aveva seriamente paura di aver interpretato male qualsiasi segnale o messaggio e avesse fatto una grande, grandissima, enorme cazzata. « Chiedo scusa, l'Hotel Brown's si trova da queste parti? ». La ragazza si pietrificò, non credendo alle sue orecchie, e spostò lo sguardo da Izar ad un tipo sulla quarantina dietro di lui, vestito di tutto punto, che mostrava ai due ragazzi Google Maps e un'espressione quasi terrorizzata. « No, è da tutt'altra parte. » gli rispose lei tentando di nascondere un sorrisetto omicida, « Per prendere il bus che porta ad Albemarle Street deve scendere tra tre fermate e aspettare lì. ». L'altro si dileguò con una marea di "grazie" e "scusi il disturbo", e la ragazza lo guardò allontanarsi chiedendosi perché avesse scelto proprio quel momento per interromperli: chiedere al vecchio seduto vicino a lui era troppo complicato? « Sbaglio o i ricchi hanno senso dell'orientamento pari a zero? » sbuffò, « Forse perché possono prendere tutti i biglietti dell'autobus che vogliono. ». Sospirò sonoramente, ficcandosi le mani in tasca per evitare di martoriarsele per il nervosismo, e guardò di nuovo Izar nonostante avesse l'impressione che fossero un po' troppo vicini. Il suo primo pensiero fu di baciarlo, di buttarsi, nonostante tutta la gente in autobus e al diavolo le tanto agognate spiegazioni, ma a fermarla fu il signore di prima che si stava riavvicinando a loro - forse per chiedere la fermata dove sarebbe dovuto scendere, prima in effetti non era stata molto specifica, ma guardarlo avanzare stava avendo su di lei lo stesso effetto di un toro nel bel mezzo di una corrida. « Scendiamo adesso, che altrimenti ammazzo qualcuno. ». La sua pazienza aveva raggiunto il limite, e prima che le porte si aprissero, in un gesto istintivo, afferrò il polso dell'amico trascinandolo con sé fuori dal bus appena ne ebbe la possibilità, e appena quello ripartì le partì un "vaffanculo" dal cuore, sentito e liberatorio. « So che la mia fermata era la prossima, ma quel tizio voleva parlarci di nuovo, e ne ho le palle piene di gente che continua ad interromperci. » esclamò, notando con estrema soddisfazione che ora erano finalmente soli: il marciapiede su cui stavano continuava per metri e metri, e i lampioni che illuminavano la via non rivelavano altre figure oltre a loro. In una serata qualsiasi sarebbe stata sull'attenti, ma non era una serata qualsiasi. Adesso potevano parlare in santa pace, e se da un lato ciò la confortava, dall'altro la terrorizzava, ma ormai doveva arrivare fino alla fine, o avrebbe passato la notte in bianco a furia di ripensarci. « Senti, inutile girarci attorno. A proposito di prima, » iniziò senza alcun preavviso, sicura che se avesse fatto passare anche solo un secondo in più non sarebbe più riuscita a dire nulla, lasciando che il dubbio la divorasse in favore di mantenere la loro amicizia. Non riusciva più a recitare la parte dell'amicona, forse non era mai stata neanche una grande attrice dato che, a detta di Noel e Cain, era piuttosto palese che le piacesse Izar, ma era inutile se a notarlo erano gli altri e non il diretto interessato. « Credo di essere stata abbastanza chiara, ma siccome, non so, credi che ti stia prendendo in giro, te lo dico senza giri di parole. Mi piaci, Izar. Molto. ». Lo buttò fuori il più velocemente possibile, quasi col timore che qualcuno apparisse dalle ombre e li interrompesse sul più bello, ed ora che glielo aveva detto chiaro e tondo le sembrò di aver perso il filo del discorso e non sapere cosa dire dopo. Aveva fantasticato per anni su quel momento specifico, su come avrebbe potuto confessargli i suoi sentimenti, ma non aveva mai preso in considerazione di farlo in un quartiere desolato alla fine di una giornata che l'aveva portata ad avere quattro crisi di nervi di fila, un record. « Al fast food non ti ho pulito le labbra perché mi divertivo, stavo solo cercando di... », di? Essere appetibile? No, che imbarazzo, stava già facendo casini, non glielo avrebbe mai detto. « Non importa, il punto è che non è mai stato un gioco per me. E' una cosa seria, e quando ho capito che eri nervoso a causa mia mi sono resa conto che dovevo assolutamente dirti ciò che provo. Non sopporto che i miei sentimenti vengano interpretati nel modo sbagliato, soprattutto da te. ». Sostenere il suo sguardo si stava facendo sempre più complicato, ma buttare tutto fuori, di getto, senza pensare alle conseguenze, la fece sentire leggermente meglio, per quanto il verdetto finale spettava ad Izar. Ogni volta che finiva una frase gli dava il tempo di rispondere, ma ogni volta i secondi erano sempre meno: doveva arrivare fino alla fine, era una questione di principio. « Sono innamorata di te, lo sono sempre stata. ». La voce le si ruppe proprio alla fine, e lei la nascose con una risatina piuttosto imbarazzata, tentando di recuperare un po' di serietà. Era inutile, Izar le faceva quell'effetto: la faceva sentire debole anche quando sapeva benissimo di non esserlo, in sua presenza abbassava qualsiasi difesa. Avrebbe potuto distruggerla, glielo avrebbe lasciato fare. Si rese conto troppo tardi che le sue dita stringevano ancora il polso del ragazzo da quando erano scesi dall'autobus, e le venne spontaneo allentare la presa, ma non riuscì a lasciarlo andare. Sarebbe rimasto con lei anche dopo tutto quello che gli aveva detto, vero? « Sei la stella più luminosa di tutte. » lo disse sottovoce, quasi sperando non la sentisse, perché una cosa del genere era troppo smielata anche per lei, ma nel silenzio che li attorniava quelle parole sembrarono rimbombare, come se le avesse urlate a pieni polmoni. Tornò a guardarlo, in attesa di una qualsiasi reazione, certa che, stavolta, avrebbe ottenuto una risposta.

    Noel
    Non aveva mai desiderato sprofondare nei cuscini del divano come in quel momento, e appena varcò la porta di casa vi si buttò a quattro di spade. Tutta la stanchezza della giornata si riversò su di lui, che fino a quel momento non si era reso conto di quanto fosse stremato. Quella giornata lo aveva prosciugato di ogni energia, e ora che era rimasto da solo sperò solamente di addormentarsi il più presto possibile. Chiuse gli occhi e si portò un braccio sopra gli occhi per evitare che la luce dei lampioni lo colpisse in viso - le tende erano aperte e non aveva proprio voglia di alzarsi a chiuderle. Sospirò rumorosamente, dando voce alla sua frustrazione, e la suoneria del telefono che segnalava l'arrivo di un nuovo messaggio gli fece sollevare, seppur a malincuore, le palpebre, domandandosi chi diavolo lo stesse disturbando. Allungò il collo per leggere il mittente, e si sorprese di vedere che si trattava di suo fratello. Aprì la notifica alla velocità della luce, sorridendo nel vedere un tik tok a tema doggos che Julian gli aveva mandato. « Che amori » squittì tra sé e sé, ricambiando il pensiero con una decina di cuori rossi. L'altro gli rispose quasi subito, scrivendo l'unica cosa che non avrebbe dovuto chiedergli:

    "Com'è andata oggi? Non ci siamo sentiti per niente."

    Com'era andata? Un macello.

    "Così così, una ragazza mi ha scaricato."
    "Come stai?"
    "Prossima domanda?"

    Bloccò lo schermo del telefono, tornando finalmente al buio, e fece di tutto per non far di nuovo finire tutti i suoi pensieri su Evelya. Eppure, più c'era silenzio, più la sua testa faceva rumore. Le tempie gli pulsavano, e Noel riportò di nuovo le mani sul viso fino a coprirlo del tutto sperando di calmarsi. Stare coi suoi amici l'aveva aiutato a distrarsi, nessuno di loro gli aveva chiesto nulla a riguardo dall'inizio delle prove, ma gli era bastato poco per tornare a pensare a lei. Noel aveva davvero una pessima memoria, faceva molta fatica a collegare i nomi ai volti - e di amici ne aveva un bel po', prima di ricordare chi fossero dovevano sempre passare almeno un paio di incontri, ma con Evelya era bastato vederla una volta, una sola. Quello sguardo gentile, i suoi occhi chiari se li sarebbe ricordati finché respirava, ed era un male. Voleva che invece nella sua memoria il viso di lei non comparisse così chiaramente, non voleva ricordare perfettamente l'acconciatura che aveva quella mattina, e non voleva che le sue ultime parole gli rimbombassero in testa come fossero il testo di una delle canzoni degli Elysian. Quanto avrebbe voluto avere una possibilità, una sola, per renderla felice. « Basta, ti prego » biascicò, passandosi le dita sugli occhi e facendo pressione, ormai esausto da tutto quel pensare. L'aveva allontanato, doveva farsene una ragione, era finita lì. Evie l'aveva fermato anche prima che potesse cominciare qualcosa, quindi sarebbe stato più semplice metterci una pietra sopra, non era nulla di tragico. Sarebbe andato avanti, lei probabilmente si sarebbe fatta due risate in futuro con le amiche ripensando al pazzo che si era intrufolato nella sua scuola e lui nel frattempo si sarebbe laureato e avrebbe riempito gli stadi girando il mondo con gli Elysian. Questo stupido pensiero lo fece andare avanti, riuscendo, per un po', a zittire la vocina che gli ricordava quanto Evelya gli fosse sembrata triste quella mattina. Era una ragazza fuori dalla sua portata, si meritava di meglio, erano due mondi troppo diversi.
    Si addormento così, ancora vestito, ripetendosi che sarebbe andato tutto bene, ma il suo ultimo pensiero cosciente prima di cadere tra le braccia di Morfeo, se n'era accorto, era stato per Evelya.

    Abel
    Stravinskij era sempre un palo nel culo da suonare, soprattutto prima di andare a dormire: non lo sopportava, ma ovviamente il suo insegnante di pianoforte lo amava alla follia. Nell'alzarsi dallo sgabello, Abel chiuse il libro degli spartiti in malo modo e sedendosi sul letto come se non toccasse il materasso da settimane, facendosi sfuggire un sospiro di rassegnazione. Lo stress per la scuola era davvero alle stelle, e qualsiasi cosa - anche un'insulsa sonata che non gli riusciva al primo tentativo - gli mandava il sangue al cervello. « Hai visto il reel che ti ho inviato? ». La voce di Hannah, sua sorella, che si affacciava dalla porta, giunse limpida alle sue orecchie, ma in quel preciso istante gli sembrò più simile ad un gesso che grattava la lavagna. Abel alzò la testa su di lui, mettendoci qualche secondo a capire costa stesse dicendo. « Non ho capito, scusa », fece, e la ragazza alzò gli occhi al cielo, « Un reel, su Instagram. », « No, non mi è arrivata nessuna notifica. ». Abel afferrò il telefono sul comodino, dimostrando alla sorella che effettivamente non c'era nulla che segnalava un nuovo messaggio su qualsiasi social. « Guardalo adesso! Ci sono due fratelli che si comportano come noi, super carino » esclamò con rinnovato entusiasmo, mettendosi subito a sedere vicino a lui, e il ragazzo annuì, la testa ancora tra le note della "Sonate pour Piano" di Stravinksij. Abel non adorava particolarmente quando qualcuno invadeva il suo spazio personale, ma Hannah aveva un lasciapassare speciale. Appena aprì l'applicazione fece per aprire i messaggi, ma una notifica a tendina ben precisa glielo impedì, facendo finire il reel di Hannah in secondo piano, e quello che lesse lo fece impallidire. « Abel? Che hai? ». L'albino, d'istinto, le allontanò il telefono in modo che non potesse guardare, e l'espressione di Hannah si fece ancora più confusa, ma non le diede retta: nella sua mente c'era solamente la richiesta del follow di Cain, quel Cain, e, per quanto fosse una cosa da nulla, gli sembrò che la testa avesse cominciato a girargli. - Ci sto pensando troppo, è uno stupido social - si disse, conscio che gli stesse dando anche troppa importanza, quando all'improvviso si vide sfilare il telefono dalle mani senza che lui potesse far nulla. « Ehi! », « Chi è questo... Cain? Lo conosci? ». Dalla risata di Hannah che seguì la sua domanda, Abel dedusse che poteva leggergli la risposta in pieno viso, e tentò di riprendersi il cellulare senza successo, mentre lei si alzava per riuscire a guardare le foto del profilo del ragazzo in santa pace. « Beh, è carino! » esclamò con gli occhi al cuore, il dito che scorreva sullo schermo a velocità super sonica, « Stai attenta, non lasciargli i cuori per sbaglio! », « Anche se fosse? Se li merita. Guarda che figo! Oh, mamma mia, guarda che figo. ». Hannah tornò verso di lui per mostrargli una foto di Cain sul palco, ovviamente coi muscoli in bella vista, venuta particolarmente bene, ed Abel non sapeva davvero dove guardare. « Sì, lo so Hannah » farfugliò, e la sorella si sedette di nuovo accanto a lui, « E questo ti ha chiesto di seguirti? Ma sai chi è? Mh, batterista degli Elysian... Li ho sentiti nominare... » disse ed estrasse il suo, di cellulare, per fare una veloce ricerca su internet, e restituì il telefono al fratello, che ancora fissava la richiesta di Cain come un ebete. Non si domandò nemmeno come avesse fatto a trovarlo, visto il suo nickname minimale - Hannah lo definiva "da boomer" -, ma non credeva che avesse così tanta smania di mettersi in contatto con lui. Pensava di rivederlo una sera ad un concerto, forse un giorno alle prove, non pensava che lo avesse cercato così presto. « Che fai? Non accetti? ». La domanda di Hannah lo riportò coi piedi per terra, e sul momento non seppe davvero cosa rispondere: avrebbe dovuto? Dio, si sentiva una frana. « Dici di sì? ». La ragazza annuì vistosamente, come se le avesse chiesto se 2 più 2 facesse 4. « E me lo chiedi pure? Sono super invidiosa » esclamò, e come se non bastasse premette sul tasto "conferma" al posto suo, ed Abel strillò per la sorpresa. « Ma cosa diavolo fai?! », « Quello che tu non hai il coraggio di fare. Mi ringrazierai. ». Troppe cose tutte insieme, il suo cervello stava andando in escandescenza: si sentiva sopraffatto da una marea di emozioni contrastanti, e più osservava la foto profilo di Cain su Instagram più si sentiva le guance calde. « Ti lascio solo, bell'innamorato. Torno dopo. ». La sentì ridere, ma il ragazzo si era già perso tra le centinaia di foto dell'account del batterista. Doveva proprio parlare con Raphael.

    « Altayr » || « Noel » || « Abel »
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    Edited by altäir - 20/10/2023, 19:34
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    Edited by altäir - 24/11/2021, 17:29
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    cognome

    When the light goes down Come find me in the afterglow.
    Waiting to be found, I'll meet you in the afterglow

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    storia

    ☆ code by ruru
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    it's beidou! even the mightiest of
    storms must bow its head to her might
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  13. .
    Altayr • Noel • Abel ›
    I don't care about what you did, only care about what we do
    S
    eppure Noel fosse rapito dagli occhi dorati di Evelya, che ovunque sembravano poggiarsi tranne che sul viso del ragazzo per più di qualche secondo, e le labbra rosee che mostravano sorrisi impacciati ma sinceri, e l'acconciatura ordinata che le donava un aspetto regale degno della scuola che frequentava, sebbene non sapesse dove guardare perché Evie era splendida sotto qualsiasi aspetto, non poté fare a meno di buttare ogni tanto uno sguardo al bicchiere che teneva tra le mani: più vuoto che pieno, lo stava torturando in maniera quasi... dolorosa, forse. O almeno, se lui fosse stato quel bicchiere avrebbe sofferto parecchio. La ragazza sembrava davvero agitata, tanto che sembrava stesse facendo uno sforzo enorme per riuscire a non far morire le parole in gola, e la cosa fece sorridere Noel, che dal canto suo appoggiò un gomito sul tavolino e la guancia sul palmo aperto della mano, il braccio destro ancora sulla gamba, con fare disinibito, come se in quel momento il caffè non fosse gremito di persone e fosse un posto speciale solo per loro due. Non gli venne neanche il dubbio che potesse avere un'espressione da ebete a guardarlo dall'esterno, era solo felice di sedere allo stesso tavolo della ragazza alla quale non riusciva a smettere di pensare dalla scorsa notte. Era strano indossare la stessa divisa e ritrovarsi a chiacchierare in un posto simile, e tutto ciò sottolineava nuovamente quanto fossero differenti, ma la cosa non lo preoccupò: gli bastava guardare il bicchiere tutto ammaccato per capire che anche Evelya era nervosa, non era l'unica a sperare di non dire nulla di imbarazzante o non fare brutta figura, e che quindi, forse, c'era una possibilità. Al complimento sulla sua voce reagì distogliendo lo sguardo e ringraziando con modestia, ed il sorriso di Noel si fece ancora più grande. Il profilo perfetto della ragazza si stagliava in controluce rispetto alla finestra alla sue spalle, mettendo in risalto il naso piccino e le ciglia lunghe. Un dipinto. « Grazie, ma non sono niente di ché. » fece Evelya, ma Noel volle rincarare la dose. « Guarda che dico sul serio, sei stata fantastica poco fa! » disse, ribadendo il concetto una seconda volta, e lo avrebbe fatto anche una terza o una quarta se fosse stato necessario. Non poté fare a meno di immaginare come le loro voci sarebbero state insieme, e la sola fantasia gli fece toccare il cielo con un dito. Una vocina nella sua testa - piuttosto lontana e poco chiara - gli suggerì di darci un taglio, ma ovviamente decise di non ascoltarla. Anche solamente guardarla, senza nemmeno toccarla, lo rendeva felice, quindi perché smettere? « Mi piacerebbe molto ». La risposta della ragazza alla sua proposta di cantare insieme lo rese, se possibile, ancora più euforico di quanto già non fosse: ecco, già cominciava ad immaginare quanto sarebbero stati belli i loro figli saltando a piè pari il matrimonio. Era sulla via del non ritorno. « Non pensavo ti fossimo piaciuti, sai? Anzi, temevo che tutto il caos di ieri sera ti avesse spaventata. ». Le sorrise, mentre la osservava distruggere il bicchiere e notò che c'era ancora del caffè dentro. « Faremo altri show a Lancaster, ovviamente sei invitata. » aggiunse, sforzandosi di mantenere un tono della voce abbastanza basso, anche se fosse stato per lui si sarebbe messo ad urlare per la felicità, ma doveva impegnarsi ad uniformarsi agli studenti e al personale della Ripley, che mantenevano un certo portamento in qualsiasi occasione. Probabilmente esisteva un manuale di bon ton da seguire pure per andare in bagno. E se fosse stato davvero così, non se ne sarebbe sorpreso. « Cioè, se ti va. Non sei costretta. » ridacchiò, temendo che la frase precedente suonasse più come una specie di ordine più che un invito genuino, e si allentò un poco il nodo della cravatta, quel tanto per far passare un filo d'aria. Ma quelli lì non avevano una divisa estiva? Il caldo si stava inesorabilmente avvicinando, e quel povero disgraziato di Noel non poteva neanche tirarsi un po' su le maniche della giacca perché altrimenti si sarebbero visti i tatuaggi e doveva comunque stare attento a non aprire troppo il colletto della camicia per rispettare quello che sembrava il dress code dell'ambiente altolocato in cui si trovava. Uno strazio. A quel « Sono contenta di rivederti. » pensò davvero di stare sognando, e il suo cuore saltò un battito. Era felice di rivederlo, così come lo era lui. Da quando i loro sguardi si erano incrociati in mezzo alla folla era rimasto folgorato e non aveva pensato a nient'altro se non a lei, e sentire che era addirittura contenta di essere riuscita ad incontrarlo ancora... Sì, decisamente un sogno, non avrebbe saputo definirlo in altro modo: si trovava davanti alla ragazza più bella del pianeta con la quale sembrava avere una remota possibilità, la luce del sole entrava dalle finestre e le sottolineava i tratti delicati del viso come fosse un quadro, il profumo del caffè e delle paste a pizzicargli il naso facendogli capire che non si stava immaginando tutto, la protesi non gli faceva neanche più così male, e lei non stava più torturando il bicchiere. In un gesto calmo e controllato, Evelya incrociò le mani sotto al tavolo, e Noel, inizialmente, non poté che esserne rassicurato: magari la ragazza ora si sentiva abbastanza a suo agio da non sentire il bisogno di tenere qualcosa in mano e muoversi continuamente per sfogare l'agitazione, ma il tono che utilizzò poco dopo gli fece dubitare dell'interpretazione che aveva dato a quel comportamento. Era calma, sì, ma distaccata, ma forse era l'emozione che gli faceva brutti scherzi. Aveva così tanta paura di giocarsi la possibilità di uscire con lei e non piacerle che si stava inventando le cose, sicuro. Quando lo chiamò per nome dopo pochi secondi di silenzio si mise dritto, inconsapevolmente, con la schiena, fino ad ora ricurva sul tavolino, e senza riuscire a spiegarsi il motivo una voragine si aprì all'altezza dello stomaco, facendogli trovare rivoltante tutti i profumi che si mescolavano nella caffetteria. « Vorrei sapere se... », cosa voleva sapere? Perché ci metteva tanto?
    « Insomma, sei venuto fin qui e... », e? E cosa? Lui avrebbe continuato la frase di lei con "e ti ho ritrovata dopo aver avuto paura di non rivederti più ed aver fatto la figura del coglione", ma aspettò, perché magari stava fraintendendo tutto e ciò che voleva chiederle lei era l'opposto di quello che avrebbe voluto dirle lui. Era quello che sperava. « Perché io? ». Se lo aspettava, tutte quelle pause e il volume della voce che si faceva sempre più basso non potevano che portare ad una domanda del genere, eppure Noel strinse con forza un lembo di stoffa dei pantaloni e deglutì come se quelle parole lo avessero colto impreparato. « Perché non ho fatto altro che pensare a te da quando ti ho vista. » rispose senza pensarci su, senza fare pause, senza aspettare. Doveva dissipare ogni dubbio che la ragazza aveva su di lui e su di lei, e fu certo che Evie non gli avesse fatto quella domanda per metterlo alla prova, ma perché lei era la prima a non credere che qualcuno potesse spingersi così in là per rivederla. Il solo pensiero lo fece sentire male, quando Noel era fermamente convinto di essere seduto allo stesso tavolo di una persona piena di potenziale e dall'animo gentile. « E ho violato qualsiasi regola di questa scuola pur di rivederti, e non l'avrei fatto per nessuno se non per te. » Vide gli occhi di Evelya spegnersi, come se avesse posto quella domanda più a sé stessa che a lui, e a vedere la tristezza nello sguardo di lei la verità lo travolse come un treno in corsa: qualsiasi cosa le avesse detto, lei non ci avrebbe creduto. « Perché non - », « O forse qualcuno che conosci studia qui e ci siamo incontrati per caso? »., « No, nessun caso, io sono venuto a cercarti. », « Mi sembra assurdo che tu... per me, che non c'entro nulla con... »., « Evie, ti prego, ascoltami. » fece alla fine, tentando di porre fine alla spirale di pensieri negativi della ragazza, e in quel momento Evelya si coprì il viso con le mani, mentre Noel portava entrambe le braccia sul tavolino e si sporgeva verso di lei. « Davvero non credi che io possa essere interessato a te? » chiese in un sussurro, sopprimendo la voglia che aveva di prenderle le mani e stringergliele forte. Non l'avrebbe costretta a fare nulla e non l'avrebbe toccata, seppure il contatto fisico fosse l'unica forma di supporto che conosceva, ma vederla in quello stato era straziante. « Eppure lo sono, eccome se lo sono. Altrimenti non sarei qui. ». Le parole di un semi sconosciuto non l'avrebbero toccata, lo sapeva bene, ma non poteva fare a meno di chiedersi come una ragazza così bella e talentuosa potesse svalutarsi così tanto. « E non m'importa se veniamo da mondi completamente differenti, mi cucirei questa divisa addosso pur di stare con te. ». Finalmente la ragazza tolse i palmi dal volto, tornando a posarle sulla gonna, ma non lo guardò. Le iridi brillanti della ragazza sostarono sul bordo del tavolo e lì rimasero, e Noel temette che non avesse neanche sentito quello che aveva detto fino ad ora nella speranza di tirarla su di morale. « Vorrei conoscerti meglio, perché sembri una ragazza interessante, e - », « Scusa, non so che mi prende. ». Noel non riuscì a finire la frase perché le parole le morirono in gola a vederla in quello stato: stava tentando di riprendere il controllo di sé stessa, per quanto difficile, e l'emozione e la contentezza di poco prima sembravano fossero svaniti nel nulla. Sovrappose l'espressione che aveva visto sul viso di Evelya quando era entrato in caffetteria, nel panico ma su di giri, con quella che aveva in quel momento, afflitta e fintamente dignitosa. Forse in passato qualcuno le aveva fatto credere di non valere granché, ed ora la concezione che aveva di sé stessa era ben lontana dalla realtà dei fatti. Eppure la scarica elettrica che aveva sentito lungo la schiena quando l'aveva sentita cantare e il battito accelerato del suo cuore quando l'aveva vista seduta ad aspettarlo in caffetteria non gliel'aveva fatto provare nessuno se non lei. « Evie, non ti ho chiesto di cantare insieme perché trovo la tua voce "niente di ché", e non mi sono infiltrato in una scuola che non è la mia per farti uno scherzo. Io sono venuto fin qui per te. ». La guardò, sperando fino all'ultimo che alzasse finalmente lo sguardo su di lui, « Non è una presa in giro, non è una coincidenza, sei sempre stata tu. Voglio conoscere te. ». Il bicchiere di carta stava lì, tra di loro, ancora ammaccato, ancora col caffè dentro, ma Evie non l'aveva più sfiorato.

    • • •

    Dove cazzo era finito Cain? Santo cielo, si sentiva la gamba buona di gelatina, e quella finta gli faceva un male cane, voleva solo sedersi, e sentiva lo sguardo degli studenti che ancora stavano nei corridoi - non ne erano rimasti molti, forse si stava avvicinando la fine dell'intervallo - su di sé, percorrerlo da capo a piedi. Era normale, non l'avevano mai visto in giro e zoppicava, in quanto aveva fatto il giro della scuola in lungo e largo senza riuscire a trovare il compagno, ed era terribilmente stanco. Come se non bastasse, Evelya era sparita in tutta fretta nei corridoi della scuola, salutandolo con uno sguardo triste e mille scuse che lui non era riuscito a sentire: da quando l'aveva vista alzarsi il suo cervello si era spento, e alle orecchie non gli erano arrivati che suoni confusi. Non aveva fiatato, non volendo farla rimanere lì contro la sua volontà, e nel vederla allontanarsi i colori e le forme si erano mischiati e non aveva capito più nulla, forse nel tentativo di accettare la realtà dei fatti e non insistere. Oppure per lo shock, poiché una reazione del genere non se lo aspettava. Ripensare alla loro conversazione lo faceva solamente star male, perciò, da una parte, era un bene che non riusciva a muovere un passo senza che la protesi gli facesse vedere le stelle: lo sguardo triste e avvilito di Evelya gli era rimasto impresso nella mente come un tatuaggio. Ora voleva solamente trovare Cain ed andarsene, perché se la ragazza dei suoi sogni non lo voleva intorno non era rimasto nulla da fare se non tornare a casa e concedersi uno sfogo liberatorio prima delle prove. Gli altri membri degli Elysian sottolineavano spesso quanto il loro leader fosse drammatico e prendesse tutto un po' troppo seriamente, ma le sue crisi gli regalavano spesso la miglior ispirazione, facendogli scrivere interi testi in poche ore o completare le canzoni che proprio non sapeva come continuare e aveva lasciato nel dimenticatoio per mesi. Non gli era mai passato per l'anticamera del cervello che i suoi amici potessero avere ragione, ed avrebbe affrontato la sua ennesima delusione d'amore con tutta la tragicità che lo contraddistingueva: era arrivato alla Ripley davvero convinto che Evelya potesse essere quella giusta se gli avesse concesso di conoscersi meglio, ma a quanto pareva i suoi sentimenti, che lui sapeva già essere piuttosto intensi, altrimenti tutta quell'euforia nel vederla e tutta la tristezza nel lasciarla non avrebbero avuto senso, non erano ricambiati. Ma poteva capirla, lui era uno sconosciuto che viveva la sua vita tra un pub e l'altro e si circondava di persone all'apparenza poco raccomandabili, altro che organista con un'uniforme perfettamente stirata. Magari si era veramente fatto troppi film mentali, e la prima cosa che gli venne in mente appena girò all'ennesima curva dell'ennesimo corridoio senza trovare Cain fu il "te l'avevo detto" esclamato all'unisono da tutti e tre gli Elysian mentre imbracciavano gli strumenti, pronti a suonare, una volta arrivati alle prove. O forse Cain no, stavolta non gli avrebbe detto nulla, perché era stato lui ad ideare quella follia. Chissà se lo aveva rivisto dopo le lezioni: la reazione dell'albino - di cui non ricordava il nome, glielo aveva detto? Amos? Abram? Santo cielo, era proprio una schiappa - non era stata granché positiva. Ma Noel conosceva i suoi polli, ed era sicuro che Cain, testardo com'era, avrebbe insistito fino a risultare fastidioso. Forse quindi anche lui era stato rifiutato ed ora vagava per l'edificio alla sua ricerca. Non glielo augurava, però le premesse non erano buone, ed era preoccupato. Nel peggiore dei casi, si sarebbero andati a fare una bevuta e avrebbero pianto insieme ubriachi marci in mezzo al nulla, non sarebbe stata la prima volta.
    Vedendo un grande portone in fondo al corridoio semi-aperto che si affacciava su quello che sembrava un cortile, Noel decise di dirigersi lì, sperando di ritrovare l'amico per raccontargli l'accaduto. La luce del sole lo costrinse a coprirsi gli occhi appena uscì fuori, e constatò, quasi con fastidio, che pure un misero cortile di quella scuola sembrava un giardino fatato: l'erba era curatissima, le panchine pulitissime e candide, fiori variopinti e alberi a creare zone d'ombra, il tutto pulitissimo e ordinato, e gli diede il voltastomaco. Era stanco di vedere lampadari di cristalli e persone tutte in tiro quando era abituato a tutt'altro tipo di ambiente e con i benestanti, oramai, non ci aveva quasi più nulla a che fare, e pensare ad Evelya non lo stava facendo sentire meglio. Finché era rimasto dentro gli era sembrato di vagare in un labirinto: non sapeva dove si trovava né dove stava andando, le voci degli studenti si mescolavano tra di loro fino a trasformarsi in un fastidioso ronzio e gli sembrava di girare intorno, come se non si stesse in verità muovendo di un passo, ed ora uscire all'esterno lo sollevava. Fece abituare gli occhi al sole, togliendosi la mano dal viso, e avanzò lentamente di qualche passo per controllare se Cain fosse nei dintorni. Si appoggiò ad un albero lì vicino e la mano corse subito sul punto della gamba a contatto con la protesi, cominciando a massaggiarsela mentre si guardava intorno. Con la mano libera si allentò ancora il nodo della cravatta, stavolta allargandoselo di un bel po', e slacciò i primi due bottoni della camicia senza farsi troppi problemi: aveva caldo, c'erano poche persone, era ora di andare via. Non voleva rimanere lì se Evie non voleva vederlo, e non sarebbe andato contro la sua volontà, dunque non aveva proprio nulla da fare alla Ripley, ormai. Prese un bel respiro per mitigare il dolore, che già si stava affievolendo visto che si era fermato, ma aveva proprio bisogno di sedersi, non ne poteva più. Finalmente la sua attenzione venne catturata da una zazzera di capelli rossi, e capì all'istante che si trattasse del batterista perché vicino a lui scorse una figura dalla chioma chiarissima, in parte coperta da un albero. Fece un altro grosso respiro prima di staccarsi dal tronco per raggiungerli, zoppicando in maniera fin troppo evidente, e per questo si sforzò ad aumentare l'andatura per riunirsi all'amico e poggiare il suo bel fondoschiena su quell'appetitevole panchina e far riposare, finalmente, la sua povera gamba. « Ehy, Cain! » esclamò quando fu abbastanza vicino, e non seppe decifrare lo sguardo che l'amico gli diresse. Non ci indugiò più di tanto, e si fermò proprio di fronte a lui, piegandosi appena e poggiando le mani sulle ginocchia come se avesse corso per migliaia di chilometri. « Oh, ehy, ciao » aggiunse in seguito appena si ricordò che, in effetti, Cain aveva ricontattato la sua ex straricca e rischiato di finire in guai seri per quel ragazzo che ora gli sedeva a fianco. « Ciao. » gli rispose lui in un tono piuttosto distaccato, forse titubante. « Ti ho trovato finalmente. » sospirò, e appena si rimise dritto il dolore alla gamba si fece risentire. Spostò il peso sulla gamba sana, dando a quella fantoccia un po' di respiro. « Posso sedermi qui con voi? Sono triste e dolorante, ho bisogno di un po' di compagnia. » si sforzò di sorridere, ma forse quello che esibì era solamente una smorfia triste. Aspettò pochi secondi prima di piazzarsi esattamente tra i due, con tanto di "Scusatemi, fatemi spazio che ho il culo grosso", e appena si sedette tirò un lunghissimo sospiro di sollievo, allungando sia la schiena sia le gambe e portando il sedere al limite della panchina. Okay, sì, ora stava decisamente meglio. Il dolore alla gamba, ora finalmente a riposo, stava passando mano a mano che lui la massaggiava, e un altro dolore sopraggiunse su quello fisico, facendolo sospirare di nuovo. « Evelya è andata via. » disse, e, inevitabilmente, la scena gli tornò in mente, rivivendola per l'ennesima volta da quando lei l'aveva lasciato senza parole al tavolo della caffetteria. La rivide accoglierlo con entusiasmo per poi rabbuiarsi tutto d'un tratto, le parole che le uscivano a fatica con il dubbio che Noel fosse venuto lì per fare tutto tranne che incontrare lei, quando Evie non si rendeva davvero conto di quanto bella e talentuosa fosse. Se uno dei due non era al livello dell'altro, quello era sicuramente Noel, che, ci avrebbe messo una mano sul fuoco, era tutto il contrario del suo uomo ideale. « E credo non voglia vedermi. ». Il suo sguardò volò verso l'alto e si mise ad osservare le foglie dell'albero sopra di loro che evitavano che la luce accecante del sole lo ferisse agli occhi, schermandola. « Forse sono stato precipitoso. Credevo anch'io di piacerle e ho agito d'impulso. ». Noel si portò la mano libera sul viso, facendola strisciare dal mento fino agli occhi per poi passarsela tra i capelli in maniera quasi stanca. Ci aveva creduto troppo, aveva dato per scontato molte cose, e magari questo l'aveva spaventata, fino a portarla a credere che lui fosse arrivato alla Ripley per giocarle un brutto scherzo. « Pensate, mi ha addirittura chiesto perché sono venuto fin qui. Non è abbastanza ovvio? Io volevo... », si interruppe di colpo, perché un groppo gli salì alla gola e si fermò prima che gli si potesse rompere la voce. Dio, era proprio patetico, e proprio davanti a Cain e ad un tipo che lo guardava con la stessa intensità di una statua dell'isola di Pasqua. « ... io volevo vederla di nuovo. », disse, gettando la testa all'indietro subito dopo e prendendosi qualche secondo per riprendere il controllo di sé stesso. Riconosceva da solo che quello che c'era stato tra loro non era stata una straziante storia d'amore, anzi, tutt'altro, non c'era stato proprio niente, il nulla cosmico, zero assoluto, e rattristarsi o addirittura piangere per una roba del genere era davvero esagerato, ma Evelya gli aveva scaldato il cuore fin dal primo momento, e glielo aveva lasciato lì, su quel tavolino della caffetteria. Chissà se sarebbe mai tornata a riprenderlo.

    • • •

    Ci aveva fatto caso, al braccio buttato sullo schienale della panchina in corrispondenza delle sue spalle, non era cieco. E notò anche una sorta di pick up line, perché non era sordo. Con un tipo come Cain, che flirtava per sport, bisognava sempre prestare la massima attenzione, perché ogni movimento era studiato e qualsiasi parola detta non era messa lì a caso. Ad Abel non piacevano particolarmente quel tipo di attenzioni: chiunque si comportava in quel modo non sembrava interessargli molto di come si sentisse chi le riceveva, bensì era tutto un tornaconto personale, una soddisfazione, un quadratino sulla lista da spuntare, nulla di più. E Cain non gli sembrava diverso: sguardo languido e tagliente, sorriso di chi la sa lunga e risposta sempre pronta. Tuttavia, se non gli rifilava una frase di rimorchio ogni due frase non era così male conversarci: gli dava l'idea di uno di quelli che, in caso di emergenza, mandava avanti la conversazione da solo e tutto ciò che avrebbe dovuto fare Abel era rispondere a monosillabi. Ad avvalorare la sua tesi infatti, Cain prese la palla al balzo, dando fiato alla bocca ogni volta che Abel diceva qualcosa. Comodo, e perfetto per distrarsi per qualche minuto prima di rientrare in aula. Non aveva proprio voglia di vedere la faccia di Raphael, non voleva sentire il suo violino col suo pianoforte, non voleva che il professor Emberthorn lo costringesse ad averci a che fare perché "dovevano essere in armonia". Stare con Cain era decisamente un programma più appetibile. Non aveva mai avuto a che fare con tizi come lui, non per più di un paio di minuti, almeno. Non era mai stato un tipo molto sociale, non usciva se non quando sua sorella lo costringeva o per accompagnare Evie da qualche parte. O per incontrare Raphael fuori dalle mura scolastiche, ma i momenti insieme gli parevano ricordi sbiaditi. Ora di fronte a lui c'era un tipo completamente diverso dal suo ragazzo, estroverso, diretto e pieno di sé, e ancora si domandava cosa ci facesse lì, stretto nella divisa blu zaffiro della Ripley chiaramente fuori posto. Non poteva essere serio nei suoi riguardi, non uno del genere. Non un batterista di una rock band illegalmente bello al quale sarebbe bastato schioccare le dita per avere una stuoia di donne e uomini che avrebbero pagato per stare seduti su quella panchina come Abel in quel momento. Alzò un sopracciglio per la sorpresa quando gli disse di ben tre concerti programmati e della loro intenzione di partecipare ad un festival estivo, e non era per niente male. « Buona fortuna allora. Non deve essere facile farsi conoscere nell'ambiente. » commentò, giocando distrattamente con uno dei bottoni della giacca, « La Ripley ha un sacco di agganci, per noi una volta finita la scuola è molto più facile. ». Non sapeva nulla di come erano messi gli Elysian, ma dubitava che quei quattro riuscissero ad arrivare a fine mese con ciò che la band gli fruttava: gruppi più famosi difficilmente si esibivano in pub come quello in cui li aveva visti la sera precedente. Ciò significava che facevano altri lavori per mantenersi, o che ancora studiavano. Gestire tutto insieme non doveva essere facile. « Quindi il pianoforte, eh? Devi essere un cazzo di genio per studiare qui. ». Cain cambiò discorso, e l'albino fece spallucce. « Me la cavo, in effetti. », « Non ho capito che avesse da urlare il tuo professore. », « Ah, Emberthorn. » sospirò facendo il nome di una delle persone che avrebbe volentieri preso a sberle con una sedia. La lezione di quella mattina era stata più pesante del solito dato che il saggio di fine anno si stava avvicinando ed Evelya si rifiutava di sottostare alle direttive del professore che li seguiva. Stava diventando un incubo stare dietro a quei due, e più i giorni passavano più vedeva Evelya diventare nervosa e triste. « Lui vorrebbe che suonassimo un brano di chiesa per il saggio di fine anno, ma quella di stamattina non era esattamente musica sacra. » spiegò, cercando di tenersi il più breve possibile per evitare domande scomode. Evitava sempre di parlare di affari che non lo riguardavano - parlava a malapena dei suoi, di affari - ed inserire Evelya in una conversazione con qualcuno che non conosceva era fuori questione. E in più quel qualcuno era pure pappa e ciccia con un ragazzo che si era appena preso una sbandata per lei, voleva evitare che gli andasse a riferire qualcosa. La sua amica aveva già abbastanza problemi a cui pensare. « Lo suonavo anche io da piccolo, solo che gli mancavano dei tasti e non ho mai scoperto che rumore facessero. ». Abel aggrottò le sopracciglia, confuso: lui, un ex-pianista? « Mi stai prendendo in giro. » fece in un sospiro, perché uno come Cain era lontanissimo dal concetto di pianista che aveva lui: chi suonava il piano era elegante, intenso, con la testa sulle spalle. Abel era una pianista, e ne andava fiero. Immaginare il rosso seduto sullo sgabello con un abito da sera davanti ad un piano gli era impossibile. Forse lo stava davvero prendendo in giro, giusto per dire qualcosa e trovare delle cose in comune di cui parlare. « Magari puoi farmeli sentire tu, qualche volta. ». Eccolo, che partiva alla carica. Abel digrignò i denti e l'altro, pronto, tirò fuori il telefono già sbloccato, con il display fermo sull'app dell'orologio col timer che segnava ben quattro zeri. « Lo so che i cinque minuti sono finiti. » replicò, nervoso, « Ma questo non significa che mi piaccia. ». Lo sguardo dell'albino passò dal telefono a Cain, poi ancora al telefono e poi di nuovo Cain, così fino a quando lui non mise via il cellulare e lì non gli rimase che guardare il ragazzo. E che grande errore fu, quello di sostenere il suo sguardo per più di un paio di secondi. Gli bastò davvero poco per sentirsi la gola secca e lo stomaco sottosopra, e non andava per nulla bene. Cain non era il suo tipo ideale. Cain non era pacato, non era rispettoso del suo spazio personale, non parlava poco. E in più era un armadio pieno di tatuaggi. I ragazzi come lui ci mettevano poco ad infastidirlo ed Abel, dal canto suo, ci metteva poco ad allontanarli: occhi rivolti al cielo per far capire che o se ne andavano o se ne andavano e un paio di parole taglienti per ribadire il concetto prima di andarsene senza degnarli neanche di uno sguardo. Eppure, col rosso non ci riusciva. Lui gli chiudeva una porta in faccia - nel senso più letterale - e l'altro stava ancora lì, testardo come pochi, ad aspettarlo. Lui gli diceva di star zitto per cinque minuti, e Cain lo rispettava pur di non lasciarselo scappare. Cain era racchiuso in quell'eppure, ed era una strana sensazione dato che non aveva mai fatto eccezioni per nessuno. Forse proprio perché si discostava così tanto dal suo principe azzurro che ne era così affascinato e non riusciva a dirgli chiaro e tondo di lasciarlo in pace. « Avrei dovuto chiederti più di cinque minuti. Sei diventato di nuovo insopportabile. » fece, fingendo di sistemarsi la frangia per abbassare per pochi attimi lo sguardo per poi ritornare a guardarlo. Aveva bisogno di una pausa, guardare quei diavolo di occhi verdi stava diventando difficile. « Non ci sto provando, è solo curiosità. ». Certo, come se ci cascasse. « Mh. », « Se non sei già impegnato, ovviamente. ». Ecco, a quelle parole gli parve di non riuscire più a respirare. Deglutì la sua stessa saliva e ogni parte del suo corpo si irrigidì, e sperò vivamente che Cain non fosse molto perspicace. Contò sulla sua grande abilità nel nascondere i propri pensieri dietro una maschera inespressiva affinata negli anni, e sul momento si chiese come mai così tanta esitazione nel dirgli che sì, ufficialmente era impegnato. Poteva essere la sua possibilità per sfuggire alle grinfie di Cain, forse così l'avrebbe lasciato andare, ma invece stette zitto. Poteva mentire spudoratamente, perché in teoria aveva già un ragazzo, che poi in pratica la loro relazione fosse una tragedia era un altro paio di maniche, ma non fiatò. Decise di scavalcare la domanda a piè pari. « Fammi il piacere. Se tu non ci stai provando io non suono il pianoforte. » nel dirlo appoggiò il mento sul palmo aperto della mano, fingendo che tutto andasse bene, quando in verità da una parte aveva un ragazzo morboso ma terribilmente affascinante dal quale era inspiegabilmente attratto - e neanche tanto inspiegabilmente - e dall'altra c'era il suo fidanzato ad attenderlo, e neppure sapeva se considerarlo tale. « Sai, facciamo le prove in una sala qua vicino, praticamente ogni giorno. ». L'albino trattenne il fiato, intuendo dove l'altro volesse andare a parare: un'uscita insieme. Non lo avrebbe sopportato. Ed il pensiero di trovarsi loro due da soli, ma proprio soli soli, lo faceva uscire fuori di testa, e non in senso positivo. Ti prego, non farti dire di no, stavi andando così bene. C'era proprio bisogno di chiedere se volessero uscire insieme, vero? Era tutto troppo veloce, e lui non era per niente pronto. « Se ti va puoi tenerci compagnia, e poi usciamo a mangiare qualcosa tutti insieme. ». Impiegò qualche secondo a metabolizzare l'ultima parte della frase, capendo così che non sarebbero stati da soli in caso fossero usciti davvero insieme. Dapprima la cosa lo tranquillizzò, poi si ricordò che tipi erano quelli della sua band. « Con tutti insieme intendi... Con i tuoi amici della band? » fece, tentando di nascondere la preoccupazione. Perché un conto era sopportare Cain - da solo era abbastanza fattibile, pendeva dalle sue labbra, per un po' poteva farcela -, un conto era sopportare Cain e i suoi amici, pregando che non andassero d'accordo perché avevano lo stesso carattere. Il tipo che si era invaghito di Evelya pareva essere simile a Cain, o comunque chiunque con un po' di sale in zucca non si sarebbe infiltrato in una scuola violando ogni regola morale possibile per incontrare una tipa che aveva visto di sfuggita in mezzo alla folla, e già lui era pericoloso. Il bassista e la chitarrista non se li ricordava bene, ma sperava che almeno uno dei due avesse la testa sulle spalle. « In ogni caso è solo una proposta, puoi rifiutare e non me la legherò assolutamente al dito. ». Okay, gli aveva lasciato un po' di spazio di manovra, non sembrava volere una risposta immediata, e lo ringraziò tra sé e sé. Perché, su due piedi, non sapeva proprio cosa fare: sapeva che una proposta del genere la faceva a chiunque incontrasse e non voleva guai, dall'altra... beh, dall'altra si era preso una sbandata niente male, per quanto non volesse ammetterlo, ma rinchiuse la vocina che gli suggeriva di assistere alle prove degli Elysian quella sera stessa in un angolo remoto della sua mente. « Certo, si vede che non sei un tipo che se la prende per delle sciocchezze simili. » commentò, ed alzò un angolo delle labbra, giusto per far capire che aveva provato a fare una sottospecie di battuta. All'improvviso, sentì il bisogno impellente di scappare. Da quando Cain aveva nominato Raphael - involontariamente, s'intende - non si sentiva più a suo agio. Era come se avesse rovinato l'unica cosa positiva di quella giornata, e non riusciva proprio a distrarsi con Cain, non più. Tanto anche lui si sarebbe stancato se mai gli avesse dato una possibilità. Sempre se Cain fosse davvero interessato a lui, intendiamoci. Sospirò prima che quei pensieri negativi lo inghiottissero, cercando di allontanarli per concentrarsi sulla conversazione e non pensare a Raphael. « Ci penserò. » fece alla fine, perché non gli voleva dire di no, ma neanche sì. Era sinceramente combattuto, e una parte di lui voleva allontanarlo perché sentiva quella chimica che c'era tra loro come sbagliata, e un'altra avrebbe voluto chiedergli di restare ancora un po'. « Ma sappi che non mi fido dei Don Giovanni come te, per voi le persone sono premi da esibire in vetrina. E io devo ancora capire se mi stai raccontando un sacco di frottole o meno. » disse, stavolta guardandolo negli occhi con una determinazione che non gli apparteneva. Quello era un avvertimento diretto sia a Cain sia a sé stesso, perché stava rischiando davvero grosso, e la parte razionale del suo cervello gli stava dicendo di scappare, e pure alla svelta.
    « Ehy, Cain! ». Una voce familiare sovrastò quella di Abel, che subito si girò verso l'origine del suono. L'amico con il quale Cain aveva fatto irruzione alla Ripley quella mattina si stava avvicinando alla loro panchina, e non poté fare a meno di notare che zoppicava. Aggrottò le sopracciglia d'istinto come faceva sempre quando non era pronto ad affrontare una situazione nuova, e subito si voltò di nuovo verso Cain, che però sembrava sgomento quanto lui. « E' il vostro cantante quello, giusto? » chiese per conferma, per poi guardare di nuovo verso il ragazzo, stavolta a pochi passi da loro. Non fece in tempo a chiedere se si fosse fatto male che Noel - si ricordava il suo nome perché Evie non aveva fatto altro che parlare di lui da ieri sera - piombò davanti ai due ragazzi, addirittura salutando Abel, che ricambiò con un « Ciao. » piuttosto incerto. Lo sguardo dell'albino volava da Noel a Cain, non sapendo davvero come il cantante avesse fatto a trovarli, ed ora che li aveva visti così vicini si trovò in imbarazzo. Quando l'ultimo arrivato chiese se poteva sedersi con loro, Abel guardò di nuovo il batterista, non sapendo davvero cosa fare e rimanendo pietrificato sul posto, per poi vedere Noel che già si faceva spazio da solo senza fare complimenti, e quindi si spostò senza fiatare. Lo sentì sospirare, come se si fosse tolto un grosso peso, ed il suo primo pensiero fu che, effettivamente, si era fatto male e per questo cercava Cain. Ma Evelya dov'era finita? Perché non erano insieme? « Evelya è andata via. ». Noel rispose alla sua domanda senza che lui dovesse porgergliela, ed Abel sbatté le palpebre un paio di volte incredulo prima di spostare l'attenzione su di lui. Non disse nulla, ma non poté fare a meno di chiedersi il motivo: da quello che aveva intuito, Evie non aspettava altro che incontrarlo di nuovo, ed era, sì, spaventata all'idea che Noel l'aveva raggiunta alla Ripley, ma era sicuro che fosse euforica all'idea di rivederlo tanto presto. Forse l'unico pensiero felice che aveva avuto dall'inizio del nuovo semestre a quel giorno. Cosa l'aveva spinta ad allontanarsi? « E credo non voglia vedermi. ». Il mistero si infittiva, ma se la conosceva bene allora il motivo poteva essere solo uno: loro due erano più simili di quel che pensavano, ed entrambi avevano paura. Paura che quei due fossero lì solo per divertirsi un po', che potessero andarsene velocemente come erano arrivati. Se fosse stato così non l'avrebbe biasimata, ma o Noel era un attore davvero convincente, o era veramente distrutto dal dolore e non stava fingendo. Guardò Cain di nuovo, suo unico punto di riferimento in quella situazione, e si chiese se per lui fosse lo stesso, se anche lui avrebbe reagito così se Abel gli avesse detto di andarsene. Se per lui contava davvero qualcosa come gli aveva quasi fatto credere. Noel continuò a parlare e quando quasi gli ruppe la voce l'albino guardò da un'altra parte per l'imbarazzo. Santo cielo, ma sul serio? Pure il piantino adesso? Ma quanti anni aveva, otto? Conosceva Evelya da a malapena dodici ore! Tuttavia, nonostante si sentisse a disagio all'idea di vederlo piangere, la frase che disse in seguito gli fece stringere lo stomaco, e in quel momento si convinse che a Noel importava davvero qualcosa di Evie, e non sarebbe andato contro la sua volontà se questo l'avrebbe fatta felice. Abel si voltò verso il ragazzo lentamente, che nel frattempo aveva gettato la testa all'indietro, e nel farlo intercettò lo sguardo di Cain. E tu? Avresti voluto vedermi davvero?
    « Contieniti, per carità di Dio. » disse, cercando di farlo tornare coi piedi per terra, perché quel teatrino lo trovava davvero smoderato, « Evelya non è abituata a certe attenzioni, soprattutto così plateali ed esagerate. ». Vide Noel sollevarsi come se gli avesse svelato il segreto della creazione dell'universo, e se possibile si intristì ancora di più. « E non è abituata ad essere la prima scelta di nessuno, quindi neanche lei pensa di valere molto. Le sarà sembrato strano che qualcuno sia genuinamente interessato a lei. » fece con il suo solito tono serio e distaccato, ma la verità era che vederla credere così poco in sé stessa feriva anche lui. Cercava di tirarla su di morale come poteva, anche se non era mai stato un granché, ma tutti vedevano la bontà, la gentilezza, l'intelligenza e la bravura di Evelya, tutti, tranne lei. Da parte sua, Abel le ripeteva più volte che aveva scelto di essere il suo accompagnatore al piano per un motivo, e quel motivo era che lei era una cantante superba. Non avrebbe accompagnato chiunque. Tuttavia, temeva sempre che i complimenti le entrassero da un orecchio per poi uscire subito dall'altro, e si domandava se davvero lo ascoltava o ormai era fermamente convinta di valere poco o nulla che nulla avrebbe potuto farle cambiare idea. Magari Abel non era il migliore degli amici, ma voleva solamente il meglio per Evelya. « Immaginavo si trattasse di una cosa del genere, » fece Noel dopo qualche secondo di silenzio, « ma averne la conferma, wow, fa male. ». Abel annuì, non sapendo cosa altro dire. Il dolore che Evie si portava dentro era enorme e la stava divorando piano piano, precludendole un sacco di opportunità, e proporsi di aiutarla a sostenerlo era difficile, dato che non gliene dava la possibilità: mascherava tutto con un sorriso e, nei casi peggiori, con l'indifferenza che tanto piaceva ai benestanti, esibendo una falsa calma e un tono di voce fastidiosamente cordiale.
    « Mi sembra impossibile che una ragazza del genere possa svalutarsi così tanto. Cioè, è fantastica, sembra perfetta! », « Già, è quello che pensano tutti. ». Non gli sembrava il caso di raccontargli di Azarel e di come la tenesse in gabbia come un uccellino, costringendola a soddisfare le aspettative che la sua famiglia aveva su di lei. Evelya dipendeva in tutto e per tutto da loro, e la sua indole buona non faceva altro che facilitare la vita ai suoi genitori e a quel porco di Azarel. Era anche colpa loro se Evelya era convinta di non valere più di tanto, ma questo Noel non poteva saperlo. « Ho cercato di rassicurarla, ma non credo sia servito a molto. ». Abel fece spallucce dato che conosceva quella sensazione piuttosto bene: non era un asso nell'incoraggiare la gente, ma le poche volte che tentava di supportare Evelya non sembrava avere l'effetto sperato. Già la immaginava, col suo sorriso di cortesia dipinto in viso mentre si lasciava scorrere tutto addosso.
    « Posso fare qualcosa per lei? ». L'innocenza di quella domanda fece sì che Abel riportò l'attenzione su Noel, che a sua volta lo guardava sinceramente abbattuto. « Se non ti vuole vicino c'è ben poco da fare. » gli rispose lui, e ammirava come Noel rispettasse il volere di Evie nonostante andasse contro i suoi desideri. Se i suoi sentimenti erano davvero così intensi doveva essere stata una grossa batosta. « Anche tu hai ragione. » sospirò l'altro, e un sorriso triste si fece strada sulle sue labbra, per poi zittirsi. Nonostante avesse capito che l'interesse che provava per la sua amica fosse genuino, Abel trovava davvero quel tipo di reazioni esagerate e senza senso. Farsi venire il groppo alla gola perché una ti aveva rifiutato? Ridicolo. Noel era quel tipo di persona a cui bastava uno schiocco di dita per ritrovarsi sommerso da persone che avrebbero venduto i propri organi pur di passare qualche ora insieme, figurarsi se aveva difficoltà a trovarsi una ragazza. Quindi perché reagire così male quando Evelya l'avrebbe dimenticata entro sera? Non aveva il minimo senso. « Voi, invece? Come sta andando? » la voce di Noel interruppe di nuovo il silenzio dopo secondi che gli parvero ore, ed Abel quasi saltò sul posto quando si sentì chiamato in causa. La prima cosa che gli venne spontanea da fare fu guardare Cain, e ancora non aveva capito che rischiava un attacco di cuore ogni volta che incontrava il suo sguardo senza preavviso. Sentì le budella intrecciarsi tra loro fino a fargli male, quindi lo abbassò poco dopo. « Ho interrotto qualcosa? ». Maledizione, o Noel era stupido oppure fingeva di non capire un accidente. Il modo in cui aveva posto quelle domande come se stesse parlando delle previsioni del tempo del giorno dopo lo mandava in bestia, e il fatto che la sua attenzione vagasse da Cain a Abel e viceversa come se fosse un bimbo che chiedeva le caramelle ai genitori lo faceva solo innervosire. « No, a dire il vero mi stavo congedando. Tra poco è ora di rientrare in aula. » fece Abel, alzandosi dalla panchina e sistemandosi la divisa. Solamente in quel momento notò come sia Cain che Noel avevano slacciato camicia e allentato il nodo della cravatta, sottolineando il fatto che non fossero abituati ai modi dell'alta società. « Vi consiglio di rientrare al più presto, per il vostro bene. Non penso abbiate ormai qualcosa da fare qui alla Ripley. » aggiunse, guardando prima il cantante e poi il batterista. La campanella sarebbe suonata da lì a poco, e avrebbe voluto solo chiedergli di portarlo fuori di lì. Rivedere Raphael lo faceva sentire male ed in trappola, mentre Cain era la quintessenza della libertà. Non sapeva se avrebbe voluto essere lui o stare con lui. « A presto, credo. » lo salutò con un cenno della mano, ficcandola in tasca subito dopo mentre si incamminava verso l'entrata della scuola. Ogni passo che faceva gli pareva sempre più pesante, come se invece di tornare a lezione stesse andando in prigione. E finché ci sarebbe stato Raphael, così si sarebbe sentito. Noel parlava a voce abbastanza alta, tanto che riuscì a sentire « Dai, su, allora? Avete un appuntamento? Ho capito bene? » prima di chiudere la porta, e prima di sentire la risposta di Cain. Un appuntamento... magari. Sarebbe stato bello, ma non erano fatti l'uno per l'altro. Si sarebbero spezzati il cuore a vicenda, e Cain meritava qualcosa di più di quello che Abel aveva da offrirgli. Camminò guardando per terra, dato che ormai conosceva gli intricati corridoi della Ripley come il palmo della sua mano, ed estrasse il telefono, sperando che il messaggio arrivasse al suo destinatario prima che entrambi tornassero in aula.

    "Ti va di tornare a casa insieme?"

    Lo inviò ad Evelya per poi ricacciare il cellulare in tasca, accertandosi di averlo messo in modalità silenziosa, e prese la strada lunga per arrivare fino alla sua classe, dove avrebbe ripreso le prove per il saggio. Sperava che mettendoci più tempo avrebbe trovato sia Evelya che Raphael in aula, in modo da non dover stare nella stessa stanza del suo fidanzato da solo. Aveva bisogno di vedere un viso amico, e forse anche lei.

    • • •

    La reazione scocciata di Izar l'aveva fatta ridere, tanto che quando il ragazzo tornò al tavolo lei lo accolse come se nulla fosse successo ma notò subito un cambiamento nel suo tono di voce: si conoscevano da anni, era impossibile trarla in inganno quando si parlava di Izar. Dopo l'incazzatura di quella mattina sperava che il peggio fosse passato, ma a quanto pareva si era sbagliata. Lui posò la lattina di birra - ne aveva presa un'altra? - sul tavolo facendo abbastanza rumore, e neanche le parole dette dopo non furono delle più delicate. Lei, per tutta risposta, si limitò ad alzare un sopracciglio e seguirlo con un « 'kay. » poco convinto quando lo vide prendere l'uscita. Decise di ignorare il repentino cambio d'umore dell'amico, sorseggiando il rimanente della birra fino alla fermata del bus - rischiando di strozzarsi un paio di volte perché Izar aveva le gambe decisamente più lunghe delle sue e non sempre riusciva a stare al suo passo - mentre tentava di intavolare una conversazione, ma ogni suo tentativo si rivelava un clamoroso buco nell'acqua. « Ah, ora che ci penso, mamma mi ha detto di provare a fare il pollo al curry con lo yogurt greco, in modo che venga più cremoso. Ti va di provarci, magari questo weekend? » provò a chiedere, ma la sua domanda aleggiò nell'aria senza ricevere una risposta ben precisa. O se lo aveva fatto, non aveva sentito nulla. Quando Izar faceva così c'era ben poco da fare, ed Altayr alzò gli occhi al cielo nel guardarlo da lontano mentre buttava la bottiglia ormai vuota. Aveva come il sospetto che lei centrasse qualcosa, visto che si era rabbuiato quando lei lo aveva ripulito dalla salsa piccante che aveva sulla guancia, ma anche se fosse stato davvero così non riusciva a giustificare una reazione del genere. Gli aveva dato così tanto fastidio? A sapere in anticipo che lui le avrebbe tenuto il muso fino a sera non si sarebbe sicuramente azzardata ad invadere il suo spazio personale.
    « Che dici, stasera riusciremo a portare a termine qualche canzone? Ne abbiamo un sacco in sospeso. » la buttò lì, molto casualmente, mentre con le scarpe torturava un povero sassolino che aveva avuto la sfortuna di trovarsi a pochi centimetri dal suo piede. Le parve di udire un "Boh", ma non ne fu sicura, quindi gettò unicamente la spugna. Andasse al diavolo, non aveva proprio voglia di discutere per qualche film mentale che lui si era fatto, e lei ancora non leggeva nel pensiero. I minuti prima che arrivasse l'autobus li passarono in silenzio, lui troppo impegnato a rifiutarsi di rivolgerle la parola e lei ormai rassegnata e in attesa che la luna storta gli passasse, e Altayr, dato che era pur sempre ora della pausa pranzo sia per studenti che per lavoratori, si ritrovò a farsi strada a furia di spintoni per riuscire a salire sul bus, non riuscendo però a trovare neanche un posto a sedere. E lei che già immaginava a fare il viaggio verso la sala prove appoggiata casualmente alla spalla di Izar. Beh, vista l'atmosfera forse era meglio così. Raggiunse il ragazzo in un angolo vuoto del mezzo prima che si riempisse completamente, e lui, come spesso faceva, si frappose tra lei e la folla, mentre Altayr si appoggiò con la schiena alla parete, al riparo da occhiate indiscrete che sui mezzi pubblici non mancavano mai. Stare con Izar per lei significava praticamente questo, sentirsi tranquilla e senza nulla da temere: Izar era il suo porto sicuro, la stella più luminosa che guidava il suo cammino, ma nonostante continuasse a proteggerla anche in un momento del genere il suo respiro era pesante e le sue labbra serrate in una linea inespressiva, ed averlo così vicino, adesso, non era altro che una tortura. Avrebbe voluto dargli una mano per sbollire la rabbia - verso cosa o chi ancora non l'aveva capito però -, ma sapeva che quando si comportava così era meglio starsene zitti, visto che solitamente si trattava di una nuvola nera passeggera. Decise quindi di tirare fuori il telefono per andare su e gù sulla sua home di Instagram, digitando poi l'username della fotografa con cui avrebbero scattato tra qualche giorno. Come le aveva anticipato Izar qualche ore prima - quando era ancora felice e contento - i suoi scatti non erano niente male, e constatò che aveva già lavorato in precedenza con altre band. Riconobbe addirittura alcune di loro, e nello zoomare su uno dei post il bus frenò bruscamente, tanto da costringere Izar a stendere il braccio sulla parete alla quale era appoggiata per non schiacciarla. « Oddio, attento » fece, bloccando lo schermo del telefono e sollevando lo sguardo su di lui - il quale si rivelò un grosso errore, visto la distanza davvero minima che c'era tra i loro visi. Altayr non seppe se il respiro le mancasse perché lì dentro c'era davvero molta gente, o perché Izar era veramente molto e pericolosamente vicino.
    « Non farlo più, per favore » se ne uscì ad un tratto, con un tono di voce davvero basso, e lei aggrottò le sopracciglia, non riuscendo a capire a cosa si stesse riferendo. « Che stai
    dicendo? »
    domandò, ancora più confusa di prima, ma non trovò risposta nell'espressione cupa di lui. « Non è uno scherzo con te. » aggiunse, ed Altayr continuò a guardarlo negli occhi in attesa di una spiegazione, di un chiarimento, di un qualsiasi cosa che le avrebbe fatto capire su cosa stava rimuginando da quando era sparito per prendersi la seconda birra, perché era davvero stufa di dover stare ad indovinare cosa gli passasse per la testa, manco fosse una psicologa. L'espressione sinceramente confusa e preoccupata che aveva dipinta in volto venne sostituita dal fastidio e la rabbia che provava in quel momento, sentiva di essere sul punto di esplodere. « Si può sapere che cazzo hai oggi, eh? » fece dopo qualche secondo, non riuscendo più a tenere a freno la lingua. « E' da stamattina che sei intrattabile, e io non ti leggo nel pensiero. Prima sei incazzato, poi di nuovo tutto okay, poi ti incazzi ancora, e poi mi dici 'ste robe, non capisco neanche a cosa ti riferisci. Mi vuoi dire chiaro e tondo che ti prende? » continuò, cercando di mantenere la voce bassa il più possibile per non farsi sentire dall'intero autobus, ma in verità avrebbe voluto urlare a squarciagola che era stanca di sentirsi dare la colpa dei suoi cambi d'umore. Invece di dirle "di non fare più certe cose" - quali cose poi? Mica lo specificava -, poteva benissimo spiegarle cos'è che lo rendeva così nervosa senza tanti giri di parole e giochini a cui lei non andava più di stare. « Ah, ma se non vuoi parlarmi più come fanno i bambini all'asilo fai pure, sono stufa di scervellarmi per capire cosa ti passa per la testa, Izar. ». Nel frattempo si staccò dal muro, intimandogli di lasciarle spazio per avvicinarsi alla porta dalla quale tra poco sarebbero scesi. « Fammi sapere quando ti sei calmato. » disse, e si appoggiò alla parete opposta con le braccia incrociate al petto, pronta ad uscire tra pochi minuti. Non era la prima volta che litigavano a causa del malumore di Izar, ma ultimamente ogni discussione pesava sempre di più. Scoccò un ultimo sguardo al ragazzo prima che le porte si aprissero, e appena si voltò le venne spontaneo pensare Ma dovevo proprio innamorarmi di 'sto coglione?.

    Una volta fuori le sembrò di non aver respirato aria fresca per ore e ore, ma non riuscì a gioire del fatto di non essere stata inghiottita dalla folla ed essere giunta sana e salva alla sala prove nonostante il traffico dell'ora di pranzo. Non si guardò neanche alle spalle per vedere se Izar fosse sceso con lei o meno, che un volto che conosceva molto bene la accolse appena uscita dall'autobus. « Alleluja! » esclamò Noel, rimanendo però seduto senza fare una piega. Altayr sbirciò lo schermo del telefono che ancora teneva in mano, ed in effetti avevano fatto parecchi minuti di ritardo. « Senti, non ti ci mettere anche tu. » disse, passandosi velocemente una mano sul viso ed issandosi lo zaino in spalla. « Nervosa? », « Macché. » lo disse in tono volutamente sarcastico, e si avvicinò al cantante nel caso gli servisse una mano. Salutò Cain con un gesto della mano, per poi tornare a guardare Noel e notando solo in quel momento quanto i suoi occhi fossero gonfi. « Tutto a posto? Hai gli occhi rossissimi. » fece, e Noel rise per tutta risposta. « Ah, sì, ho solo pianto per un'ora o giù di lì. ». Altayr sospirò tra sé e sé, sapendo benissimo cosa l'aspettava quel pomeriggio: una crisi esistenziale. Sarebbero state delle prove movimentate, e lei non era mentalmente pronta. « Vuoi parlarne un po'? » domandò, mentre dirigeva uno sguardo dubbioso in direzione del batterista: i due rossi erano stati insieme tutta la mattina, sicuramente lui sapeva qualcosa. « Per ora vorrei solamente sdraiarmi sul pavimento e non rialzarmi mai più. » fece Noel, finendo la frase con un mugolio di fastidio - forse a causa della gamba - « Anzi, andate pure a fare le prove senza di me. Io torno a casa. Almeno lì ho i fazzoletti. », « Ma neanche per sogno, male che vada frignerai in sala prove » lo riprese la ragazza, avanzando di qualche passo per iniziare a far muovere il gruppo, ed affiancò prontamente Cain. « Cosa avete combinato voi due stamattina? Noel è uno straccio. » gli domandò sottovoce, mentre gettava un'occhiata al cantante che si trascinava per strada controvoglia. Nel farlo non poté fare a meno di soffermarsi su Izar, che gli stava a pochi passi di distanza, ma distolse lo sguardo in fretta, prima che lui si sentisse osservato e la guardasse a sua volta. I suoi improvvisi cambi d'umore influenzavano, volente o nolente, anche chi gli stava intorno, e spesso chi se li sorbiva era Altayr, stando appiccicati da mattina a sera tra scuola, lavoro e band. Quella mattina era riuscita a placare la tempesta, ma all'ennesima risposta vaga e seccata di Izar non era più riuscita a mantenere il controllo. Un po' si sentiva in colpa, perché aveva il sospetto che fosse lei la causa di tutte le montagne russe di emozioni che Izar provava, ma se era davvero così allora voleva che glielo dicesse in faccia, piuttosto che fare l'offeso e sperare che lei capisse a cosa stava pensando. Sospirò mentre apriva la porta del locale che metteva a disposizione le sale per provare, tenendola poi aperta per far entrare Cain. « Spero che questa tortura finisca presto. » disse sottovoce, più a sé stessa che all'amico, perché era a tanto così da salire sul primo bus diretto a casa.

    La ragazza seguì con gli occhi Noel che si andò a sedere sul divanetto in un angolo della sala appena furono dentro, ed alzò gli occhi al cielo quando lo vide distendersi. « Arrivo tra un secondo. » annunciò, e lei, da parte sua, non gli rispose. Posò la chitarra in un angolo e la levò dalla custodia - la ragazza alla reception era stata gentilissima a tenere i loro gli strumenti per tutto il giorno -, tirando successivamente fuori da una delle tasche dello zaino il diapason per accordarla. « Programma di oggi? » chiese, e Noel fu veloce a dare la sua risposta - sebbene non fosse quella che cercava. « Piangere e ripetere all'infinito quanto la vita sia ingiusta. ». La ragazza sollevò, per l'ennesima volta da quella mattina, lo sguardo al cielo, perché in quel momento l'ultima cosa che voleva era affrontare Noel nel bel mezzo di una crisi. « Okay, mentre aspettiamo Noel che si riprende possiamo decidere la scaletta del prossimo concerto, che dite? Anche solo le prime canzoni. » aspettò che gli altri le dessero conferma, perché effettivamente senza il cantante non potevano fare granché, ed Altayr non aveva proprio voglia di sapere cosa fosse successo a Noel nello specifico e consolarlo fino a sera.
    « Ognuno ne dice una, come al solito. » esclamò mentre strappava un pezzo di carta da uno dei quaderni che aveva nella borsa, e prese una penna a caso dall'astuccio, sperando che ancora scrivesse. « Per me Sleeping In. » annunciò, e lo scrisse di fretta sul foglietto. Era da un po' che non la suonavano in live, e ai tempi si era divertita parecchio a comporre la melodia. Poi era una delle preferite di Noel, magari gli avrebbe risollevato un po' il morale provarla quel giorno. « Io voglio cantare la canzone più triste che abbiamo. », « No, Noel. », « ... Allora ci penso su ancora un altro po'. ». La ragazza annuì, guardando poi gli altri due in attesa di una risposta, e, mentre era intenta a scrivere le altre canzoni - quattro brani erano più che sufficienti per il momento, magari ne avrebbero decisi altri quando tutti sarebbero stati meglio - , Noel scattò a sedere sul divano, facendole cadere la penna per la sorpresa. « Come si fa a vivere dopo aver perso l'anima gemella? » esclamò Noel, e sembrava davvero sul punto di piangere. « Beh, tu hai perso tipo una trentina di anime gemelle, meglio di te non lo sa nessuno. » fece Altayr, e Noel si ributtò giù sul divano di peso, preso dallo sconforto. « Ma stavolta era davvero lei ». Il tono sconfortato che utilizzò la fece sentire in colpa per averlo ignorato fino a quel momento, quindi decise di prendere il toro per le corna: era l'unico modo che aveva per far tornare Noel a cantare. « Ti riferisci alla ragazza del Black Dog? » domandò, e Noel annuì vistosamente. « Vi siete incontrati? ». Noel annuì di nuovo, e stette in silenzio per qualche secondo. « E mi ha scaricato. », « Ah, mi spiace. ». Il ragazzo fece un gesto con la mano per dirle che non si doveva preoccupare, e si raggomitolò su sé stesso. Perfetto, l'avevano perso. « Arrivo tra un secondo. Stavolta davvero. » fece lui, mentre gli altri cominciavano a sistemare gli strumenti. « Nessun problema. » gli rispose la chitarrista, mentre finiva di accordare la sua fedele chitarra. « Dopo però possiamo suonare un paio di canzoni tristi? Pensavo a Lewis Capaldi, tipo. » Altayr sorrise, ripensando all'ultima volta che era stato lasciato da una ragazza - Adeline per la precisione, ricordava i nomi di quasi tutte le sue ex - e avevano suonato Birdy tutti insieme, con lui al microfono che piangeva come una fontana. « Va bene. » gli rispose, scuotendo la testa e sorridendo tra sé e sé. Sì, sarebbe stata sicuramente una prova impegnativa, e lo dedusse anche da quanto le costò fare un cenno verso Izar per invitarlo ad accordare i loro due strumenti come ogni volta, ma ora l'idea di averlo vicino la innervosiva. Sperava vivamente che la luna storta gli fosse passata, altrimenti quelle sarebbero state le tre ore più pesanti della sua esistenza.

    « Altayr » || « Noel » || « Abel »
    ‹ altayr c. windstorm (19) / noel h. moore (21) / abel c. gytrash (18) ›

    ☆ code by ruru ☆ noel's render done by bae



    Edited by altäir - 29/11/2021, 18:15
  14. .

    maeve weaford
    dawn finnigan
    › warrior › 18 › sheet

    « I woke up stronger than ever Driven by big waves of fire To run and yell all the way "Nothing can hurt me today" »
    Vedere Cain sollevarsi dal cumulo di fieno quasi insieme a lei non la fece sentire meglio: anche lui aveva capito che c'era qualcosa che non andava, e si maledisse più e più volte per questo. Era una maestra nel nascondere ciò che provava davvero, nel fingere, nel non far capire cosa stesse architettando, e invece aveva appena commesso un grosso errore. Gli occhi cerulei del ragazzo la scrutarono in attesa di una risposta, di una motivazione che arrivò, seppur forzata ed improvvisata, e Cain non sembrò essere pienamente convinto dal suo mediocre tentativo di salvare il salvabile: lo vide alzare gli occhi al cielo dopo un "uhm" che la fece preoccupare, perché sembrava sul punto di voler chiedere altro e approfondire la questione. Non poteva dargli torto, anche lei al suo posto si sarebbe preoccupata: la giovane si era alzata di scatto, senza alcun preavviso, e di colpo era diventata pallida e sudava. Per cosa, per una falce di luna? Poteva essere una geniale scappatoia se non avesse avuto quella reazione esagerata pochi attimi prima. Tentò lentamente di riprendere il controllo di sé stessa mentre teneva lo sguardo fisso sulla nuvola a forma di falce, che in quel momento tanto ad una falce non assomigliava più: in poco tempo si era deformata fino a diventare irriconoscibile, eppure nella sua mente essa si era impressa come un fermo immagine. Un brivido di paura, di terrore, le percorse la schiena per tutta la sua lunghezza, lento ed infausto, costringendola a portare le ginocchia al petto e ad abbracciarle, in modo da incurvare la schiena e toglierselo di dosso. Un presagio di morte era l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento: sentiva di avere già abbastanza pensieri per la testa ed in più doveva anche sperare che quella falce non sarebbe caduta sulla testa di nessuna delle persone che amava. Andare in guerra significava perdere qualcuno, era inevitabile: molti soldati sarebbero morti, quelli che si allenavano con lei quel giorno non li avrebbe mai più rivisti perché caduti per mano nemica, li avrebbe salutati prima di una battaglia per poi scoprire che non avrebbero più fatto ritorno. E seppur l'idea di subire qualsiasi perdita le faceva stringere il cuore, quella di perdere uno dei suoi cari la faceva sentir male. L'immagine della falce si insinuò ancora nei suoi pensieri, prendendo ancora la forma del viso dei suoi genitori e dei suoi amici in un carosello così veloce da farle venire la nausea nonostante stesse ferma, e si passò entrambe le mani sul viso nel tentativo di scacciare quel pensiero una volta per tutte, almeno per un po', e respirando, finalmente, a pieni polmoni, per poi cercare, una volta tolte le mani dal volto, di concentrarsi e mettere a fuoco qualcosa, qualsiasi cosa, per calmarsi e riuscire a pensare ad altro. Il suo sguardo passò dal poligono di tiro, sistemato alla bell'e meglio, agli archi che giacevano per terra nel punto in cui prima Cain stava cercando di mettere in pratica le dritte di lei, per poi abbandonare ogni cosa e finire nella gigantesca massa di fieno in cui si trovavano in quel momento. Riuscì a regolarizzare il respiro poco alla volta mentre il ricordo delle espressioni comiche di Cain che provava a tirare una freccia rimpiazzavano qualsiasi pensiero negativo - o, meglio, sgomitavano per rimpiazzarli, perché doveva assolutamente pensare ad altro -, facendola così riacquistare il controllo del proprio corpo e della propria mente.
    Il movimento repentino di Cain la fece sussultare e lo guardò mettersi a sedere fulmineo, per poi dirigere lo sguardo nello stesso punto che fissava lui. Le parve di sentire delle voci poco lontano da loro, giusto dietro l'angolo delle scuderie, e tentò di tornare completamente alla realtà il più in fretta possibile, giusto per farsi un'idea di chi potesse essere. Erano uomini, più di due sicuramente, e non sembravano troppo di buonumore. Guardò il bersaglio a qualche metro da loro, gli archi a terra e le protezioni ancora sotto l'albero, e riuscì a collegare tutti i puntini un secondo prima di sentire le urla degli arcieri in maniera molto più chiara, dato che si erano avvicinati e li avevano scovati. « Hei, voi due! ». Maeve, sentendosi chiamare, si girò di scatto verso il soldato che aveva appena parlato, mentre il cuore le saliva in gola per essere stata colta con le mani nel sacco. « Cosa ci fate con l'equipaggiamento degli arcieri? » tuonò quello che sembrava il superiore, e Maeve si sfregò le mani per togliersi i residui di fieno dai palmi sudati per poi sorridergli in maniera impacciata, non sapendo cosa inventarsi perché convinta che gli arcieri non si sarebbero fatti vedere ancora per un po', permettendogli di mettere a posto tutto l'equipaggiamento che aveva preso in prestito - più o meno - con calma. « Qualcosa mi dice che l'equipaggiamento degli arcieri non fosse esattamente "in prestito". ». Il ragazzo smorzò ogni suo tentativo di rimediare al suo errore di calcolo, attirando l'attenzione della principessa su di sé, e lei si strinse nelle spalle, colpevole. « Vero, Dawn? », « ... Ops? ». Maeve ridacchiò sottovoce, attenta a non farsi sentire se non da Cain, mentre i soldati si avvicinavano e iniziavano a sistemare, senza neanche impegnarsi a nascondere il loro disappunto, ma non si poteva biasimarli: dei ragazzini avevano appena frugato tra la loro roba e preso quello che pareva a loro senza informarli ed ora dovevano pure riportarla a posto. La ragazza si alzò appena vide che lo stesso uomo che aveva rivolto loro la parola cominciò ad avvicinarsi, togliendosi in tutta fretta il fieno che aveva ancora sui vestiti sperando bastassero poche pacche ben assestate per ripulirsi, e fece un rapido cenno del capo quando il soldato gridò di nuovo in loro direzione per esortarli ad aiutare gli altri arcieri a mettere a posto. Con la coda dell'occhio guardò Cain, intento ad alzarsi, e la lentezza con cui si stava ricomponendo cominciò a darle sui nervi: quell'uomo stava sbraitando davanti a loro manco fosse una gallina, visibilmente infuriato, e l'altro se la prendeva comoda manco avesse tutto il tempo del mondo a disposizione. Non riuscì ad aspettarlo per più di qualche secondo senza avere l'impulso di gridargli di muoversi a sua volta, perciò lo anticipò, lasciandolo nelle grinfie del soldato proprio nel momento in cui egli gridò: « Muovetevi! ». La ragazza recuperò da terra i due archi che stavano utilizzando lei e Cain senza fermarsi, issandoseli in spalla e cominciando a slacciarsi la protezione che aveva sull'avambraccio, incrociando lo sguardo ben poco divertito di due arcieri che stavano sistemando tutte le protezioni - che i due ragazzi avevano lasciato a terra senza farsi troppi problemi - nell'apposita scatola. Maeve fece giusto qualche passo in loro direzione prima che uno di loro gli strappasse le protezioni che si era tolta dalle mani senza dire una parola, per poi rifilarle al compagno e allontanarsi in direzione dell'accampamento. La giovane sospirò mentre li guardava le loro figure ridursi a due puntini lontani, affiancando poi Cain, intento anche lui a sistemare.
    « Perdonami, sono tornati prima del previsto e non è andata secondo i miei calcoli. » lo approcciò sottovoce, mentre seguiva i movimenti del superiore che ancora li guardava in modo truce. Le scorse volte che aveva preso in prestito la roba degli arcieri - in prestito tra molte virgolette - non erano mai tornati all'accampamento così rapidamente: di solito gli uomini amavano baruffare in mensa e perdere tempo a parlare di soldi, cibo e donne, ma a quanto pareva quel giorno non era andata così - forse anche loro erano occupati con allenamenti intesivi in vista della guerra e avevano lasciato perdere le chiacchierate futili che tanto li intrattenevano durante i pasti. « Andiamo a riportare gli archi, su. » esclamò, passandogli uno dei due archi che aveva in spalla per recidere in partenza qualsiasi lamentela da parte di lui, « Anche se un po' mi dispiace smettere: stavi andando così bene. » aggiunse in seguito, esibendo un sorrisetto sghembo che sapeva avrebbe dato fastidio al ragazzo, prima di allontanarsi velocemente da lui per evitare che potesse tirarla su di nuovo e scegliere di non essere così gentile da farla piombare in un'ammasso di fieno che, sicuramente, aveva fatto molto meno male rispetto alle dure pietre del pavimento della scuderia. Non poté fare a meno di ridere mentre si avvicinava di nuovo a lui per percorrere la strada verso l'accampamento uno di fianco all'altra, stavolta senza trattenersi per paura di risultare scortese o di innescare qualsiasi reazione. Era genuinamente serena, il nervosismo di poco prima magicamente scomparso. « Hai del fieno tra i capelli. Toglitelo, altrimenti Cox te ne dirà di tutti i colori. » ridacchiò, mentre gli indicava dove sfregare per riuscire a far cadere i fili di paglia, che col loro colore chiaro risaltavano tra le ciocche scure di lui. « Aspetta, faccio io. » fece, tirandolo per un braccio per fargli capire che doveva fermarsi, giusto il tempo di sistemargli i capelli, e col braccio sul quale non era appoggiato l'arco raggiunse il capo di Cain, riuscendo così ad eliminare gli ultimi fili che lui non era riuscito a togliere da solo. « Fatto. » disse con un sorriso, incontrando per sbaglio lo sguardo di lui ed erroneamente lo sostenne per quelli che le parvero interi minuti. Non poté fare a meno di notare come entrambi odorassero di fieno, e questo piccolo particolare che li accumunava la fece sorridere tra sé e sé mentre distoglieva lo sguardo tentando di fingere che non fosse successo nulla, come se il suo cuore non stesse già cominciando a galopparle nel petto senza che alcuna redine potesse fermarlo.

    • • •

    Qualche settimana dopo...
    All'ennesimo affondo evitato per un soffio a causa della stanchezza, Maeve stava davvero cominciando a perdere le speranze: l'ultimo esercizio della mattinata consisteva in un duello veloce - Cox aveva usato le parole "per divertirsi un po'" - con il proprio compagno prima che la campana del pranzo suonasse, e la giovane principessa si era ritrovata in coppia con Milo, uno dei suoi pochi amici all'interno dell'esercito ma anche uno dei soldati più abili ed aggressivi con il quale aveva avuto il piacere di battersi. Lo stile di scherma di Milo era potente ed impetuoso, al contrario di Maeve che faceva leva sulla sua agilità, e la giubba imbottita che stava indossando non aiutava: grazie agli allenamenti giornalieri e ai duelli che faceva con Cain stava pian piano acquisendo sempre più forza fisica, riuscendo così a stare al passo degli altri soldati, ma Milo sembrava non voler lasciarle scampo. Maeve, in risposta all'affondo di poco prima, tentò di rispondere con un colpo dall'alto che l'altro riuscì a parare, ma notò che anche lui stava cedendo alla fatica. « Stanca? » soffiò lui, ma la ragazza non gli diede corda, colpendolo in pieno stomaco con un calcio ben assestato approfittando del fatto che avesse entrambi le mani strette sull'elsa della sua spada e riuscendo finalmente ad allontanarlo.
    In quel momento la campana suonò in lontananza e Maeve appoggiò la punta della spada a terra, utilizzandola a sua volta come sostegno, riuscendo a riprendere fiato solo una volta assicuratasi che anche il suo compagno d'allenamento facesse lo stesso. « Sei migliorata molto. » esordì Milo dopo un esercizio svolto completamente in silenzio, e la ragazza gli sorrise riconoscente. « Davvero? Detto da te vale il doppio. » ringraziò lei, « Sei un combattente formidabile. ». « Cosa sono tutti questi complimenti? Per caso ti piaccio? » fece lui, passandosi una mano tra i capelli sudati ed esibendo un sorriso da sciupafemmine. « Neanche un po'. » rise lei, scuotendo la testa e togliendosi la giubba, rivelando la camicia chiara sottostante tutta raggrinzita e sudaticcia. Avrebbe dovuto farsi un bagno prima di riunirsi a tavola coi suoi genitori, e doveva anche farlo in fretta se non voleva destare sospetti. « Guarda che nessuna donna sa resistermi. » disse Milo mentre si toglieva anche lui le protezioni, dandole un'amichevole spallata mentre si avvicinava a lei. « Davvero vuoi dirmi che tra un duello e l'altro non ti sei ancora innamorata di me? ». « Sono serissima. » rispose, e dopo qualche attimo di silenzio entrambi scoppiarono a ridere all'unisono. Era abituata al modo di fare di Milo, ormai: all'inizio le sue battute quasi flirtanti le davano un gran fastidio, inutile negarlo, ma a Milo erano bastati pochi mesi per capire che Maeve non sarebbe mai diventata una sua spasimante, e quelle battutine divennero delle semplici ed innocue battutine, appunto, che si scambiavano continuamente tra di loro come fosse un gioco. « Ti tengo il posto a mensa? » le chiese una volta restituite le loro spade, accatastandole in un angolo, ma Maeve gli rispose scuotendo il capo.
    « No, oggi non mangio con voi. Salutami Jasper. ». I due si divisero con un cenno della mano, e la ragazza si diresse verso un punto ben preciso: quello dove era seduto Cain. Aveva notato il ragazzo solamente alla fine dell'allenamento, concentrata com'era a non farsi colpire dai colpi micidiali di Milo, e doveva assolutamente dirgli una cosa che sicuramente gli avrebbe fatto storcere il naso. « Buongiorno, musone. » disse, lanciandosi - nel vero senso della parola - a sedere accanto a lui, « Stasera tieniti pronto, si va in città. » gli sussurrò con un sorriso che non presagiva nulla di buono, facendo attenzione a non farsi udire. Fortunatamente erano rimasti pochi soldati nello spiazzo in cui si allenavano, e non vi era ombra di Cox. « Ti passo a prendere dopo cena, penso io al mantello. ». Detto ciò si alzò, sistemandosi i pantaloni all'altezza dei fianchi, ed iniziò subito ad allontanarsi per evitare qualsiasi replica. « A stasera! » gli disse, calcando le parole per far capire che non avrebbe accettato una qualsiasi risposta diversa da "sì", "va bene", "certo", "ci vediamo dopo" e simili. E siccome era certa che Cain le avrebbe detto di no, si apprestò ad allontanarsi il giusto per evitare di sentire cosa aveva da dire. Xanturion di sera era mozzafiato, e per di più quella sera non era una sera qualunque: ci sarebbe stata una festa a valle, e non vedeva l'ora di mostrargli di quanto calore ed affetto fosse capace di dimostrare la sua gente. E sfoggiare la sua gonna nuova e ballare senza sosta tutta la notte, ma non poteva chiedere troppo: si trattava di un miracolo riuscire a portare Cain fuori dal palazzo, in fin dei conti.

    • • •

    Eludere le guardie non era stato difficile, oramai conosceva nascondigli ed uscite segrete a memoria: i muri del castello non avevano nulla da nasconderle in anni che sgattaiolava fuori dalla sua dimora per godersi qualche ora di libertà in mezzo alla sua gente, e seppur i turni delle guardie fossero cambiati per assicurarsi che nulla andasse storto non aveva trovato troppe difficoltà nell'aggirarle per arrivare senza problemi all'accampamento dell'esercito. Anche da lontano si potevano udire le grasse risate dei soldati ancora svegli che si raccontavano storie intorno al fuoco, e per questo motivo fu più facile per Maeve arrivare alla tenda di Cain senza essere notata. La ragazza si sistemò fuori dall'uscita, nascosta nel buio pesto della notte, e si calcò il cappuccio in testa per l'ennesima volta da quando aveva lasciato la sua stanza. « Pssst! » fece, sperando che Cain la sentisse. Non proveniva alcun rumore dall'interno della tenda, e per un momento temette se ne fosse andato a dormire, dimenticandosi di quello che gli aveva detto la mattina stessa. « Pssst! » fece ancora, stavolta leggermente più forte, visto che non aveva ricevuto ancora alcuna reazione. « Cain! » lo chiamò, e dopo qualche secondo, finalmente, il ragazzo fece capolino dalla tenda: non sapeva dire se fosse vestito o pronto per coricarsi visto il buio, ma non gli diede neanche il tempo di dire nulla che subito premette un mantello piegato sul petto di Cain, invitandolo così a metterselo. « E' ora, andiamo! » gli sussurrò, emozionata.

    « Parlato » || - Pensato -

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    maeve weaford
    dawn finnigan
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    « I woke up stronger than ever Driven by big waves of fire To run and yell all the way "Nothing can hurt me today" »
    Sorrise tra sé e sé quando udì la voce di Cain quasi tremare per rispondere alla sua domanda, posta chiaramente per scherzo, ma il ragazzo sembrava voler giustificarsi a tutti i costi: una fidanzata, lui? Giammai, neanche a pagarlo! Era così che lo vedeva, preso alla sprovvista e forse un po' in imbarazzo, dato che, in effetti, non avevano mai toccato l'argomento ragazze. E, a dirla tutta, la reazione di Cain era tutt'altro che inaspettata: era perennemente sotto l'occhio vigile delle guardie, lei gli aveva imposto un sigillo che gli impediva di scorrazzare liberamente dove gli pareva ed era davvero ossessionato dall'arte del combattimento, ma capiva anche le chiacchiere che correvano nei corridoi del palazzo sul suo conto. Le domestiche non facevano altro che guardare lui quando passeggiavano nei giardini intorno all'accampamento dei soldati, sorridendo tra di loro quando lo vedevano fendere l'aria con un colpo deciso di spada o quando si annodava la fascia che portava tra i capelli in un momento di pausa: Cain era tenebroso e misterioso e, oggettivamente, un bel ragazzo, e a quanto pare, nonostante non avesse dato chiari segni di volersi schierare dalla loro parte, qualcuno della servitù, visto il suo comportamento ligio alle regole degli ultimi tempi, non aveva più così tanta paura di lui come qualche tempo fa. O, semplicemente, le ragazze si dimenticavano per qualche attimo che egli non era altro che il figlio di colui che stava muovendo guerra contro Thyandul e in lui vedevano solo un bel manzo - esatto, inutile girarci tanto intorno - da ammirare da lontano. « Guarda che con una fidanzata ci puoi fare un sacco di cose, non è mica un oggetto. » alzò gli occhi al cielo, senza riuscire ad innervosirsi davvero nonostante stesse dipingendo le donne come... merce. Conosceva bene l'origine di questo suo pensiero, per quanto quella frase non fosse stata detta per offendere: anche Cain era in età da marito, e sicuramente avrà partecipato a feste, banchetti, visite ed incontri premeditati, e avrà parlato coi suoi genitori per parlare di un futuro matrimonio, e avrà visto principesse, duchesse e contesse inchinarsi ai suoi piedi nella speranza di essere scelte come futura consorte del re di Erethos. Una noia mortale, un peso schiacciante, una responsabilità per il quale non si sentiva pronto e che non gli interessava davvero. Forse si era sentito anche lui così, forse anche lui ogni volta che vedeva una lettera nelle mani del padre sospirava stanco, e anche lui andava a dormire con un senso di irrequietezza sapendo che un matrimonio combinato, in quel momento, non era ciò che gli serviva. Lui non si sarà sentito trattare come mera merce di scambio tra due famiglie per ottenere un'alleanza, ma forse aveva trovato un altro punto in comune con il presunto eroe di Thyandul. E poi, ad essere completamente sincera, sapere che non avesse una compagna la faceva sentire meglio, un po' più leggera. « Deve essere bello essere amati da qualcuno. Non parlarne come se fosse una brutta cosa. », « E poi la rompiscatole di turno ce l'ho già, non ho bisogno di una fidanzata. ». Il discorso di Maeve venne interrotto dalle parole di Cain, rivolgendole un sorriso affatto cordiale, facendole così capire che la rompiscatole alla quale alludeva non era nient'altro che lei. Aprì la bocca in un'espressione fintamente scandalizzata, finendo poi per ridere, e lo colpì giocosamente su un braccio, senza fargli alcun male. Una volta distesa al suo fianco posò i palmi delle mani sotto il seno, le gambe stese in una posizione rilassata, piuttosto principesca nonostante non stesse ricoprendo il ruolo di futura erede al trono in quel momento e riprese a guardare il cielo, tentando di non pensare a quanto Cain le stesse vicino: le era sempre stato vicino, anche più di così, quindi perché si sentiva così agitata e la sua mente era un vero e proprio caos? Tutte quelle sensazioni, tutte insieme, tutte mischiate, le davano un gran fastidio: lo stomaco le faceva male, non riusciva a concentrarsi su nulla che non fossero i centimetri che dividevano i loro corpi e si accorse di star trattenendo il respiro per riuscire ad ascoltare quello di lui, e quella realizzazione le fece ancora più male di quanto già ne sentiva. La voce di lui la fece distrarre un poco, indicandogli la nuvola a forma di barca, e al commento che seguì da parte della ragazza Cain rise di gusto, e lì, in quel preciso istante, Maeve capì che c'era qualcosa che non andava: era la prima volta che lo sentiva ridere. Non una risatina di scherno, non un sorriso infastidito, non un sogghigno mal celato, ma una risata. Si voltò a guardarlo senza sapere bene come reagire, se ridere anche lei o rimanere lì, a guardarlo sorpresa, mentre lui sembrava non riuscire più a respirare per la battuta. Eppure, un sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra a vederlo così contento, così leggero, senza freni, e non poté fare a meno di formulare un pensiero che le fece una gran paura: avrebbe voluto sentire la sua risata ancora, ancora e ancora. Avrebbe voluto vederlo sempre così spensierato, avrebbe volentieri alleggerito il suo peso per riuscire a strappargli una risata. E in quel momento capì di essere senza ritorno, e ne fu terrorizzata. « Magari dopo una mangiata di fagioli! », « Per Manaar, no! Che schifo! » commentò poi, stavolta ridendo anche lei, per poi vedere gli occhi di lui spegnersi tutto d'un colpo, il suono cristallino della sua risata interrompersi per lasciare spazio ad un'espressione sinceramente preoccupata e tormentata. Come immaginava, Cain aveva già vissuto diversi cambiamenti burrascosi, e non ne voleva affrontare un altro. Maeve accarezzò un'ultima volta i lineamenti duri del ragazzo prima di abbassare lo sguardo, non riuscendo a trovare parole adatte a confortarlo, perché non credeva che ne esistevano, a dire il vero: tra poco si sarebbero ritrovati nel bel mezzo di una guerra sanguinaria e avrebbero dovuto combattere contro la sua stessa gente, contro soldati che lui conosceva, contro suo padre. Non sarebbe stato facile, e non poteva davvero addolcire una verità amara come questa. « Quella… Quella mi ricorda un cervo. ». La ragazza sollevò subito gli occhi verso il cielo, alla ricerca della nuvola che Cain le aveva indicato, bramosa di trovarla, perché almeno quella poteva significare qualcosa di positivo. « Vittoria su un rivale! » esclamò appena posò lo sguardo sul cervo, rendendosi poi conto che aveva utilizzato un tono anche troppo entusiasta, « Questa non è affatto male. » commentò poi, sorridendo debolmente, ma credendo davvero che la sua connotazione positiva potesse aiutare ad insabbiare la barca che aveva visto qualche momento prima. Sospirò lievemente, in modo da tranquillizzarsi un poco, per poi riprendere a cercare qualche nuvola che potesse dirle qualcosa in più sul suo avvenire: aveva trovato il leone, ma poi? Dopo essere riuscita a farsi valere e ad ottenere rispetto cosa sarebbe successo? Un tempo quella singola predizione le sarebbe bastata e le avrebbe riempito il cuore di coraggio e determinazione, ma con una guerra alle porte non era abbastanza. Necessitava di conoscere il destino del suo regno, e sperava di individuare anche un'infima nuvoletta, che fosse stata piccola o quasi invisibile non importava, voleva solo sapere se sarebbe successo qualcosa di brutto ed irreparabile. Manaar non le mandava indicazioni o visioni da un po', e voleva sapere se si stavano imbarcando in un'impresa più grande di loro, se ne valeva davvero la pena, se c'era qualche altra strada che non aveva ancora valutato, ma il suo sguardò si soffermò su una figura che non c'entrava nulla con quello che cercava: un coltello. Cautela nei rapporti con gli altri. Si morse il labbro per non sospirare di nuovo, stavolta molto più rumorosamente, perché, caspita, lo sapeva. Non era nulla di nuovo. Lo sapeva fin troppo bene. In fondo si ritrovava a camuffarsi per portare Cain dalla sua parte e non poteva permettersi sbagli se non voleva mandare a monte tutto. Oh, e magari farsi odiare da lui talmente tanto da ritrovarselo contro, togliere a Thyandul il proprio eroe e una delle poche speranze di vincere quella dannatissima guerra, deludere Manaar e portare il suo regno alla rovina in men che non si dica. Grazie, universo, ma quell'infimo coltellino era veramente inutile. I suoi occhi sostavano ancora sulla stessa nuvola, quando essa sembrò cominciare a trasformarsi: si era alzato una leggera brezzolina, ma all'inizio Maeve non collegò le due cose, rendendosi conto solo dopo qualche attimo che quella nube stava pian piano cambiando forma. La ragazza assottigliò lo sguardo, tentando di capire se si stesse immaginando le cose o veramente quel coltello non assomigliava più di tanto ad un coltello, e quando realizzò in cosa la nuvola si stesse trasformando ebbe un tonfo al cuore. Sollevò il busto di colpo - e con esso un poco di fieno -, improvvisamente pallida in viso, gli occhi ora spalancati ed il battito cardiaco accelerato. Maeve stette ad osservare la nuvola come se ne andasse della sua vita, pregandola di cambiare forma, ma ormai nella sua mente si era stampata la forma della falce. Non era necessario sapere interpretare la forma delle nuvole per capirne il significato, pure Cain ci sarebbe arrivato senza bisogno di molte spiegazioni: morte. Senza accorgersene il suo respiro si fece molto più pesante di prima, seppur fosse ancora seduta le vennero le vertigini, e nel suo cervello riusciva a metabolizzare un solo pensiero - anzi, solo un'immagine: quella della nuvola davanti a sé, che presagiva un futuro infausto. « La falce. » si lasciò sfuggire, con la gola secca, e un attimo dopo si rese conto di aver commesso uno sbaglio, pronunciandolo ad alta voce. « La falce di luna. » fece subito dopo, guardando in direzione di Cain, spaventata che avesse potuto sentirla, e sperando di salvarsi come poteva. « Il consiglio di un amico si rivelerà importante. » sorrise, ma sentiva di come di star cadendo in un pozzo senza fondo. Morte di chi? Chi se ne sarebbe andato? Il suo primo pensiero fu suo padre, poi sua madre, poi Gyfford, poi Cain, poi Dominic, in una giostra vorticosa che le mostrava i volti dei suoi cari fino a non distinguerli più l'uno dall'altro. Anche quando era morto suo fratello aveva visto una nuvola a forma di falce, senza dargli alcun peso, e da lì aveva iniziato a dare più peso a quelle predizioni, seppur leggere e con poco fondamento. Sperava di non doverne più vedere una, ed ora invece eccola lì, i contorni sempre più definiti, sempre più bianca e in contrasto col cielo azzurro, come a dire che non se lo stava effettivamente immaginando. Sarebbe morto qualcuno, ma riuscire a capire chi era impossibile: era una predizione legata a lei, e questo era l'unico indizio che aveva. Sarebbero morti soldati e cittadini, su questo non aveva dubbi, ma aveva paura non si riferisse solo a loro. Sarebbe morto qualcuno, e Maeve non avrebbe fatto gli stessi errori.

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