Che problemi ha questo guanto? Si chiese, dubbioso, rigirandosi tra le mani quello che, appunto, pareva un guanto, ma con dita mancanti. Senza pensarci troppo lo ricacciò dentro la scatola, tornando a rovistare in quel ciarpame. Ne estrasse altri, di differente colore e grandezza, constatando con sua grande sorpresa che quella forma peculiare si ripeteva. Lanciò un'occhiata perplessa a Dawn, impegnata a legarsi ben strette le protezioni. Possedeva due tipologie di guanti, uno intero e l'altro con alcune dita mancanti, in particolar modo l'anulare e il mignolo. Spostando lo sguardo sul guanto sgualcito tra le sue mani si chiese il perché di quella strana forma; insomma, non bastavano due guanti interi? Che bisogno c'era di tagliarne uno a metà? Confuso, decise di non porsi troppe domande, cominciando a indossare le protezioni - avendo non poche difficoltà a trovare il verso giusto del guanto da arciere a dirla tutta. Arrivato il turno del copri-avambraccio si rese conto che qualcosa non andava. Le cinghie di chiusura erano troppo corte, riusciva a malapena a far toccare le due estremità, figuriamoci a infilare l'ardiglione della fibbia nei fori. Si strinse nelle spalle, lanciando la protezione nella scatola senza troppi complimenti - per giunta mancandola. Dopotutto era da sempre abituato ad avere a che fare con armi ben più pericolose di un arco, cosa mai sarebbe potuto succedergli?
« Pronto? »« Non sto nella pelle. », rispose con evidente sarcasmo.
In realtà, pensò, osservandola sollevare un dito all'altezza del viso, era curioso di vedere come se la sarebbe cavata. Per non parlare poi del fatto che gli facesse veramente piacere vedere quell'espressione sul suo viso. Sembrava estremamente soddisfatta, come se stesse realizzando il sogno di una vita.
Ascoltò in silenzio la spiegazione sull'occhio dominante, eseguendo le mosse che Dawn gli suggeriva. Allungò il braccio, puntando lo sguardo sul centro del bersaglio davanti a sé e chiuse l'occhio sinistro. Nulla, la visuale non cambiava. Chiuse l'altro occhio e...
bingo! Quasi magicamente la punta del dito si spostò di lato, permettendogli di vedere il cerchio rosso del bersaglio prima nascosto alla vista. Incredulo, ci riprovò un paio di volte, prima con un occhio, poi con l'altro, constatando dopo il terzo o forse quarto tentativo che il suo occhio dominante era effettivamente il destro. Osservandosi le mani si chiese se il fatto di essere destrorso centrasse qualcosa con quella storia, ma non fece in tempo a porre la domanda che Dawn gli rivolse uno sguardo preoccupato, interpellandolo.
« Non c'era neanche una protezione per l'avambraccio che ti stesse bene? »In un primo momento Cain, preso dai suoi pensieri, non intuì a cosa si stesse riferendo, poi seguendo il suo sguardo capì. Parlava del copri-avambraccio, quello che aveva malamente scartato e gettato via. Al suo "guarda che ti farai male" non riuscì a non lasciarsi sfuggire una risata di scherno.
« Non saranno due lividi a spaventarmi. », fece, forse un po' troppo sicuro di se.
Con sua grande sorpresa - e piacere - Dawn non insistette troppo con la questione delle protezioni, tornando a spiegare le basi del tiro con l'arco. Gli mostrò tutti i fondamenti, muovendosi piano e spiegando con parole concise, senza troppi fronzoli. Osservò tutta la successione di movenze, in silenzio, cercando di imprimerle nella propria memoria. In meno di uno schiocco di corda la freccia incoccata nell'arco di Dawn partì rapida verso il bersaglio, finendo per conficcarsi poco lontana dal cerchio rosso centrale.
Niente male la ragazza, pensò, mentre un sopracciglio si sollevava in un'espressione di stupore mista a ammirazione.
Senza pensarci troppo afferrò il primo arco a disposizione, prendendo posto davanti al bersaglio. Abbassò lo sguardo sui piedi, controllando che la posizione fosse giusta, per poi afferrare saldamente l'arco con la mano dell'occhio non dominante. Fin qui tutto bene, i problemi giunsero pochi secondi dopo, quando, nel tentativo di incoccare la freccia e tendere la corda, le cose presero una piega diversa... per non dire comica. Per un qualche motivo la freccia non ne voleva sapere di stare ferma, tendeva a spostarsi sempre lateralmente. Con un piccolo scatto Cain cercava di sistemare la situazione, appoggiandola al legno dell'arco, ma in quella posizione resisteva solo pochi istanti. Quella maledettissima freccia lo stava predendo per i fondelli, e la cosa lo faceva imbestialire. Abbassò l'arco, tornando alla posizione iniziale. Si disse che, forse, ripartire da capo era la scelta migliore. Controllò i piedi, afferrò l'arco, incoccò la freccia e tese la corda: questa volta sembrava andare tutto bene. Portò la corda tesa all'altezza della bocca, sentendo la resistenza farsi sempre più forte, mirò al bersaglio e... puff! Sul momento non si rese conto di ciò che stava accadendo, sentì solo un suono sordo, quasi ovattato, accompagnato da un'esplosione di polvere acre. A quanto pareva aveva tirato più del dovuto e la corda, vecchia e danneggiata, non aveva retto la tensione, rompendosi e scaraventando la freccia a pochi metri di distanza.
Cain, del canto suo, si ritrovò ad osservare basito l'arma tra le sue mani, chiedendosi cosa diavolo fosse successo.
« Credo sia rotto. », disse, porgendo l'arco a Dawn, notando pezzi di corda ballonzolare dagli estremi.
Per fortuna - o forse no - la previdente Dawn aveva preso un paio di archi in più dalle riserve degli arcieri, perciò per il momento l'allenamento poteva proseguire.
Con in braccio la nuova arma Cain tornò in posizione, controllando di essere esattamente davanti al bersaglio. Respirò profondamente, incoccò la freccia e tese la corda, lo sguardo di ghiaccio che puntava il cerchio più piccolo della meta. Ce l'avrebbe fatta, se lo sentiva dentro! Lasciò la corda e nell'esatto momento in cui la freccia partì un dolore lancinante all'avambraccio, altezza gomito, lo sorprese. Si lasciò andare a una di quelle imprecazioni che avrebbe fatto venire a meno la stessa Dea Manaar. Sentì il travolgente impulso di prendere quel maledetto arco, spaccarlo a metà e lanciarlo il più lontano possibile, ma ricordandosi della presenza di Dawn si trattenne. Doveva rimanere composto, soprattutto dopo che aveva fatto il gradasso alla richiesta di indossare le protezioni.
Lanciò uno sguardo alla compagna, indeciso sul da farsi. Non sapeva se fosse il caso di continuare l'allenamento come nulla fosse oppure uscirne con una battuta di spirito, in ogni caso la giovane aveva visto più di quanto avrebbe dovuto.
« Comunque non ha fatto male, era tutta scena. », si affrettò a giustificare, pur sapendo che quella fosse la scusa più stupida che potesse trovare. Dopotutto aveva agito d'impulso, cos'altro poteva dire?
Detto questo, lanciò uno sguardo al bersaglio, constatando che la sua freccia non era andata a segno. La cercò con lo sguardo nei dintorni, lasciandosi andare a un lungo sospiro non vedendola nei paraggi.
La presa sull'arco si fece più forte, mentre un fuoco di determinazione ardeva dentro il suo petto: ora era chiaro, odiava quella maledettissima disciplina, ma il suo orgoglio era più forte di quell'astio. Non avrebbe gettato la spugna, non senza almeno avere colpito il bersaglio una volta.
Stoicamente riprese la posizione di base. Incoccò la freccia, tese la corda e scoccò. La freccia partì, ondeggiante, andando a conficcarsi nel terreno poco distante, ma assieme a lei, con grandissimo stupore di Cain, partì anche l'arco.
Cain rimase qualche istante in silenzio, osservando l'arco rotolare per terra. Lanciò uno sguardo a Dawn, l'aria di uno che ha visto un fantasma, indicando con un movimento spazientito del braccio la scena appena accaduta.
« Stai scherzando, spero! » THEY SAY THAT I MUST LEARN TO KILL BEFORE I CAN FEEL SAFE, BUT I, I'D RATHER KILL MYSELF THAN TURN INTO THEIR SLAVE.