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Noel x Evelya

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    Non era mai stato a Dunne Peyhlra, la candida città del continente angelico: per sfuggire a sua madre aveva girato tutto il continente demoniaco ed era tornato di recente da quello ibrido. Nel corso dei suoi viaggi aveva incontrato angeli e demoni di ogni sorta, chi più chi meno simpatico, ibridi e mutaforma, ma angeli del calibro di quelli che si trovavano in quella stanza mai. Fasciati da abiti elegantissimi, se ne stavano a bere champagne chiacchierando a bassa voce tra loro, i mormorii coperti dalla musica dell'orchestrina in un angolo della stanza. Nessuna esagerazione, poche coppie che ballavano, tutti in attesa dell'evento che avrebbe svoltato la serata in, si sperava, una direzione più entusiasmante. Aveva partecipato a feste più elettrizzanti, poco ma sicuro, peccato non fosse una festa in tutto e per tutto: non c'era nulla da festeggiare, a meno che non si volesse celebrare la prigionia di una sposa in un matrimonio al quale non voleva prender parte in alcun modo. Appena aveva ricevuto la nefasta notizia di un ricevimento per annunciare il fidanzamento ufficiale di Evelya, Noel era partito alla volta del continente angelico senza farselo ripetere due volte e senza neanche un piano di azione per salvare Evie da una triste sorte, ma come sempre aveva agito d'impulso per poi riflettere dopo sul da farsi. Dopo aver acquistato due biglietti del treno di sola andata per Ta Nulli, era riuscito a contattare Zachary, uno dei fratelli di Evelya - sicuramente non quello con il quale andava più d'accordo, ma che ci voleva fare - , per chiedergli di aiutarlo a partecipare al ricevimento - aiuto che aveva ricevuto dopo una accesa discussione.
    A varcare la soglia dello sfarzoso palazzo dove si teneva il ricevimento non fu un demone, bensì un angelo dai capelli biondi e occhi chiari, perfettamente in linea con tutti i partecipanti all'evento. Ricorrere ad un travestimento era l'unico modo per non dare nell'occhio e trascinare Evelya lontano da quell'inferno. Erano passate all'incirca due settimane dall'ultima volta che l'aveva vista e l'ultimo ricordo che aveva di lei in lacrime era scolpita nella sua mente, aveva ripensato ogni giorno al giorno della festa dei fiori, alle corse sotto la pioggia, ai bouquet che componeva e che poi gli regalava, ai sorrisi timidi che gli dedicava quando passava a prenderla a lavoro per accompagnarla a casa, una valanga di ricordi di cui era infinitamente geloso e che aveva paura di perdere. Avevano chiacchierato un po' al telefono, ma poi lei aveva iniziato a rispondere sempre più raramente, forse in preparazione al grande annuncio di quella sera. Gli angeli erano ovviamente diversi dai demoni, a cominciare dall'aspetto fisico, ma l'aria che si respirava in quella stanza era la stessa stantia che lui aveva vissuto negli anni in cui partecipava ancora a qualche sporadico ballo indetto dall'alta società demoniaca: brama di potere e superficialità. Lì dentro nulla era reale, tantomeno i sorrisi che la gente si rivolgeva a vicenda, nessuno si fidava davvero di nessuno. Gli veniva da vomitare anche senza aver assaggiato nulla.
    Noel continuava a guardarsi intorno cercando di non dare nell'occhio e senza rivolgere la parola a nessuno degli invitati, timoroso che la sua copertura potesse saltare da un momento all'altro. Aveva studiato qualcosa delle famiglie presenti per evitare strafalcioni, scegliendo di prendere in prestito il cognome di un ramo cadetto della famiglia Clarke, i cui membri non abitavano nella capitale: essendo lontani dall'agiatezza e la vita sociale di Dunne Peyhlra, con loro poteva concedersi un po' di libertà creativa e margine d'errore. Non notò la testolina bionda di Evelya da nessuna parte - quegli occhi color del sole li avrebbe riconosciuti ovunque -, perciò si concesse un bicchiere di champagne in un angolo della stanza nell'attesa di incontrarla. Quella sera non gli interessava chiacchierare, aveva in mente solo cosa potesse succedere ad Evelya se non l'avesse aiutata. Durante il loro ultimo incontro aveva parlato di responsabilità familiari dalle quali non poteva più scappare, ma col passare del tempo altri segreti erano venuti a galla ed ora la ragazza che amava era in pericolo. Mise la mano nel completo che indossava, troppo attillato rispetto a ciò a cui era abituato, e si rigirò tra le dita la piuma che lei gli aveva lasciato per dirgli addio, che lui aveva sempre sperato si trasformasse in uno speranzoso arrivederci; non avrebbe permesso che nessuno le torcesse un capello.
    Improvvisamente l'orchestrina smise di suonare e nella stanza calò, per pochi secondi, il silenzio, interrotto subito da sussurri e qualche gridolino; seguirono poi scroscianti applausi, e ciò poteva significare solo che il grande momento era giunto. Si avvicinò al centro della stanza ad un passo che tradiva impazienza, fino a quando non riuscì ad intravedere il viso di Evelya e l'uomo che le torreggiava accanto - un tipo con gli occhiali che esibiva un ghigno che gli fece ribollire il sangue nelle vene, e la ragazza, che non vedeva da quando era partita da Nimit in fretta e furia, le sembrò ancora più minuta rispetto all'ultimo ricordo che aveva di lei. Forse perché era dimagrita, forse era l'abito stretto, o forse perché l'uomo non le lasciava alcuno spazio, esibendola al suo fianco come il più ambito dei trofei. Noel corrucciò le sopracciglia d'istinto, sbuffando dal naso come fosse un toro imbizzarrito, mentre, dalle fila più dietro, guardava i due che salutavano gli ospiti uno ad uno. Non aveva sognato il loro prossimo incontro in quel modo: nella sua testa aveva fantasticato di stringerla forte e prometterle di non lasciarla più andare, non vederla avvilita di fianco ad uomo che non la rendeva felice. Sarebbe stato pronto a fare un passo indietro nel caso Evelya avesse già avuto un altro ragazzo ad attenderla, avrebbe fatto tutto per renderla felice, ma quella non era la vita che si meritava. Doveva vivere libera, lontana da ogni gabbia che la costringeva ad interpretare un ruolo che non le apparteneva. L'avrebbe portata via da lì, fidanzamento o meno.
    « Congratulazioni agli sposi ». Quando venne il suo turno, Noel esibì prontamente uno dei sorrisi più stupidi e falsi di cui fosse capace, stringendo la mano dello sposo che avrebbe volentieri stritolato. Lui gli lanciò uno sguardo dubbioso, ma il demone anticipò la sua domanda con le battute che si era preparato in anticipo. « Avete invitato mio padre al ricevimento, ma al momento è in viaggio per affari, quindi sono qui per fare le sue veci. ». Sorrise di nuovo, frenandosi dal tirargli un pugno su quel bel visino da nobilotto snob che si ritrovava. Era lui la causa di tutti i suoi mali, e stargli così vicino metteva a dura prova l'interpretazione del perfetto angelo che doveva mantenere fino a fine serata. « Il mio nome è Claude Gallagher, vi ringrazio a nome di mio padre Clement e tutta la famiglia per il gradito invito. Forse la signorina Evelya se lo ricorderà, », Noel spostò lo sguardo su di lei, e d'improvviso si dimenticò di cosa doveva dire, dove si trovavano, cosa stava cercando di fare, tutto scomparve se non lei, pura luce in quel mondo falso ed ipocrita. Era bella come la ricordava, adornata di gioielli preziosi ed una tristezza che durante il loro soggiorno a Nimit non le aveva mai visto addosso. Ebbe un tonfo al cuore e si trattenne dal mandare tutto all'aria e abbracciarla: al diavolo il piano, al diavolo la segretezza, al diavolo qualsiasi cosa. Ma la salvaguardia di Evelya era più importante di qualsiasi altra cosa, perciò in un attimo riprese il controllo di sé e continuò la recita senza indugi che non poteva permettersi. « ma quando eravamo più piccoli ci incontravamo spesso ai balli. Sono felice di rivedervi dopo così tanto tempo. ». Noel le porse la mano e sfiorò con le labbra la sua, desiderando di tenerla stretta fino alla fine della serata. Una cosa però era rimasta la stessa da Nimit: il suo profumo, che lo rimandò ai giorni passati insieme in un batter d'occhio. « E di conoscere il vostro promesso sposo. A quando il lieto evento? ». Gli rispose lui senza troppi complimenti, palesemente infastidito dalla sua presenza. Non era granché come attore nonostante fosse un membro dell'alta società, nonostante la falsità fosse uno dei requisiti base dei nobili come loro. « Non volete aspettare, sarete innamoratissimi. ». Mh, certo. « Vi auguro tanta felicità. Spero di rivedervi più tardi. ». Un inchino veloce con il capo e si spostò di lato per fare spazio alle persone dopo di lui, sperando che Evelya lo avesse riconosciuto nonostante l'aspetto. Si voltò verso di lei per cercare di capire se avesse fatto centro, ma i due stavano già parlando con altri invitati. Il sorriso di Evelya, che non raggiungeva i suoi occhi, lo fece sospirare tra sé e sé mentre riprendeva a sorseggiare il suo champagne. Non si sarebbe fermato davanti a nulla per renderla felice.

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    - Evelya Sadalmelik -
    "If I had a flower for every time I thought of you, I could walk through my garden forever."

    Evelya guardava il proprio riflesso nello specchio, ma era come se ci vedesse attraverso. La sua mente era altrove mentre una serva dal tocco gentile le acconciava i capelli e fermava le ciocche con spille a forma di fiori. Erano bianchi, come il suo abito e le sue scarpe. Una triste premonizione del futuro che la attendeva.
    Fece scorrere una mano sulla pesante collana tempestata di gocce di cristallo, fredda sulla pelle, e fu presa dall'impulso di strapparla via.
    "Brillate come una stella, signorina Evelya" commentò la serva, contenta come se fosse una sua parente prossima. Era giovane e piena di entusiasmo, grata di trovarsi a quell'evento tanto chiacchierato nell'alta società. L'angelo le fece un sorriso privo di entusiasmo e tornò a rigirare intorno all'anulare sinistro l'anello che Azarel le aveva dato quella stessa mattina. Era largo, rischiava di perderlo ad ogni movimento della mano. Un'ottima scusa per liberarsene appena quella farsa fosse terminata, poteva dare la colpa alla pessima scelta del suo fidanzato di comprare un anello alla cieca. Fidanzato, già.
    Appena tornata in patria l'aveva trovato ad attenderla lì, sulla soglia di casa sua, mentre conversava amabilmente con sua madre e faceva complimenti al padre per il modo in cui l'aveva cresciuta. Le era sembrato viscido e scostante come un tempo, se non più agguerrito. Era bastata un'occhiata per rivivere tutti gli incubi legati alla figura di Azarel.
    "Visto? Vi avevo detto che l'avrei trovata."
    I genitori lo avevano applaudito per le sue gesta coraggiose, ed Evelya si era spenta come una fiamma sotto un bicchiere.

    Le giornate scorrevano a rallentatore attraverso i vetri delle grandi finestre di casa Sadalmelik, tra prove d'abito, inviti e tè pomeridiani con persone che conosceva a malapena. Alcune amiche, già sposate da anni, le avevano fatto visita per congratularsi con lei del matrimonio imminente, ed Evelya era stata sul punto di dire che non c'era niente da festeggiare, ma si era morsa la lingua appena in tempo.
    Per riempire il vuoto lasciato da Noel, dalla sua vita breve e meravigliosa nel Continente Ibrido, si ritrovava a riavvolgere i ricordi e proiettarli all'infinito nella testa, estraniandosi dalle conversazioni. Lui le avrebbe di certo strappato un sorriso anche in quelle occasioni, l'avrebbe presa per mano e portata via. Le avrebbe fatto fare un volo tra le sue braccia, offrendo la spalla come appoggio, poi sarebbero tornati nel suo appartamento, su quel piccolo divano che li costringeva a stare vicini. Ricordava la morbidezza dei capelli cremisi tra le dita, il magnetismo dei suoi occhi ametista quando la guardava per quello che era, e si sentiva subito meglio. Gli mancava, ma trascinarlo in quelle questioni fumose tra nobili era troppo. Noel doveva vivere libero, senza imposizioni.
    Senza di lei.

    Si alzò in piedi per verificare che l'abito non toccasse terra, appesantito dai fiori ricamati. Purtroppo era perfetto, cucitole addosso e ripreso più volte vista la sua tendenza a dimagrire di settimana in settimana. L'immagine nello specchio la guardò con aria costernata, sconfitta.
    "Sei pronta?" chiese Azarel entrando senza bussare. Era al massimo della sua eleganza, bello come poteva essere qualsiasi angelo con un vestito costosissimo addosso. La squadrò, compiaciuto di ciò che vedeva, e le offrì il braccio da bravo gentiluomo.
    "Non dire niente di superfluo, mi raccomando. E cerca di sorridere".
    Evelya si morse l'interno della guancia per non protestare, ma alla fine obbedì. Non aveva scelta, si trattava di mera sopravvivenza. La sua famiglia si sarebbe risollevata dalla polvere e avrebbero potuto condurre di nuovo una vita agiata grazie alle entrate del ricco fidanzato. Vincevano tutti, tranne lei.

    Entrarono nella sala dei ricevimenti tra mormorii di apprezzamento e falsi sorrisi di circostanza, incontrando gli sguardi affamati dei nobili di Dunne Peyhlra che non aspettavano altro che quell'occasione per nutrirsi di pettegolezzi. Le parole dei presenti erano lontane come echi, Evelya non riusciva a concentrarsi su niente e nessuno. Da brava bambola inanimata quale era, mantenne la stessa espressione artificiosa finché diceva grazie, grazie mille, che piacere, inchinandosi di riflesso. Azarel non la lasciò nemmeno per un istante, controllando che le sue reazioni fossero appropriate e non si lasciasse sfuggire niente di sconveniente.
    All'improvviso, qualcosa nell'aria cambiò. L'angelo avvertì un tepore familiare, una scintilla di vita che le fece battere il cuore. Davanti a lei, un giovane molto attraente dai capelli chiari porgeva i suoi omaggi. Era alto e snello, vestito di tutto punto, e nel suo sorriso scorse il profilo aguzzo di un paio di canini. Sebbene gli occhi fossero di una tonalità completamente diversa da quella di Noel, si trattava certamente di lui. Avrebbe riconosciuto quel tono allegro tra altri mille. Sentì un nodo stringerle la gola, rubarle le parole. Un misto di gioia e paura la immobilizzò mentre le labbra calde del demone le sfioravano la mano. Voleva afferrarlo, stringerlo forte, rifugiarsi nel suo abbraccio. Cosa gli era saltato in mente? Presentarsi proprio in quel momento, in territorio nemico, senza alleati. Si disse che non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male, tanto meno ad Azarel. Doveva agire in fretta prima che il fidanzato si accorgesse di qualcosa.
    "Forse la signorina Evelya se lo ricorderà, quando eravamo più piccoli ci incontravamo spesso ai balli. Sono felice di rivedervi dopo così tanto tempo."
    Lei sorrise, stavolta sul serio, e sentì la bocca dolerle per lo sforzo. "Claude, che piacevole sorpresa. Sono contenta che siate riuscito a venire."
    Erano le prime parole genuine che diceva dal suo ritorno. La voce le tremò nel pronunciare quel nome, e vi infuse tutto l'affetto che di solito riservava solo a Noel. Si inchinò aggraziata e non interruppe mai il contatto visivo tra loro, attenta a non lasciarsi tradire dall'emozione.
    "A quando il lieto evento?".
    "Tra una settimana. In quanto amico della mia Evelya consideratevi invitato, signor Gallagher" rispose asciutto Azarel, forse notando il cambiamento d'atmosfera.
    "Non volete aspettare, sarete innamoratissimi."
    Evelya strinse le labbra per non ridere a quella frecciatina, il futuro sposo invece la afferrò per la vita a mo' di conferma.
    Quando si congedò per lasciar passare gli altri invitati, la ragazza sentì il bisogno di rincorrerlo. Non voleva perderlo di nuovo, dovevano parlare, dirsi tutto prima che il corso degli eventi li separasse per sempre. Doveva dirgli che nel suo cuore c'era posto solo per lui, che lo pensava fino ad immaginarlo accanto a sé, che anche lei lo amava.
    "L'hai invitato tu?".
    "Sì, è un caro amico d'infanzia."
    Azarel mormorò un assenso privo di interesse e riportò l'attenzione sui nobili in attesa di stringergli la mano, ma Evelya aveva occhi solo per Noel. Lo cercò tra un saluto e l'altro, pregando che i festeggiamenti riprendessero quanto prima. Le parve di scorgerlo in un angolo della sala, attaccato distrattamente a un bicchiere. Adorava le sue fattezze demoniache, eppure anche come angelo attirava un sacco di sguardi.

    Voleva salvarla. Di nuovo. Alla fine ce la faceva sempre.
    Prese congedo da Azarel e raggiunse il fratello minore, scontroso come suo solito nonostante gli apprezzamenti delle giovani in sala. Parve accorgersi subito del cambiamento nel viso di lei, ora roseo per l'emozione e non per la maestria delle truccatrici, e fece schioccare la lingua.
    "Avrei preferito gettarlo in mare, ma ha insistito fino allo sfinimento."
    "Zach, cosa ti è saltato in mente? Se Azarel lo scopre..." bisbigliò allarmata, per lasciar cadere il discorso appena una giovane coppia le passò accanto, congratulandosi per il lieto evento.
    "Non ho potuto fare altrimenti. Ti sei trovata un ragazzo testardo come pochi" disse, fulminando con lo sguardo color rubino un punto ben preciso della sala. Noel riusciva ad adattarsi a qualsiasi ambiente, sembrava nato per la vita di corte. Sorrideva e chiacchierava con sconosciuti di un altro continente come se li conoscesse da sempre, un punto a suo favore se non volevano far insospettire Azarel. Ciò nonostante, si trattava di un Demone molto lontano da casa, in un territorio ostile, con i numeri a suo sfavore e un carattere impulsivo. Evelya si portò le mani al petto per calmare i battiti del cuore mentre cercava un modo per metterlo in salvo.
    "Se scappa adesso può ancora trovare qualche nave in partenza dal porto. Devi accompagnarlo subito, ti coprirò io."
    "Forse non hai capito: è qui per salvare te."
    "Non voglio essere salvata!" Il suo tono controllato s'incrinò, attirando l'attenzione della madre. Parveen era seduta al tavolo più riccamente apparecchiato della sala insieme al marito, e non perdeva occasione per tessere le lodi del futuro genero con chiunque. I suoi occhi, di un castano dorato spento dall'età, si assottigliarono come quelli di un falco durante la caccia. Avevano rotto gli equilibri della festa con un semplice baciamano ed sorriso, come potevano pensare di fuggire inosservati?
    "Questi ricevimenti sono una palla" enunciò Aidan con una drammatica entrata in scena, vestito da cavaliere delle fiabe con tanto di spada al fianco. "Ti autorizzo a dartela a gambe, sorellina."
    Evelya, sorpresa dal suo arrivo inaspettato, si gettò tra le braccia del primogenito con troppo entusiasmo, ed il vestito stretto la rimise subito al proprio posto mozzandole il respiro.
    "Non voglio che gli succeda qualcosa per colpa mia, Aidan. Non me lo perdonerei mai." Soffocò le parole nell'ampia spalla del fratello, che le carezzò la schiena intrappolata dal pizzo.
    "E io non mi perdonerei mai se ti facessi sposare un essere insopportabile come Azarel." Lo disse salutando cordialmente il soggetto in questione, poco lontano, strappando un ghigno a Zachary.
    "Al diversivo ci penso io. Una volta fuori di qui, scappa."
    "Cosa-".
    In un gesto assolutamente naturale, Aidan si volse per prendere un calice di vino dal vassoio traballante di un cameriere di passaggio, e nel voltarsi sbattè contro la sorella. Un'ampia macchia rossa iniziò ad espandersi sul vestito candido di Evelya, esterrefatta dalla piega improvvisa degli eventi, ma più lucida che mai. Si volse subito verso Azarel con aria mortificata, mentre una serie di bisbigli concitati riempivano la sala.
    "Ops, devo essere già ubriaco." Aidan finse di riparare al danno con il suo fazzoletto, inutile di fronte a quello scempio, sapendo comunque che una qualsiasi sfuriata del futuro marito era improbabile. Lo tenevano d'occhio tutti, e le loro famiglie stavano per unirsi. Un litigio in quel momento era poco auspicabile per Azarel.
    "Evie, il tuo bel vestito..." disse costernato, giungendo al suo fianco. Era furioso, glielo leggeva negli occhi.
    "Perdonami, vado subito a cambiarmi." Cercò di sembrare altrettanto preoccupata, contenta del fatto che il rossore sulle guance potesse essere scambiato per imbarazzo, anziché euforia. Dopo un inchino frettoloso e tante scuse agli invitati, Evelya corse fuori dal suntuoso salone, ma anziché imboccare il corridoio e le scale, seguì il vento che spirava dalla porta spalancata del terrazzo, lontano dai fasti del ricevimento.

    Una figura angelica dal sorriso diabolico attendeva trionfante in cima alla scalinata in pietra che conduceva ai giardini.
    Sentì le lacrime scorrere lungo le guance senza controllo, le gambe spingere per raggiungerlo. Le sembrò di tornare a respirare dopo una lunga apnea, un letargo che era durato fin troppo per il suo povero cuore. Si gettò tra le braccia di Noel e strinse forte, come a volerselo imprimere sulla pelle. Era lui, sarebbe sempre stato lui. Inspirò a fondo, senza parole, staccandosi solo quando il calore del ragazzo fu abbastanza per entrambi. Posò una mano sulla guancia calda di lui, guardandolo attraverso la patina acquosa del pianto, e sorrise.
    "Noel" sussurrò, e senza alcun ritegno, ignara di cosa stesse per dire, si alzò sulle punte dei piedi e posò le labbra sulle sue. Le sentì riprendere vita, il ghiaccio che l'aveva intrappolata si dissolse man mano che il ragazzo, superato lo sbigottimento iniziale, assecondava quel gesto. Le parve di ardere tra le fiamme che Noel controllava, ogni centimetro di pelle reagiva a quel contatto e bruciava. Aveva sognato tante volte di trovarsi stretta a Noel, persa in un lungo e tenero bacio, ma non di certo in una situazione del genere. Dopo un istante che parve infinito, Evelya si staccò dal Demone e lo prese per mano, senza fiato.
    "Vorresti volare via da qui insieme a me?".
    Le suonò solenne quanto una promessa di matrimonio, e in quel momento ne fu certa: sarebbe stato Noel o nessun altro.

    In fondo alla scalinata, nel buio del giardino, Azarel fece cenno alle sue guardie di rimanere in posizione.

    ---

    I due fratelli Sadalmelik, intenti a stordire di parole il presunto futuro parente per tenerlo occupato, si stavano divertendo un mondo. Zachary, dopo aver fatto un cenno a Noel, aveva iniziato a raccontare la dura vita accademica del soldato, e Aidan l'aveva assecondato mettendoci del suo. Era stranamente soddisfacente vedere lui e la madre nel panico più totale, umiliati ad un ricevimento su cui puntavano tutto. L'arrivo di Solomon, vestito in pietosi abiti da viaggio e senza fiato, diede l'occasione ad Azarel di allontanarsi per salutarlo. Fu uno scambio di convenevoli freddo e distaccato, Solomon non brillava per carisma e il fidanzato della sorella sembrava detestarlo in modo particolare. Una volta libero dalle formalità, Solomon raggiunse i fratelli e li trascinò da parte, lontano da orecchie indiscrete.
    "Ho scoperto una cosa, dobbiamo interrompere tutto. Dov'è Evie?". L'urgenza nella sua voce fece allarmare i fratelli.
    "A quest'ora i due piccioncino saranno già distanti" disse Aidan, "il suo cavaliere è venuto a portarla in salvo."
    "Cavaliere? Che stai dicendo?"
    Zachary si intromise a malavoglia, sempre scontento di parlare di Noel. "Vivevi con lei e non ti sei mai accorto che un Demone dai capelli rossi le gironzolava attorno?".
    Quel dettaglio parve rispondere alla sua domanda. Ricordava vagamente Noel, forse Evelya ne aveva parlato qualche volta, ma non sapeva della loro relazione. Questo complicava le cose.
    "Okay, non importa, statemi a sentire: dobbiamo disdire l'accordo matrimoniale, Azarel è un truffatore. Ha debiti con mezzo continente, se nostra sorella lo sposa ci porterà nella fossa con lui."
    Aidan cercò il suddetto truffatore nella sala, e scoprì con orrore che stava lasciando il ricevimento con un gruppo di guardie al seguito.
    "Andiamo" ordinò, con una mano pronta sull'elsa della spada.

    " Parlato Evie " - " Parlato Noel "

    Evelya Sadalmelik - Angel - 18 y/o - runaway bride - sheet
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