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Noel x Evelya

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  1. altäir
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    Non era mai stato a Dunne Peyhlra, la candida città del continente angelico: per sfuggire a sua madre aveva girato tutto il continente demoniaco ed era tornato di recente da quello ibrido. Nel corso dei suoi viaggi aveva incontrato angeli e demoni di ogni sorta, chi più chi meno simpatico, ibridi e mutaforma, ma angeli del calibro di quelli che si trovavano in quella stanza mai. Fasciati da abiti elegantissimi, se ne stavano a bere champagne chiacchierando a bassa voce tra loro, i mormorii coperti dalla musica dell'orchestrina in un angolo della stanza. Nessuna esagerazione, poche coppie che ballavano, tutti in attesa dell'evento che avrebbe svoltato la serata in, si sperava, una direzione più entusiasmante. Aveva partecipato a feste più elettrizzanti, poco ma sicuro, peccato non fosse una festa in tutto e per tutto: non c'era nulla da festeggiare, a meno che non si volesse celebrare la prigionia di una sposa in un matrimonio al quale non voleva prender parte in alcun modo. Appena aveva ricevuto la nefasta notizia di un ricevimento per annunciare il fidanzamento ufficiale di Evelya, Noel era partito alla volta del continente angelico senza farselo ripetere due volte e senza neanche un piano di azione per salvare Evie da una triste sorte, ma come sempre aveva agito d'impulso per poi riflettere dopo sul da farsi. Dopo aver acquistato due biglietti del treno di sola andata per Ta Nulli, era riuscito a contattare Zachary, uno dei fratelli di Evelya - sicuramente non quello con il quale andava più d'accordo, ma che ci voleva fare - , per chiedergli di aiutarlo a partecipare al ricevimento - aiuto che aveva ricevuto dopo una accesa discussione.
    A varcare la soglia dello sfarzoso palazzo dove si teneva il ricevimento non fu un demone, bensì un angelo dai capelli biondi e occhi chiari, perfettamente in linea con tutti i partecipanti all'evento. Ricorrere ad un travestimento era l'unico modo per non dare nell'occhio e trascinare Evelya lontano da quell'inferno. Erano passate all'incirca due settimane dall'ultima volta che l'aveva vista e l'ultimo ricordo che aveva di lei in lacrime era scolpita nella sua mente, aveva ripensato ogni giorno al giorno della festa dei fiori, alle corse sotto la pioggia, ai bouquet che componeva e che poi gli regalava, ai sorrisi timidi che gli dedicava quando passava a prenderla a lavoro per accompagnarla a casa, una valanga di ricordi di cui era infinitamente geloso e che aveva paura di perdere. Avevano chiacchierato un po' al telefono, ma poi lei aveva iniziato a rispondere sempre più raramente, forse in preparazione al grande annuncio di quella sera. Gli angeli erano ovviamente diversi dai demoni, a cominciare dall'aspetto fisico, ma l'aria che si respirava in quella stanza era la stessa stantia che lui aveva vissuto negli anni in cui partecipava ancora a qualche sporadico ballo indetto dall'alta società demoniaca: brama di potere e superficialità. Lì dentro nulla era reale, tantomeno i sorrisi che la gente si rivolgeva a vicenda, nessuno si fidava davvero di nessuno. Gli veniva da vomitare anche senza aver assaggiato nulla.
    Noel continuava a guardarsi intorno cercando di non dare nell'occhio e senza rivolgere la parola a nessuno degli invitati, timoroso che la sua copertura potesse saltare da un momento all'altro. Aveva studiato qualcosa delle famiglie presenti per evitare strafalcioni, scegliendo di prendere in prestito il cognome di un ramo cadetto della famiglia Clarke, i cui membri non abitavano nella capitale: essendo lontani dall'agiatezza e la vita sociale di Dunne Peyhlra, con loro poteva concedersi un po' di libertà creativa e margine d'errore. Non notò la testolina bionda di Evelya da nessuna parte - quegli occhi color del sole li avrebbe riconosciuti ovunque -, perciò si concesse un bicchiere di champagne in un angolo della stanza nell'attesa di incontrarla. Quella sera non gli interessava chiacchierare, aveva in mente solo cosa potesse succedere ad Evelya se non l'avesse aiutata. Durante il loro ultimo incontro aveva parlato di responsabilità familiari dalle quali non poteva più scappare, ma col passare del tempo altri segreti erano venuti a galla ed ora la ragazza che amava era in pericolo. Mise la mano nel completo che indossava, troppo attillato rispetto a ciò a cui era abituato, e si rigirò tra le dita la piuma che lei gli aveva lasciato per dirgli addio, che lui aveva sempre sperato si trasformasse in uno speranzoso arrivederci; non avrebbe permesso che nessuno le torcesse un capello.
    Improvvisamente l'orchestrina smise di suonare e nella stanza calò, per pochi secondi, il silenzio, interrotto subito da sussurri e qualche gridolino; seguirono poi scroscianti applausi, e ciò poteva significare solo che il grande momento era giunto. Si avvicinò al centro della stanza ad un passo che tradiva impazienza, fino a quando non riuscì ad intravedere il viso di Evelya e l'uomo che le torreggiava accanto - un tipo con gli occhiali che esibiva un ghigno che gli fece ribollire il sangue nelle vene, e la ragazza, che non vedeva da quando era partita da Nimit in fretta e furia, le sembrò ancora più minuta rispetto all'ultimo ricordo che aveva di lei. Forse perché era dimagrita, forse era l'abito stretto, o forse perché l'uomo non le lasciava alcuno spazio, esibendola al suo fianco come il più ambito dei trofei. Noel corrucciò le sopracciglia d'istinto, sbuffando dal naso come fosse un toro imbizzarrito, mentre, dalle fila più dietro, guardava i due che salutavano gli ospiti uno ad uno. Non aveva sognato il loro prossimo incontro in quel modo: nella sua testa aveva fantasticato di stringerla forte e prometterle di non lasciarla più andare, non vederla avvilita di fianco ad uomo che non la rendeva felice. Sarebbe stato pronto a fare un passo indietro nel caso Evelya avesse già avuto un altro ragazzo ad attenderla, avrebbe fatto tutto per renderla felice, ma quella non era la vita che si meritava. Doveva vivere libera, lontana da ogni gabbia che la costringeva ad interpretare un ruolo che non le apparteneva. L'avrebbe portata via da lì, fidanzamento o meno.
    « Congratulazioni agli sposi ». Quando venne il suo turno, Noel esibì prontamente uno dei sorrisi più stupidi e falsi di cui fosse capace, stringendo la mano dello sposo che avrebbe volentieri stritolato. Lui gli lanciò uno sguardo dubbioso, ma il demone anticipò la sua domanda con le battute che si era preparato in anticipo. « Avete invitato mio padre al ricevimento, ma al momento è in viaggio per affari, quindi sono qui per fare le sue veci. ». Sorrise di nuovo, frenandosi dal tirargli un pugno su quel bel visino da nobilotto snob che si ritrovava. Era lui la causa di tutti i suoi mali, e stargli così vicino metteva a dura prova l'interpretazione del perfetto angelo che doveva mantenere fino a fine serata. « Il mio nome è Claude Gallagher, vi ringrazio a nome di mio padre Clement e tutta la famiglia per il gradito invito. Forse la signorina Evelya se lo ricorderà, », Noel spostò lo sguardo su di lei, e d'improvviso si dimenticò di cosa doveva dire, dove si trovavano, cosa stava cercando di fare, tutto scomparve se non lei, pura luce in quel mondo falso ed ipocrita. Era bella come la ricordava, adornata di gioielli preziosi ed una tristezza che durante il loro soggiorno a Nimit non le aveva mai visto addosso. Ebbe un tonfo al cuore e si trattenne dal mandare tutto all'aria e abbracciarla: al diavolo il piano, al diavolo la segretezza, al diavolo qualsiasi cosa. Ma la salvaguardia di Evelya era più importante di qualsiasi altra cosa, perciò in un attimo riprese il controllo di sé e continuò la recita senza indugi che non poteva permettersi. « ma quando eravamo più piccoli ci incontravamo spesso ai balli. Sono felice di rivedervi dopo così tanto tempo. ». Noel le porse la mano e sfiorò con le labbra la sua, desiderando di tenerla stretta fino alla fine della serata. Una cosa però era rimasta la stessa da Nimit: il suo profumo, che lo rimandò ai giorni passati insieme in un batter d'occhio. « E di conoscere il vostro promesso sposo. A quando il lieto evento? ». Gli rispose lui senza troppi complimenti, palesemente infastidito dalla sua presenza. Non era granché come attore nonostante fosse un membro dell'alta società, nonostante la falsità fosse uno dei requisiti base dei nobili come loro. « Non volete aspettare, sarete innamoratissimi. ». Mh, certo. « Vi auguro tanta felicità. Spero di rivedervi più tardi. ». Un inchino veloce con il capo e si spostò di lato per fare spazio alle persone dopo di lui, sperando che Evelya lo avesse riconosciuto nonostante l'aspetto. Si voltò verso di lei per cercare di capire se avesse fatto centro, ma i due stavano già parlando con altri invitati. Il sorriso di Evelya, che non raggiungeva i suoi occhi, lo fece sospirare tra sé e sé mentre riprendeva a sorseggiare il suo champagne. Non si sarebbe fermato davanti a nulla per renderla felice.

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