Winter Birds

Izar x Altayr | Ta Nulli

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    Izar Al Nair


    INTRO - 2 GENNAIO
    L’odore di tabacco impregnava la stanza, appesantendo, se possibile, la già tesa atmosfera. L’inverno rendeva tutto più drammatico, con le poche ore di luce, il freddo, il cielo plumbeo...
    Izar osservò il giardino di casa attraverso le grandi vetrate scorrevoli del salotto. Era completamente ricoperto di neve, non si distungueva quali fossero i cespugli e quali le cataste di legna. Di tanto in tanto la vista sfocava a causa del fumo della sua stessa sigaretta, per poi tornare candida e reale.
    « Ho letto la lettera » disse Samael, sdraiato a pancia in su sopra un cumulo di cuscini. « Per quanto pensavi di tenermelo nascosto? ».
    Il Corvo non diede risposta. Erano circa tre settimane che si rifiutava di rivolgergli parole diverse da sì, no, che ne so, e varianti del genere.
    Il fatto che non stesse nemmeno andando a scuola non l’aveva allarmato per i primi giorni, ma ora sembrava una cosa seria. Finiti gli esami era tornato a casa, rientrando ad un’ora piuttosto tarda, con la faccia di chi aveva appena trangugiato qualcosa di amaro. Dando la colpa al troppo studio, il Demone aveva accantonato l’argomento, comportandosi come al solito e cercando di risollevargli il morale con i soliti scherzi idioti. Anzichè infastidirsi, però, Izar l’aveva ignorato come fosse stato aria, una cosa che di norma non avrebbe mai fatto.
    Erano trascorsi diversi giorni, durante i quali il ragazzo spariva al mattino presto con la sua spada legata alla schiena, per poi tornare dopo cena con il volto tirato dalla stanchezza e le mani piene di vesciche. Qualcosa l’aveva invogliato a riprendere gli allenamenti, se pur in modo esagerato, e sempre qualcosa l’aveva spinto ad attaccarsi alle sigarette quando non riusciva a prendere sonno.
    In pratica, si era trasformato nel fantasma di sè stesso. Il motivo, Samael lo scoprì solo dopo parecchio tempo, mentre rovistava nei cassetti del pupillo alla ricerca di un paio di boxer puliti.
    Una lettera, e riportava il sigillo della stirpe Al Nair.
    « È una cosa importante, Izar » gli disse, distogliendo lo sguardo dalla sua rivista di gossip per cogliere la reazione del ragazzo.
    Il Corvo storse appena il naso, un gesto impercettibile, e schiacciò l’ultimo residuo di sigaretta nel posacenere lì accanto, vicino a due tazze di caffè vuote e l’accendino.
    « Avrei dovuto bruciarla. Non mi interessa quello che dice il vecchio pazzo ».
    « Izarhaya ha fatto grandi progressi. I tuoi parenti dicono che è più stabile, ora ».
    « Più stabile non vuol dire sano di mente »
    .
    Bene, il Demone stava finalmente riuscendo ad estrapolargli qualche parola in più rispetto al solito, se pur intrisa di veleno.
    « In realtà non hai scelta, passerotto. Sei l’unico erede. Se tu fossi cresciuto a Sunda uccideresti pur di avere il controllo del casato ».
    Il ragazzo si voltò, guardandolo con gli occhi ipnotici della bestia che albergava in lui. Erano iridi luminose, eppure fredde e prive di emozione.
    Stava perdendo il controllo.
    « Nessuno di loro mi ha mai considerato come un figlio, nè come un erede. Vorrei solo che lui morisse una volta per tutte ».
    Un’improvviso torrente di fuoco ruppe le porte a vetri in un frastuono assordante, scaraventando Izar in mezzo alla neve che ricopriva il cortile.
    Per fortuna Samael non aveva attaccato con l’intenzione di ucciderlo, e il Corvo era riuscito a proteggersi dal calore con una folata di vento, che ne aveva spostato la fiamma.
    Quando si rialzò, le ali nere dispiegate, il Demone rivide per un istante la notte in cui suo padre aveva fatto ritorno a Sunda, coperto di sangue dalla testa ai piedi e con la moglie tra le braccia. Aveva lo stesso, crudele aspetto, le stesse mani artigliate.
    « Odio quando parli male di Izarhaya. Non farmi incazzare » disse, del tutto incurante del disastro che aveva combinato. « Per quanto nessuno di voi due voglia ammetterlo, siete sangue dello stesso sangue. Devi tornare al nido e prenderti le tue responsabilità ».
    Schivò con un balzo la folata di vento gelido che tentò di colpirlo, e parte del muro cedette sotto il colpo. Izar lo teneva d’occhio da una distanza di sicurezza, gli artigli sfoderati e pronti a colpire.
    Tutto l’odio che aveva accumulato in quelle settimane stava emergendo, anche se a farne i conti era la loro umile dimora.
    « Non vado da nessuna parte! » gridò, la voce arrochita. « Non sono un Demone, non voglio vivere come loro! ». Samael, per nulla impressionato, iniziò a camminare nella sua direzione, i piedi nudi che affondavano nella neve. L’espressione iraconda del mutaforma gli intimava di stare indietro, ma lui non aveva paura. Era come avvicinare un’animale selvatico appena incappato in una trappola.
    Nel momento in cui solo un paio di passi li separarono, Izar sentì la volontà sbriciolarsi.
    Era stanco, stanchissimo. Da tempo mangiava miseramente, dormiva per poche ore e fumava per sopprimere la rabbia che quella lettera gli aveva istillato. Un semplice ordine, scritto in una grafia distorta come la mente dell’autore.
    All’erede del casato Al Nair,
    la tua presenza è richiesta nella città di Sunda per prendere la posizione di Capofamiglia, come vogliono le nostre leggi. Sei atteso ad un mese dalla consegna di questa lettera. Non tardare.

    Il braccio possente di Samael lo circondò, dandogli dei colpetti alla schiena per calmarlo come quando piangeva da bambino. Puzzava di tabacco, lo stesso odore che il mutaforma si sentiva sui capelli e i vestiti. « Va via, vecchio » brontolò, tornando padrone di sè. Il Demone lo accontentò, ma solo dopo avergli arruffato i capelli. Erano intrecciati a delle piume nero pece. « Dobbiamo andare, qualunque sia la tua risposta. Lo capisci, vero? ».
    Izar strinse i denti, conscio del freddo che gli stava gelando i piedi e consumando il respiro.
    « Sì, lo so ».

    5 GENNAIO
    Izar guardò soddisfatto il lavoro di riparazione ultimato. Con assi di legno riciclate era riuscito a sistemare la parte di muro che aveva ceduto sotto il suo attacco, mentre per il pannello a vetri sarebbe servito un po' più di tempo.
    Volò sul tetto della catapecchia, ben attento a non atterrare sui punti più critici, e attese l'arrivo di Altayr con il viso affondato nella sciarpa. Dopo l'incontro in biblioteca si erano sentiti via messaggio per qualche giorno, cose tipo "che fai", "come va", eccetera. Poi quella dannata lettera era arrivata, stravolgendo tutto il suo mondo. Il Corvo aveva iniziato ad allenarsi nella scherma alla ricerca di una valvola di sfogo, ma qualunque cosa facesse il sorriso crudele del padre tornava a tormentarlo.
    Il fatto che si fosse attaccato alle sigarette, emulando il tutore, aveva scioccato più lui che Samael. Non gli piaceva fumare, eppure lo calmava.
    Ora che lui e il Demone si erano chiariti, comunque, sembrava essersi stabilizzato. La notte prima aveva dormito per ben cinque ore, un record visti gli ultimi tempi insonni. Era difficile tornare in carreggiata, soprattutto con l'aspettativa di dover fare un bel viaggetto verso la sua terra natia, così aveva chiamato l'unica persona in grado di farlo torna con i piedi per terra. Sentiva che il carattere forte e deciso di Altayr era quello che gli serviva in quel momento, insieme a un po' di svago. Di recente aveva nevicato molto sulle montagne, specie quelle sul pendio vicino a casa sua, e Izar aveva deciso di invitare la piccola Aquila a fare una scampagnata. I boschi innevati erano una vista da mozzare il fiato, oltre al lago ghiacciato di cui solo lui conosceva l'esistenza. Le avrebbe fatto una bella sorpresa. E poi c'era quella battaglia a palle di neve che avevano in sospeso, no? Vide una sagoma in lontananza, e gli spuntò involontariamente un sorriso, il primo da quasi un mese a quella parte. Vicino all'entrata attendeva il suo zaino con il pranzo e un thermos di caffè, insieme ad un regalo che non sapeva con quale coraggio le avrebbe dato.


    Altayr Clarity Windstorm

    Il periodo degli esami era passato: Altayr non ci aveva neppure fatto troppo caso. Lo aveva trascorso dalla madre, a Sodony, ad occuparsi del negozio e a svolgere qualche missione extra. Ma tanto, era troppo occupata a pensare a un certo Corvo che da qualche tempo non l'aveva più contattata. Avevano chiacchierato i primi giorni tramite messaggio, poi non aveva più risposto. Non lo aveva fatto neanche per gli auguri di Natale e Capodanno. I primi giorni era stata in pensiero, doveva ammetterlo, ma si stava impegnando per accantonare la questione. Il che non toglieva comunque che, ogni volta che sbloccava il telefono sperava di trovare una sua notifica, ma niente di niente. Non voleva essere pressante o invadente, perciò la mutaforma si era imposta di non pensarci più di tanto.
    Tutto ciò cambiò una mattina di gennaio: si era svegliata decisamente tardi - "Oh cielo, mezzogiorno e quaranta?!" - e sarebbe dovuta partire con il treno delle undici diretto a Ta Nulli. Si era messa d'accordo con Shelia e Ethan di passare il sabato assieme, dalla mattina fino alla sera, ma il tutto si era ridotto al pomeriggio. Si era fatta una doccia veloce, per poi afferrare il telefono di fretta. Sette chiamate perse da Shelia, due da Ethan e una cinquantina di messaggi da parte dell'amica. Ecco come cominciare una giornata all'insegna del buonumore. Altayr aveva contattato subito Shelia, dicendole che sarebbe stata a Ta Nulli per le due e qualcosa, e prese a vestirsi. Il cellulare aveva squillato pochi minuti dopo e la ragazza, incastrata nel collo del maglione, rispose senza neanche degnarsi di guardare lo schermo. Sapeva che si trattava di Shelia.
    « Ti ho detto che mi dispiace! La sveglia non ha suonato, lo vuoi capire o- » aveva preso a dire bruscamente, quando si bloccò. Non era Shelia. Dall'altra parte della cornetta, risuonava una voce maschile. L'aveva riconosciuta in pochi secondi.
    « Izar » si era sentita in qualche modo più leggera, sollevata. Il suo primo banale pensiero al riguardo fu "E' vivo". L'aveva invitata per una scampagnata vicino casa sua, dove era caduta parecchia neve. L'Aquila aveva sempre pensato che quel ragazzo sapesse come prenderla per la gola, accidenti a lui. Avrebbe voluto dirgliene di cotte e di crude, ma si limitò ad accettare entusiasta. Avrebbe chiesto in prestito l'appartamento a Shelia e avrebbe dormito un paio di notti lì per poi incontrarsi con il ragazzo. Era uscita dalla stanza con il sorriso sul volto, uno zaino con dei vestiti pesanti e il portafoglio in mano per comprare qualche panino. Il regalo per Izar era rimasto nella tasca del giubbotto che aveva addosso da quando lo aveva comprato, proprio per non dimenticarselo.
    ~
    Quello verso la casa di Izar fu un volo gelido: aveva dovuto togliersi il cappotto per non strapparlo, ed ora come ora stava morendo di freddo. Le correnti invernali poi non aiutavano affatto. Per non parlare dell'atterraggio: appena aveva intravisto la dimora del ragazzo, si era imposta di scendere. Peccato che non era mai stata brava nella fase finale del volo: la prima volta che aveva volato con Izar c'era stato lui ad impedirle di mettere in scena un cascatone con i fiocchi. In quel momento, invece, era da sola. Una volta toccata terra, provò a rimanere in equilibrio, ma senza risultati: cadde a faccia in avanti, affondando nella neve. Si rialzò di fretta, mentre ripeteva a mente decine di fantasiose imprecazioni, richiudendo le ali e infilandosi alla velocità della luce il giubbotto caldo. Sospirò, togliendosi la neve dai capelli e sperando di essere presentabile nonostante il capitombolo. Iniziò ad incamminarsi, ammirando il paesaggio montano che la circondava. Sopportava ben poco il freddo - infatti si era infagottata manco dovesse partire per una spedizione di qualche settimana - ma la neve e il suo candore rendevano tutto più piacevole. Izar era decisamente fortunato a vivere lì, si godeva il meglio di ogni stagione abitando fuori città.
    Quando riuscì a delineare la figura di Izar sopra il tetto, agitò il braccio in sua direzione, provando ad accelerare il passo. Era più veloce però il suo battito cardiaco, e sperò con tutto il cuore che i molteplici strati di vestiti potessero attenuarlo.
    "Già cominciamo?" sbuffò infastidita, rivolgendo un largo sorriso al Corvo. Era passato un altro mese dal loro incontro, incredibile. Sarebbero mai riusciti a rivedersi magari prima? A quanto pare era impossibile.
    « Non vorrai startene lassù tutto il giorno, spero. » gli urlò, le mani sui fianchi e lo sguardo inquisitore. Cavolo, non vedeva l'ora di incamminarsi. Già da lì la vista era magnifica, non poteva immaginare cosa avrebbe visto quando sarebbero saliti un po' più in alto.
    Che poi, i due mutaforma avrebbero dovuto scontrarsi in una battaglia all'ultima palla di neve, se l'erano promessi. Stette lì ad aspettare la discesa del ragazzo, continuando a guardarsi un po' attorno.
    « E' una meraviglia, sul serio. »


    Izar Al Nair

    Come ci era riuscita? In un istante tutto il retaggio dei suoi giorni bui era come svanito del nulla, liberandolo da un grosso peso. Altayr aveva un sorriso furbesco per natura, da attaccabrighe, ma era il più sincero che avesse mai visto. « Non vorrai startene lassù tutto il giorno, spero. » gli disse, con un vago tono di rimprovero, e lui saltò giù all'istante, atterrando a meno di un metro da lei. Lo scontro con Samael giorni prima aveva dato una bella rimescolata al suo sangue di Corvo, ed ora non riusciva a liberarsi degli occhi da uccello, che rendevano la vista dettagliata ma l'umore imprevedibile. Pazienza, gli occhiali erano una noia da portare, specie quando doveva confrontarsi con qualcuno in una sfida a palle di neve. Doveva solo stare attento a non combinare qualche disastro con il suo comportamento da gigolò in erba.
    « E' una meraviglia, sul serio. »
    « Già, una meraviglia » ripetè Izar, ma non stava guardando il paesaggio. A quel punto non gli importava più che i suoi sentimenti fossero troppo palesi. Si diede un contegno solo perchè sapeva che la ragazza non provava la stessa cosa per lui, e quindi sarebbe stato solo un fastidio. Oggi dovevano pensare svagarsi, niente secondi fini.
    Fece un mezzo sorriso all'Aquila e raccolse lo zaino da terra, mettendolo su una spalla. Vide che Altayr era ben attrezzata per il freddo, quasi in modo esagerato. « Beh, andiamo? Sono ansioso di spodestarti dal trono, maestà ». Non era il tipo che amava perdere, e il campo di battaglia che aveva scelto, in mezzo ad un bosco, forniva un sacco di punti strategici che conosceva bene. Stava giocando sporco. Accompagnò Altayr con una lieve spinta alla schiena, indicando un sentiero in salita che serpeggiava tra gli alberi appena fuori dal giardino.
    « Per di qua. Non ci vorrà molto ».
    Ricordò di avere ancora addosso l'odore di sigaretta del mattino, cosa a cui aveva fatto l'abitudine, e prese le distanze per non destare sospetti. Davanti a loro una strada innevata apriva lo scenario, brillando accecante sotto il sole. Gli sarebbe mancata Ta Nulli, la sua casa, la natura selvaggia. E Altayr.


    Altayr Clarity Windstorm

    Il battito cardiaco non accennò a rallentare, per non parlare di quando sentì Izar scendere dal tetto per poi ritrovarselo a poca distanza da lei. Aveva preso a battere come un tamburo, e Altayr si ritrovò a pregare tutte le divinità che conosceva - probabilmente se ne era anche inventata qualcuna - affinché il ragazzo non lo sentisse. Era maledettamente difficile mascherare il tutto e fingersi tranquilla, perché in quel momento era tutto tranne che quello. Probabilmente, non lo sarebbe stata per tutto il pomeriggio, o almeno finché sarebbe rimasta insieme a lui. Solamente Izar riusciva a farla reagire così, maledizione. Doveva darsi una calmata, seriamente, o avrebbe potuto rischiare un attacco di cuore.
    Fece caso ai suoi occhi, che non erano come sempre. Erano le stesse iridi che le aveva mostrato in biblioteca, che immaginava fossero legate al suo essere mutaforma. Non sembravano però creargli problemi e non notò nulla di diverso nel suo tono di voce, quindi lasciò correre. L'importante è che stesse bene.
    Le scappò un largo sorriso quando il Corvo ripeté la parola "meraviglia" - detta da lui suonava ancora meglio ed era più convincente - , guardando le sue scarpe che affondavano nella neve. Non ne aveva mai vista così tanta. A Sodony non nevicava mai in modo così abbondante, si era sempre dovuta spostare lontano dal centro abitato per trovarne in una quantità decente. Anche al centro di Ta Nulli, infatti, da dove era partita quella mattina, non ne aveva fatta così tanta, si poteva camminare tranquillamente per le strade.
    « Ah, quanto ti invidio! » alzò lo sguardo, Izar stava prendendo lo zaino. « Tutta questa neve e... il panorama! » gonfiò le guance, per poi annuire all'invito del ragazzo ad incamminarsi. Aveva indicato un sentiero in salita, tra gli alberi innevati. Quel giorno, il cielo non era neanche scuro come ci si poteva aspettare. Prima di proseguire, lanciò un'occhiata all'interno della casa, ma Samael non c'era. Magari avrebbe avuto la possibilità di salutarlo in seguito. Percepì una leggera pressione alla schiena, e fece del suo meglio per non arrossire. Ora doveva far caso anche a quei piccoli gesti? Stava davvero andando di male in peggio.
    « Non ci contare troppo, stellina. » rispose Altayr riguardo la salita al trono di Izar. « La qui presente regina non rinuncerà al potere così facilmente. » gli diede un leggero pugno alla spalla, e quasi temette avesse preso le distanze da lei a causa di quel contatto.
    La battaglia a palle di neve era ormai diventata una questione seria, non c'era nulla da fare. Se all'inizio era passata come un qualcosa di divertente, ora sembrava una questione di stato. E a dirla tutta le piaceva più così. Adorava le sfide e far vedere di ciò che era capace. Si sarebbe divertita.
    « Che luogo hai scelto per la grande battaglia? » chiese, avvicinandosi un po' per farsi sentire.
    Ogni volta che si soffermava sul suo viso, andava a sempre a cercare gli occhi. Quegli stramaledetti occhi verdi la ipnotizzavano sempre, non poteva farci nulla, anche adesso che non erano più gli stessi: forse incutevano un po' timore, ma l'Aquila non si sentiva in soggezione. Non davanti a Izar.
    Rivolse di nuovo lo sguardo davanti a sé, per vedere dove metteva i piedi. Una parte di lei che stava cercando in tutti i modi di silenziare non faceva altro che sussurrargli che non sarebbe stato male se quel "è una meraviglia", detto da lui poco prima, fosse stato rivolto a lei invece che al panorama.


    Izar Al Nair

    I due mutaforma s'immersero nella natura selvaggia, tra abeti alti e carichi di neve. Il sentiero che Izar aveva tracciato l'estate prima era invisibile sotto tutto quel bianco, ma per fortuna aveva una buona memoria. Con gli occhi del Corvo, poi, catturava ogni singolo dettaglio con precisione, compreso il volto divertito di Altayr. Aveva il naso rosso per il freddo, e lo seguiva docile ed euforica. Anche lui era contento, non proprio per gli stessi motivi. Adesso erano insieme, solo questo contava. Durante il tragitto in salita, Izar lasciò che la compagna parlasse del più e del meno, non troppo incline a fare il chiacchierone rompiscatole come sempre. Il suono della sua voce aveva un potere calmante, più delle sigarette.
    « Che luogo hai scelto per la grande battaglia? » chiese, sinceramente interessata. Il ragazzo si tenne sul vago, nominando una foresta più fitta di quella in cui camminavano, piana e ricca di rocce che potessero fungere da scudo. Non nominò il lago ghiacciato. Quella era la sorpresa finale.
    « Definiamo le regole, vostra maestà. Niente ali, niente trucchetti di magia. Solo tu, io, e un po' di sana competizione ». Cercò di imitare il tono allegro della ragazza, mentre guardava fisso davanti a sè. Era da parecchio che non diceva più di tre parole per giorno. « Se vinco io, mi spetta quel massaggio in sospeso, e se vinci tu... ». La guardò oltre la spalla, esibendo un mezzo sorriso. « Beh, cosa vorresti? ».
    Intanto si vedeva la destinazione all'orizzonte. Presto sarebbe arrivato il momento della resa dei conti. Team Aquile contro Team Corvi. E, che cavolo, Izar era quasi tentato di fare il tifo per la squadra avversaria.


    Altayr Clarity Windstorm

    Altayr camminava di buona lena, nonostante la neve che le impediva di velocizzare il passo e affiancare Izar. Erano entrati ormai nella zona boschiva, e man mano che avanzavano gli alberi si facevano più fitti e la neve più alta, di case abitate non se ne vedevano più. Il ragazzo rispose alla sua domanda, dicendo che sarebbero dovuti arrivare ad una foresta fitta, ma non sembrava mancare molto: o almeno così sperava, era ansiosa di cominciare. A dirla tutta però non le dispiaceva neanche chiacchierare come stavano facendo, anche se a dirla tutta il Corvo sembrava un po' più silenzioso del solito.
    "Sei tu che chiacchieri troppo, scema, non gli dai neanche il tempo di rispondere." si rimproverò, tentando di dare più spazio al Corvo per lasciarlo parlare. Aveva continuato anche a tenere le distanze da lei, non era una sua impressione: quando si vedevano, Izar tendeva sempre ad avvicinarsi pericolosamente a lei. Era forse sovrappensiero?
    "O magari sei tu che ti immagini le cose?" sbuffò ancora, lo sguardo sulle spalle del ragazzo, di qualche passo davanti a lei. Probabilmente non c'era nessun motivo in particolare, ma quella distanza le sembrava in qualche modo incolmabile.
    La voce di Izar la riportò alla realtà: stava parlando delle regole. Non aveva afferrato appieno la prima parte, ma a giudicare dalle ultime parole la magia era vietata, e sicuramente anche il volo.
    « Nessun problema. » rispose Altayr spavalda, sistemando la sciarpa intorno al collo. Il Corvo prese poi ad analizzare un altro aspetto della competizione, ossia i "premi". Rise piano quando le ricordò del massaggio che gli aveva promesso in biblioteca, il respiro che si condensava davanti ai suoi occhi in piccole nuvolette.
    « Devo decidere adesso? » chiese, lasciandosi sfuggire un sonoro e perplesso "mmm". Non ne aveva la più pallida idea. I suoi occhi finirono ancora sulla schiena di Izar. Avrebbe potuto chiedergli un bel piatto del suo ottimo curry, perché no. Era da un'eternità che non ne mangiava, se ci ripensava poteva ancora sentire il piccante della carne bruciargli in gola.
    "Non pensare al cibo, dai, per una volta!" doveva pensare a qualcosa che non poteva chiedergli abitualmente: il curry non era tra queste. E se gli avesse chiesto di passare un pomeriggio insieme?
    "ALTAYR! Per carità divina, no!" si coprì la faccia con i guanti, gli occhi sbarrati e le guance paonazze. Cosa le era appena passato per la testa? Equivaleva a chiedere un appuntamento, e la cosa era assolutamente da scartare. Il pensiero neanche avrebbe dovuto sfiorarla, per principio. Non voleva uscire con lui a tutti i costi, non in quel contesto. Forse.
    Sbuffò sonoramente, per mandar via quel pensiero fastidioso una volta per tutte.
    Tornando a focalizzarsi sul problema iniziale, non sapeva proprio dove mettere le mani.
    « Ci penso un po' su e poi ti dico. » decretò infine. Glielo avrebbe dovuto comunicare prima dell'inizio della battaglia in ogni caso, sperando di esserne venuta a capo. Qualora fosse servito, il curry lo avrebbe tenuto come piano B.
    « Comunque » esclamò in direzione del ragazzo, allungando il braccio verso di lui. Afferrò uno degli spallacci dello zaino, quello che il Corvo non indossava, e lo tirò verso di sé. Contemporaneamente, fece un passo più lungo del precedente, riuscendo finalmente a portarsi al lato di Izar. « Non lasciarmi indietro. » gli disse poi, con un finto tono di rimprovero.
    « Mi sembrava strano averti così lontano. » rise piano, lasciando andare lo zaino del ragazzo. Lo stomaco prese ancora a fare capriole, e uno strano odore le pizzicò il naso. Ma andava bene così.


    Izar Al Nair

    Izar si sentì strattonare, e quando Altayr lo rimproverò di averla lasciata indietro gli venne voglia di prendersi a bastonate. Stava permettendo al suo malumore di rovinare quella bellissima giornata. Era così abituato a stare da solo, ormai, che non aveva dedicato alla ragazza le solite attenzioni, anteponendo tutte le sue ansie e il grigio futuro che lo attendeva a Sunda.
    « Mi sembrava strano averti così lontano. »
    Sentì il cuore sciogliersi a quelle parole, anche se lei le buttò sul ridere. Le era mancata, davvero.
    Cercò la sua mano senza farsi notare, assecondando ad un capriccio che voleva esaudire da un po', e strinse le dita sottili nel calore del suo guanto.
    « Tranquilla, non vado da nessuna parte » disse, il sorriso che si distendeva sul suo volto corrucciato.
    Non provava il minimo imbarazzo, anzi. Grazie a quel contatto poteva tenerla al caldo e guidarla con più facilità, tutto di guadagnato.
    « Se ti da fastidio puoi lasciarmi, ma sappi che potrei mettermi a piangere ». Per fortuna un po' di buon umore stava iniziando a farsi strada in quel buco d'oscurità che era diventato, e lo doveva solo a lei.
    Il sentiero si allargò dopo una ventina di minuti, rivelando una radura tra le conifere al cui centro stava una casupola in pietra che aveva visto tempi migliori. Oltre gli alberi, più avantì, lo sfavillìo del lago ghiacciato li accecò. Era ancora meglio di come lo ricordava, immerso nella quiete e simile a una distesa di diamante. « Carino, eh? » scherzò, lasciando a malincuore la mano di Altayr per togliersi lo zaino dalle spalle. Le fece segno di seguirlo, e giunto davanti alla porta bucherellata di casa la aprì con un calcio. Era vecchia, servivano le maniere forti. « Benvenuta nella mia base segreta. Non c'è nè acqua nè corrente, ma il camino funziona ancora ». In generale, all'interno regnava il caos, oltre che alla sporcizia. Vi erano calcinacci e polvere, segno che nessuno ci abitava. Izar l'aveva scelto puramente per non essere costretto a lasciare lo zaino in mezzo alla neve, e nel caso di una tormenta faceva comodo avere un tetto sopra la testa.
    « Prendilo come punto di riferimento per orientarti. La nostra sfida inizia da qui ».
    Uscì in mezzo alla neve, inspirando a fondo l'aria pulita di montagna, e poi le rivolse un ghigno furbesco. « Rendiamo le cose più interessanti, maestà. Hai venti secondi per trovare un nascondiglio... ». Raccolse una manciata di neve e la appallottolò alla perfezione, essendo un veterano.
    « E appena uno di noi trova l'altro possiamo aprire il fuoco ». Partiva avvantaggiato, doveva darle un margine di vittoria. Il fatto che non avesse ancora stabilito il suo premio lo insospettì, ma perchè preoccuparsi? Aveva già la vittoria in pugno.


    Altayr Clarity Windstorm

    Un lungo e forte brivido le percorse tutta la schiena, da cima a fondo, e il cuore prese a battere all'impazzata. Se prima pensava di avere il batticuore, ah, non era nulla a confronto: era convinta di poter scoppiare da un momento all'altro. Avrebbe scommesso anche sul fatto di avere le guance rosse, cosa possibilissima: era arrossita per molto meno in presenza di Izar, figurarsi se non si era trasformata in un pomodoro ambulante quando le aveva presa per mano. Esattamente, l'aveva presa per mano. Le ci era voluto poco o niente per realizzarlo, ma sul momento non le parve vero. Quando percepì un qualcosa di morbido sulle dita abbassò lo sguardo, e colse proprio il movimento delle mani di Izar, mentre si stringevano intorno alle sue.
    « Tranquilla, non vado da nessuna parte. » ecco, quello fu il colpo finale. Si sentì le gambe di gelatina, anzi che aveva trovato la forza di fare un altro passo. Da quanto era diventata in quel modo? Le farfalle nello stomaco, il cuore che proprio non voleva saperne di battere regolarmente, il sangue che le saliva alle gote fin troppo spesso. Era decisamente seccante, non le piaceva, questo insieme di sensazione le dava fastidio. Provava tutto questo solo in presenza del Corvo, ma la sua non era una compagnia spiacevole, tutt'altro. Per un attimo, sperò davvero di non vederlo andare da nessuna parte, e restare così. Per mano, nella neve.
    "Che pensieri da bambinetta." si rimproverò, sorridendo tra sé e sé. La mano del ragazzo era calda, al contrario delle sue. Altayr aveva sempre le mani fredde, inutile quanto potesse averle tenute in tasca.
    « Non ci tengo a vederti piangere come una femminuccia. » rispose, esibendo un mezzo sorriso che contrastava con il rossore delle guance. Non avrebbe lasciato la presa. Il calore della mano di Izar era piacevole, e anche il gesto in sé per sé.
    Altayr continuò a sorridere impercettibilmente durante la salita. Ora che non le era più tanto distante, si sentiva meglio. Stare dietro a qualcuno non le piaceva affatto, ma era più una questione d'orgoglio; in quel caso però, non lo era più di tanto. Izar le aveva nascosto il viso, le sue espressioni, quando invece la ragazza aveva aspettato un mese per rivederlo. Aveva avuto paura che le nascondesse qualcosa, o che magari volesse allontanarla. Era come se avesse voluto porre una distanza tra loro. Averlo accanto durante la camminata aveva dissipato tutti i dubbi e le preoccupazioni, probabilmente frutto della sua fantasia. Ogni tanto buttava uno sguardo sulla sua mano, stretta in quella del ragazzo, come a voler provare che non se lo stava affatto inventando. L'aveva davvero presa per mano.
    Doveva comunque smettere di pensarci così assiduamente. Magari l'aveva presa per mano per non lasciarla indietro, come avrebbe fatto un fratello maggiore con una delle sue maldestre sorelline, per non perdersele tra la folla. Ora che ci rifletteva, però, cosa significava per lui quel gesto? Cercò di trovare risposta scrutando il volto del Corvo, ma la trovò indecifrabile. Non riusciva a capire a cosa stesse pensando. Avrebbe comunque fatto meglio a pensare prima a sé stessa: neanche lei sapeva che significato dargli. O forse lo sapeva, ma si rifiutava di accettarlo.
    Lo scenario che apparve davanti agli occhi dopo qualche minuto di cammino la lasciò senza fiato, svuotandogli la mente. Era una radura totalmente innevata, la natura circondava un lago ghiacciato che si disperdeva a vista d'occhio, rilucendo sotto la luce del sole. Il Corvo indicò poi un'abitazione un po' a pezzi, ma che nell'insieme faceva un gran bell'effetto.
    « Carino? » fece interrogativa, continuando a guardarsi attorno. « E' spettacolare! » esclamò con enfasi, poco prima che Izar le lasciò la mano per avviarsi verso la costruzione in pietra. Aprì la porta con un calcio, e Altayr lo seguì. Rimase sull'ingresso, osservandone l'interno: era evidente il fatto che fosse disabitata da chissà quanto tempo, ma forse con una bella pulita sarebbe potuta diventare un po' più accogliente. Non sapeva che vicino Ta Nulli potesse esserci un tale paradiso. Nei suoi spostamenti a causa delle missioni, non aveva mai avuto il tempo di fare la turista.
    Il Corvo riapparve fuori dalla casupola poco dopo, e sul suo volto si disegnò subito un sorriso di sfida, che Altayr ricambiò.
    « Non mi servirebbe un vantaggio, a dirla tutta. » disse, avanzando di qualche passo verso di lui. « Ma visto che sei così gentile, ne approfitto. » gli fece un cenno con la mano, e passò lo sguardo sull'ambiente circostante. Era pieno di alberi e rocce.
    « Goditi gli ultimi attimi di pace. Ti farò fuori. » lo disse con un tono più minaccioso di quanto volesse, e accompagnò la finta promessa di morte con un occhiolino e un sorriso.
    Iniziò a correre verso sinistra, in cerca di un qualsiasi nascondiglio. Non aveva una strategia o un piano da mettere in atto, contava solo su un po' di fortuna. Izar giocava in casa, era da tenere in conto anche questo. Si infilò dietro un albero dal tronco robusto affiancato da una roccia più o meno grande. Vicino ad essi erano piantati altri alberi di grosse dimensioni, era una fortezza niente male. Nella prima fase era meglio essere cauti, non conosceva il territorio. Poi, avrebbe pensato alla parte offensiva. Prese a modellare una solida palla di neve nella sua mano, sporgendosi di tanto in tanto per vedere se c'era una figura maschile all'orizzonte. Venti secondi erano più che passati.
    Decise di uscire allo scoperto, passando in mezzo agli alberi circumnavigando il punto da cui erano partiti. Sentì un movimento alla sua destra, e subito lanciò la palla con forza. Ne fece un'altra in tutta fretta, più piccola della precedente, alzandosi subito in piedi. Un sorriso tra il divertito e il furbo si disegnò sulle sue labbra: avevano appena cominciato, ma quella non era una semplice e tranquilla battaglia a palle di neve come la intendevano i bambini.


    Izar Al Nair

    Sapeva di aver trovato un avversaria tosta. Altayr non era il tipo di ragazza che pretendeva di vincere in quanto femmina, che si faceva scudo dietro la schiena di qualcuno. Mentre camminava circospetto tra gli alberi, Izar tendeva le orecchie e osservava ogni minimo movimento, perchè anche solo una distrazione gli sarebbe stata fatale. Seguì le impronte nella neve, che ad un certo punto si perdevano tra le rocce. Un fruscìo, un'ombra tra i tronchi, e scartò di lato per evitare un proiettile dritto al cuore. Lo colpì di striscio, ma era una dichiarazione di guerra bella e buona.
    Sorrise in modo cinico, abbassandosi per raccogliere della neve ai suoi piedi.
    - Furbo l'uccellino - pensò, lo sguardo fisso verso una roccia alta e appuntita, dove sospettava si trovasse l'avversaria. -Purtroppo il premio in palio mi fa troppa gola. Non posso perdere -.
    Sgattaiolò dietro un tronco, il respiro che lo tradiva mostrando piccole nuvole di condensa. - Ora! -.
    Corse più veloce che potè, nonostante il terreno rallentasse ogni suo passo, e girato l'angolo passò all'attacco. Sferrò il colpo con leggerezza (non voleva rischiare di farle male), ma puntò ugualmente al viso. Sarebbe stato divertente vedere Sua Maestà a mo' di pupazzo di neve, incavolata nera e pronta a vendicarsi.
    Scoprì di stare ancora sorridendo, e gli facevano male gli angoli della bocca. Da quanto non gli capitava. Nel periodo precedente si era ridotto ad uno zombie privo di emozioni, ma grazie al cielo stava migliorando, almeno per quel giorno. Dubitava fortemente che una volta arrivato a Sunda sarebbe stato così allegro. Doveva sfruttare il poco tempo che aveva a disposizione per svagarsi un po'. Vide una palla di neve arrivare a tutta velocità, e, preda degli istinti, innalzò una corrente di vento che ne deviasse la traiettoria.
    « Ops! » disse, per nulla colpevole. Non poteva farci niente, Samael l'aveva addestrato a barare, e così avrebbe fatto.


    Altayr Clarity Windstorm

    I passi si facevano sempre più vicini, e Altayr si ritrovò a ridacchiare sotto i baffi. Allora non si era sbagliata, il Corvo si stava avvicinando. Sicuramente aveva seguito le impronte che aveva lasciato nella neve: in un primo momento non ci aveva pensato troppo, ma avendo lasciato delle tracce dietro di sé il suo non era un vero e proprio nascondiglio. Poco male, prima o poi avrebbero dovuto cominciare. Il rumore di passi si fermò, e l'Aquila si sporse dalla roccia dietro la quale aveva trovato rifugio: non sembrava esserci nessuno.
    "Si sarà nascosto dietro un albero o un masso." constatò, accumulando un'ingente quantità di neve nella sua mano destra. Pian piano stava formando una palla di neve sempre più grande: se con quella fosse riuscita a prenderlo in pieno viso, avrebbe avuto la vittoria in tasca. Di punto in bianco, si ritrovò a riflettere su ciò che avrebbe potuto chiedere al ragazzo in caso di vincita. O meglio, avrebbe vinto sicuramente, dunque doveva pensare a qualcosa se non voleva rimanere a bocca asciutta. La sua mente volò di nuovo ad un piatto di curry fumante e piccante, ma cacciò quel pensiero dopo pochi secondi. Non poteva seriamente chiederglielo, suvvia. Chiedergli di uscire però era veramente troppo, non se ne parlava. Entrambe le opzioni a cui aveva pensato prima erano fuori discussione. Appoggiò la testa alla roccia, gli occhi rivolti all'insù. Una sola cosa era sicura: il premio doveva darle la certezza di riuscire a vedersi di nuovo.
    "Sto farneticando..." sospirò, cercando comunque un compromesso. Il cervello pensava una cosa, e il cuore faceva tutt'altro. Che fastidio.
    Un rumore la colse alla sprovvista, e fece appena in tempo a focalizzare una palla di neve arrivare verso di lei. Il Corvo evidentemente aveva deciso di attaccare, e aveva mirato al suo viso. Abbassò il volto, affondandolo nella sciarpa, ma la palla la colpì comunque in testa, colorando di bianco una parte dei suoi capelli e facendo cadere a terra il cappello. Alzò lo sguardo, dirigendo in direzione di Izar un sorriso di sfida, e lanciò senza indugi il suo proiettile di neve verso il ragazzo. Altayr si accovacciò a terra per preparare un altro paio di palle di neve, e le sfuggì una sonora risata che morì appena vide la difesa di Izar. Aveva intercettato il suo colpo utilizzando la magia, quando avevano deciso di non utilizzarla.
    « Ops? » gli fece eco, entrambe le mani cariche di neve. « Sei sleale! » disse, stavolta non fingendo il tono di rimprovero. Non era arrabbiata, ma non era stato corretto.
    « La regola non vale nemmeno per me, allora. » aggiunse, ma a fine frase si lasciò scappare una risatina. Non riusciva a non sorridere in sua compagnia, era inevitabile. Lanciò dunque le palle di neve che aveva in mano, aiutandosi con delle folate d'aria gelida, in modo che potessero essere più veloci. Izar aveva comunque, come lei, il controllo dell'aria, si prospettava complicato prenderlo in contropiede. Cominciò ad avanzare in sua direzione, passo dopo passo, continuando a raccogliere neve da terra e lanciarla contro di lui. Il sorriso non le si spense, e notò che anche il Corvo stava sorridendo. Percepì lo stomaco attorcigliarsi su sé stesso. Ma persino durante una battaglia a palle di neve? Roba da non crederci.
    « Vuoi che continui? » esclamò ad una certa, interrompendo momentaneamente il suo attacco. Si stava divertendo, bisognava dirlo, e si avvicinò di un paio di passi al ragazzo. Quindi, lanciò di nuovo una palla.
    « Ancora non ti arrendi? » aggiunse, un sorriso spavaldo si faceva strada sulle sue labbra. Con la coda dell'occhio, aveva notato una breve successione di rocce piatte alla sua destra: utilizzandole per spostarsi, avrebbe potuto sorprenderlo alle spalle. Doveva assolutamente vincere: non solo perché ne andava del suo orgoglio e non sopportava perdere, ma anche perché aveva trovato il premio da richiedere in caso di vittoria.


    Izar Al Nair

    Sleale era la parola giusta, ma si trattava comunque di uno scontro alla pari. Altayr era una creatura dell’aria, proprio come lui, e sapeva rispondere agli attacchi con grande prontezza. La palla di neve che arrivò, sospinta da una folata di vento, lo colpì alla spalla con la forza di un vero proiettile. Izar si stupì della tenacia con cui avanzava la ragazza, costringendolo ad indietreggiare nella foresta.
    « Ancora non ti arrendi? »
    Lui sghignazzò, parando l’ultima raffica.
    « Non se ne parla! »
    Proprio quando sperava di passare al contrattacco,
    il Corvo si accorse che l’avversaria era andata a nascondersi, impossibile dire dove. Davanti a lui si districavano una serie di pini dai rami bassi, e tutt’intorno solo rocce che avevano divorato il terreno per uscire allo scoperto. Gli occhi da mutaforma giocavano a suo favore, per fortuna. Non gli sfuggiva nulla, tranne ciò che non poteva vedere. Raccolse una manciata di neve e iniziò a dargli la forma di una palletta, stavolta più solida delle altre, e girò su sè stesso alla ricerca di Altayr. Era brava anche a nascondino, evidentemente, ma lui vantava anni di esperienza nel rendersi invisibile.
    Il suono ovattato di qualcosa che affondava nel soffice pavimento bianco catturò la sua attenzione, sulla sinistra, vicino a... No, destra!
    Altayr balzò fuori da una parete rocciosa con una scorta da dodici di munizioni grandi quanto il suo pugno, e in breve Izar si ritrovò a fare concorrenza ad un pupazzo di neve. Avrebbe potuto evitarlo, o difendersi come già fatto in precedenza, ma vedere l’Aquila ridere di cuore era molto più appagante di qualsiasi vittoria. Passò la manica della giacca sul viso per togliersi la neve dalle guance, sommerso da capo a piedi. « Per fortuna era solo un gioco » borbottò, imbronciato. Beh, conosceva i punti deboli dell’avversario e amava barare, quindi perchè non divertirsi ancora un pochino?
    Il sangue di Corvo sembrava imporgli di avanzare, focalizzato su Altayr come fosse un coniglietto solitario al centro della prateria. Non poteva farci nulla, mantenere il controllo quando era così vicino alla trasformazione si rivelava sempre una sfida.
    Era contento di svagarsi in mezzo alla natura selvaggia insieme a lei, uno spirito libero che sembrava comprenderlo meglio di chiunque, pur non conoscendolo da molto. Doveva esserci una sorta di fraternità tra i volatili, ugualmente legati al cielo. Lei gli aveva fatto dimenticare tutti i tormenti passati, la depressione, la voglia di distruggere qualsiasi cosa gli capitasse davanti.
    Con i sensi in allerta, Izar alzò le mani e disse:
    « Mi arrendo, vostra maestà. Siete voi la regina indiscussa... ». Mentre tesseva le sue lodi, però, un sorriso sghembo gli si dipinse sulle labbra, e non prometteva nulla di buono. A pochi passi da lei,
    il ragazzo si piegò sulle ginocchia e prese un poderoso slancio, sorretto da una corrente d’aria che lo spinse in alto, per poi atterrare alle spalle di Altayr senza fare il minimo rumore.
    Fu abbastanza svelto da riuscire a coglierla di sorpresa, un braccio che le circondava scherzosamente il busto per bloccare qualsiasi tentativo di fuga. « ... Ma io sono il re delle bugie »
    le sussurrò all'orecchio, stringendola contro il suo petto. A differenza di lui, profumava di shampoo, pulito e vento invernale. Nulla a che vedere con il puzzo della nicotina che pareva aver impregnato ogni fibra del suo essere.
    La lasciò andare non appena il rossore sulle gote fu di un soddisfacente bordeaux, ridacchiando per la piccola vittoria « Scusa, è che non so perdere ».
    Si scrollò la neve di dosso, soprattutto dai capelli, e inspirò a fondo l’aria frizzante di montagna.
    La loro battaglia li aveva condotti nei pressi del lago ghiacciato, appena oltre le rocce che Altayr aveva usato come nascondiglio, quindi gli sembrò una buona idea andare a ispezionarlo da vicino.
    « Tregua? » chiese, indicando il lago con un cenno del capo. Doveva tenere la mente occupata, o non sapeva fino a che punto si sarebbe spinto con i suoi stupidi giochetti da cascamorto.


    Altayr Clarity Windstorm

    L'attacco alle spalle si rivelò essere un incredibile successo e un vero spasso. Altayr era riuscito a coglierlo di sorpresa, ricoprendolo di neve da capo a piedi. Izar era quasi completamente candido, e il suo visino scocciato rendeva tutto più divertente. Non era riuscita a trattenersi dal ridere, e si avvicinò al ragazzo con le lacrime agli occhi. Avrebbe potuto avere un po' di tatto, ma era stato più forte di lei: non era cosa da tutti i giorni ammirare un giocatore esperto in quelle condizioni. Lui borbottò e mise il broncio, infantile e adorabile allo stesso tempo.
    « Lo dici solo perché hai perso. » riuscì a dire alla fine, calmandosi e riprendendo un minimo di contegno. E così aveva vinto lei. Nessuno avrebbe mai potuto sconfiggerla a palle di neve, ormai era un dato di fatto. E pensare che non era neanche la sua unica specialità... Ciò la rendeva praticamente invincibile su qualsiasi fronte.Quale meravigliosa sensazione, uscire vittoriosa da una battaglia e ricoprirsi di gloria! ...Sì, anche se a farne le spese era un certo Corvo dalla lingua tagliente e gli occhi ipnotici.
    « Ti ho sconfitto, c'è poco da dire. » fece poi, ancora in fase di adulazione della sua persona. Quando poi il ragazzo proclamò la resa, apriti cielo. Anzi che non aveva esternato i suoi pensieri altamente megalomani. Alle parole del ragazzo, esibì un sorriso soddisfatto e improvvisò un inchino: quando rialzò la testa, però, di fronte a lei non c'era più nessuno.
    La sua auto-celebrazione si interruppe bruscamente, e aggrottò le sopracciglia guardandosi intorno. Dove era finito? Voleva forse la rivincita?
    Questa volta, l'attacco a sorpresa volse a favore di Izar. Un odore familiare le pizzicò il naso, subito l'Aquila si ritrovò il braccio del ragazzo intorno al busto, e prima che potesse anche solo parlare il Corvo la strinse a sé, sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Sentì le guance scaldarsi come mai prima d'allora, il cuore sul punto di esplodere. Schiuse le labbra, ma non uscì nessun suono: il suo viso parlava da solo, e Izar sembrava essersene accorto. Lì era veramente vicino, e per di più non se lo sarebbe aspettato. Il Corvo era imprevedibile e maledettamente furbo, maledizione. Era davvero così vulnerabile? Da una parte c'era il leggero fastidio di essere in quella condizione, quasi senza difese, dall'altra era stata una sorpresa... piacevole? No, non era il termine adatto. Non sapeva bene come spiegarlo, era comunque un qualcosa che contrastava con quella seccante sensazione. Era complicato.
    « Ribadisco » disse, menando un leggero pugno sull'incavo della spalla del ragazzo. « Sei sleale. » Izar ridacchiò, e la lasciò andare, visibilmente soddisfatto del risultato. Altayr si tirò su la sciarpa fino al naso per tutta risposta. Doveva essere arrossita alla grande. Fantastico.
    « Scusa, è che non so perdere. »
    « Dovrai abituarti, almeno finché hai me come avversaria. » rispose, un po' meno tesa, togliendosi la neve dai capelli imitando il ragazzo. Il suo sguardo volse poi verso il lago ghiacciato vicino a loro. Non sapeva dire quanto fosse grande, ma aveva dovuto fare un gran freddo per essersi ricoperto interamente di ghiaccio.
    Altayr annuì alla risposta del ragazzo, avanzando tentando di non rimanere indietro come prima. Peccato che Izar fosse leggermente più alto di lei, e ogni suo passo corrispondeva a due della cacciatrice. Il suo sguardo cadde sulla mano di Izar, involontariamente.
    "NO! ALTAYR! COSA CAVOLO VAI A PENSARE?" scattò, riportando lo sguardo davanti a sé. Oh, diamine, doveva smetterla, tutto ciò che il Corvo aveva fatto fino a quel momento la stava mandando in escandescenza.
    L'odore di prima la raggiunse di nuovo, sebbene meno intensamente. Serrò le labbra: sembrava odore di fumo, di tabacco, o comunque qualcosa di simile.
    Decise di non pensarci più di tanto, non le interessava. Quella giornata doveva essere all'insegna del divertimento, ecco tutto.
    Giunti sulla riva del lago, Altayr si lasciò scappare un gridolino di gioia. Posò un piede sulla superficie ghiacciata, come a testare la resistenza del ghiaccio, per poi appoggiarvi entrambi i piedi. Le stavano luccicando gli occhi. Quel posto era davvero un incanto.
    « Hai mai pattinato sul ghiaccio? » chiese in direzione del ragazzo, ma non fece in tempo a finire che rischiò di ritrovarsi col sedere a terra a causa di una sua distrazione. Per fortuna, riuscì a ritrovare l'equilibrio, e intercettò lo sguardo in allerta di Izar. « Tutto a posto, sono salva. » gli disse, avanzando ancora di pochi passi e tornando sulla terra ferma, colma di neve. « Che dici, facciamo un giretto? » propose la ragazza a pochi passi dal Corvo, l'odore di fumo ancora presente.


    Edited by altäir - 3/8/2016, 17:00
     
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    Sapeva che Altayr avrebbe apprezzato la vista del lago. Lui da bambino ci era quasi annegato, ma a parte lo spiacevole episodio, quel posto manteneva sempre il suo fascino. La seguì mentre si apprestava a muovere i primi passi sulla superficie, già pronto a braccia tese quando rischiò di scivolare. Doveva aver fatto l'abitudine alla sua indole da mamma iperprotettiva, perchè si affrettò a rassicurarlo che stava bene, non era in pericolo di morte.
    « Hai mai pattinato sul ghiaccio? » chiese lei, le gambe traballanti.
    « Da bambino. Samael mi ha mollato al centro del lago e mi ha detto di muovermi, perchè il ghiaccio si stava sciogliendo. Ovviamente mi sono ritrovato sott'acqua prima di capire come si facesse ».
    Un sorriso nostalgico gli si dipinse in volto, neanche stesse parlando della prima volta che gli aveva insegnato a parlare. I suoi metodi erano molto elementari, ma in quanto Demone aveva ricevuto un'educazione molto severa.
    Altayr propose allora di fare un giro lì attorno, e gli sembrò un'ottima idea. Voleva sgranchirsi le gambe e riordinare i pensieri, perchè, inutile evitarlo, il grande discorso che aveva pianificato di farle andava detto. La notte prima si era impegnato per rendere la notizia leggera, disinteressata. "Vado a Sunda da quel pazzo di mio padre per prendere il suo posto, ma niente di grave". Semplice e conciso.
    Però ora lei era presente, si stava divertendo... Davvero voleva rovinarle l'umore così? Passeggiarono in silenzio sulle rive bianche del lago per qualche minuto, lei avanti di pochi centimetri, ma ad un certo punto la confusione che aveva in testa si fece troppo caotica, ed Izar puntò i piedi. Afferrò la ragazza per il polso, indeciso su cosa dire, e lo sguardo interrogativo dell'Aquila gli mise solo più pressione.
    « Altayr... devo... ti devo parlare ». Sembrava in aperto conflitto con sè stesso, la spensieratezza di poco prima si era come dissolta. « Sto per partire. Domani andrò a Sunda ». Accorciò la distanza tra loro, la mano che scivolava dal polso al suo palmo freddo. Sentiva che mantenendo quel contatto non avrebbe esitato. « Sono l'unico erede della famiglia, e mio padre vuole che faccia ritorno per prendere il suo posto. Immagina la mia gioia » mormorò, sorridendo sarcastico. « Però, prima di andare via, ci tenevo a passare una giornata insieme a qualcuno che non mi odia per quello che sono ». Inspirò a fondo, guardando le loro mani intrecciate. Dal giorno seguente non avrebbe più goduto della compagnia della mutaforma, impegnato a fingere che gliene fregasse qualcosa di tutta la storia del capofamiglia.
    Come risvegliato improvvisamente dal sonno, lasciò andare Altayr e mise la mano in tasca, imbarazzato per averle mostrato quel suo lato debole e commiserabile. Se solo avesse potuto prendere il volo e scappare lontano dalle responsabilità...

    «Parlato» -Pensato-

    Izar Al Nair • Mutaforma demoniaco • Aria • 19 • Toro • Scheda


    Edited by Sullivan - 4/2/2016, 22:35
     
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    L'Aquila iniziò a camminare con il sorriso sulle labbra, immaginando il racconto di Izar a proposito della sua prima pattinata: con Samael, effettivamente, non poteva non aspettarsi qualcosa di spassoso. Certo, non doveva essere stato molto piacevole sul momento, ma a raccontarlo non riusciva a non sorriderci un po' su.
    S'incamminò insieme al Corvo, di pochi passi davanti a lui. Altayr prese a guardarsi attorno, rapita dal paesaggio mozzafiato. E quindi Izar aveva un posto simile vicino casa sua, da non crederci: poteva recarsi lì quando voleva e starsene un po' da solo in santa pace. Buttò un'occhiata al ragazzo: tra loro era calato il silenzio. Non era pesante o imbarazzante, ma le pareva strano che nessuno dei due avesse ancora aperto bocca. Prese un respiro più profondo del solito, pronta a dar voce ai suoi pensieri, quando Izar le afferrò il polso. Altayr si fermò sul posto, girandosi verso il ragazzo e indirizzandogli uno sguardo interrogativo. Si aspettava uno scherzo, ad essere sincera, o qualche altra battutina, ma l'espressione del ragazzo fece intendere tutt'altro. Sembrava in difficoltà, era serio e lievemente preoccupato.
    « Altayr... devo... ti devo parlare » la ragazza annuì lievemente, dandogli il tempo di esprimersi. L'atmosfera rilassata di poco prima era scomparsa, Izar sembrava volersi liberare di un grosso peso.
    « Sto per partire. Domani andrò a Sunda » Altayr rimase immobile, gli occhi fissi su quelli del ragazzo che pian piano si stava avvicinando a lei. Lo lasciò continuare, lo sguardo che volgeva lentamente verso il basso. Non riuscì neppure a rallegrarsi più di tanto alla vista delle loro dita intrecciate, gesto che avrebbe voluto replicare al più presto. Era passato tutto in secondo piano. Se prima percepiva milioni di sensazioni diverse, ora non era rimasto nulla. Era triste, arrabbiata, scioccata, spaesata? Non lo sapeva. I suoi occhi si erano fermati all'altezza delle loro mani, unica cosa vera e palpabile. Doveva essere uno scherzo. Ora avrebbe rialzato lo sguardo, e avrebbe trovato Izar con un mezzo sorriso sul volto, come a dire "te l'ho fatta".
    Non fece però in tempo a constatarlo, che il Corvo ritrasse la mano, infilandosela in tasca, facendole perdere la sola certezza a cui aggrapparsi in quel momento. D'istinto, prima che potesse allontanarsi, afferrò il lembo della sua manica con la mano che fino a pochi secondi prima stava stringendo la sua, e appoggiò la fronte sulla sua spalla. Non era una bugia, quindi. Se ne sarebbe andato davvero. La ragazza non riuscì a metabolizzare alcun pensiero sensato: si sentiva la mente vuota.
    Fece per parlare, ma non ce la fece, le parole le morirono in gola. Non sapeva neanche cosa dire, oltretutto. Le pareva tutto così surreale. Era riuscita a incontrarlo dopo un mese, nel quale non aveva ricevuto sue notizie, la scampagnata stava andando alla grande, era anche riuscita a spuntarla a palle di neve... Ma perché lui? Possibile che tutte le persone a cui teneva dovevano sempre andarsene lontano?
    Rialzò la testa, puntando gli occhi in quelli di Izar. « Mi dispiace. » disse piano. Non poteva dirgli "Sono contenta per te", lui in primis aveva dimostrato di non essere affatto entusiasta dell'imminente partenza. « Fai parte di un casato nobile, dunque? » chiese, la voce ridotta ormai ad un sussurro. Le persone comuni non avevano a che fare più di tanto con eredi, capifamiglia e "prendere il posto di mio padre". Entrambi i mutaforma avevano cambiato atteggiamento dall'apertura dell'argomento. « Cioè, sei costretto? » pronunciò l'ultima parola con rammarico, ma tentò comunque di mascherarlo.
    « Non puoi, che so, rifiutarti? » si morse il labbro, la mano che stava prima sul lembo della giacca si posò un po' più in alto, sempre comunque stringendo il cappotto di Izar, come a volerlo tenere vicino a sé a tutti i costi, come se quel contatto potesse farlo rimanere. Mano a mano che parlava, sentiva crescere in lei rabbia e dispiacere, e più osservava gli occhi del Corvo più percepiva di non essere la sola.
    Altayr non navigava nell'oro, il continente demoniaco non si trovava a due passi da quello ibrido, e non avrebbero avuto la possibilità di vedersi come se abitassero ancora relativamente vicini. Non riusciva ad accettarlo.
    Ecco di nuovo quella maledetta paura di ritrovarsi sola - che poi completamente sola non era, ma probabilmente stava per salutare una persona a cui si era affezionata più del dovuto.

    « Parlato » | "Pensato"
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    mutaforma demoniaco (aquila) - aria - 19 anni - scheda - libra sun, leo moon, aries rising

    I'm on the wrong side of heaven and the righteous side of hell.





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    Dire che la reazione della ragazza l’aveva lasciato di stucco era un eufemismo. Averla così vicina, così terribilmente abbattuta, gli stava riducendo il cuore in mille pezzi. Si aggrappò al suo braccio come una bambina ostinata che non vuole lasciare l’amichetto per tornare a casa, e la situazione non era molto diversa. Izar ascoltò le sue suppliche velate, nascoste da domande che lui stesso si era posto milioni di volte. Era costretto ad obbedire? Non c’era un modo per evitarlo? Il mese trascorso lontano dall’Aquila l’aveva passato chiedendosi se esistesse un sotterfugio per scaricare la responsabilità su qualcun’altro, ma Samael era stato chiaro a riguardo: doveva farlo. Punto.
    « Fai parte di un casato nobile, dunque? »
    Lui annuì, le braccia che ricadevano lungo i fianchi. La riusciva a guardare dritta negli occhi, ed era una sofferenza infinita. Vi leggeva tutto lo sconforto, il dispiacere... Cos’aveva fatto? « Prima della... caduta di mio padre, gli Al Nair erano piuttosto famosi tra i Demoni. Ho la sfortuna di essere l’unico figlio, dato che mia madre è morta quando ero piccolo ».
    « Cioè, sei costretto? Non puoi, che so, rifiutarti? ».
    « Lo vorrei tanto » mormorò, riuscendo finalmente a ricambiare la sua stretta. Le circondò la schiena con il braccio libero, riportandola con il viso premuto sulla spalla. Doveva prendere una tregua da quegli occhi cristallini e apprensivi, prima di scoppiare in lacrime. Una parte di lui si rendeva conto che sì, stava finalmente abbracciando Altayr, ma il momento era così drammatico che non riuscì a gioirne.
    « Scusa se non ti ho più scritto dopo quella volta in biblioteca. All'improvviso è arrivata questa lettera che mi ordinava di tornare dall'uomo che odio di più al mondo, e sono andato in tilt.
    Non volevo saperne ».
    Appoggiò la testa alla sua, ancora coperta di neve, e inspirò a fondo il profumo che emanava per imprimerlo nella mente.
    Gli sarebbe servito, una volta a Sunda.
    « Non volevo fare questa scenata strappalacrime, davvero, ma quando sono con te mi capita di comportarmi in modo strano » si giustificò, scompigliandole i capelli sulla nuca per farle capire che non voleva essere troppo serio. Aleggiavano un sacco di cose non dette fra loro, ancora non erano pronti ad ammetterle. Izar sapeva che quella che all’inizio era una semplice cotta si stava trasformando in qualcosa di serio, almeno per i suoi standard, ma doveva avere la certezza che anche Altayr provasse lo stesso.
    « Non fare quella faccia. Ci sentiremo comunque, e ogni tanto mi sarà permesso di tornare indietro ».
    Si separò da lei quel tanto che bastava per guardarla in volto, un po’ più sollevato di prima. « Andiamo a mangiare qualcosa? A stomaco pieno si ragiona meglio ». I panini e il termos di tè caldo attendevano il loro spuntino nella vecchia catapecchia, insieme al regalo che il Corvo aveva nascosto e custodito gelosamente, lontano dalle manacce di Samael.

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    Non era facile mantenere alto lo sguardo e tenerlo puntato in quello del ragazzo, affatto. Forse sarebbe stato meglio restare a capo chino, ascoltando ciò che Izar aveva da dire senza doverlo guardare in viso. Era straziante. Gli occhi del Corvo riflettevano i suoi, pieni di rabbia e sconforto, e quelli di lui sembravano colmi di tristezza e risentimento. Sarebbe partito, irrimediabilmente, e Altayr non capiva perché ci stava rimanendo così male. In fondo, non si conoscevano nemmeno da così tanto, si vedevano una volta al mese se gli andava bene, conoscevano poche cose l'uno dell'altro. E allora perché, diamine, perché sentiva la testa pulsarle e il petto esplodere?
    Ascoltò le parole di Izar in silenzio, le labbra serrate. Non gli rispose, dato che non sarebbe riuscita ad articolare una sola frase di senso compiuto. Quando il Corvo sussurrò un "Lo vorrei tanto" sinceramente dispiaciuto, sentì il cuore sciogliersi. Non voleva che lui partisse, non voleva che qualcun'altro la lasciasse di nuovo andandosene chissà dove. Era già successo, pensava di averne avuto abbastanza. Si stava ripetendo la stessa scena di qualche anno fa, qualcosa che avrebbe voluto scordare e non ricollegare più a nessun momento della sua vita presente. Il ragazzo, poi, la attirò a sé, un braccio a stringerle la schiena e il suo viso affondato nella giacca all'altezza della spalla. L'odore di fumo la investì di nuovo, più forte che mai, ma non ci badò molto, come non diede molto peso all'abbraccio di Izar. Non ci sarebbe riuscita neanche impegnandosi, a concentrarsi su qualcosa che non fosse la brutta notizia che il Corvo le aveva appena dato.
    Izar parlò di nuovo, scusandosi di non averla più contattata in quei giorni, e sentì una leggera pressione sulla testa. Il padre lo aveva richiamato al suo cospetto, dunque. Lo aveva definito "l'uomo che odio di più al mondo": era palese il risentimento che provava nei confronti del padre, e gli venne spontaneo chiedersi il perché - primo pensiero sensato da quando era venuta a conoscenza della partenza del Corvo. Mano a mano che Izar parlava, comunque, la rabbia si stava lentamente consumando, lasciando che un inspiegabile senso di vuoto dilagasse nel suo petto. Si sentiva un po' spaesata, e subito si domandò se sarebbe riuscita a rivederlo ancora, stavolta non prendendosi la briga di silenziare quello strano pensiero.
    La voce di Izar la fece tornare con i piedi per terra.
    « Non fa niente. » scosse lievemente il capo, rispondendo alle scuse di poco prima. Aveva avuto altro a cui pensare, cose più importanti che scrivere ad una ragazzina. Portò entrambe le mani dietro la schiena del ragazzo, passando sotto le braccia, e stringendo la giacca all'altezza delle spalle. Era ancora convinta che se lo avesse lasciato andare si sarebbe allontanato da lei senza che l'Aquila potesse fare niente: era una figura retorica, ma non ci andava così tanto lontano. Si sentiva così impotente.
    Alla seguente affermazione di Izar, sulle labbra di Altayr spuntò spontaneo un sorriso.
    « Figurati. » mormorò. Sentiva il cuore ricominciare a battere, come se fino a quell'attimo fosse rimasto fermo. Quel "comportarmi in modo strano" e il contemporaneo arruffamento di capelli l'avevano sbloccata: anche Izar sembrava essersi leggermente rilassato.
    « Ti conviene farlo davvero. » disse poi, a voce un po' più alta, a proposito dei quasi sicuri futuri incontri dei due mutaforma. « Altrimenti vengo a cercarti, e sicuramente non per una visita di piacere. »
    Si accorse che aveva parlato davvero poco fino a quel momento, non aveva detto più di tre parole per frase, ma ora sembrava più o meno come prima. Il ragazzo si staccò leggermente da lei, riuscendo a guardarla in viso. Altayr fece un piccolo sorriso, accettando di buon grado la proposta.
    « E' stata una mattinata piena di sorprese. Ho un certo languorino. » esclamò, tentando di riprendere il tono entusiasta che sempre aveva, e lasciò, seppur più lentamente che poté, a malincuore la stretta di Izar per avviarsi insieme a lui verso la casetta. Durante il tragitto, si impegnò a mantenere il passo del ragazzo, anche se quest'ultimo pareva avesse rallentato l'andatura. Ora che ci ragionava a mente lucida, quella chiacchierata era stata una dura prova per entrambi. Il Corvo aveva detto cose che non erano sfuggite alla cacciatrice, come quel "qualcuno che non mi odia per quello che sono", o qualcosa di simile. Cosa voleva dire? Qualcun'altro non poteva sopportarlo per la sua natura? Non volle comunque fare domande, non voleva forzarlo a raccontare cose spiacevoli. Magari sarebbe venuto il tempo anche per quello. Era anche da spiegare anche il perché dell'odore di tabacco che si portava addosso, ma non avrebbe chiesto niente. Quello probabilmente era riconducibile a Samael, ma era troppo forte per trattarsi di fumo passivo.
    Avrebbe lasciato tutto per un altro momento, non se la sentiva di affrontare un altro discorso pesante, non subito, e Izar sicuramente ancor meno di lei.
    « Giusto, comunque, a titolo informativo » disse poi, rivolgendo un sorriso ad Izar. « Ho scelto il premio che mi spetterà per aver vinto a palle di neve. »
    Era ancora un po' scossa, ma cercò comunque di non darlo a vedere. Era il suo ultimo giorno a Ta Nulli, aveva deciso di passarlo con lei, i musi lunghi erano fuori questione. Doveva arrendersi all'evidenza: sarebbe partito l'indomani, e l'unica cosa che poteva fare era riporre tutta la fiducia in lui, sperando di poterlo rivedere e che stesse - relativamente - bene anche nel continente demoniaco. Non sarebbe rimasto per lei, che ragazzina sciocca ed egoista che era. Si avvicinò al ragazzo, lasciando che le braccia si sfiorassero: ora non riusciva a stargli lontana, e non sapeva se le farfalle nello stomaco si potessero ricollegare alla sua presenza o alla sua imminente assenza.

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    Edited by ×naøko - 27/1/2016, 22:12
     
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    « Every flight begins with a fall »

    Il sole di mezzogiorno scaldava parecchio, nonostante il clima rigido. La radura dove si trovava la casa era completamente illuminata, e le stallatiti di ghiaccio che pendevano dal tetto iniziavano già a gocciolare. Sembrava che qualcuno avesse cosparso il paesaggio di glitter. Izar tirò un sospiro di sollievo nel vedere che nessun animale selvatico si era infiltrato nella catapecchia in loro assenza, perchè più di una volta le volpi erano venute a rubargli il pranzo. Aveva camminato di pari passo con Altayr, le mani affondate nelle tasche per resistere all'impulso di abbracciarla di nuovo, e al loro arrivo si era messo ad allestire il più scarno dei pic-nic: una coperta bucherellata sul pavimento, spazzato frettolosamente, un contenitore di plastica con quattro tramezzini e un thermos di tè verde, l’unica cosa che Samael ricordava di comprare perchè manteneva la pelle giovane. Non era il massimo, anzi, faceva abbastanza pena, ma era tutto ciò che poteva offrirle. Dato che il tavolo era inutile (gli mancava una gamba), lo spinse in fondo alla stanza per lasciare loro più posto, poi trafficò nello zaino alla ricerca dell’accendino. Gli capitò in mano anche il pacchetto di sigarette, che ricacciò sul fondo prima che Altayr facesse domande. « Tra un po’ ci sarà più caldo »
    le assicurò, smuovendo la legna nel camino,
    « però ci toccherà mangiare con la giacca addosso ».
    Avvicinò l’accendino alla pira, usando un pizzico di magia per dare ossigeno alla fiamma, e in breve si ritrovarono con un focolare scoppiettante e vivace a fare da cornice al loro spuntino. Fece cenno alla ragazza di sedersi, imitandola poco dopo.
    Aveva l’aria di chi stava annegando nei suoi pensieri, l’aquilotta. Tutto il bel teatrino drammatico di prima doveva averla scossa. Era insolito per lei avere un’espressione tanto cupa, sebbene cercasse di mascherarla con i soliti commenti provocatori.
    Se la sarebbe cavata da sola? Dava l’impressione di essere una donna forte e indipendente, ma dal modo in cui l’aveva abbracciato pochi attimi prima poteva intuire che, come ogni persona, anche lei doveva sentirsi sola, di tanto in tanto. Se solo fosse potuto restare qualche giorno in più... Magari con un altro paio di uscite avrebbero ammortizzato la separazione, dicendosi tutto quello che c’era da dire.
    Ora sembravano rientrati nella parte, come se entrambi si fossero tolti un gran peso dalla coscienza e potessero parlare liberamente.
    « Sono tutti al tonno ». Spinse il contenitore verso di lei con un sorriso di trionfo, perchè sapeva di essere andato sul sicuro con quel condimento. Per richiamare il piccante ci aveva sbriciolato del peperoncino, e il gusto non era per niente male.
    « Beh, adesso sono curioso. Che premio vorresti? » chiese, prima di mettere in bocca un tramezzino intero. Non si era accorto di aver accumulato tanto appetito. Dall'arrivo della lettera i suoi pasti si erano ridotti a cibo in scatola annaffiato di caffè, sempre con una sigaretta a cancellare il mix di sapori tremendi. Mentre aspettava la risposta della ragazza, mal celando la sua ansia, Izar tolse la sciarpa e abbassò la zip della giacca pesante, grato che il camino stesse facendo il suo dovere.

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    L'atmosfera si era rilassata, e Altayr non poté esserne più contenta. Era ancora un po' spaesata, ma riuscì di nuovo a rilassarsi mentre aiutava Izar a sistemare l'interno della catapecchia. Quel ragazzo aveva mille risorse, e non le permise di fare granché: non glielo disse esplicitamente, ma andava da una parte all'altra della stanza senza che lei potesse mettersi in mezzo. Quella situazione la rimandò a quando l'aveva aiutata a Ta Nulli: appena entrati in casa, aveva sistemato tutto di fretta, esattamente come stava facendo in quel momento. Sorrise nel guardarlo, sedendosi poi vicino a lui prima di cominciare a mangiare.
    Il fuoco stava cominciando a crescere pian piano, e nel mentre Altayr si tolse la sciarpa. Non pensava che la notizia di prima potesse scoraggiarla tanto, diamine. Forse stava diventando una pappamolle. Il problema era che non capiva perché ci era rimasta così male. Guardò Izar di sottecchi: cos'era quel ragazzo per lei? Se prima tentava di non pensarci, adesso non poteva fare a meno di chiederselo.
    Sospirò, sollevando gli occhi al cielo. Magari ci avrebbe pensato in un altro momento, quello non era sicuramente il più adatto. Si ripeté che era il suo ultimo giorno nel continente ibrido, non glielo voleva rovinare così. Il Corvo gli passò dei tramezzini, sottolineando il fatto che fossero tutti al tonno. Altayr sorrise complice.
    « Non pensavo te lo ricordassi. » l'aveva sorpresa con un panino al tonno solamente una volta, eppure a quanto pare non si era dimenticato che aveva un debole per quel condimento. Ne morse uno, e subito intuì ci fosse del peperoncino. Era riuscito a rendere veramente buono anche un infimo tramezzino: Izar ci sapeva davvero fare.
    « Beh, adesso sono curioso. Che premio vorresti? » La ragazza gli fece cenno di aspettare, e finì di masticare.
    « Dunque » cominciò, giocherellando un po' con le mani e guardandolo in viso. « Sono stata invitata ad un evento, tra un paio di mesi, nel continente demoniaco. »
    Era una cena di medio-alta borghesia da quel che sapeva, qualcosa di tranquillo. Ma si sapeva che nemmeno i borghesi rinunciavano a qualche piacere, neanche durante eventi di poco valore come quello. Altayr non era propriamente una delle invitate, ma bensì avrebbe dovuto suonare per accompagnare la cena. Beh, le avrebbero offerto il pasto, quindi aveva accettato di buon grado. In un paio di mesi sarebbe riuscita a fare abbastanza missioni da permettersi un viaggetto nel Ludh Tasuh.
    « Dovrebbe tenersi proprio a Sunda, se non sbaglio. » aveva deciso di proporglielo anche per questo, almeno non avrebbe dovuto avere grosse difficoltà a venire.
    « E mi serve un accompagnatore. » a dire il vero, non sapeva se poteva avere un accompagnatore, in quanto semplice pianista, ma la ragazza che l'aveva contattata aveva detto che se voleva portare qualcuno in modo da non rimanere sola poteva benissimo farlo. La prima persona che aveva avuto in mente di invitare era stata Shelia, ma era a conoscenza della sua ripugnanza per i demoni. Quindi, poteva capitarle un'occasione migliore?
    Puntò l'indice verso il Corvo a mo' di pistola, e chiuse un occhio come a voler prendere la mira. « Il prescelto sei tu, uccellino. »
    Prese un altro tramezzino dal contenitore, lasciando l'altro a Izar, e lo addentò.
    « Non sono ammessi rifiuti o scuse, sia ben chiaro. » Era il suo premio dopotutto, non poteva permetterselo. E non glielo avrebbe comunque permesso, se solo il pensiero gli avesse sfiorato la mente. Almeno adesso aveva la conferma di poterlo rivedere. Sorrise largamente al pensiero, sfilandosi poi la giacca. L'Aquila sopportava ben poco il freddo, ma ora cominciava ad essere abbastanza caldo da potersi permettere di levarsi il cappotto.
    Vedere comunque Izar comportarsi come al solito la tirò su di morale. Si sentiva meglio rispetto a prima. Non era come se non fosse cambiato niente, anzi, ma se non aveva dovuto forzare un tono allegro nel parlare, allora sì, stava meglio.
    « Hai ancora la neve sui capelli. » fece appena finito di ingoiare un boccone, e rise. Allungò il braccio verso la sua testa, e con un gesto della mano gliene tolse un po', scompigliandogli irrimediabilmente i capelli.
    « Così hai un certo fascino. » rise sommessamente di nuovo, tentando di rimettergli a posto il ciuffo senza i risultati sperati. Lo stomaco fece per l'ennesima volta una capriola, ma non ci fece troppo caso. O almeno ci provò.

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    Il premio che Altayr aveva scelto era davvero... particolare. Rimase ad ascoltarla ad occhi sgranati, non riuscendo a immaginarsi come suo accompagnatore, tutto ben vestito a una cena di gala. La cosa più elegante che aveva era una camicia nera, e mancavano due bottoni. Per fortuna l’aveva avvisato in anticipo!
    « Non sono ammessi rifiuti o scuse, sia ben chiaro. » lo ammonì, una pistola immaginaria puntata su di lui.
    « Ah... uhm... okay? ». Non riuscì a formulare una risposta migliore di quella, imbambolato com'era.
    Gli aveva dato un’enorme responsabilità, e per quanto se ne sentisse onorato, un po’ lo spaventava. Non sapeva niente delle formalità dei ricchi, ma forse avrebbe imparato una cosa o due durante il suo soggiorno in casa Al Nair.
    Mentre ci rimuginava su, completamente assorbito dalle preoccupazioni, sentì la mano di Altayr sulla testa. « Hai ancora la neve sui capelli. »
    « Davvero? ». La domanda l’aveva fatta sovrappensiero, perchè in quel momento non aveva tempo per badare ai capelli bagnati e le varie conseguenze. « Così hai un certo fascino. » rise la ragazza, dopo averli scompigliati in tutte le direzioni. Stava per ribattere con qualche brillante affermazione, quando un brivido lo mise sull’attenti. Gli occhi di Corvo cercavano affamati il viso della mutaforma, che tanto si impegnava a ridare una forma alla sua pettinatura. Sentiva il sangue ribollire, le scapole prudere terribilmente. Quando lei era nei paraggi non era padrone delle sue azioni, e tutto per il sangue demoniaco che gli scorreva nelle vene.
    Se voleva qualcosa, doveva averlo. Samael ragionava in quei termini da quando era venuto al mondo, gli riusciva naturale. Suo padre e sua madre, allo stesso modo, un tempo erano stati Demoni spietati come lui, ugualmente prede degli istinti, quindi era solo normale che di tanto in tanto il suo corpo volesse dare meno retta al cervello e più ai desideri che celava in segreto. Di riflesso afferrò il polso sottile di Altayr, fin troppo vicina, e lo abbassò all’altezza del suo viso. Poteva sentire il pulsare ritmico delle vene, il profumo della pelle che si mescolava all’odore di fumo del camino... Ma cosa stava facendo?
    Si riscosse, scrollando il capo, e la lasciò andare prima che la situazione diventasse imbarazzante.
    « Verrò volentieri, devo segnarmi il giorno da qualche parte ». Si alzò e andò alla ricerca del cellulare nello zaino, quando incappò in una scatolina grigia e anonima. - Perfetto, adesso è il momento giusto -.
    La aprì, facendo scivolare il contenuto nel pugno con nonchalance. « Ho bisogno che tu chiuda gli occhi un attimo » disse, con lo stesso tono agguerrito che l’Aquila aveva usato nel dirgli che era costretto a seguirla all’evento. « Niente scherzi, promesso.
    Ah, e sposta i capelli sulla spalla »

    Aspettò che le obbedisse, immaginando i suoi sospetti, e si accovacciò dietro di lei cercando di sbrogliare la catenella della collana. Aveva scelto un semplicissimo pendaglio a forma di piuma, nera come le sue, piccola e poco vistosa. Le circondò il collo con un unico, fluido movimento, per poi riunire le due estremità e lasciarla libera.
    « Beh, buon compleanno, anche se in ritardo ».
    Almeno, nonostante la lontananza, si sarebbe ricordata di lui.

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    Altayr si sentì afferrare il polso all'improvviso, e smise di ridere. Forse gli aveva dato fastidio il gesto? O magari era arrabbiato perché gli aveva scompigliato i capelli? Non le era sembrato il tipo, onestamente. Lo scrutò in viso, e capì che non l'aveva fermata perché la considerava una seccatura. C'era qualcosa di strano nel modo in cui la guardava. Le metteva quasi soggezione. Tentò cautamente di liberarsi, ma il Corvo la stringeva forte.
    « Izar » lo chiamò piano, tentando di richiamare la sua attenzione. Non sembrava averla sentita, ma poco dopo la lasciò andare. Stette a guardarlo mentre si alzava a cercare qualcosa nello zaino.
    Aveva forse fatto qualcosa di sbagliato? Probabilmente non gli era piaciuta granché la richiesta dell'Aquila, o stava ripensando alla partenza del giorno successivo. Sospirò impercettibilmente.
    « E' una semplice cena, niente di importante. » disse, andando leggermente indietro col busto e sostenendosi con le braccia tese. Stavano parlando di quello, tanto valeva rassicurarlo sul premio che aveva richiesto. Aveva risposto in modo un po' titubante, in effetti.
    « E' giusto una riunione tra qualche famiglia borghese. » continuò, il ragazzo che le dava la schiena chino sul suo zaino. « Io ricoprirò un ruolo del tutto marginale, non ci faranno neanche tanto caso. » chi mai avrebbe badato ad una pianista? Non era neanche un demone, quindi con molte probabilità non la avrebbero infastidita più di tanto. Camerieri, musicisti e affini erano ben poco calcolati, che si trattasse di una cena in grande o meno poco importava. Non avrebbero fatto caso a loro, se è questo che il ragazzo temeva. Non c'era neanche bisogno di tanta formalità ad un evento del genere, le era sembrata un'idea fattibile.
    « Ho bisogno che tu chiuda gli occhi un attimo »
    Altayr alzò un sopracciglio, scettica, e sul suo volto si disegnò un mezzo sorriso.
    « E perché mai? » il tono con cui pronunciò la frase le uscì più malizioso di quanto volesse, sebbene non lo avesse fatto apposta.
    « Niente scherzi, promesso. Ah, e sposta i capelli sulla spalla »
    L'Aquila fece quanto detto, tentando comunque di sbirciare. Sentì però Izar posizionarsi dietro di lei, e non poté farci nulla. Cosa aveva in mente il Corvo? Non riusciva a percepire nessun suono sospetto alle sue spalle. Che stava combinando? Provò a ricollegare la richiesta di Izar a qualche situazione a lei familiare: lo aveva visto fare qualche volta nei film, questo sì. Quindi forse...
    Percepì qualcosa di freddo attorno al suo collo, e senza pensarci aprì gli occhi guardando verso il basso: vi trovò una collanina sottile, con un ciondolo scuro che aveva tutta l'aria di essere una piuma. Sulle sue labbra si dipinse un sorriso, che divenne sempre più largo mano a mano che la ragazza continuava a rigirare l'inaspettato regalo tra le dita.
    « Ma che ti è saltato in mente? » esclamò, palesemente in visibilio, girandosi verso di lui con un grande sorriso. Non se lo sarebbe mai aspettato, davvero.
    « Grazie. » sorrise sincera, sfiorandogli la punta delle dita con una mano. Gliene era sinceramente grata. Izar non era stato costretto a prendergli qualcosa, era un pensiero che aveva apprezzato tantissimo. Il colore della piuma le ricordava quello delle ali di Izar, nere come la notte. Chissà se l'aveva scelta apposta. Ora che sarebbe andato via, acquisiva un significato ancora più importante.
    « Ah, ho qualcosa anche io! » si allungò verso la giacca e prese il regalo per il ragazzo dalla tasca. Non era praticamente nulla rispetto a ciò che lui le aveva regalato, lo sapeva bene. Sperava non ci rimanesse male. Non lo aveva neanche incartato, fenomenale. Si rimise seduta composta davanti a Izar, porgendogli ciò che aveva in mano.
    « Non è niente di che » fece, sfregandosi le mani. « Ma mi sembrava carino, e quindi... »
    Era un portachiavi con attaccato un gufetto di stoffa colorata e un quadrifoglio, entrambi simboli di buon auspicio. Un regalo infantile? Scontato? Oh, sì. Ma sul momento non ci aveva dato tanto peso. Ora che invece Izar le aveva regalato qualcosa di significativo, beh, probabilmente il ragazzo avrebbe potuto fare buon viso a cattivo gioco. Rise, leggermente nervosa.
    « Buon compleanno anche a te, allora. » fece spallucce e agganciò il suo indice a quello del ragazzo, e sorrise. Il cuore cominciò a batterle più rapidamente, e nel silenzio della catapecchia sembrava potesse sentirlo anche Izar. « Anche se io sono più in ritardo di te. »
    "E con un regalo più insulso." aggiunse mentalmente, ripromettendosi di fargli qualcosa di meglio al prossimo compleanno, o a Natale. O a entrambi, perché no.

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    Per fortuna il regalo le era piaciuto. Ci aveva messo un sacco a sceglierlo, e proprio non si aspettava qualcosa in cambio. Stava ancora studiando il portachiavi con occhio critico, quando il dito sottile di Altayr si aggrappò al suo.
    Finalmente aveva di nuovo le mani calde.
    Lo strinse di riflesso per pochi istanti, prima di lasciare la presa e intrecciare tutta la mano alla sua per assaporarne il calore. Il contatto fisico era la novità del giorno, e lui ne era già dipendente. Portò il portachiavi all’altezza del viso, il gufetto che ciondolava accanto al quadrifoglio in un’accoppiata davvero ironica. « Sapevi che i corvi sono simbolo di sventura? » le chiese, sorridendo. « Magari questo mi servirà per controbilanciare la cattiva sorte. Grazie ».
    Si domandò a quale mazzo di chiavi avrebbe potuto attaccarlo, dato che quelle di casa sarebbero rimaste dimenticate nella valigia per un po’. Magari era proprio il suo posto, invece. Un oggetto a ricordargli da quale mondo provenisse, con dei pendagli di buon auspicio ad anticiparne il ritorno.
    Non importava quanto Izarhaya volesse temprarlo o fargli il lavaggio del cervello. Lui era un mutaforma, non un Demone, e sarebbe sempre tornato nel Luhd Epnet, dove Samael l’aveva cresciuto e dove sentiva di appartenere. E poi adesso c’era Altayr ad aspettarlo, no? Un motivo in più per pregare che il tempo alla corte Al Nair passasse in fretta. Ogni volta che ci pensava il suo stomaco si stringeva per il disgusto. Serrò le dita tra quelle dell’Aquila, ben consapevole di avere l’espressione di un cane bastonato, nemmeno il regalo gli avesse fatto schifo. In realtà era contentissimo, ma ogni minuto che trascorreva con lei lo avvicinava al giorno della partenza. Se solo avesse avuto il dono di sparire, cambiare faccia... avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di opporsi al destino.
    « Sono contento di averti vista, oggi. »
    La sensazione di tepore emanata dalla sua pelle lo calmò. Poteva avvertire la parte demoniaca ritirarsi, insieme alle iridi cupe di Corvo.
    In un istante la vista ricominciò ad appannarsi.
    Per fortuna Altayr era vicina. Perse tutti i dettagli del suo viso, dei suoi bellissimi occhi, ma non aveva importanza. Era di nuovo sè stesso.
    « Le persone che ho conosciuto in questi diciannove anni mi hanno sempre considerato un errore, un qualcosa che per natura non dovrebbe esistere.
    E poi, diciamocelo, fossi stato un gattino magari mi sarei salvato, ma un corvo? Sono messaggeri di morte. »
    Fece una pausa, sospirando, e approfittò della vicinanza per imitare il gesto che Altayr aveva fatto dopo la loro battaglia a palle di neve, piegandosi verso di lei e appoggiando la fronte alla sua spalla. Improvvisamente, Izar si sentì stanchissimo. « Un giorno sei arrivata tu, bagnata fradicia e con lo sguardo più intimidatorio che avessi mai visto. Le aquile sono animali maestosi, le rispettano tutti. Credo di averti odiato per questo. » Ridacchiò a quell’affermazione, sorpreso per averlo anche solo pensato. Non si poteva odiare una ragazza del genere. « Alla fine mi hai fatto capire che essere legati al cielo è un privilegio, non una maledizione. Che le nostre ali non sono angeliche,
    nè demoniache, e possiamo essere quello che vogliamo.»
    Alzò di poco il mento, sfiorando il lato del suo collo con la punta del naso. Altayr aveva un odore buonissimo, ma non c’entrava con profumi, creme o cose del genere. Era prettamente suo, e lui l’avrebbe riconosciuto anche in mezzo ad una folla di mille persone. Si allontanò, le dita ancora intrecciate, e fece un sorriso ampio e sincero.
    « Quindi grazie di avermi accettato, grazie per essere qui con me... e grazie del regalo, anche se il mio compleanno è distante ».

    «Parlato» -Pensato-

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    Edited by Sullivan - 4/2/2016, 22:36
     
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    Fu come se le loro mani si intrecciassero a rallentatore: seguì ogni movimento delle dita di Izar ad occhi sgranati e le guance che si riscaldavano pian piano. L'approccio di Altayr era stato leggero e poco invadente, il Corvo invece si era fatto subito avanti, cogliendola di sorpresa. Schiuse le labbra, lo sguardo poggiato sulle loro mani e il cervello completamente fuori uso. Anche poco fa sulla neve aveva intrecciato le sue mani a quelle dell'Aquila, ma non le aveva provocato la stessa reazione. Era troppo focalizzata su altro per accorgersene, ma ora era tutta un'altra storia. Mise la mano sinistra sul viso, tentando di nascondere il rossore: se Izar l'avesse notato chissà cosa avrebbe detto. Lo divertiva farla ridurre in quel modo, a quanto pareva. Lo guardò, mentre stava studiando il portachiavi, per poi ritornare sulle mani. Che razza di situazione. Si sentiva felice come una bambina in un negozio di caramelle.
    « Sapevi che i corvi sono simbolo di sventura? » le domandò il Corvo, e Altayr tornò a guardarlo negli occhi. Scosse il capo, non riuscendo a spiccicare parola. Era tutto un misto di contentezza e imbarazzo che tentava malamente di soffocare. Sorrise alla seguente frase del ragazzo, che a quanto aveva detto aveva apprezzato il regalo, e tirò un sospiro di sollievo.
    La mano del ragazzo era più fredda della sua, ma pian piano si stava riscaldando. Era una sensazione piacevole che un po' le era mancata. Non sapeva con quali intenzioni l'aveva fatto - o meglio, non voleva farsi tante fantasie - ma quei contatti la stavano mandando decisamente su di giri, facendole provare sensazioni nuove e inizialmente indecifrabili. Ora stava diventando tutto più chiaro, ma lei rifiutava di accettarlo, tutto qui. Non è facile ammettere di tenere ad una persona più del dovuto, e Altayr lo trovava ancora più complicato, orgogliosa com'era.
    D'un tratto, sentì le dita di Izar stringere le sue, e alzò gli occhi su di lui: aveva disegnata un'espressione affranta sul volto. Eppure, prima stava sorridendo. Era forse a causa della partenza? Si morse il labbro, non sapendo cosa dire per tentare di tirarlo su di morale. Sembrava portarsi sulle spalle un peso micidiale, e l'Aquila avrebbe voluto alleggerirglielo un poco. L'unica cosa che poteva fare in quel momento era mostrargli il suo supporto, seppur in silenzio.
    « Sono contento di averti vista, oggi. »
    La prese alla sprovvista anche questa volta. Diamine, quel benedetto ragazzo stava eludendo tutte le sue difese, e non andava affatto bene. Sorrise, stringendo a sua volta le dita tra quelle di Izar.
    « Vale lo stesso per me. » il sorriso sulle sue labbra si allargò quando gli occhi da Corvo del ragazzo sfumarono, lasciando spazio alle iridi smeraldine che ad Altayr tanto piacevano. Erano di un colore simile al suo, ma erano più verdi, più vibranti. Le piacevano di più. Quelli della ragazza erano più scuri, come se qualcosa ci si annidasse dentro, invece Izar aveva degli occhi chiari e luminosi.
    Il Corvo cominciò a parlare, e lei stette ad ascoltare. Le stava raccontando tanto di lui, quel giorno, e Altayr non poteva non esserne contenta. Stava riponendo la sua fiducia in lei. Al contempo però, non sapeva come sostenerlo o aiutarlo. Avrebbe voluto fare qualcosa.
    Izar si appoggiò alla sua spalla, proprio come aveva fatto lei in riva al lago, e sorrise un po' malinconica fino a quando non smise di parlare. Come scordarsi quella giornata di pioggia a Mekar Ledo? Neanche lei lo sopportava granché, ma non per particolari motivi: lui l'aveva attaccata senza motivo e continuava a tirargli frecciatine, di conseguenza gli aveva fatto una brutta impressione. Se avesse saputo che sarebbero finiti così, sarebbe scoppiata a ridere.
    Le parole di Izar le fecero battere il cuore più del dovuto. Non pensava minimamente che un ragazzo così potesse portarsi dietro un pensiero del genere. Lo sentiva così vicino a lei, in quel momento. Quasi involontariamente, la mano libera andò a posarsi sui capelli di lui. Cominciò a toccarli con tocco leggero, quasi non volesse essere colta in flagrante. Era come se a toccarlo potesse finire in mille pezzi, ma la stretta tra le sue dita era forte. Non poteva essere definito un errore, non lui. Con quale coraggio? Come si poteva definire un errore qualcuno? Probabilmente non avrebbe trovato mai risposta.
    Il mutaforma alzò il mente, e Altayr ritirò subito la mano. Si allontanò da lei, mostrandogli poi un sorriso luminoso. Da quando i sorrisi mozzavano il fiato? Santo cielo, doveva darsi una calmata. Quel ragazzo era illegale.
    « Io non ho fatto niente. » sorrise leggermente a sua volta. « Sei tu ad essere forte. »
    Sapeva cosa voleva definire essere considerata niente più che uno scarto. Ricordava il dolore dei pugni allo stomaco e il sangue che le saliva al cervello quando le dicevano qualcosa su sua madre e su di lei. Aveva combattuto da sola, ed era stata una battaglia estenuante. Lo era tuttora, di persone che discriminavano i mutaforma ce n'erano a bizzeffe su Andellen, e nel vicinato lei e Mira avevano ancora una cattiva reputazione, seppur lo dessero meno a vedere.
    « Non permettere a nessuno di screditarti. » disse poi, guardandolo negli occhi. Al solo ricordare, poteva sentire la rabbia crescere in lei. « Sai quanto vali, dimostralo. E se non lo sai, te lo dico io: vali tanto. »
    Magari Izar non aveva neanche bisogno di sentirsi dire tutto ciò. Eppure, sarebbero state più o meno le parole che avrebbe detto alla sé stessa di qualche anno prima.
    « Sii fiero di ciò che sei. » gli accarezzò il dorso della mano con il pollice, e gli sorrise. « Puoi contare su di me per qualunque cosa. »
    Si spostò poi al suo fianco, continuando a tenere stretta la mano di Izar nella sua. La sensazione che potesse scomparire appena l'avrebbe perso di vista era ancora presente, seppur si fosse attenuata un po'. Non riusciva ancora a credere che i loro incontri sarebbero diventati ancora più distanti l'uno dall'altro, sempre se ci sarebbero stati.
    « Ci siamo accettati a vicenda. Quindi grazie anche da parte mia. »
    "Sei l'ultima persona che definirei errore." meno male che riuscì a cucirsi la bocca prima, aveva rischiato grosso. Accantonò quel pensiero insistente, perdendosi negli occhi verdi di lui. Era difficile da ammettere, ma gli sarebbe mancato.

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    Quando era stata l'ultima volta che si era sentito così... bene, in pace con sè stesso? Forse mai prima di allora. Il contatto con Altayr era la sua ancora di salvezza, se l'avesse lasciata sarebbe ripiombato nell'ombra. La ascoltò ad occhi sgranati mentre tesseva le sue lodi, dicendogli che valeva più di quanto pensasse, fosse forte e importante. Ad ogni parola di incoraggiamento la sua stretta si faceva più salda, mentre tentava di reprimere la voglia di toccarla di nuovo. Doveva darsi un contegno, ma era troppo felice. « Ci siamo accettati a vicenda.
    Quindi grazie anche da parte mia. »

    « Non c'è di che » disse, un leggero sorriso sulle labbra. « Adesso smettiamola di fare i sentimentali,
    o avrò bisogno di altri abbracci ».

    Sciolse l'intreccio di mani per prendere il thermos e versarle da bere. Il tappo fungeva da bicchiere, ed era l'unico che aveva portato, perciò attese che lei bevesse prima di prendere la sua parte. Beh, si era sfogato per bene. Tutta l'ansia accumulata era letteralmente volata via. Non aveva mai avuto una persona a cui poter confidare i segreti, le paure e i ricordi che serbava. Forse era questa la famigerata amicizia di cui tutti parlavano? Più guardava la ragazza e più si convinceva che i suoi sentimenti fossero troppo pressanti perchè si trattasse unicamente di quello. Che fosse cotto di lei lo sapeva, ma sapeva anche di non essere arrivato al suo cuore. Serviva tempo. E poi cosa conosceva sul suo conto? Doveva rimediare. « Cosa farai finchè sarò via?
    Ti metterai a studiare? »
    chiese, sapendo già la risposta. « In effetti, sai, su di te non so molto. Raccontami qualcosa, la tua voce ha un effetto calmante ». L'atmosfera conciliava il sonno, così come la presenza dell'Aquila accanto a lui. Aveva abbassato le difese, la stanchezza si faceva sentire, ma era ansioso di ascoltare ciò che aveva da dirgli. Chi erano i suoi genitori, cosa faceva, a che razza appartenevano, come trascorreva le giornate...
    Cose della vita quotidiana che lo tenessero ben saldo al presente, senza dargli il tempo di piangersi addosso per il destino imminente. Ogni dettaglio era fondamentale per capirla più a fondo, perfino il più stupido.
    Pendeva dalle sue labbra.

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    Edited by Sullivan - 4/2/2016, 22:39
     
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    Punto primo: doveva darsi una calmata. Il cuore andava a mille all'ora, e lo stomaco le faceva quasi male. Punto secondo: sì, doveva decisamente riprendere il controllo di sé stessa. Quel ragazzo stava diventando la sua rovina: che diavolo le prendeva quando era in sua compagnia? Le altre volte non aveva provato sensazioni così forti. Che urto. Sicuramente era a causa del frequente contatto fisico: da una parte, quindi, sarebbe stato meglio finirla, ma dall'altra non poteva farne a meno.
    Il Corvo ora sembrava più sollevato, e ne fu grata: a quanto pare quegli incitamenti non erano stati inutili. Li pensava davvero, non erano bugie giusto per farlo contento. I mutaforma venivano spesso derisi per la loro natura, e anche lui sembrava esserci passato. Bisognava sostenersi a vicenda, era l'unico modo per uscirne fuori.
    Quando Izar lasciò la sua mano, Altayr ne approfittò per prendere un paio di respiri profondi.
    "Ce la puoi fare, su." si incitò, tentando di far tornare il battito cardiaco alla normalità, cosa che non accadde. Era stato... piacevole? Non sapeva come definirlo, ma ora si sentiva una sorta di vuoto tra le dita che avrebbe voluto ricolmare.
    "Eh no Altayr, stai buona." perché doveva pensare certe cose? Dannazione, era più forte di lei. Quel ragazzo era una sorta di calamita: anche senza volerlo, l'Aquila si ritrovava sempre là, vicino a lui. Il fatto di non poter controllare le sue emozioni le faceva salire il nervoso, a dirla tutta, e ciò cozzava con la felicità e la rilassatezza che provava a stare con lui. Quando Izar le passò il tè, Altayr ringraziò, portandoselo un po' alla bocca. Assomigliava molto a quello che beveva sua madre, probabilmente era della stessa marca.
    « Ah, è caldo... » mormorò soddisfatta, godendosi il tepore che le stava riempendo la gola. D'inverno, la cacciatrice più stava al caldo meglio era, e tra il fuoco del camino e la bevanda bollente stava una meraviglia.
    « Cosa farai finché sarò via? Ti metterai a studiare? » Altayr si voltò verso di lui e trattenne una risata.
    « Certo che no. » rispose con un mezzo sorriso. « Anche se il pensiero mi aveva sfiorato la mente prima di Natale. » Esatto, le era venuta la malsana idea di dare almeno un esame prima di partire per Sodony, ma la buona volontà l'aveva abbandonata dopo aver letto un paio di righe del libro di storia antica. Inutile dirlo, ci aveva rinunciato ancor prima di cominciare: si era sentita sfinita solo aprendo il libro, figuriamoci. Bisognava ammettere però che non capitava spesso che la ragazza provasse a studiare in periodo di esami. Si stava rimbecillendo, senza dubbio.
    « Ma alla fine non ho combinato niente. » fece spallucce, finendo il tè e passando il contenitore a Izar affinché ne bevesse un po' anche lui.
    « In effetti, sai, su di te non so molto. Raccontami qualcosa, la tua voce ha un effetto calmante » l'Aquila alzò un sopracciglio, poi sorrise: non aveva in effetti tutti i torti. Aveva detto ben poche cose sul suo conto, forse perché non c'era granché da dire. Non aveva qualcosa di speciale, neanche interessi fuori dal comune. Escludendo l'essere una cacciatrice di taglie, ovviamente, ma non poteva rivelarglielo.
    « Non c'è molto da dire » cominciò, prendendo una ciocca e cominciando a rigirarsela tra le dita. « Mi piace viaggiare, leggere e la musica. Oh, e giocare ai videogiochi, e combattere. »
    Bene, cos'altro? Aveva praticamente detto tutto. Wow, Altayr, sei proprio una persona interessante. « O meglio, allenarmi nel combattimento. Ravvicinato o con delle armi non fa differenza, mi piace ugualmente. E mi diverte provare a indovinare il segno zodiacale delle persone. »
    Con questo aveva completato il quadretto. Non aveva altri hobby o passioni. Elencandoli così, era proprio una persona mediocre. Guardò Izar al suo fianco: continuava ad ascoltarla - paradossalmente - ma al tempo stesso sembrava non essere con i piedi per terra.
    « E, ehm, niente, abito a Sodony con mia madre. » aggiunse, dondolando un po' sul posto. « Gestisce un negozio di fiori, e quando mi capita la aiuto come posso. Mio padre... » fece una pausa. Aveva cominciato la frase d'istinto, senza pensare a come concluderla. Ma l'aveva messa in ballo, doveva pur dire qualcosa. Ma di Izar sentiva di potersi fidare, non si sentiva in soggezione a dirglielo. L'essere cresciuta senza padre non era un segreto, ma per qualche motivo era sempre un po' restia a svelare cose sul suo passato. Ma il Corvo l'aveva fatto, non ci sarebbero dovuti essere problemi. « ...non so nemmeno chi sia. Probabilmente ho preso da lui i geni da mutaforma, dato che mia madre è un ibrido. » concluse, rifilando un'altra occhiata al Corvo.
    « Sei stanco? » chiese sorridendo. Era come se gli occhi gli si si potessero chiudere da un momento all'altro. « La mia voce ha un effetto molto calmante, a quanto pare. »

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    Izar assorbì le informazioni ad occhi socchiusi, deciso a farle capire che era presente sia con il corpo che con la testa. Beh, la testa un po' meno. L'attività del mattino, la camminata nella neve, il caos che aveva appena superato, tutto si sommava in una bomba soporifera. Poi si era aggiunto il caminetto, la voce cantilenante di Altayr e il tepore emanato dal suo corpo, un cocktail micidiale per le sue ore di sonno arretrate. La lista degli hobby dell'aquilotta era incredibile, perchè non includeva shopping, serate tra amiche o sport stupidi come l'aerobica, bensì il combattimento. Ridacchiò a quella rivelazione. Sapeva che era tosta, forse più di un uomo. Le prese il bicchiere vuoto e ci versò la sua parte, bevendo di proposito dallo stesso punto in cui aveva appoggiato le labbra lei. Non erano mica bambini delle elementari, certe cose andavano superate! Il té verde era ancora caldo, dell'amarezza giusta. Un altro punto a suo favore. Poi Altayr nominò suo padre, e l'aria si fece improvvisamente più pesante. « ... non so nemmeno chi sia. Probabilmente ho preso da lui i geni da mutaforma, dato che mia madre è un ibrido. »
    Izar cercò di assumere un'aria più sveglia, e sbirciò la sua espressione seriosa. Crescere senza un genitore doveva essere difficile, sebbene lui considerasse la figura di una madre più importante di quella di un padre. Le madri sanno come accudire i figli, consolarli e incoraggiarli. La ragazza, infatti, era cresciuta al meglio delle sue possibilità anche senza una figura maschile in casa. Si chiese che tipo di donna potesse essere per avere una figlia come lei. Un'Ibrido ha la vita più difficile di un Angelo o un Demone puro, figuriamoci con una bimba mutaforma. Doveva averne passate tante nella vita.
    « Sei stanco? La mia voce ha un effetto molto calmante, a quanto pare » gli disse, sorridendo placida. Izar annuì debolmente e si stropicciò gli occhi, soffocando uno sbadiglio. « In quest'ultimo periodo ho dormito pochissimo. Vorrei andare in letargo ». Continuando a darle attenzione, il Corvo appallottolò la sua sciarpa e gliela mise in grembo a mo' di cuscino, senza nemmeno chiedere il permesso, e si sdraiò, poggiandovi la testa. Meglio, molto meglio. Con il viso rivolto verso l'alto, poteva vedere gli occhi verde menta della ragazza squadrarlo come se fosse impazzito, ma non gli importava. Il ciondolo a forma di piuma stava sospeso sopra di lui, e lo afferrò per ammirarne le sfumature aranciate che prendeva al bagliore del fuoco.
    « Scusa, qui si sta meglio » mormorò, interrotto da un altro sbadiglio. « Comunque, se tu fossi un uomo saremo grandi amici. Ci piacciono le stesse cose ». Si fece serio di punto in bianco, tenendo la piuma tra il pollice e l'indice. Altayr non era un uomo, se ne sarebbe accorto da chilometri di distanza, e senza occhiali. Era questo il problema. Il fatto che volesse passare le giornate nella stretta salda del suo abbraccio, o che fosse impaziente di sentirla ancora giocare con i suoi capelli complicava la situazione. Lui la voleva come un uomo vuole una donna, niente amicizia o cose del genere. Sospirò a fondo, guardandola in volto. «Ringrazio tuo padre per averti fatta così simile a me. Da quando ti conosco mi sento meno strano, meno disadattato. E non odio più le Aquile». Una mezza verità. Non odiava più lei, di questo era certo, ma forse le sue simili sì. Avevano la brutta abitudine di rubargli da mangiare, e il modo in cui lo fissavano metteva i brividi. Izar si stiracchiò e chiuse gli occhi, troppo pesanti per starsene ancora vigili.
    « Ti spiace se dormo un po'? Dieci minuti bastano, non voglio che ti annoi ». La avvisò quando ormai era ad un passo dal dormiveglia, finalmente tranquillo e rilassato. Ascoltò il pulsare ritmico del cuore di lei, in perfetta sincronia con il suo, e scivolò in un sonno senza sogni.

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    Come volevasi dimostrare, Izar aveva davvero sonno. Gliene diede la conferma dicendo che era da un po' di tempo che dormiva poco, e senza che lei riuscisse a dire niente il ragazzo sistemò la sciarpa sul suo grembo e vi appoggiò la testa, sdraiandosi sul pavimento e il viso rivolto verso di lei. Altayr sollevò un sopracciglio, e le scappò una risata.
    « Oh, ma fai pure con comodo! » ironizzò, mentre il Corvo rimirava il ciondolo tra le sue mani.
    « Comunque, se tu fossi un uomo saremo grandi amici. Ci piacciono le stesse cose. »
    « Donna non ti vado bene? » un angolo della bocca si incurvò. Izar guardava il ciondolo, e Altayr guardava lui. Probabilmente sì, sarebbe andato bene lo stesso, ma la definizione "grandi amici" non le andò giù particolarmente. Dall'altra parte però, non sapeva neanche lei cosa volesse. Le piaceva quando le stringeva la mano senza preavviso, o quando incrociava il suo sguardo e se lo ritrovava più vicino di qualche momento prima e sentiva lo stomaco fare le capriole. Peccato che non era questo che si provava vicino a un "grande amico", ma l'Aquila non ne voleva sapere. Quanto a lungo sarebbe resistita prima di accettare la realtà dei fatti?
    Alla seguente affermazione di Izar, sulle labbra di Altayr si disegnò un sorriso dolce.
    « Avevamo detto basta sentimentalismi. » gli diede un colpetto sulla fronte, e appoggiò la schiena al muro. Era contenta di essere nata mutaforma, ed era più che fiera di essere un'aquila. Non odiava suo padre: in fondo, non poteva sapere di aver messo incinta una donna con cui si era divertito un paio di volte. Non l'aveva abbandonata di proposito. Neanche sapeva della sua esistenza, non era un uomo da odiare o biasimare. O almeno, lei non sentiva la necessità di farlo. Non lo aveva cercato nel corso degli anni e non si era dannata per scoprire chi fosse: lei e sua madre erano andate avanti lo stesso anche senza di lui.
    Guardò Izar, che si era appisolato in un batter d'occhio. Non pensava che un'innocua gita sulla neve potesse trasformarsi in qualcosa di più. Non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che l'indomani lui sarebbe partito. Non si sarebbe sentita sola, no di certo, aveva i suoi amici, ma le si era creato una sorta di vuoto all'altezza del petto. Era sempre passato un mese circa dai loro incontri fino a quel momento, farne passare altri non si sarebbe dovuto rivelare così difficile, ma era diverso. Se prima sapeva - o meglio, immaginava - che Izar si trovasse alla Ayle o a Ta Nulli, adesso avrebbe abitato in tutt'altro continente.
    Sospirò piano, spostando lo sguardo sul fuoco del caminetto. Afferrò il thermos di tè, versandosene un po' nel bicchiere e bevendolo piano. Stare al calduccio la tranquillizzava, in qualche modo, nonostante la presenza di Izar che la mandava su di giri. Lo sguardo ricadde di nuovo sul Corvo: respirava piano e regolarmente, e le venne spontaneo adattare il respiro al suo.
    Posò la mano sui capelli del ragazzo come poco prima, attenta a non svegliarlo, rigirandoseli tra le dita. Era grande e grosso e sapeva il fatto suo, ma aveva l'impressione che nascondesse tante cose dentro di sé. Prima aveva detto che sua madre era morta quando era piccolo, e non andava affatto d'accordo con il padre. La sua situazione familiare non era certo delle migliori: era forse per questo che era andato a vivere con Samael? Se non ricordava male, poi, aveva detto che gli Al Nair erano una stirpe di demoni... O forse no? Era impossibile, lui non era uno di loro. Non aveva neanche mai sentito parlare di demoni che davano luce ad altre razze se non la loro. Forse aveva sentito male, allora.
    Avvitò il tappo del thermos, poggiandolo poco lontano da lei. Izar era ancora un mistero per lei.
    « Sono contenta che tu sia nato Corvo. » lo disse piano, ma nel silenzio della stanza sembrava quasi rimbombare. Il Corvo stava comunque dormendo, probabilmente non l'aveva neanche sentita. Gli era sfuggito, ma sentiva il bisogno di dirglielo. Senza rendersene conto, si stavano facendo da spalla a vicenda, accettandosi l'un l'altro e imparando ad apprezzarsi.
    Anche nel momento in cui aveva scoperto che Izar fosse un mutaforma uccello un camino faceva da sfondo. Sul momento non ne era stata molto contenta, ma adesso si sarebbe rimangiata tutto. Non era difficile ammettere il fatto di essere felice e in pace con sé stessa, il problema era riconoscerne il motivo.
    Dieci minuti erano passati da un bel pezzo, ma Altayr si era decisa di non svegliarlo. Era così carino mentre dormiva - "Oddio, l'ho pensato davvero?!" - che proprio non se la sentiva, e sembrava essere davvero stanco. Si perse di nuovo nelle sfumature calde del fuoco che ancora scoppiettava nel camino, quando sentì un movimento e abbassò lo sguardo.
    « Ben svegliato, passerotto. » gli fece un mezzo sorriso, togliendo piano la mano che fino a quel momento era rimasta tra i suoi capelli. Una parte di lei, quella dominante, sperava non se ne fosse accorto, l'altra a cui non dava ascolto si augurava tutt'altro. Era un continuo conflitto interiore, ormai.

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