Izar Al Nair
INTRO - 2 GENNAIO L’odore di tabacco impregnava la stanza, appesantendo, se possibile, la già tesa atmosfera. L’inverno rendeva tutto più drammatico, con le poche ore di luce, il freddo, il cielo plumbeo... Izar osservò il giardino di casa attraverso le grandi vetrate scorrevoli del salotto. Era completamente ricoperto di neve, non si distungueva quali fossero i cespugli e quali le cataste di legna. Di tanto in tanto la vista sfocava a causa del fumo della sua stessa sigaretta, per poi tornare candida e reale. « Ho letto la lettera » disse Samael, sdraiato a pancia in su sopra un cumulo di cuscini. « Per quanto pensavi di tenermelo nascosto? ». Il Corvo non diede risposta. Erano circa tre settimane che si rifiutava di rivolgergli parole diverse da sì, no, che ne so, e varianti del genere. Il fatto che non stesse nemmeno andando a scuola non l’aveva allarmato per i primi giorni, ma ora sembrava una cosa seria. Finiti gli esami era tornato a casa, rientrando ad un’ora piuttosto tarda, con la faccia di chi aveva appena trangugiato qualcosa di amaro. Dando la colpa al troppo studio, il Demone aveva accantonato l’argomento, comportandosi come al solito e cercando di risollevargli il morale con i soliti scherzi idioti. Anzichè infastidirsi, però, Izar l’aveva ignorato come fosse stato aria, una cosa che di norma non avrebbe mai fatto. Erano trascorsi diversi giorni, durante i quali il ragazzo spariva al mattino presto con la sua spada legata alla schiena, per poi tornare dopo cena con il volto tirato dalla stanchezza e le mani piene di vesciche. Qualcosa l’aveva invogliato a riprendere gli allenamenti, se pur in modo esagerato, e sempre qualcosa l’aveva spinto ad attaccarsi alle sigarette quando non riusciva a prendere sonno. In pratica, si era trasformato nel fantasma di sè stesso. Il motivo, Samael lo scoprì solo dopo parecchio tempo, mentre rovistava nei cassetti del pupillo alla ricerca di un paio di boxer puliti. Una lettera, e riportava il sigillo della stirpe Al Nair. « È una cosa importante, Izar » gli disse, distogliendo lo sguardo dalla sua rivista di gossip per cogliere la reazione del ragazzo. Il Corvo storse appena il naso, un gesto impercettibile, e schiacciò l’ultimo residuo di sigaretta nel posacenere lì accanto, vicino a due tazze di caffè vuote e l’accendino. « Avrei dovuto bruciarla. Non mi interessa quello che dice il vecchio pazzo ». « Izarhaya ha fatto grandi progressi. I tuoi parenti dicono che è più stabile, ora ». « Più stabile non vuol dire sano di mente ». Bene, il Demone stava finalmente riuscendo ad estrapolargli qualche parola in più rispetto al solito, se pur intrisa di veleno. « In realtà non hai scelta, passerotto. Sei l’unico erede. Se tu fossi cresciuto a Sunda uccideresti pur di avere il controllo del casato ». Il ragazzo si voltò, guardandolo con gli occhi ipnotici della bestia che albergava in lui. Erano iridi luminose, eppure fredde e prive di emozione. Stava perdendo il controllo. « Nessuno di loro mi ha mai considerato come un figlio, nè come un erede. Vorrei solo che lui morisse una volta per tutte ». Un’improvviso torrente di fuoco ruppe le porte a vetri in un frastuono assordante, scaraventando Izar in mezzo alla neve che ricopriva il cortile. Per fortuna Samael non aveva attaccato con l’intenzione di ucciderlo, e il Corvo era riuscito a proteggersi dal calore con una folata di vento, che ne aveva spostato la fiamma. Quando si rialzò, le ali nere dispiegate, il Demone rivide per un istante la notte in cui suo padre aveva fatto ritorno a Sunda, coperto di sangue dalla testa ai piedi e con la moglie tra le braccia. Aveva lo stesso, crudele aspetto, le stesse mani artigliate. « Odio quando parli male di Izarhaya. Non farmi incazzare » disse, del tutto incurante del disastro che aveva combinato. « Per quanto nessuno di voi due voglia ammetterlo, siete sangue dello stesso sangue. Devi tornare al nido e prenderti le tue responsabilità ». Schivò con un balzo la folata di vento gelido che tentò di colpirlo, e parte del muro cedette sotto il colpo. Izar lo teneva d’occhio da una distanza di sicurezza, gli artigli sfoderati e pronti a colpire. Tutto l’odio che aveva accumulato in quelle settimane stava emergendo, anche se a farne i conti era la loro umile dimora. « Non vado da nessuna parte! » gridò, la voce arrochita. « Non sono un Demone, non voglio vivere come loro! ». Samael, per nulla impressionato, iniziò a camminare nella sua direzione, i piedi nudi che affondavano nella neve. L’espressione iraconda del mutaforma gli intimava di stare indietro, ma lui non aveva paura. Era come avvicinare un’animale selvatico appena incappato in una trappola. Nel momento in cui solo un paio di passi li separarono, Izar sentì la volontà sbriciolarsi. Era stanco, stanchissimo. Da tempo mangiava miseramente, dormiva per poche ore e fumava per sopprimere la rabbia che quella lettera gli aveva istillato. Un semplice ordine, scritto in una grafia distorta come la mente dell’autore. All’erede del casato Al Nair, la tua presenza è richiesta nella città di Sunda per prendere la posizione di Capofamiglia, come vogliono le nostre leggi. Sei atteso ad un mese dalla consegna di questa lettera. Non tardare. Il braccio possente di Samael lo circondò, dandogli dei colpetti alla schiena per calmarlo come quando piangeva da bambino. Puzzava di tabacco, lo stesso odore che il mutaforma si sentiva sui capelli e i vestiti. « Va via, vecchio » brontolò, tornando padrone di sè. Il Demone lo accontentò, ma solo dopo avergli arruffato i capelli. Erano intrecciati a delle piume nero pece. « Dobbiamo andare, qualunque sia la tua risposta. Lo capisci, vero? ». Izar strinse i denti, conscio del freddo che gli stava gelando i piedi e consumando il respiro. « Sì, lo so ».
5 GENNAIO Izar guardò soddisfatto il lavoro di riparazione ultimato. Con assi di legno riciclate era riuscito a sistemare la parte di muro che aveva ceduto sotto il suo attacco, mentre per il pannello a vetri sarebbe servito un po' più di tempo. Volò sul tetto della catapecchia, ben attento a non atterrare sui punti più critici, e attese l'arrivo di Altayr con il viso affondato nella sciarpa. Dopo l'incontro in biblioteca si erano sentiti via messaggio per qualche giorno, cose tipo "che fai", "come va", eccetera. Poi quella dannata lettera era arrivata, stravolgendo tutto il suo mondo. Il Corvo aveva iniziato ad allenarsi nella scherma alla ricerca di una valvola di sfogo, ma qualunque cosa facesse il sorriso crudele del padre tornava a tormentarlo. Il fatto che si fosse attaccato alle sigarette, emulando il tutore, aveva scioccato più lui che Samael. Non gli piaceva fumare, eppure lo calmava. Ora che lui e il Demone si erano chiariti, comunque, sembrava essersi stabilizzato. La notte prima aveva dormito per ben cinque ore, un record visti gli ultimi tempi insonni. Era difficile tornare in carreggiata, soprattutto con l'aspettativa di dover fare un bel viaggetto verso la sua terra natia, così aveva chiamato l'unica persona in grado di farlo torna con i piedi per terra. Sentiva che il carattere forte e deciso di Altayr era quello che gli serviva in quel momento, insieme a un po' di svago. Di recente aveva nevicato molto sulle montagne, specie quelle sul pendio vicino a casa sua, e Izar aveva deciso di invitare la piccola Aquila a fare una scampagnata. I boschi innevati erano una vista da mozzare il fiato, oltre al lago ghiacciato di cui solo lui conosceva l'esistenza. Le avrebbe fatto una bella sorpresa. E poi c'era quella battaglia a palle di neve che avevano in sospeso, no? Vide una sagoma in lontananza, e gli spuntò involontariamente un sorriso, il primo da quasi un mese a quella parte. Vicino all'entrata attendeva il suo zaino con il pranzo e un thermos di caffè, insieme ad un regalo che non sapeva con quale coraggio le avrebbe dato.
Altayr Clarity Windstorm
Il periodo degli esami era passato: Altayr non ci aveva neppure fatto troppo caso. Lo aveva trascorso dalla madre, a Sodony, ad occuparsi del negozio e a svolgere qualche missione extra. Ma tanto, era troppo occupata a pensare a un certo Corvo che da qualche tempo non l'aveva più contattata. Avevano chiacchierato i primi giorni tramite messaggio, poi non aveva più risposto. Non lo aveva fatto neanche per gli auguri di Natale e Capodanno. I primi giorni era stata in pensiero, doveva ammetterlo, ma si stava impegnando per accantonare la questione. Il che non toglieva comunque che, ogni volta che sbloccava il telefono sperava di trovare una sua notifica, ma niente di niente. Non voleva essere pressante o invadente, perciò la mutaforma si era imposta di non pensarci più di tanto. Tutto ciò cambiò una mattina di gennaio: si era svegliata decisamente tardi - "Oh cielo, mezzogiorno e quaranta?!" - e sarebbe dovuta partire con il treno delle undici diretto a Ta Nulli. Si era messa d'accordo con Shelia e Ethan di passare il sabato assieme, dalla mattina fino alla sera, ma il tutto si era ridotto al pomeriggio. Si era fatta una doccia veloce, per poi afferrare il telefono di fretta. Sette chiamate perse da Shelia, due da Ethan e una cinquantina di messaggi da parte dell'amica. Ecco come cominciare una giornata all'insegna del buonumore. Altayr aveva contattato subito Shelia, dicendole che sarebbe stata a Ta Nulli per le due e qualcosa, e prese a vestirsi. Il cellulare aveva squillato pochi minuti dopo e la ragazza, incastrata nel collo del maglione, rispose senza neanche degnarsi di guardare lo schermo. Sapeva che si trattava di Shelia. « Ti ho detto che mi dispiace! La sveglia non ha suonato, lo vuoi capire o- » aveva preso a dire bruscamente, quando si bloccò. Non era Shelia. Dall'altra parte della cornetta, risuonava una voce maschile. L'aveva riconosciuta in pochi secondi. « Izar » si era sentita in qualche modo più leggera, sollevata. Il suo primo banale pensiero al riguardo fu "E' vivo". L'aveva invitata per una scampagnata vicino casa sua, dove era caduta parecchia neve. L'Aquila aveva sempre pensato che quel ragazzo sapesse come prenderla per la gola, accidenti a lui. Avrebbe voluto dirgliene di cotte e di crude, ma si limitò ad accettare entusiasta. Avrebbe chiesto in prestito l'appartamento a Shelia e avrebbe dormito un paio di notti lì per poi incontrarsi con il ragazzo. Era uscita dalla stanza con il sorriso sul volto, uno zaino con dei vestiti pesanti e il portafoglio in mano per comprare qualche panino. Il regalo per Izar era rimasto nella tasca del giubbotto che aveva addosso da quando lo aveva comprato, proprio per non dimenticarselo. ~ Quello verso la casa di Izar fu un volo gelido: aveva dovuto togliersi il cappotto per non strapparlo, ed ora come ora stava morendo di freddo. Le correnti invernali poi non aiutavano affatto. Per non parlare dell'atterraggio: appena aveva intravisto la dimora del ragazzo, si era imposta di scendere. Peccato che non era mai stata brava nella fase finale del volo: la prima volta che aveva volato con Izar c'era stato lui ad impedirle di mettere in scena un cascatone con i fiocchi. In quel momento, invece, era da sola. Una volta toccata terra, provò a rimanere in equilibrio, ma senza risultati: cadde a faccia in avanti, affondando nella neve. Si rialzò di fretta, mentre ripeteva a mente decine di fantasiose imprecazioni, richiudendo le ali e infilandosi alla velocità della luce il giubbotto caldo. Sospirò, togliendosi la neve dai capelli e sperando di essere presentabile nonostante il capitombolo. Iniziò ad incamminarsi, ammirando il paesaggio montano che la circondava. Sopportava ben poco il freddo - infatti si era infagottata manco dovesse partire per una spedizione di qualche settimana - ma la neve e il suo candore rendevano tutto più piacevole. Izar era decisamente fortunato a vivere lì, si godeva il meglio di ogni stagione abitando fuori città. Quando riuscì a delineare la figura di Izar sopra il tetto, agitò il braccio in sua direzione, provando ad accelerare il passo. Era più veloce però il suo battito cardiaco, e sperò con tutto il cuore che i molteplici strati di vestiti potessero attenuarlo. "Già cominciamo?" sbuffò infastidita, rivolgendo un largo sorriso al Corvo. Era passato un altro mese dal loro incontro, incredibile. Sarebbero mai riusciti a rivedersi magari prima? A quanto pare era impossibile. « Non vorrai startene lassù tutto il giorno, spero. » gli urlò, le mani sui fianchi e lo sguardo inquisitore. Cavolo, non vedeva l'ora di incamminarsi. Già da lì la vista era magnifica, non poteva immaginare cosa avrebbe visto quando sarebbero saliti un po' più in alto. Che poi, i due mutaforma avrebbero dovuto scontrarsi in una battaglia all'ultima palla di neve, se l'erano promessi. Stette lì ad aspettare la discesa del ragazzo, continuando a guardarsi un po' attorno. « E' una meraviglia, sul serio. »
Izar Al Nair
Come ci era riuscita? In un istante tutto il retaggio dei suoi giorni bui era come svanito del nulla, liberandolo da un grosso peso. Altayr aveva un sorriso furbesco per natura, da attaccabrighe, ma era il più sincero che avesse mai visto. « Non vorrai startene lassù tutto il giorno, spero. » gli disse, con un vago tono di rimprovero, e lui saltò giù all'istante, atterrando a meno di un metro da lei. Lo scontro con Samael giorni prima aveva dato una bella rimescolata al suo sangue di Corvo, ed ora non riusciva a liberarsi degli occhi da uccello, che rendevano la vista dettagliata ma l'umore imprevedibile. Pazienza, gli occhiali erano una noia da portare, specie quando doveva confrontarsi con qualcuno in una sfida a palle di neve. Doveva solo stare attento a non combinare qualche disastro con il suo comportamento da gigolò in erba. « E' una meraviglia, sul serio. » « Già, una meraviglia » ripetè Izar, ma non stava guardando il paesaggio. A quel punto non gli importava più che i suoi sentimenti fossero troppo palesi. Si diede un contegno solo perchè sapeva che la ragazza non provava la stessa cosa per lui, e quindi sarebbe stato solo un fastidio. Oggi dovevano pensare svagarsi, niente secondi fini. Fece un mezzo sorriso all'Aquila e raccolse lo zaino da terra, mettendolo su una spalla. Vide che Altayr era ben attrezzata per il freddo, quasi in modo esagerato. « Beh, andiamo? Sono ansioso di spodestarti dal trono, maestà ». Non era il tipo che amava perdere, e il campo di battaglia che aveva scelto, in mezzo ad un bosco, forniva un sacco di punti strategici che conosceva bene. Stava giocando sporco. Accompagnò Altayr con una lieve spinta alla schiena, indicando un sentiero in salita che serpeggiava tra gli alberi appena fuori dal giardino. « Per di qua. Non ci vorrà molto ». Ricordò di avere ancora addosso l'odore di sigaretta del mattino, cosa a cui aveva fatto l'abitudine, e prese le distanze per non destare sospetti. Davanti a loro una strada innevata apriva lo scenario, brillando accecante sotto il sole. Gli sarebbe mancata Ta Nulli, la sua casa, la natura selvaggia. E Altayr.
Altayr Clarity Windstorm
Il battito cardiaco non accennò a rallentare, per non parlare di quando sentì Izar scendere dal tetto per poi ritrovarselo a poca distanza da lei. Aveva preso a battere come un tamburo, e Altayr si ritrovò a pregare tutte le divinità che conosceva - probabilmente se ne era anche inventata qualcuna - affinché il ragazzo non lo sentisse. Era maledettamente difficile mascherare il tutto e fingersi tranquilla, perché in quel momento era tutto tranne che quello. Probabilmente, non lo sarebbe stata per tutto il pomeriggio, o almeno finché sarebbe rimasta insieme a lui. Solamente Izar riusciva a farla reagire così, maledizione. Doveva darsi una calmata, seriamente, o avrebbe potuto rischiare un attacco di cuore. Fece caso ai suoi occhi, che non erano come sempre. Erano le stesse iridi che le aveva mostrato in biblioteca, che immaginava fossero legate al suo essere mutaforma. Non sembravano però creargli problemi e non notò nulla di diverso nel suo tono di voce, quindi lasciò correre. L'importante è che stesse bene. Le scappò un largo sorriso quando il Corvo ripeté la parola "meraviglia" - detta da lui suonava ancora meglio ed era più convincente - , guardando le sue scarpe che affondavano nella neve. Non ne aveva mai vista così tanta. A Sodony non nevicava mai in modo così abbondante, si era sempre dovuta spostare lontano dal centro abitato per trovarne in una quantità decente. Anche al centro di Ta Nulli, infatti, da dove era partita quella mattina, non ne aveva fatta così tanta, si poteva camminare tranquillamente per le strade. « Ah, quanto ti invidio! » alzò lo sguardo, Izar stava prendendo lo zaino. « Tutta questa neve e... il panorama! » gonfiò le guance, per poi annuire all'invito del ragazzo ad incamminarsi. Aveva indicato un sentiero in salita, tra gli alberi innevati. Quel giorno, il cielo non era neanche scuro come ci si poteva aspettare. Prima di proseguire, lanciò un'occhiata all'interno della casa, ma Samael non c'era. Magari avrebbe avuto la possibilità di salutarlo in seguito. Percepì una leggera pressione alla schiena, e fece del suo meglio per non arrossire. Ora doveva far caso anche a quei piccoli gesti? Stava davvero andando di male in peggio. « Non ci contare troppo, stellina. » rispose Altayr riguardo la salita al trono di Izar. « La qui presente regina non rinuncerà al potere così facilmente. » gli diede un leggero pugno alla spalla, e quasi temette avesse preso le distanze da lei a causa di quel contatto. La battaglia a palle di neve era ormai diventata una questione seria, non c'era nulla da fare. Se all'inizio era passata come un qualcosa di divertente, ora sembrava una questione di stato. E a dirla tutta le piaceva più così. Adorava le sfide e far vedere di ciò che era capace. Si sarebbe divertita. « Che luogo hai scelto per la grande battaglia? » chiese, avvicinandosi un po' per farsi sentire. Ogni volta che si soffermava sul suo viso, andava a sempre a cercare gli occhi. Quegli stramaledetti occhi verdi la ipnotizzavano sempre, non poteva farci nulla, anche adesso che non erano più gli stessi: forse incutevano un po' timore, ma l'Aquila non si sentiva in soggezione. Non davanti a Izar. Rivolse di nuovo lo sguardo davanti a sé, per vedere dove metteva i piedi. Una parte di lei che stava cercando in tutti i modi di silenziare non faceva altro che sussurrargli che non sarebbe stato male se quel "è una meraviglia", detto da lui poco prima, fosse stato rivolto a lei invece che al panorama.
Izar Al Nair
I due mutaforma s'immersero nella natura selvaggia, tra abeti alti e carichi di neve. Il sentiero che Izar aveva tracciato l'estate prima era invisibile sotto tutto quel bianco, ma per fortuna aveva una buona memoria. Con gli occhi del Corvo, poi, catturava ogni singolo dettaglio con precisione, compreso il volto divertito di Altayr. Aveva il naso rosso per il freddo, e lo seguiva docile ed euforica. Anche lui era contento, non proprio per gli stessi motivi. Adesso erano insieme, solo questo contava. Durante il tragitto in salita, Izar lasciò che la compagna parlasse del più e del meno, non troppo incline a fare il chiacchierone rompiscatole come sempre. Il suono della sua voce aveva un potere calmante, più delle sigarette. « Che luogo hai scelto per la grande battaglia? » chiese, sinceramente interessata. Il ragazzo si tenne sul vago, nominando una foresta più fitta di quella in cui camminavano, piana e ricca di rocce che potessero fungere da scudo. Non nominò il lago ghiacciato. Quella era la sorpresa finale. « Definiamo le regole, vostra maestà. Niente ali, niente trucchetti di magia. Solo tu, io, e un po' di sana competizione ». Cercò di imitare il tono allegro della ragazza, mentre guardava fisso davanti a sè. Era da parecchio che non diceva più di tre parole per giorno. « Se vinco io, mi spetta quel massaggio in sospeso, e se vinci tu... ». La guardò oltre la spalla, esibendo un mezzo sorriso. « Beh, cosa vorresti? ». Intanto si vedeva la destinazione all'orizzonte. Presto sarebbe arrivato il momento della resa dei conti. Team Aquile contro Team Corvi. E, che cavolo, Izar era quasi tentato di fare il tifo per la squadra avversaria.
Altayr Clarity Windstorm
Altayr camminava di buona lena, nonostante la neve che le impediva di velocizzare il passo e affiancare Izar. Erano entrati ormai nella zona boschiva, e man mano che avanzavano gli alberi si facevano più fitti e la neve più alta, di case abitate non se ne vedevano più. Il ragazzo rispose alla sua domanda, dicendo che sarebbero dovuti arrivare ad una foresta fitta, ma non sembrava mancare molto: o almeno così sperava, era ansiosa di cominciare. A dirla tutta però non le dispiaceva neanche chiacchierare come stavano facendo, anche se a dirla tutta il Corvo sembrava un po' più silenzioso del solito. "Sei tu che chiacchieri troppo, scema, non gli dai neanche il tempo di rispondere." si rimproverò, tentando di dare più spazio al Corvo per lasciarlo parlare. Aveva continuato anche a tenere le distanze da lei, non era una sua impressione: quando si vedevano, Izar tendeva sempre ad avvicinarsi pericolosamente a lei. Era forse sovrappensiero? "O magari sei tu che ti immagini le cose?" sbuffò ancora, lo sguardo sulle spalle del ragazzo, di qualche passo davanti a lei. Probabilmente non c'era nessun motivo in particolare, ma quella distanza le sembrava in qualche modo incolmabile. La voce di Izar la riportò alla realtà: stava parlando delle regole. Non aveva afferrato appieno la prima parte, ma a giudicare dalle ultime parole la magia era vietata, e sicuramente anche il volo. « Nessun problema. » rispose Altayr spavalda, sistemando la sciarpa intorno al collo. Il Corvo prese poi ad analizzare un altro aspetto della competizione, ossia i "premi". Rise piano quando le ricordò del massaggio che gli aveva promesso in biblioteca, il respiro che si condensava davanti ai suoi occhi in piccole nuvolette. « Devo decidere adesso? » chiese, lasciandosi sfuggire un sonoro e perplesso "mmm". Non ne aveva la più pallida idea. I suoi occhi finirono ancora sulla schiena di Izar. Avrebbe potuto chiedergli un bel piatto del suo ottimo curry, perché no. Era da un'eternità che non ne mangiava, se ci ripensava poteva ancora sentire il piccante della carne bruciargli in gola. "Non pensare al cibo, dai, per una volta!" doveva pensare a qualcosa che non poteva chiedergli abitualmente: il curry non era tra queste. E se gli avesse chiesto di passare un pomeriggio insieme? "ALTAYR! Per carità divina, no!" si coprì la faccia con i guanti, gli occhi sbarrati e le guance paonazze. Cosa le era appena passato per la testa? Equivaleva a chiedere un appuntamento, e la cosa era assolutamente da scartare. Il pensiero neanche avrebbe dovuto sfiorarla, per principio. Non voleva uscire con lui a tutti i costi, non in quel contesto. Forse. Sbuffò sonoramente, per mandar via quel pensiero fastidioso una volta per tutte. Tornando a focalizzarsi sul problema iniziale, non sapeva proprio dove mettere le mani. « Ci penso un po' su e poi ti dico. » decretò infine. Glielo avrebbe dovuto comunicare prima dell'inizio della battaglia in ogni caso, sperando di esserne venuta a capo. Qualora fosse servito, il curry lo avrebbe tenuto come piano B. « Comunque » esclamò in direzione del ragazzo, allungando il braccio verso di lui. Afferrò uno degli spallacci dello zaino, quello che il Corvo non indossava, e lo tirò verso di sé. Contemporaneamente, fece un passo più lungo del precedente, riuscendo finalmente a portarsi al lato di Izar. « Non lasciarmi indietro. » gli disse poi, con un finto tono di rimprovero. « Mi sembrava strano averti così lontano. » rise piano, lasciando andare lo zaino del ragazzo. Lo stomaco prese ancora a fare capriole, e uno strano odore le pizzicò il naso. Ma andava bene così.
Izar Al Nair
Izar si sentì strattonare, e quando Altayr lo rimproverò di averla lasciata indietro gli venne voglia di prendersi a bastonate. Stava permettendo al suo malumore di rovinare quella bellissima giornata. Era così abituato a stare da solo, ormai, che non aveva dedicato alla ragazza le solite attenzioni, anteponendo tutte le sue ansie e il grigio futuro che lo attendeva a Sunda. « Mi sembrava strano averti così lontano. » Sentì il cuore sciogliersi a quelle parole, anche se lei le buttò sul ridere. Le era mancata, davvero. Cercò la sua mano senza farsi notare, assecondando ad un capriccio che voleva esaudire da un po', e strinse le dita sottili nel calore del suo guanto. « Tranquilla, non vado da nessuna parte » disse, il sorriso che si distendeva sul suo volto corrucciato. Non provava il minimo imbarazzo, anzi. Grazie a quel contatto poteva tenerla al caldo e guidarla con più facilità, tutto di guadagnato. « Se ti da fastidio puoi lasciarmi, ma sappi che potrei mettermi a piangere ». Per fortuna un po' di buon umore stava iniziando a farsi strada in quel buco d'oscurità che era diventato, e lo doveva solo a lei. Il sentiero si allargò dopo una ventina di minuti, rivelando una radura tra le conifere al cui centro stava una casupola in pietra che aveva visto tempi migliori. Oltre gli alberi, più avantì, lo sfavillìo del lago ghiacciato li accecò. Era ancora meglio di come lo ricordava, immerso nella quiete e simile a una distesa di diamante. « Carino, eh? » scherzò, lasciando a malincuore la mano di Altayr per togliersi lo zaino dalle spalle. Le fece segno di seguirlo, e giunto davanti alla porta bucherellata di casa la aprì con un calcio. Era vecchia, servivano le maniere forti. « Benvenuta nella mia base segreta. Non c'è nè acqua nè corrente, ma il camino funziona ancora ». In generale, all'interno regnava il caos, oltre che alla sporcizia. Vi erano calcinacci e polvere, segno che nessuno ci abitava. Izar l'aveva scelto puramente per non essere costretto a lasciare lo zaino in mezzo alla neve, e nel caso di una tormenta faceva comodo avere un tetto sopra la testa. « Prendilo come punto di riferimento per orientarti. La nostra sfida inizia da qui ». Uscì in mezzo alla neve, inspirando a fondo l'aria pulita di montagna, e poi le rivolse un ghigno furbesco. « Rendiamo le cose più interessanti, maestà. Hai venti secondi per trovare un nascondiglio... ». Raccolse una manciata di neve e la appallottolò alla perfezione, essendo un veterano. « E appena uno di noi trova l'altro possiamo aprire il fuoco ». Partiva avvantaggiato, doveva darle un margine di vittoria. Il fatto che non avesse ancora stabilito il suo premio lo insospettì, ma perchè preoccuparsi? Aveva già la vittoria in pugno.
Altayr Clarity Windstorm
Un lungo e forte brivido le percorse tutta la schiena, da cima a fondo, e il cuore prese a battere all'impazzata. Se prima pensava di avere il batticuore, ah, non era nulla a confronto: era convinta di poter scoppiare da un momento all'altro. Avrebbe scommesso anche sul fatto di avere le guance rosse, cosa possibilissima: era arrossita per molto meno in presenza di Izar, figurarsi se non si era trasformata in un pomodoro ambulante quando le aveva presa per mano. Esattamente, l'aveva presa per mano. Le ci era voluto poco o niente per realizzarlo, ma sul momento non le parve vero. Quando percepì un qualcosa di morbido sulle dita abbassò lo sguardo, e colse proprio il movimento delle mani di Izar, mentre si stringevano intorno alle sue. « Tranquilla, non vado da nessuna parte. » ecco, quello fu il colpo finale. Si sentì le gambe di gelatina, anzi che aveva trovato la forza di fare un altro passo. Da quanto era diventata in quel modo? Le farfalle nello stomaco, il cuore che proprio non voleva saperne di battere regolarmente, il sangue che le saliva alle gote fin troppo spesso. Era decisamente seccante, non le piaceva, questo insieme di sensazione le dava fastidio. Provava tutto questo solo in presenza del Corvo, ma la sua non era una compagnia spiacevole, tutt'altro. Per un attimo, sperò davvero di non vederlo andare da nessuna parte, e restare così. Per mano, nella neve. "Che pensieri da bambinetta." si rimproverò, sorridendo tra sé e sé. La mano del ragazzo era calda, al contrario delle sue. Altayr aveva sempre le mani fredde, inutile quanto potesse averle tenute in tasca. « Non ci tengo a vederti piangere come una femminuccia. » rispose, esibendo un mezzo sorriso che contrastava con il rossore delle guance. Non avrebbe lasciato la presa. Il calore della mano di Izar era piacevole, e anche il gesto in sé per sé. Altayr continuò a sorridere impercettibilmente durante la salita. Ora che non le era più tanto distante, si sentiva meglio. Stare dietro a qualcuno non le piaceva affatto, ma era più una questione d'orgoglio; in quel caso però, non lo era più di tanto. Izar le aveva nascosto il viso, le sue espressioni, quando invece la ragazza aveva aspettato un mese per rivederlo. Aveva avuto paura che le nascondesse qualcosa, o che magari volesse allontanarla. Era come se avesse voluto porre una distanza tra loro. Averlo accanto durante la camminata aveva dissipato tutti i dubbi e le preoccupazioni, probabilmente frutto della sua fantasia. Ogni tanto buttava uno sguardo sulla sua mano, stretta in quella del ragazzo, come a voler provare che non se lo stava affatto inventando. L'aveva davvero presa per mano. Doveva comunque smettere di pensarci così assiduamente. Magari l'aveva presa per mano per non lasciarla indietro, come avrebbe fatto un fratello maggiore con una delle sue maldestre sorelline, per non perdersele tra la folla. Ora che ci rifletteva, però, cosa significava per lui quel gesto? Cercò di trovare risposta scrutando il volto del Corvo, ma la trovò indecifrabile. Non riusciva a capire a cosa stesse pensando. Avrebbe comunque fatto meglio a pensare prima a sé stessa: neanche lei sapeva che significato dargli. O forse lo sapeva, ma si rifiutava di accettarlo. Lo scenario che apparve davanti agli occhi dopo qualche minuto di cammino la lasciò senza fiato, svuotandogli la mente. Era una radura totalmente innevata, la natura circondava un lago ghiacciato che si disperdeva a vista d'occhio, rilucendo sotto la luce del sole. Il Corvo indicò poi un'abitazione un po' a pezzi, ma che nell'insieme faceva un gran bell'effetto. « Carino? » fece interrogativa, continuando a guardarsi attorno. « E' spettacolare! » esclamò con enfasi, poco prima che Izar le lasciò la mano per avviarsi verso la costruzione in pietra. Aprì la porta con un calcio, e Altayr lo seguì. Rimase sull'ingresso, osservandone l'interno: era evidente il fatto che fosse disabitata da chissà quanto tempo, ma forse con una bella pulita sarebbe potuta diventare un po' più accogliente. Non sapeva che vicino Ta Nulli potesse esserci un tale paradiso. Nei suoi spostamenti a causa delle missioni, non aveva mai avuto il tempo di fare la turista. Il Corvo riapparve fuori dalla casupola poco dopo, e sul suo volto si disegnò subito un sorriso di sfida, che Altayr ricambiò. « Non mi servirebbe un vantaggio, a dirla tutta. » disse, avanzando di qualche passo verso di lui. « Ma visto che sei così gentile, ne approfitto. » gli fece un cenno con la mano, e passò lo sguardo sull'ambiente circostante. Era pieno di alberi e rocce. « Goditi gli ultimi attimi di pace. Ti farò fuori. » lo disse con un tono più minaccioso di quanto volesse, e accompagnò la finta promessa di morte con un occhiolino e un sorriso. Iniziò a correre verso sinistra, in cerca di un qualsiasi nascondiglio. Non aveva una strategia o un piano da mettere in atto, contava solo su un po' di fortuna. Izar giocava in casa, era da tenere in conto anche questo. Si infilò dietro un albero dal tronco robusto affiancato da una roccia più o meno grande. Vicino ad essi erano piantati altri alberi di grosse dimensioni, era una fortezza niente male. Nella prima fase era meglio essere cauti, non conosceva il territorio. Poi, avrebbe pensato alla parte offensiva. Prese a modellare una solida palla di neve nella sua mano, sporgendosi di tanto in tanto per vedere se c'era una figura maschile all'orizzonte. Venti secondi erano più che passati. Decise di uscire allo scoperto, passando in mezzo agli alberi circumnavigando il punto da cui erano partiti. Sentì un movimento alla sua destra, e subito lanciò la palla con forza. Ne fece un'altra in tutta fretta, più piccola della precedente, alzandosi subito in piedi. Un sorriso tra il divertito e il furbo si disegnò sulle sue labbra: avevano appena cominciato, ma quella non era una semplice e tranquilla battaglia a palle di neve come la intendevano i bambini.
Izar Al Nair
Sapeva di aver trovato un avversaria tosta. Altayr non era il tipo di ragazza che pretendeva di vincere in quanto femmina, che si faceva scudo dietro la schiena di qualcuno. Mentre camminava circospetto tra gli alberi, Izar tendeva le orecchie e osservava ogni minimo movimento, perchè anche solo una distrazione gli sarebbe stata fatale. Seguì le impronte nella neve, che ad un certo punto si perdevano tra le rocce. Un fruscìo, un'ombra tra i tronchi, e scartò di lato per evitare un proiettile dritto al cuore. Lo colpì di striscio, ma era una dichiarazione di guerra bella e buona. Sorrise in modo cinico, abbassandosi per raccogliere della neve ai suoi piedi. - Furbo l'uccellino - pensò, lo sguardo fisso verso una roccia alta e appuntita, dove sospettava si trovasse l'avversaria. -Purtroppo il premio in palio mi fa troppa gola. Non posso perdere -. Sgattaiolò dietro un tronco, il respiro che lo tradiva mostrando piccole nuvole di condensa. - Ora! -. Corse più veloce che potè, nonostante il terreno rallentasse ogni suo passo, e girato l'angolo passò all'attacco. Sferrò il colpo con leggerezza (non voleva rischiare di farle male), ma puntò ugualmente al viso. Sarebbe stato divertente vedere Sua Maestà a mo' di pupazzo di neve, incavolata nera e pronta a vendicarsi. Scoprì di stare ancora sorridendo, e gli facevano male gli angoli della bocca. Da quanto non gli capitava. Nel periodo precedente si era ridotto ad uno zombie privo di emozioni, ma grazie al cielo stava migliorando, almeno per quel giorno. Dubitava fortemente che una volta arrivato a Sunda sarebbe stato così allegro. Doveva sfruttare il poco tempo che aveva a disposizione per svagarsi un po'. Vide una palla di neve arrivare a tutta velocità, e, preda degli istinti, innalzò una corrente di vento che ne deviasse la traiettoria. « Ops! » disse, per nulla colpevole. Non poteva farci niente, Samael l'aveva addestrato a barare, e così avrebbe fatto.
Altayr Clarity Windstorm
I passi si facevano sempre più vicini, e Altayr si ritrovò a ridacchiare sotto i baffi. Allora non si era sbagliata, il Corvo si stava avvicinando. Sicuramente aveva seguito le impronte che aveva lasciato nella neve: in un primo momento non ci aveva pensato troppo, ma avendo lasciato delle tracce dietro di sé il suo non era un vero e proprio nascondiglio. Poco male, prima o poi avrebbero dovuto cominciare. Il rumore di passi si fermò, e l'Aquila si sporse dalla roccia dietro la quale aveva trovato rifugio: non sembrava esserci nessuno. "Si sarà nascosto dietro un albero o un masso." constatò, accumulando un'ingente quantità di neve nella sua mano destra. Pian piano stava formando una palla di neve sempre più grande: se con quella fosse riuscita a prenderlo in pieno viso, avrebbe avuto la vittoria in tasca. Di punto in bianco, si ritrovò a riflettere su ciò che avrebbe potuto chiedere al ragazzo in caso di vincita. O meglio, avrebbe vinto sicuramente, dunque doveva pensare a qualcosa se non voleva rimanere a bocca asciutta. La sua mente volò di nuovo ad un piatto di curry fumante e piccante, ma cacciò quel pensiero dopo pochi secondi. Non poteva seriamente chiederglielo, suvvia. Chiedergli di uscire però era veramente troppo, non se ne parlava. Entrambe le opzioni a cui aveva pensato prima erano fuori discussione. Appoggiò la testa alla roccia, gli occhi rivolti all'insù. Una sola cosa era sicura: il premio doveva darle la certezza di riuscire a vedersi di nuovo. "Sto farneticando..." sospirò, cercando comunque un compromesso. Il cervello pensava una cosa, e il cuore faceva tutt'altro. Che fastidio. Un rumore la colse alla sprovvista, e fece appena in tempo a focalizzare una palla di neve arrivare verso di lei. Il Corvo evidentemente aveva deciso di attaccare, e aveva mirato al suo viso. Abbassò il volto, affondandolo nella sciarpa, ma la palla la colpì comunque in testa, colorando di bianco una parte dei suoi capelli e facendo cadere a terra il cappello. Alzò lo sguardo, dirigendo in direzione di Izar un sorriso di sfida, e lanciò senza indugi il suo proiettile di neve verso il ragazzo. Altayr si accovacciò a terra per preparare un altro paio di palle di neve, e le sfuggì una sonora risata che morì appena vide la difesa di Izar. Aveva intercettato il suo colpo utilizzando la magia, quando avevano deciso di non utilizzarla. « Ops? » gli fece eco, entrambe le mani cariche di neve. « Sei sleale! » disse, stavolta non fingendo il tono di rimprovero. Non era arrabbiata, ma non era stato corretto. « La regola non vale nemmeno per me, allora. » aggiunse, ma a fine frase si lasciò scappare una risatina. Non riusciva a non sorridere in sua compagnia, era inevitabile. Lanciò dunque le palle di neve che aveva in mano, aiutandosi con delle folate d'aria gelida, in modo che potessero essere più veloci. Izar aveva comunque, come lei, il controllo dell'aria, si prospettava complicato prenderlo in contropiede. Cominciò ad avanzare in sua direzione, passo dopo passo, continuando a raccogliere neve da terra e lanciarla contro di lui. Il sorriso non le si spense, e notò che anche il Corvo stava sorridendo. Percepì lo stomaco attorcigliarsi su sé stesso. Ma persino durante una battaglia a palle di neve? Roba da non crederci. « Vuoi che continui? » esclamò ad una certa, interrompendo momentaneamente il suo attacco. Si stava divertendo, bisognava dirlo, e si avvicinò di un paio di passi al ragazzo. Quindi, lanciò di nuovo una palla. « Ancora non ti arrendi? » aggiunse, un sorriso spavaldo si faceva strada sulle sue labbra. Con la coda dell'occhio, aveva notato una breve successione di rocce piatte alla sua destra: utilizzandole per spostarsi, avrebbe potuto sorprenderlo alle spalle. Doveva assolutamente vincere: non solo perché ne andava del suo orgoglio e non sopportava perdere, ma anche perché aveva trovato il premio da richiedere in caso di vittoria.
Izar Al Nair
Sleale era la parola giusta, ma si trattava comunque di uno scontro alla pari. Altayr era una creatura dell’aria, proprio come lui, e sapeva rispondere agli attacchi con grande prontezza. La palla di neve che arrivò, sospinta da una folata di vento, lo colpì alla spalla con la forza di un vero proiettile. Izar si stupì della tenacia con cui avanzava la ragazza, costringendolo ad indietreggiare nella foresta. « Ancora non ti arrendi? » Lui sghignazzò, parando l’ultima raffica. « Non se ne parla! » Proprio quando sperava di passare al contrattacco, il Corvo si accorse che l’avversaria era andata a nascondersi, impossibile dire dove. Davanti a lui si districavano una serie di pini dai rami bassi, e tutt’intorno solo rocce che avevano divorato il terreno per uscire allo scoperto. Gli occhi da mutaforma giocavano a suo favore, per fortuna. Non gli sfuggiva nulla, tranne ciò che non poteva vedere. Raccolse una manciata di neve e iniziò a dargli la forma di una palletta, stavolta più solida delle altre, e girò su sè stesso alla ricerca di Altayr. Era brava anche a nascondino, evidentemente, ma lui vantava anni di esperienza nel rendersi invisibile. Il suono ovattato di qualcosa che affondava nel soffice pavimento bianco catturò la sua attenzione, sulla sinistra, vicino a... No, destra! Altayr balzò fuori da una parete rocciosa con una scorta da dodici di munizioni grandi quanto il suo pugno, e in breve Izar si ritrovò a fare concorrenza ad un pupazzo di neve. Avrebbe potuto evitarlo, o difendersi come già fatto in precedenza, ma vedere l’Aquila ridere di cuore era molto più appagante di qualsiasi vittoria. Passò la manica della giacca sul viso per togliersi la neve dalle guance, sommerso da capo a piedi. « Per fortuna era solo un gioco » borbottò, imbronciato. Beh, conosceva i punti deboli dell’avversario e amava barare, quindi perchè non divertirsi ancora un pochino? Il sangue di Corvo sembrava imporgli di avanzare, focalizzato su Altayr come fosse un coniglietto solitario al centro della prateria. Non poteva farci nulla, mantenere il controllo quando era così vicino alla trasformazione si rivelava sempre una sfida. Era contento di svagarsi in mezzo alla natura selvaggia insieme a lei, uno spirito libero che sembrava comprenderlo meglio di chiunque, pur non conoscendolo da molto. Doveva esserci una sorta di fraternità tra i volatili, ugualmente legati al cielo. Lei gli aveva fatto dimenticare tutti i tormenti passati, la depressione, la voglia di distruggere qualsiasi cosa gli capitasse davanti. Con i sensi in allerta, Izar alzò le mani e disse: « Mi arrendo, vostra maestà. Siete voi la regina indiscussa... ». Mentre tesseva le sue lodi, però, un sorriso sghembo gli si dipinse sulle labbra, e non prometteva nulla di buono. A pochi passi da lei, il ragazzo si piegò sulle ginocchia e prese un poderoso slancio, sorretto da una corrente d’aria che lo spinse in alto, per poi atterrare alle spalle di Altayr senza fare il minimo rumore. Fu abbastanza svelto da riuscire a coglierla di sorpresa, un braccio che le circondava scherzosamente il busto per bloccare qualsiasi tentativo di fuga. « ... Ma io sono il re delle bugie » le sussurrò all'orecchio, stringendola contro il suo petto. A differenza di lui, profumava di shampoo, pulito e vento invernale. Nulla a che vedere con il puzzo della nicotina che pareva aver impregnato ogni fibra del suo essere. La lasciò andare non appena il rossore sulle gote fu di un soddisfacente bordeaux, ridacchiando per la piccola vittoria « Scusa, è che non so perdere ». Si scrollò la neve di dosso, soprattutto dai capelli, e inspirò a fondo l’aria frizzante di montagna. La loro battaglia li aveva condotti nei pressi del lago ghiacciato, appena oltre le rocce che Altayr aveva usato come nascondiglio, quindi gli sembrò una buona idea andare a ispezionarlo da vicino. « Tregua? » chiese, indicando il lago con un cenno del capo. Doveva tenere la mente occupata, o non sapeva fino a che punto si sarebbe spinto con i suoi stupidi giochetti da cascamorto.
Altayr Clarity Windstorm
L'attacco alle spalle si rivelò essere un incredibile successo e un vero spasso. Altayr era riuscito a coglierlo di sorpresa, ricoprendolo di neve da capo a piedi. Izar era quasi completamente candido, e il suo visino scocciato rendeva tutto più divertente. Non era riuscita a trattenersi dal ridere, e si avvicinò al ragazzo con le lacrime agli occhi. Avrebbe potuto avere un po' di tatto, ma era stato più forte di lei: non era cosa da tutti i giorni ammirare un giocatore esperto in quelle condizioni. Lui borbottò e mise il broncio, infantile e adorabile allo stesso tempo. « Lo dici solo perché hai perso. » riuscì a dire alla fine, calmandosi e riprendendo un minimo di contegno. E così aveva vinto lei. Nessuno avrebbe mai potuto sconfiggerla a palle di neve, ormai era un dato di fatto. E pensare che non era neanche la sua unica specialità... Ciò la rendeva praticamente invincibile su qualsiasi fronte.Quale meravigliosa sensazione, uscire vittoriosa da una battaglia e ricoprirsi di gloria! ...Sì, anche se a farne le spese era un certo Corvo dalla lingua tagliente e gli occhi ipnotici. « Ti ho sconfitto, c'è poco da dire. » fece poi, ancora in fase di adulazione della sua persona. Quando poi il ragazzo proclamò la resa, apriti cielo. Anzi che non aveva esternato i suoi pensieri altamente megalomani. Alle parole del ragazzo, esibì un sorriso soddisfatto e improvvisò un inchino: quando rialzò la testa, però, di fronte a lei non c'era più nessuno. La sua auto-celebrazione si interruppe bruscamente, e aggrottò le sopracciglia guardandosi intorno. Dove era finito? Voleva forse la rivincita? Questa volta, l'attacco a sorpresa volse a favore di Izar. Un odore familiare le pizzicò il naso, subito l'Aquila si ritrovò il braccio del ragazzo intorno al busto, e prima che potesse anche solo parlare il Corvo la strinse a sé, sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Sentì le guance scaldarsi come mai prima d'allora, il cuore sul punto di esplodere. Schiuse le labbra, ma non uscì nessun suono: il suo viso parlava da solo, e Izar sembrava essersene accorto. Lì era veramente vicino, e per di più non se lo sarebbe aspettato. Il Corvo era imprevedibile e maledettamente furbo, maledizione. Era davvero così vulnerabile? Da una parte c'era il leggero fastidio di essere in quella condizione, quasi senza difese, dall'altra era stata una sorpresa... piacevole? No, non era il termine adatto. Non sapeva bene come spiegarlo, era comunque un qualcosa che contrastava con quella seccante sensazione. Era complicato. « Ribadisco » disse, menando un leggero pugno sull'incavo della spalla del ragazzo. « Sei sleale. » Izar ridacchiò, e la lasciò andare, visibilmente soddisfatto del risultato. Altayr si tirò su la sciarpa fino al naso per tutta risposta. Doveva essere arrossita alla grande. Fantastico. « Scusa, è che non so perdere. » « Dovrai abituarti, almeno finché hai me come avversaria. » rispose, un po' meno tesa, togliendosi la neve dai capelli imitando il ragazzo. Il suo sguardo volse poi verso il lago ghiacciato vicino a loro. Non sapeva dire quanto fosse grande, ma aveva dovuto fare un gran freddo per essersi ricoperto interamente di ghiaccio. Altayr annuì alla risposta del ragazzo, avanzando tentando di non rimanere indietro come prima. Peccato che Izar fosse leggermente più alto di lei, e ogni suo passo corrispondeva a due della cacciatrice. Il suo sguardo cadde sulla mano di Izar, involontariamente. "NO! ALTAYR! COSA CAVOLO VAI A PENSARE?" scattò, riportando lo sguardo davanti a sé. Oh, diamine, doveva smetterla, tutto ciò che il Corvo aveva fatto fino a quel momento la stava mandando in escandescenza. L'odore di prima la raggiunse di nuovo, sebbene meno intensamente. Serrò le labbra: sembrava odore di fumo, di tabacco, o comunque qualcosa di simile. Decise di non pensarci più di tanto, non le interessava. Quella giornata doveva essere all'insegna del divertimento, ecco tutto. Giunti sulla riva del lago, Altayr si lasciò scappare un gridolino di gioia. Posò un piede sulla superficie ghiacciata, come a testare la resistenza del ghiaccio, per poi appoggiarvi entrambi i piedi. Le stavano luccicando gli occhi. Quel posto era davvero un incanto. « Hai mai pattinato sul ghiaccio? » chiese in direzione del ragazzo, ma non fece in tempo a finire che rischiò di ritrovarsi col sedere a terra a causa di una sua distrazione. Per fortuna, riuscì a ritrovare l'equilibrio, e intercettò lo sguardo in allerta di Izar. « Tutto a posto, sono salva. » gli disse, avanzando ancora di pochi passi e tornando sulla terra ferma, colma di neve. « Che dici, facciamo un giretto? » propose la ragazza a pochi passi dal Corvo, l'odore di fumo ancora presente.
Edited by altäir - 3/8/2016, 17:00
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