Aries and Lies

Noel x Evelya | Nimit

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    12 Marzo - Mattina

    Evelya ascoltò e riascoltò il messaggio lasciato nella segreteria telefonica (che grande invenzione!), dal Dottor Lyander, ogni volta con più apprensione di quella precedente. La settimana prima era passata dalla clinica per un piccolo controllo, dato che negli ultimi tempi si era sentita debole e spossata.
    La diagnosi era stata mancanza di ferro e vitamine, causa il lungo viaggio da Dunne Peyhlra ed i suoi pasti sregolati. Aveva ripreso a mangiare decentemente, specie grazie all'aiuto del cugino Shedir, che la ospitava, quindi il fatto che l'uomo volesse vederla un'altra volta l'aveva messa in allarme. « Vorrà solo vedere come stai » le disse Shedir, prima di uscire per andare al lavoro.
    « Lyander ci tiene ai suoi pazienti, alla fine sarà
    una cosa da nulla »
    . Rincuorata dalle rassicurazioni dell'Angelo, Evelya indossò un maglione rosa pesca dal taglio morbido, jeans aderenti, e acconciò i capelli in una treccia posata sulla spalla, pronta per affrontare la giornata nei suoi rassicuranti colori pastello. Le piaceva quella nuova versione di sé stessa, più moderna, più libera, e finalmente poteva indossare dei pantaloni! Se sua madre l'avesse vista sarebbe svenuta sul colpo. Mostrare le gambe era considerato al pari di girare in intimo, al castello, specie per le donne non sposate. Controllò di avere tutto e uscì di fretta dall'appartamento, una deliziosa casupola su due piani nel centro di Nimit, caotico al punto giusto e pieno di segreti da svelare. Erano passati quattro mesi dalla sua fuga e l'inizio di una vita come Evie la fiorista, occupazione trovata grazie al suo buon gusto nell'abbinare i fiori e la capacità di farli crescere rigogliosi, grazie ai suoi incantesimi d'acqua. Per quel mattino aveva chiesto un permesso speciale, ma sapeva di dover sbrigare la questione al più presto. In negozio avevano bisogno di lei.
    Arrivata alla clinica, chiese di vedere il Dottor Lyander ad una segretaria dall'aria assonnata, che le rispose semplicemente: « Lo studio numero cinque, terza porta a sinistra ».
    Evelya ringraziò con uno dei suoi caldi e raggianti sorrisi, il cuore che batteva all'impazzata man mano che si avvicinava alla porta indicata.
    Inspirò a fondo e bussò, una, due, tre volte.
    Non ricevendo risposta, si permise di sbirciare all'interno: una figura di spalle guardava fuori dalla finestra, e indossava il classico camice bianco.
    « Ehm... Dottor Lyander? E' permesso? » chiese, indugiando sull'uscio. Lo ricordava come un uomo anziano, e quei capelli rosso fuoco non potevano essere i suoi... ma lo studio era quello giusto, l'orario perfetto. Nove e trenta in punto.
    Che fosse un sostituto?

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    Edited by Sullivan - 17/2/2016, 17:35
     
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    Gli studenti più grandi del suo corso lo avevano avvertito: non farsi castelli in aria riguardo gli stage universitari. Noel, ovviamente, aveva seguito alla lettera il loro consiglio. Prima di partire, s'immaginava con il camice bianco, a visitare pazienti, operazioni urgenti da dover fare, riunioni a cui partecipare, essere chiamato "dottore". Magari gli avevano già preparato l'ufficio, con la targhetta con il suo nome sulla scrivania in bella mostra. Appena arrivato a Nimit, tranquilla cittadina del continente ibrido, tutti i suoi sogni si infransero appena mise piede nella clinica a cui era stato assegnato: l'aveva accolto un uomo sulla quarantina dall'espressione seriosa, e gli spiegò quello che avrebbe dovuto fare per i due mesi di stage, ossia mettere in ordine le scartoffie e prendere gli appuntamenti. Non stava facendo il medico, era praticamente una segretaria. Niente ufficio privato, niente appellativi pomposi,, niente di niente. Di tutto quello che aveva immaginato, gli avevano concesso solo un camice bianco di seconda mano. Era capitato sotto l'ala protettiva del dottor Lyander, un ometto arzillo e dallo sguardo benevolo. Era una brava persona, peccato fosse terribilmente ritardatario e dotato di una pessima memoria. Il boccone da mandar giù fu terribilmente amaro. Quello non era fare esperienza, sembrava stesse facendo tutt'altro tipo di lavoro. Le prime tre settimane furono piuttosto difficili: il demone si alzava sempre di cattivo umore, e in studio non faceva altro che sbuffare. Tutto il caffè che aveva preso in quei giorni, poi, non contribuiva di certo a farlo restare tranquillo. Non ci era rimasto male, di più. A saperlo, avrebbe cominciato gli stage l'anno dopo. Al terzo anno di università, da quel che sapeva, concedevano agli studenti dei veri e propri stage pratici. Niente a che vedere con ciò che stava facendo lui adesso: avevano anche il coraggio di definirlo "stage"?
    A Nimit erano capitati in quattro della sua stessa università: uscivano spesso insieme dopo il lavoro, sfogandosi un po' e andando in giro per la città. Tutti i ragazzi - compreso lui erano in tre, Noel, Jack e Oliver - erano della stessa opinione del demone dai capelli scarlatti. L'unica ragazza invece, Amelia, cercava di placare gli animi come meglio poteva. Si era formato un bel gruppetto,.
    Andando avanti col tempo, la situazione era comunque migliorata. Probabilmente anche grazie ai suoi nuovi amici aveva accettato la sua condizione, e il rapporto con il dottor Lyander era migliorato. Certo, quella situazione gli stava ancora stretta, ma era andata così, non poteva farci nulla.
    Il piccolo calendario sulla scrivania segnava il 12 marzo, e l'orologio sulla parete di fronte indicava le nove e venticinque del mattino. Noel era lì dalle otto e mezza, orario di apertura della clinica, mentre il suo mentore ancora non si era fatto vedere. Il bello era che non era nemmeno il suo ritardo più cronico: una volta era arrivato perfino alle undici, e il demone se l'era dovuta vedere con un sacco di appuntamenti accumulati da spostare. Quell'uomo era un incubo, sotto questo punto di vista. Meno male che almeno il suo lavoro sapeva farlo. Il ragazzo si trovava da solo in studio, e aveva passato un'ora buona a sfogliare qualche libro e a parlare con la segretaria all'ingresso, tipa ben poco incline al dialogo. Buttava anche lo sguardo fuori dalla finestra, sperando di vederlo arrivare, ma nulla da fare. La prossima settimana si sarebbe fatto fare un permesso speciale per entrare almeno un'ora dopo. Cominciò a battere il piede sul pavimento in parquet, lo sguardo rivolto al di là della vetrata. Quel vecchio stava esagerando: neanche Noel era un tipo puntuale, ma diamine, qui si parlava di rispetto. Sbuffò sonoramente, le mani ficcate nelle tasche del camice. Tastò in una di esse il suo fidato lettore mp3, e cominciò quindi a sciogliere il filo delle cuffiette. Se aveva visto giusto, il primo appuntamento della mattinata era saltato, al successivo mancava ancora qualche minuto. Poteva prendersela comoda, e la musica gli serviva assolutamente da calmante.
    Prima che potesse riuscire nell'intento, una voce femminile richiamò la sua attenzione. Si voltò di scatto, l'estremità delle cuffiette in mano. Si era affacciata alla porta una ragazza, e chiese del dottor Lyander.
    "Quel vecchio screanzato." disse, ficcando le cuffie nella tasca e sorridendo cortese in direzione della paziente. Non doveva mostrarsi scocciato dall'assenza del tutore.
    « Il dottor Lyander non c'è, e- » Stava per chiederle di tornare il pomeriggio, quando si fermò a metà frase. Un momento. Con Lyander assente, c'era solamente lui ad occuparsi dello studio, non poteva mica mandar via tutte le persone che si sarebbero presentate alla porta. Era la sua occasione.
    « Io sono il suo sostituto. » sorrise di nuovo, alzando la voce e gonfiando il petto. Se l'università non glielo permetteva, avrebbe fatto a modo suo. Si avvicinò alla scrivania, prendendo di corsa l'agenda. « Dottor Noel Hamal Moore, a sua disposizione. » aveva pronunciato il "dottor" con molta enfasi, ma non ci badò granché. Aveva sempre sognato di farlo.
    « Si accomodi pure, signorina... » con la coda dell'occhio, cercò di leggere il nome vicino all'orario dell'appuntamento, ma sfortuna volle che le ultime prenotazioni l'avesse segnate il suo tutore, e la sua scrittura era sottile e caotica. Assottigliò lo sguardo, tentando di interpretare bene il cognome della ragazza.
    « Salame..? » lesse, e appena si accorse dell'errore sperò di non averlo esclamato a voce troppo alta e di non essere stato udito. Cosa diavolo c'era scritto?
    Accantonò l'agenda, spostandola lateralmente, e invitò la ragazza a sedersi di fronte a lui, e Noel la imitò, prendendo posto sulla sedia del dottore e non sul suo solito sgabello al lato della scrivania.
    « Mi dica tutto. » continuò, appoggiando i gomiti sul tavolo. Stava utilizzando un tono molto entusiasta, probabilmente fin troppo, ma non lo stava facendo apposta. Era così che si vedeva, dopo la laurea. Dottor Noel Hamal Moore.
    « Prima di cominciare, potrebbe dirmi nome e cognome? » prese un foglio dal primo cassetto e una penna, pronto ad annotare tutte le informazioni riguardo la paziente. Alzò gli occhi su di lei, attendendo la sua risposta. Era una ragazza minuta, dalla pelle chiara e i capelli biondi, vestita in modo minimale. Era una bellezza estremamente semplice, ma non da passare inosservata. Da quando Lyander aveva pazienti così giovani e carine? Lui non aveva fatto altro che trafficare con vecchiette spocchiose e adulti sopra la quarantina. Poco importava, comunque, adesso doveva entrare nella parte del medico professionale.

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    Non sapeva che il Dottor Lyander avesse assistenti così giovani, nè che permettesse loro di sostituirlo.
    Il ragazzo dai capelli rossi sembrava diretto e pieno di entusiasmo, cosa in cui il suo superiore peccava. Doveva essere un Demone, emanava la stessa energia travolgente dei dignitari di Sunda che aveva incontrato da bambina. Gli erano rimasti molto impressi per la diversità che correva tra loro, creature dagli occhi di rubino e le grandi ali di pipistrello.
    Non le faceva paura, ma il fatto che fossero vicini in età la mise in imbarazzo.
    Si accomodò sulla sedia di fronte a lui, un grande tavolo spoglio a dividerli, e lo sentì borbottare qualcosa che non capì. Salame? Era un po' presto per pensare al pranzo! Forse faceva parte di una dieta speciale. Prese a stropicciare l'orlo del maglione, sentendosi fuori posto e leggermente confusa, la mente sempre rivolta a quel richiamo improvviso dopo la sua ultima visita. Che fosse peggiorata? Magari aveva mangiato del cibo contaminato e si era ammalata. Il pane che le avevano offerto a bordo della nave sapeva di vecchio, in effetti. Raggruppò le preoccupazioni e le tenne strette, perché non trasparissero dal suo solito, perfetto sorriso.
    « E' un piacere fare la sua conoscenza, Dottor Moore. Sono Evelya Sadalmelik. Il Dottor Lyander mi ha fatta chiamare per un controllo, ma non ne conosco la ragione, in realtà. » Prese dalla borsa le schede con i suoi ultimi esami e li passò al ragazzo. Dai valori riscontrati nel sangue era emersa solo una carenza di vitamine, niente di preoccupante... Ma in fondo lei non era un medico. Doveva esserci qualcos'altro scritto tra le righe. Mentre aspettava il responso, Evelya si perse ad osservare il color rubino dei capelli di Mr. Moore, così peculiari da sembrare tinti. E i suoi occhi! Sicuramente doveva essere l'invidia di tutta la famiglia. Lei era trattata diversamente solo grazie alle iridi dorate, che le conferivano un certo status per tradizione, quindi ne sapeva qualcosa. « Ehm... perdoni la domanda. Lei è un Demone, vero? » chiese, con la curiosità di una bambina che vede per la prima volta il personaggio di un racconto in carne e ossa. Non voleva sembrare invadente, ma a Dunne Peyhlra i Demoni erano una rarità, e sua madre le proibiva di frequentarli in quanto tali. Eppure lei li trovava affascinanti, pieni di una vitalità che gli Angeli sembravano aver spento, per mantenere la loro aria regale e composta. E poi era un medico, altro fatto strano e sorprendente. Che fosse bravo o meno, purtroppo, non seppe intuirlo, ma pregò in silenzio che andasse tutto bene.

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    Sadal... cosa? La sua penna si bloccò sul foglio bianco, incapace di continuare. Aveva un cognome davvero strambo, quella ragazza. Noel si morse l'interno della guancia, per poi scrivere un "melik" vicino al nome, sperando con tutto il cuore fosse giusto. Rilesse il nome intero. Evelya Sadalmelik - sempre se il cognome fosse quello, sia chiaro. Gli suonava familiare.
    Alzò lo sguardo sulla ragazza, che gli passò dei fogli con un sorriso. Il demone li prese con particolare vitalità.
    « Beh, tra poco lo scopriremo! » Si portò una mano al mento e assottigliò gli occhi, facendo scorrere le analisi sotto gli occhi con apparente professionalità. Sinceramente? Non sapeva andare a parare. Le analisi gli sembravano nella norma, ma i valori esatti di tutte le voci non se le ricordava. Si sentiva gli occhi di Evelya addosso, non poteva fare una figuraccia. Quello era il suo riscatto, il suo momento. Poteva divertirsi un po' in assenza di Lyandre, ma non aveva preso in considerazione la possibilità di patologie di cui non era a conoscenza. La ragazza non sembrava malata o altro, ma quei parametri lo mandavano in confusione. La sera precedente era anche andato a dormire tardi per finire di vedere un film, e l'essersi alzato presto per prendere l'autobus non contribuiva.
    "I globuli mi sembrano a posto, emoglobina anche..." cominciò ad elencare a mente, passando da un'analisi all'altra. Pareva tutto abbastanza regolare, ma ci doveva essere qualcosa, altrimenti Lyander non l'avrebbe di certo chiamata. Era anche vero che quel vecchietto si preoccupava per ogni minima cosa, eh.
    Passò al foglio successivo, con le analisi più recenti. I valori erano pressoché gli stessi, ma confrontandoli notò che alcuni parametri si erano abbassati.
    « Ehm... perdoni la domanda. » l'attenzione di Noel si spostò su Evelya, e accennò un sorriso, attendendo che continuasse. « Lei è un Demone, vero? »
    « Esattamente, un Demone brutto e cattivo. » sembrava non essere molto avvezza a stare vicino a dei Demoni, da come gli aveva posto la domanda. « E scommetto che lei è un innocente Angioletto, dico bene? » beh, la sua natura era alquanto palese e facile da indovinare: capelli e occhi chiari, educata e sobria. Gli Angeli differivano da loro in tante cose, ed era buffo trovarsene uno dall'altro capo del tavolo che rientrava nei canoni. Per un attimo rimase incatenato agli occhi della ragazza, di un colore brillante e inusuale, per poi tornare a concentrarsi sulle sue analisi.
    « Il valore del ferro è bassino, eh. » disse, finalmente notando l'anomalia. Negli ultimi esami, si ra abbassata un po', per poi risalire e abbassarsi di nuovo. Nulla di grave, ma era un po' instabile e sempre al limite.
    « Anche la B12 non scherza. » era più rivolto a sé stesso che a lei, ma pareva averlo sentito.
    « Mi dica, mangia regolarmente? » le chiese, mettendo giù i fogli e guardando davanti a sé. La ragazza continuava a stropicciarsi il maglione, e sembrava leggermente tesa; poi la si guardava in viso, e sorrideva come nulla fosse. Forse non si sentiva molto a suo agio? In effetti sembrava essere poco più giovane di lui.
    Noel odiava le formalità, e non gli piaceva dare del lei o del voi. Era diretto e spontaneo, tutti quei preamboli gli sembravano inutili, a maggior ragione con una sua coetanea.
    « E' strano darti del lei. » disse ad una certa, appoggiando il mento sul palmo della mano. « Ti dispiace se ci diamo del tu? E' così... pesante, oserei dire. » aggiunse, facendo spallucce. Evelya sembrava una ragazza semplice, ma non sapeva quanto bene ci si potesse parlare. Sembrava facesse parte di un altro mondo, ed emanava un'aura di eleganza e raffinatezza anche in jeans e maglioncino. Risposta positiva o meno, Noel avrebbe messo da parte le formalità ugualmente.

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    Il Dottor Moore diede conferma ai suoi sospetti.
    Un “Demone brutto e cattivo”. Evelya nascose una risatina coprendo la bocca con la mano. « Lo sapevo, che fortuna! Lei è solo il secondo che vedo ».
    « E scommetto che lei è un innocente Angioletto,
    dico bene? »
    La ragazza annuì, anche se il termine innocente non le calzava proprio a pennello.
    Era pur sempre una fuggitiva, una donna che aveva abbandonato la famiglia e il futuro marito per pensare a sè stessa e rifarsi una vita.
    Ascoltò i ragionamenti ad alta voce del dottore, incapace di interpretarli, mentre cercava di scorgere nella sua espressione concentrata un qualunque indizio sull’esito degli esami. Non aveva studiato molta medicina al castello, sapeva giusto lo stretto indispensabile per fasciarsi una ferita o far abbassare la frebbre, quindi era nelle sue mani e doveva dargli fiducia, per quanto giovane fosse.
    « Il valore del ferro è bassino, eh. Anche la B12 non scherza. Mi dica, mangia regolarmente? »
    L’Angelo inclinò la testa con aria pensosa. Da quando era approdata nel nuovo continente, la sua dieta si era adattata a quella di Shedir, che si nutriva solo di frutta e verdura. Nemmeno lei mangiava carne, ma i piatti che le preparava lo chef di corte erano sempre equilibrati, in modo che non le mancasse nulla.
    « Dunque, faccio tre pasti al giorno, e non includono carne ». Ultimamente si era sentita più spossata del solito, una naturale conseguenza del lungo viaggio, però non risentiva della mancanza di cibo. Rimase in silenzio a riflettere su altre informazioni da dare al dottore, quando lui richiamò la sua attenzione dicendole che non se la sentiva di darle del lei. Avevano pressapoco la stessa età, la sua era una considerazione giusta, ma Evelya era stata abituata diversamente. Per la biondina era molto più stressante dare del tu agli sconosciuti, e un medico era sempre un gradino sopra di lei, per quanto Demone. La sua conoscenza con Arthur, tuttavia, le aveva insegnato che la gente del posto era più alla mano di quella del castello. Perfino Shedir era stato chiaro su quel punto: dare del voi e chiamare le persone solo con il loro cognome alzava una barriera tra lei e l’interlocutore, dandole un’aria da snob.
    « Ti dispiace se ci diamo del tu?
    E' così... pesante, oserei dire. »

    « C... certo! Se per te va bene, Noel. » Il suo sorriso, già pronto e cordiale, si sgretolò nel momento in cui capì di aver appena chiamato per nome un medico. Presa dal panico, tentò di rimediare all'increscioso errore, ma sentì di aver solo peggiorato la situazione.
    « Oh no... Perdonatemi, Dottor Moore!
    Cioè, perdonami se... Insomma, siete un dottore,
    non dovrei trattarvi come un familiare, sarebbe sconveniente ».

    Era passata dal tu al voi in tre secondi netti, balbettando scuse su scuse.
    Sentendo le guance in fiamme, Evelya le coprì con le mani per nascondere l’imbarazzo, certa di aver fatto una pessima figura. Dov’era finita la sua proverbiale educazione? Stare distante dai rimproveri della madre le aveva fatto dimenticare l’etichetta.
    « Ecco, io... non sono molto brava in queste cose.
    Vi prego di non farci caso. Avete trovato qualcosa che non va? ».
    Impossibile crederlo, eppure era ripiombata nel linguaggio da vita di corte.
    L’ansia le giocava brutti scherzi. Per quanto il ragazzo sembrasse un tipo tranquillo, Evelya non riusciva a considerarlo un semplice coetaneo. Chissà cos'avrebbe pensato della sua maleducazione!

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    Edited by Sullivan - 17/2/2016, 17:35
     
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    Il demone sorrise lievemente, giocherellando con gli angoli dei fogli delle analisi. Era d'accordo con lui sull'essere meno formali, e Noel tirò un sospiro. Non gli piacevano le formalità, soprattutto tra giovani. Sì, lui era un medico - ahem - ma erano praticamente coetanei. Non ce n'era bisogno, e lo trovava sempre un po' strano. Non imbarazzante, semmai inutile. Il ragazzo non ricopriva neanche chissà quale ruolo nella società, di conseguenza darsi del tu andava più che bene. Evelya però, in pochi secondi, cambiò subito atteggiamento, passando dall'essere informale - lo aveva chiamato persino per nome, che carina! - al tornare alla situazione iniziale. Noel alzò un sopracciglio, continuando comunque a sorridere. Quella ragazza era stramba, ma in senso positivo. Il non riuscire a dare del tu a un proprio coetaneo era cosa da non credersi, e ciò che disse lo divertì un poco.
    « Certo che sei buffa. » disse, appoggiandosi allo schienale della sedia. « Non c'è bisogno di imbarazzarsi così, stai tranquilla. » rise piano. prendendo i fogli tra le mani per non avvicinarsi di nuovo alla scrivania. Forse le era difficile trovarsi a suo agio con persone come lui: gli dava l'impressione di essere una ragazza riservata e composta, tutto il suo contrario.
    « Se preferisci non darmi del tu fai pure, nessun problema. » gli sorrise amichevolmente, per poi riprendere la lettura degli esami di Evelya. Lyander l'aveva davvero chiamata solamente per un calo di ferro e vitamine? Oh, e andiamo. Doveva esserci qualcos'altro sotto, altrimenti sarebbe bastata una semplicissima visita, senza bisogno di scomodarla. C'erano due possibilità: o il vecchio era un tipetto apprensivo che voleva starsene in pace con sé stesso e non avere nessuno sulla coscienza, oppure chiedeva sempre di tornare solamente alle pazienti giovani e carine giusto per rifarsi gli occhi. Ricevere solamente anziane signore non doveva essere facile, neanche per un vecchietto sulla sessantina probabilmente. E comunque, le chiamava solamente quando Noel non c'era, perché di fanciulle della stessa età di Evelya ne aveva viste giusto un paio. E lei senza dubbio era la più carina delle poche che aveva ricevuto.
    « Il ferro basso non è qualcosa da sottovalutare: da quel che mi risulta, per un bel periodo di tempo hai sempre avuto dei valori sotto la norma. » le disse, mostrandole con la penna i parametri che aveva preso in considerazione, tornando con il busto attaccato alla scrivania. Non sapeva stare un attimo fermo, era incontenibile. Suo fratello glielo diceva spesso, giusto per dargli fastidio. Lo sapeva benissimo, ma non lo faceva apposta. L'Angelo di fronte a lui aveva mantenuto la stessa posizione da quando era entrata, lui ne aveva cambiate almeno cinque.
    Doveva ammettere che comunque, nonostante tutta l'improvvisazione, si stava divertendo ad impersonare un medico. Per quanto stesse andando a intuito e non avesse idea di cosa significassero molte parole scritte qua e là sui fogli, se la stava anche cavando egregiamente. La ragazza non aveva neanche detto nulla riguardo il suo essere così giovane per essere un dottore o altro, sembrava fidarsi di lui. Ahi, fiducia mal riposta, poverina. Non doveva comunque osare troppo, commettere errori in campo medico era imperdonabile.
    « Si potrebbe incorrere in qualche problema in futuro, meglio stare attenti. » si portò la penna alle labbra. Evelya aveva detto che non consumava carne durante i pasti, ma da quel che ricordava il fegato era pieno di ferro, le sarebbe potuto servire... O erano gli spinaci? No, le uova. Aggrottò le sopracciglia, cercando di ricordare. Aveva letto qualcosa a proposito sui libri di testo, ne era sicuro. Comunque, le verdure ne contenevano, se ben ricordava, quindi sarebbe dovuto andar bene. Sperava.
    « Sarà forse il caso di farti fare altri esami...? » tornò con la schiena all'indietro, mangiucchiandosi il tappo della penna. L'aveva pronunciato con un tono più drammatico di quanto avesse voluto, ma non ci fece molto caso. Buttò uno sguardo all'orologio: le nove e quarantacinque. Noel sperò che il ritardo di Lyander si accumulasse ancora per un po', quel giorno.

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    « Certo che sei buffa. Non c'è bisogno di imbarazzarsi così, stai tranquilla. » Evelya tirò un sospiro di sollievo. Grazie al cielo non si era offeso. Era la prima volta che qualcuno la definiva "buffa", e non sapeva se interpretarlo come un complimento o meno.
    « Se preferisci non darmi del tu fai pure, nessun problema. »
    « No, no. M'impegnerò ad essere meno formale » affermò, rinvigorita dal pensiero di essere trattata alla pari.
    Così funzionava nei Continenti civilizzati, e così avrebbe fatto. Ascoltò attentamente il responso del Dottore, che le diceva di fare attenzione ai valori di ferro nel sangue, ed elencava una serie di motivazioni del tutto estranee alle sue orecchie. Questo ferro a cosa serviva? Era grave non averne? Il fatto che il Dottor Moore non riuscisse a calmarsi e avesse un'espressione tanto corrucciata le fece temere il peggio.
    « Sarà forse il caso di farti fare altri esami...? »
    L'Angelo sobbalzò, una mano a coprire il tremolio del labbro. Allora era davvero una questione seria! E dire che lei non si era sentita malata. Niente febbre, mal di stomaco... niente. Per un attimo le balzò l'idea che Shedir la stesse avvelenando, ma la rimosse subito. Il panico le impediva di ragionare in modo sensato. La prospettiva di dover sentire di nuovo quell'ago spaventoso nel braccio la fece rabbrividire, e spostò lo sguardo sulle mani aggrovigliate in grembo.
    « Se voi lo ritenete... cioè, se lo ritieni necessario, lo farò. Spero solo che non sia qualcosa di brutto. »
    Si stava ancora tormentando le maniche del maglione quando sentì la porta aprirsi lentamente. Un dapprima stupefatto, poi irancondo Dottor Lyander, marciò all'interno dello studio con delle cartelle cliniche sotto braccio, e le guance paonazze di rabbia. « Noel, giù dalla mia sedia! Ma cosa combini?! ».
    Evelya guardò confusa entrambi, e si affrettò a dare spiegazioni. Forse si erano solo confusi con l'orario della visita. « Non si preoccupi, Dottore. Il suo assistente si sta già occupando di tutto. » Anzichè migliorare la situazione, ahimè, la rese solo più caotica. Lyander, un ometto basso e paffuto dai folti baffi grigi, spostò lo sguardo dalla paziente al Demone come se non sapesse con chi prendersela. « Il mio assistente? Ma certo, siamo saliti di grado, Moore? E dire che non sei nemmeno a metà del tirocinio. » Gli fece segno di alzarsi, strappando di mano a Noel la cartella clinica della ragazza.
    « Amelia e Oliver ti aspettano per quella flebo alla signora Reynolds, nello studio due. » La fanciulla era sempre più esterrefatta. Dunque il Dottor Moore non era un dottore? Cosa stava succedendo? Guardò il Demone come se fosse un fantasma, conscia di essere appena stata presa in giro nel più subdolo dei modi. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse immediatamente, mentre Lyander prendeva il posto del suo "assistente" davanti a lei. « Scusi tanto, signorina Sadalmelik, devo aver dimenticato l'appuntamento.
    Noel non poteva sapere il nome dell'integratore
    che volevo darle. Ecco qui. »
    L'uomo frugò nella tasca, allungando sul tavolo una scatola anonima color giallo canarino. Era stata chiamata per degli integratori? Un po' superfluo, a dire il vero. Osservò in silenzio il ragazzo dai capelli cremisi alzarsi e superarla. La sua andatura era sicura, ogni passo rigido e preciso come quello di un soldato, eppure le sembrò forzata. Ripensandoci, l'assistente si era preso la briga di riceverla, anzichè mandarla via, e non sembrava così inesperto come il suo superiore lo ritraeva. Sconfitta dal suo buon cuore, Evelya fermò il giovane, afferrando timidamente la manica del camice. Era un gigante in confronto a lei.
    « Per fortuna non era niente di grave » disse con un candido sorriso, per fargli capire che non era nè arrabbiata nè offesa. Tutto sommato aveva fatto un buon lavoro, ed era stato gentilissimo. « Quando sarai diventato un vero dottore, chiederò sicuramente di te. »
    Il borbottio di Lyander le fece intendere che non sarebbe stato così facile. Ad ogni buon conto, Evelya ritenne giusto congedarlo con un piccolo inchino. Il suo secondo incontro con un Demone era stato strano, imbarazzante... ma esaustivo. Erano creature davvero peculiari.

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    Edited by Sullivan - 17/2/2016, 17:36
     
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    Sul volto dell'Angelo si disegnò un'espressione quasi terrorizzata, e le parole che fuoriuscirono dalla sua bocca furono incerte. Non pensava che i suoi ragionamenti ad alta voce potessero avere un riscontro così negativo: Evelya sembrava averla presa male, quando invece di pericoloso non c'era assolutamente nulla. Noel credeva che ci fosse dell'altro sotto, far tornare una paziente per il ferro basso era roba da pazzi in fondo, ma dalle analisi che gli aveva fornito non traspariva altro. La scena non era divertente, ma l'ingenuità della ragazza non aveva precedenti. Non voleva approfittarsi di lei, anzi, su alcuni fronti la trovava adorabile. Coprì con i fogli un sorrisetto furbo, e fece per dire che avrebbe potuto rischiare la vita a causa di quei valori, giusto per prenderla un po' in giro e chiederle scusa subito dopo, quando la porta dello studio si aprì e gli occhi ametista del Demone incontrarono quelli sottili e ambrati del vecchio Lyander.
    Magari, un normale tirocinante con la coscienza sporca sarebbe sbiancato alla vista del proprio tutore sulla porta. Si sarebbe scusato, lasciandogli il posto e uscendo a testa bassa. Invece, Noel fece tutto il contrario. Appena incrociò lo sguardo di Lyander, percepì la rabbia che aveva represso in presenza di Evelya invadergli il petto. Non si curò tanto della presenza della biondina, e strinse i braccioli della sedia conficcandovi le unghie.
    « Finalmente ci degna della sua presenza. » gli disse, sforzandosi comunque di mantenere un minimo di compostezza. Era ormai una questione di rispetto, e Noel l'avrebbe accolto allo stesso, malo modo con o senza paziente in studio.
    « Mi sto occupando dei suoi pazienti mentre lei fa i suoi porci comodi. » si alzò dalla sedia, sovrastando il dottore con la sua stazza. Lyander non era intimorito, ci aveva fatto l'abitudine all'irritabilità del suo protetto.
    « Non capisco tutta questa tolleranza verso i suoi ritardi. » gli lasciò il posto dopo aver spostato la sedia con rabbia da un lato, ficcandosi le mani nelle tasche e avviandosi verso la porta. Incrociò per pochi istanti gli occhi dorati di Evelya: tutta la sua aura da "dottore figo" era completamente scomparsa, ai suoi occhi probabilmente stava apparendo come un bugiardo infimo. Poco gli importava, lui aveva la coscienza a posto. La salutò con un gesto freddo della mano, senza sorrisi o altro, infilando la porta diretto allo studio due.
    « Un integratore? » si fermò sull'uscio appena udì le parole di Lyander. Seriamente? L'aveva davvero chiamata per una mancanza di ferro? Oh, cielo. « Ma mi faccia il piacere. Tanti saluti. »
    Sbatté la porta senza tanti complimenti, e si avviò in corridoio mentre sentiva il dottore scusarsi con Evelya per il suo comportamento. Noel non doveva permettersi di sostituire Lyander, ma era stato più forte di lui. Era il suo momento di gloria. Era anche una questione di principio, al di là di tutto: era educazione, rispetto. Lyander arrivava quando gli pareva, dando problemi ai pazienti. Non si era neanche inventato niente... Oh, al diavolo! Quante volte aveva desiderato di fare a cambio con la tutor di Oliver, la dottoressa Doherty: fine, sapeva il fatto suo e dotata di umorismo. Quanto invidiava il suo amico. Lui invece si era preso quel vecchio bacucco. Non gliene andava mai bene una.
    Camminando velocemente, si accorse che il punto dove la gamba e la protesi si incontravano cominciava a bruciargli: la stava sforzando troppo, preso dalla foga com'era. Si decise a rallentare l'andatura, e pochi attimi dopo sentì qualcosa tirargli la manica. Si voltò, incontrando il viso angelico di Evelya. Non sembrava arrabbiata, nonostante tutta la scenata di poco prima.
    « Quando sarai diventato un vero dottore, chiederò sicuramente di te. » Noel rise piano, sollevato.
    « Grazie per la pazienza. » rispose, scompigliandole leggermente i capelli senza pensarci, per poi mugugnare un "Oh scusa" e ritraendo la mano. Per fortuna non aveva combinato un disastro irreparabile.
    « Ti accompagno all'uscita, tanto lo studio dove sono diretto è lì vicino. » la affiancò, e sentiva il bruciore alla gamba scomparire pian piano. Era piccina rispetto a lui, sebbene non fosse uno scricciolo. La cosa lo fece sorridere, mentre giocherellava con i fili delle cuffiette nella tasca. Aveva agito d'impulso poco fa, e non si riferiva alla mancanza di rispetto nei confronti di Lyander - ormai i loro litigi erano all'ordine del giorno - bensì non si era comportato nel migliore dei modi con Evelya. Non si trattava del fatto di essersi fatto passare per un dottore - era anche quello, ma non per Noel, che pensava di aver fatto la cosa giusta - ma di averla trattata senza alcun riguardo subito dopo l'entrata del suo tutore. Non era forse il caso di chiederle scusa? Bah, si sarebbe anche potuto fare.
    Si fermò vicino all'uscita, e le indirizzò un sorriso cordiale.
    « Tra una ventina di minuti ho una pausa. Pensavo di offrirti la colazione al bar qui sotto, che dici? » buttò lì, senza girarci minimamente intorno. Era un tipo diretto, Noel, che ci volete fare?
    « Sai, per tutta la faccenda di prima. » aggiunse, sistemandosi il colletto del camice. Il suo sguardo si alzò sull'orologio da parete, che segnavano ormai le dieci meno cinque.
    « Scusa, devo scappare. Spero di trovarti qui alla fine delle analisi. » la salutò con un cenno della mano, scomparendo in una delle porte lì vicino.
    Oliver e Amelia si voltarono contemporaneamente verso di lui, uno con un sorriso forzato sulle labbra, l'altra gli indirizzò uno sguardo omicida. La signora Reynolds era una povera vecchina - sì, erano tutti vecchi lì dentro, per l'amor del cielo - che andava per i novanta, mezza fusa a causa dell'età e con una cotta per Noel. Raccapricciante. Infatti, quando lo vide entrare un sorriso entusiasta si dipinse sulle sue labbra, manco fosse un adolescente alle prese con il suo primo amore.
    Nonostante Amelia avesse già cominciato ad occuparsene, l'operazione passò a Noel. Parlare con lui tranquillizzava la signora, così mentre lui si occupava di cambiarle la flebo gli altri due ragazzi pensavano a farla mangiare. Fortuna volle che non gli occupò molto tempo, e alle dieci e un quarto il Demone fu fuori dallo studio.
    « Sempre più cotta, eh Noel? » Oliver, gli circondò le spalle con un braccio, senza nascondere il tono ironico della domanda. Il ragazzo dai capelli cremisi lo raggelò con lo sguardo.
    « Piantala, idiota. Vorrei vedere te al mio posto. » si lamentò lui, allontanando l'amico che si diresse insieme ad Amelia nella stanza adiacente. Noel sospirò, una mano sul collo. Alzò gli occhi, e quando vide una ragazza esile con un maglione pesca addosso vicino alla segreteria, un largo sorriso gli si dipinse in volto.
    Sinceramente? Non pensava lo avrebbe aspettato. Invece eccola lì, ne era sollevato.
    « Il dottore è di ritorno. » gli disse ad alta voce. « Dove ti sto portando fanno dei cornetti ripieni che sono la fine del mondo. Mi auguro ne sia rimasto qualcuno. » gli tenne aperta la porta, aspettando lo affiancasse. Era da tanto che non andava fuori a colazione con qualcuno che non fosse un Demone.

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    Il Demone sembrava aver sbollito l'arrabbiatura in fretta, cosa di cui Evelya era grata. Le scompigliò i capelli con fare da fratello maggiore, come a voler dire "non è niente", e si offrì di accompagnarla all'uscita. La ragazza fece del suo meglio per stare al passo, impegnata ad esaminare l'etichetta di nomi complessi sulla confezione degli integratori. E dire che aveva chiesto un permesso dal lavoro per quella minuscola scatola. Teneva sempre a mente che, comunque, lei non era un medico. Magari erano medicine particolari, da somministrare solo con una certa attenzione. Il Dottor Moore la considerava una presa in giro, a giudicare dalla reazione di poco prima.
    Il rapporto tra l'insegnante e l'alunno era tempestoso, proprio come si sarebbe aspettata da un Angelo e un Demone messi sullo stesso piano. Forse anche lei si sarebbe dovuta comportare così. Incrociò lo sguardo di lui e sorrise di getto, dandosi della stupida per averlo anche solo pensato.
    Non si trattava di razze, ma di personalità: Lyander era un vecchio saggio, uno di quei personaggi che stanno bene accovacciati sulla loro sedia girevole a dispensare consigli, mentre Noel pareva pronto a buttarsi nel primo guaio disponibile. Possedeva una vitalità invidiabile.
    « Tra una ventina di minuti ho una pausa. Pensavo di offrirti la colazione al bar qui sotto, che dici? Sai, per tutta la faccenda di prima. »
    Evelya lo fissò interdetta per qualche secondo, chiedendosi cosa ci fosse stato di tanto grave nella "faccenda di prima".
    Si sentiva in colpa? Non ne capiva il motivo, visto che alla fine era stato cordiale e disponibile. Permettergli di pagare del cibo per lei era la peggiore delle offese! « Ma... non ve n'è bisogno, davvero... » balbettò, sfogliando tra le varie motivazioni plausibili per declinare l'invito. Purtroppo Noel andava di fretta, e la lasciò, esprimendo il desiderio di vederla una volta finito il turno del mattino. Lo guardò entrare in uno studio e chiudersi la porta alle spalle, soffocando dei gridolini di gioia che sembravano appartenere ad un'anziana. Qualche paziente fidata, senza dubbio.
    - E ora che faccio? - si domandò l'Angelo, in piedi davanti all'ingresso della clinica. La segretaria rimescolava una gomma da masticare in bocca e scribacchiava qualcosa dietro al bancone, comportandosi come se lei non esistesse, quindi era fuori discussione passare i venti minuti previsti in sua compagnia. Avrebbe aspettato il Demone, si sarebbe scusata per il disturbo e poi via, dritta al lavoro. Non se la sentiva di lasciarlo così, senza nemmeno una parola di gratitudine.
    Prese posto nella confortevole sala d'attesa, ricca di piante fiorite in ogni angolo e rassicuranti poster sull'igiene dentale. Un tipico ambiente angelico. Ora veniva la parte peggiore: usare il cellulare per comunicare del ritardo. Shedir le aveva prestato un vecchio modello, ma da dove proveniva lei non esisteva nulla del genere. Aveva impiegato giorni solo per capire cosa fosse una rubrica. - Allora, i messaggi... ah, questo disegnino a forma di busta! - Persa com'era nella difficile operazione, Evelya non fece caso al passare dei minuti. Quando la porta dello studio si aprì, sobbalzò per la sorpresa. Il display del cellulare segnava le dieci e un quarto.
    Assieme a Noel uscirono anche un ragazzo ed una ragazza, ugualmente giovani e pimpanti. Dovevano essere dei compagni di tirocinio, ma non seppe dire se fossero della stessa razza. Era un sollievo vederli andare così d'accordo, per quanto il ragazzo dai capelli cremisi avesse una smorfia contrariata in viso che rovinava il bel quadretto.
    I loro sguardi si incrociarono, e lui ne parve sollevato.
    « Il dottore è di ritorno » annunciò. Evelya rimise il telefono dentro la borsa e scattò in piedi per raggiungerlo, simile ad un cagnolino fedele che accoglie il padrone. Era la sua unica conoscenza dentro l'ambulatorio, Lyander a parte, e restava il fatto che si trattasse di un Demone. Per lei era al pari di una creatura mitologica in carne ed ossa. Avrebbe potuto ammirare il colore sanguigno dei suoi capelli per ore, senza mai stancarsene. « Bentornato! Riguardo alla colazione... »
    « Dove ti sto portando fanno dei cornetti ripieni che sono la fine del mondo. Mi auguro ne sia rimasto qualcuno. »
    Beh, improvvisamente non le pareva più un'idea tanto malvagia. I dolci erano il suo punto debole, in fondo.
    Poteva permettersi qualche minuto di distrazione, dato che non le sarebbe capitato tanto facilmente di conversare ancora con un Demone come lui. Un cornetto (pagato di tasca sua), ed Evelya sarebbe tornata alle mansioni quotidiane.
    Accettò il gesto galante del giovane di tenerle la porta aperta, accennando un mezzo inchino, quando si accorse che il Dottor Lyander li osservava scioccato dal bancone della segreteria. Non poteva permettere che i due si punzecchiassero di nuovo, quindi prese Noel a braccetto e si avviò verso la scalinata inondata di sole. Non faceva caldo, il clima era perfetto per una passeggiata. Peccato non averne il tempo.
    Come il cugino le aveva consigliato più volte, l'Angelo assunse un comportamento conviviale, cercando di non pensare alla sfacciataggine di aver appena preso sotto braccio uno sconosciuto. L'aveva visto fare un sacco di volte dagli abitanti di Nimit, doveva far parte del loro strano galateo.
    « Mi dispiace che il Dottore ti abbia rimproverato. Evidentemente prende il lavoro sul serio. » disse, lasciando che lui la conducesse verso il bar al piano inferiore. « Però ci tieni anche tu. Hai scelto una professione molto nobile. »
    I medici erano sempre trattati con riguardo dalle sue parti.
    La madre gliene aveva fatto frequentare qualcuno, ma non erano partner soddisfacenti. Troppo seri e cinici.
    La ragazza si accorse che stare vicino a lui le infondeva nuova energia, come si trovasse accanto ad una fiamma rinvigorente in pieno inverno. La crudeltà con cui i Demoni venivano descritti non gli si addiceva affatto. Lasciò la presa dal camice, incrociando le mani dietro la schiena, e prestò attenzione ad ogni singola parola di Noel, nemmeno fosse legge.

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    Meno male che il dottor Lyander era entrato nella visuale di Noel solamente all'ultimo, poco prima di chiudere la porta. Il sorriso candido che aveva sulle labbra mutò quasi in un ringhio, l'uomo paffuto che guardava i due ragazzi esterrefatto da dietro il bancone. Se non fosse stato per Evelya, molto probabilmente, ben presto si sarebbe dovuto trovare un altro posto dove continuare lo stage universitario. Tutore e stagista mal si sopportavano, era ormai evidente. Per fortuna la ragazza lo prese a braccetto prima che il giovane Demone potesse fare qualsiasi cosa che l'istinto gli dettava.
    Non si aspettava quel gesto da parte della biondina: non gli era parsa così intraprendente da prendere sottobraccio uno sconosciuto - perché sì, sarà stato pure carino e simpatico, ma si erano pur sempre conosciuti la mattina stessa. A dirla tutta, non avrebbe immaginato che Evelya potesse accettare la sua richiesta. Un po' lo sperava, offrire la colazione ad una ragazza carina e raffinata come lei non era roba da tutti i giorni, ma l'individuo che l'aveva invitata ad uscire lo conosceva appena.
    La rabbia montata a causa di Lyander svanì per la seconda volta, sempre a causa della stessa persona. L'Angioletto emanava un'aura rassicurante, come molti della sua razza. Non ne aveva incontrati chissà quanti nella sua vita, appartenendo alla borghesia demoniaca era difficile venire a contatto con loro, ma a Nimit non erano affatto rari - lo stesso Lyander lo era - e qualche famiglia angelica era presente a dei ricevimenti a cui aveva partecipato in passato. In quanto Demone, ci si aspettava che nutrisse una naturale repulsione per le altre razze, ma Noel non era cresciuto di quell'opinione. Era neutrale a riguardo, non gli interessava più di tanto la supremazia di una o dell'altra.
    C'era il sole, quel giorno, seppur non facesse chissà quanto caldo, e le scale erano totalmente illuminate.
    « Sei una delle poche a pensarla così. » disse Noel, scendendo le scale alla pari con Evelya. Per fortuna non aveva un'andatura veloce, altrimenti la gamba dopo un po' avrebbe potuto risentirne. Ora come ora non gli stava dando alcun problema, anche se salire e scendere le scale non era proprio il massimo, non lo era mai stato.
    « Sono pochi i Demoni ad essere diventati medici. La maggior parte sono Angeli. » continuò, la ragazza che la ascoltava come se stesse parlando una persona chissà quanto importante. L'aveva già detto che la trovava buffa e tenera? No, ancora non gli era scappato dalla bocca.
    « Anche in questa clinica sono l'unico Demone, persino tra gli assistenti. » sorrise. Paradossalmente, nessuno dei suoi tre nuovi amici apparteneva alla sua stessa razza. Jack e Amelia erano Ibridi, mentre Oliver era un Angelo. L'università di medicina di Hadony non era certo la più prestigiosa di Andellen, ma l'unica del Ludh Tasuh - la maggior parte si trovavano nell'Yhkam. In fondo, in passato, la sua città natale era stata il covo di entrambe le razze pure, era sicuramente la più tollerante del continente verso gli esseri non demoniaci.
    « In effetti, un medico Demone è un paradosso, ma ci riuscirò. » aggiunse con entusiasmo, cominciando a scendere l'ultima rampa di scale. Il bar si trovava in fondo al corridoio del primo piano, e già si riusciva a sentire un buonissimo odore proveniente proprio da lì. Riuscire a diventare dottore era sempre stata la sua massima aspirazione, proprio come suo padre e suo fratello prima di lui. I pregiudizi non lo avrebbero fermato. Sarebbe diventato un medico con i fiocchi, la sua razza non avrebbe fatto la differenza sulle sue conoscenze e capacità.
    Arrivarono di fronte alla porta del bar, e Noel lasciò passare prima la ragazza tenendogliela aperta - sbagliava, o per ringraziarlo era solita fare una sottospecie di piccolo inchino? Osservandola di sottecchi, aveva un portamento elegante al quale fino ad allora non aveva dato chissà quanto peso.
    Il bar era un posto tranquillo, per quanto pieno di persone in camice bianco e pazienti non c'era chissà quanta confusione a livello acustico. I due ragazzi si misero davanti al bancone per fare la fila, e Noel grazie alla sua altezza riuscì a vedere quel che restava da mangiare.
    « Sono avanzati un paio di cornetti alla crema e qualcuno con la marmellata. Quelli al cioccolato sono i primi a finire. » fece spallucce: i cornetti ripieni al cioccolato erano i suoi preferiti, ma era sempre una guerra per riuscire a comprarne uno. La crema non gli piaceva, quindi si decise per prenderne uno alla marmellata, che erano comunque buonissimi. Tirò fuori dalla tasca qualche spiccio, mentre chiese alla ragazza cosa volesse.
    « Non ci provare! » esclamò: Evelya aveva preso il portafoglio dalla borsa. « Fammi fare il gentiluomo. » gli intimò, troncando ogni suo tentativo di ribellione. Attirò l'attenzione della cameriera, passando davanti ad una coppia di anziani, e porse il cornetto alla ragazza con un sorriso.
    Si diressero verso il tavolo libero più vicino, cominciando finalmente a mangiare. Il suo stomaco reclamava cibo, quella mattina aveva messo sotto i denti poco o niente. Un buon cornetto in compagnia era quello che ci voleva.
    « Tu invece cosa fai nella vita? » le chiese, intavolando una conversazione. Pareva una personcina interessante a primo impatto - prendersi un grosso spavento a causa del ferro basso pensando si trattasse di qualcosa di grave o inchinarsi per ringraziare non erano certo comportamenti comuni. « Studi? Lavori? »

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    Una volta aveva letto un libro sui Demoni, l'unico che il tutore le avesse permesso di portar via dalla biblioteca. Parlava di una famiglia che aveva ottenuto tutto il prestigio sterminando le altre. Basandosi solo su quei racconti di guerra e sangue, Evelya li aveva ritratti come insensibili manipolatori con una passione per la violenza. Guardò di sfuggita Noel mentre le teneva la porta aperta, prima di inchinarsi in segno di ringraziamento. Lui voleva salvare le persone, non ucciderle, ed era determinato a passare davanti alle altre razze pur di affermarsi come medico. Aveva un obiettivo preciso in mente riguardo il suo futuro, lei no. L'odore tipico delle caffetterie la distrasse appena in tempo, insieme al chiacchiericcio tranquillo del personale medico e qualche paziente che, come lei, doveva aver finito una visita. La fila davanti al bancone non era chilometrica, doveva decidere in fretta cosa prendere. Saltellò sul posto per guardare oltre le persone che facevano da barricata, ma niente, non scorse nemmeno l'ombra di un dolce. « Sono avanzati un paio di cornetti alla crema e qualcuno con la marmellata. Quelli al cioccolato sono i primi a finire » riferì Noel, che dall'alto della sua statura riusciva a vedere la fonte di quel buon profumo.
    La biondina sospirò, rassegnata, e cercò il portafogli nella borsa. Amava il cioccolato, ma chi tardi arriva male alloggia, no? Il ragazzo inorridì quando la vide con una banconota che avrebbe potuto comprare la cucina intera, e disse che voleva comportarsi da gentiluomo e pagare per lei.
    « Non serve, davvero... ». Ormai i pochi spiccioli erano già passati nelle mani della cameriera. Si affrettò a chiederne uno alla crema, prima di creare altra fila alle sue spalle, e accettò con gratitudine il cornetto che lui le porse. Aveva un sorriso contagioso, Evelya non potè fare a meno di imitarlo.
    Una volta preso posto (Noel aveva puntato un tavolino sgombro accanto alla finestra), fu finalmente il momento di mangiare per entrambi. Purtroppo per lei, l'Angioletto aveva una procedura da seguire che non riusciva a dimenticare.
    Aprì un tovagliolo e lo mise sulle cosce, e ne usò un secondo per avvolgere bene il cornetto. Mangiare con le mani era pura barbarie, lo faceva solo chi non poteva permettersi le posate. Diede il primo morso fece un lungo mormorio di apprezzamento. Era delizioso! Chissà quanti ne vendeva lo chef ogni giorno. Quelli al cioccolato dovevano essere strepitosi. Mentre masticava con cura osservò il ragazzo di fronte a lei, che sembrava non vedere cibo da giorni, e ormai aveva quasi finito la sua parte. Aveva i canini appuntiti, proprio come dicevano nel suo libro! Non si trattava di zanne chissà quanto grandi, ma chiaramente non assomigliavano ai suoi minuscoli denti. « Tu invece cosa fai nella vita? Studi? Lavori? ». La colse di sorpresa, finchè ancora lo fissava, ed Evelya si affrettò a riacquistare un comportamento dignitoso. Guardare troppo a lungo la gente era segno di maleducazione. Finì di masticare, passò un fazzoletto sulla bocca e rispose: « In questo momento lavoro da Annery,
    il negozio di fiori vicino alla piazza ».
    Già, in questo momento. Non aveva chissà quali prospettive future.
    « Ho terminato gli studi con il mio insegnante privato, ma non amo stare seduta troppo a lungo, per quanto mi piaccia imparare cose nuove ». Al castello la maggior parte delle attività andavano svolte da seduta, come la pittura, o il pianoforte. Le giornate non passavano mai quando restava immobile nella stessa stanza. Diede un altro, piccolo morso, e rivide il paradiso. « Sono buonissimi » ammise, contenta.
    Chi l'avrebbe mai detto che la caffetteria di una clinica offrisse un servizio del genere. Per la millesima volta in quella giornata, Evelya fu distratta dal colore caldo e sanguigno dei capelli del Demone, che sotto la luce che filtrava dalla finestra era ancora più bello. Decise che, sfacciataggine o no, era il momento di soddisfare la sua curiosità.
    « Noel, perdona la domanda, ma credevo che la vostra razza non amasse mescolarsi alle altre. Come mai ti trovi nel Luhd Epnet? La tua famiglia approva il fatto che tu stia qui? ».

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    Senza neanche rendersene conto, Noel aveva già quasi finito il cornetto: era evidente il fatto che avesse una fame da lupi. Chissà come apparivano i due ragazzi visti dall'esterno. Lei con il tovagliolo sulle gambe che si gustava la colazione a piccoli morsi, lui con le dita sporche di marmellata e i gomiti sul tavolo. Non aveva di certo pensato a comportarsi leggermente meglio del solito in presenza di una ragazza raffinata come Evelya. Suo padre glielo ripeteva spesso, che era rozzo e mancava di eleganza e tatto, tratti che distinguevano i nobili come lui. Il Demone non si era mai interessato più di tanto all'etichetta: il sapersi comportare aveva indubbiamente la sua importanza, ma inutile dire che si trattasse unicamente di una messa in scena. Preferiva di gran lunga mostrare il suo verso essere che fingersi il damerino di turno. Per non parlare della crudeltà: tutti i Demoni erano violenti, amanti della sofferenza e cupi. Noel era diverso, lo era sempre stato, e ciò non lo aveva mai messo sotto una buona luce nella società demoniaca, a cominciare dalla sua famiglia, che in teoria sarebbe dovuta essere la prima a sostenerlo.
    Allontanò quei brutti pensieri, che non si sapeva da dove venissero fuori. La giornata stava lentamente migliorando grazie alla ragazza e al cornetto. La stette ad ascoltare, osservando come i suoi capelli biondi diventassero ancora più chiari sotto la luce naturale.
    « Ti ci vedo, effettivamente, in mezzo ai fiori. » come aveva fatto a non associarglieli prima, in effetti. L'autobus che prendeva la mattina per andare alla clinica passava per la piazza, dove si affacciavano vari negozi: il fioraio era senza ombra di dubbio quello che aveva attirato di più la sua attenzione - insieme ad un vistoso negozio di dischi doveva aveva speso una bella cifra. Era un posto accogliente e dall'atmosfera quasi... magica, avrebbe osato dire, anche se non ci aveva mai messo piede. Non aveva la necessità di comprare dei fiori, in fondo, si era limitato ad ammirarlo dai finestrini dell'autobus.
    Dopo l'Angelo aggiunse di aver terminato gli studi, riconoscendosi appieno nel suo affermare che non le piaceva starsene ferma, ma d'altra parte adorava conoscere e imparare nuove cose.
    « Sembri comunque più giovane di me, pensavo stessi ancora studiando. » sorrise, facendole capire che la sua non era da prendere come una presa in giro. Chissà se aveva capito che dava voce a tutto ciò che gli passava per la testa. In effetti, le avrebbe dato un paio d'anni meno di lui, non di più, anche se da come parlava e si comportava pareva più matura.
    "Addirittura un insegnante privato." pensò, pulendosi le mani con un fazzoletto, togliendo i resti del ripieno del cornetto. Noel sapeva bene che un'istruzione del genere potevano permetterselo solo gli alti ceti e i borghesi più stabili economicamente. Si preferiva mandare i propri figli all'Ayle Academy piuttosto che far seguire loro un percorso didattico privato. Anche lei, quindi, veniva da una famiglia importante? Questo avrebbe potuto spiegare i suoi modi di fare così aristocratici e inusuali. Ma se così fosse stato, che ci faceva lì a Nimit? Il continente ibrido non era di certo la meta preferita delle razze pure, figuriamoci se questi facevano parte di una famiglia nobile.
    Sorrise soddisfatto al commento di Evelya, neanche fosse diretto al cornetto ma al ragazzo. Incrociò le braccia sul tavolino, sporgendosi lievemente in avanti. « Che ti avevo detto? » fece. « Non sono di qui, ma scommetto che in questo bar fanno i dolci più buoni dell'intera città. » E pensare che quello era un blando bar di una clinica. Eppure, all'esterno dell'edificio non aveva ancora assaggiato dei cornetti più buoni. Non stravedeva per i dolci, ma quelli si faceva un'eccezione: erano veramente squisiti.
    Non si scomodò di fronte alla domanda della biondina. Era una domanda lecita, in fin dei conti. Un Demone a Nimit era raro vederlo, e sicuramente era l'unico della sua razza in tutta la sala. Quella città era prevalentemente abitata da esseri angelici, puri o ibridi che fossero erano estranei a quelli come lui. Riceveva ancora occhiate ciniche nonostante le settimane passate in città, e alcuni medici lo guardavano ancora in modo scettico ogni volta che passava, per non parlare degli stagisti.
    « Stage universitario. Appena ho saputo di dover venire qui, sono rimasto sorpreso. I Demoni, al si fuori del nostro continente, non sono molto ben visti. » spiegò, facendo spallucce ma mantenendo comunque un tono sostenuto. La gente intorno a lui non lo dava molto a vedere, ma tanti erano scettici sulla scelta lavorativa che aveva deciso di intraprendere. Gli uomini della famiglia Moore erano tre dei pochi medici Demoni esistenti su Andellen: neanche fossero creature leggendarie di dubbia esistenza. I suoi simili erano nati per distruggere, uccidere. Decidere di mettersi a disposizione degli altri era quasi un affronto per la loro razza.
    « Mio padre era restio a farmi venire. Ha una mentalità piuttosto chiusa. » Duncan, effettivamente, quale capofamiglia nobile aveva ben chiara l'importanza della purezza di sangue e la superiorità delle razze pure. La sua professione non significava essere tolleranti verso le altre razze: lui non era spinto dalle stesse motivazioni dei suoi figli. I soldi gli avevano dato alla testa, povero uomo.
    « Ma alla fine ci ha rinunciato, sa che avrei fatto comunque di testa mia e sarei venuto anche senza il suo permesso. » sorrise di nuovo, alzando lo sguardo sulla ragazza che stava ancora finendo di mangiare.
    « Piuttosto, qual buon vento ti porta qui? Sarai originaria del Luhd Yhkam, immagino. » la sua era una teoria basata praticamente sul niente, ma tanto valeva provare. Chiedere era del tutto lecito.
    Si distrasse un attimo a guardare gli occhi della giovane, così luminosi da sembrare chiari quanto i suoi capelli. Brillava di luce propria, Evelya. Aveva fatto bene ad adocchiare un posto vicino alla finestra, in fin dei conti.
    « Lo hai già preso il caffè? » ma sì, doveva pur trovare un modo per trattenerla.

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    Fu solo dopo il commento di Noel che Evelya iniziò a far caso alle persone nella stanza. In effetti, molte lanciavano occhiate in tralice al tavolo dei due, più precisamente al Demone.
    Non lesse particolare disgusto sui loro volti, ma curiosità sì.
    Rise nel sentire il conflitto tra lui e il padre, specie quando affermò che qualunque decisione avesse preso, il ragazzo avrebbe fatto di testa sua. Sembrava proprio il tipo che non si lasciava comandare, e ne aveva dato prova in presenza del dottor Lyander. Lei non aveva mai disobbedito agli ordini, tranne quando era fuggita di casa ad un passo dall’altare. Aveva un certo peso, in effetti.
    « Piuttosto, qual buon vento ti porta qui?
    Sarai originaria del Luhd Yhkam, immagino. »

    Sentì il sorriso spegnersi pian piano, rimpiazzato da un’espressione smarrita. Prima o poi, nel rapportarsi con gli altri, quella domanda veniva a galla. Finse di doversi pulire la bocca di nuovo per mascherare la smorfia di insofferenza.
    « Sì, di Dunne Peyhlra ». Uno strano silenzio calò tra di loro, e l’Angelo si affrettò a riempirlo. « Non appoggiavo i piani che la mia famiglia aveva per me, quindi sono venuta a stare qui insieme ad un cugino ». Lasciò cadere il discorso così, e chiese alla cameriera un té al limone, dopo aver gentilmente declinato il caffé offerto da Noel. Non le piacevano le bevande troppo amare, simili agli intrugli che era costretta a bere per perdere peso. Sua madre sarebbe stata felice di vederla nel suo stato attuale, con i polsi sottili e le braccia deboli come ramoscelli. Decise di impegnarsi a mangiare correttamente, anche dopo gli ammonimento del Demone e il suo dottore.
    Pochi istanti di attesa e il té arrivò, riscaldandole lo stomaco. Era una qualità che non aveva mai assaggiato, leggermente dolciastra. « Qui è tutto buonissimo, chissà come fanno » commentò, per far riaffiorare il sorriso che aveva mantenuto dall'inizio della conversazione. Doveva rimanere fedele a sé stessa. Tornò all'argomento iniziale, ricordando di non aver mai rivelato quale fosse la sua età. Le piaceva parlare di cose che non dovevano rimanere segrete. « Ah, comunque ho compiuto da poco diciotto anni. Il mio insegnante ha fatto in modo che terminassi gli argomenti di studio in anticipo ». Rigirò la tazza tra le mani, guardando il liquido ambrato sul fondo seguire i suoi movimenti. Per alcuni era considerata una ragazza giovane, ma secondo le leggi del castello era già pronta per dire il fatidico sì e sfornare qualche bambino.
    Le sovvenne il viso arcigno di Azarel, presunto padre dei suoi figli, e ringraziò di essersene andata in tempo.
    « Noel, a te piace la tua famiglia? » chiese di punto in bianco, guardandolo negli occhi. Si era sempre chiesta che rapporto vi fosse tra i Demoni dello stesso sangue, perchè definirli “amorevoli” era un po’ azzardato. Forse si era solo lasciata influenzare dalle dicerie. Finchè ascoltava con attenzione la risposta, Evelya non si accorse che tre ragazzi in camice bianco (una donna e due uomini), si erano seduti nel tavolino accanto al loro, e bisbigliavano qualcosa indicando lo stagista. Vi fece caso solo quando uno di loro, dai capelli chiari e l’aria decisamente angelica, fece cadere un cucchiaino a terra.
    Li riconobbe con qualche minuto di ritardo, ma sì, sembravano gli infermieri che erano usciti dallo studio insieme a Noel. Come dettava l’educazione, Evelya catturò i loro sguardi e sorrise dolcemente in segno di saluto.
    Altre persone che si dedicavano al bene altrui, che bravi!
    Le faceva piacere vedere che dei giovani si mettessero d’impegno fin da quell'età. Il cucchiaino era caduto accanto alla sua sedia, quindi si piegò per raccoglierlo e porgerlo al ragazzo. Sentiva una certa affinità con lui.
    « Prego. Meglio se chiedi di cambiarlo » disse, abbastanza vicina da poter allungare il braccio e mettere la posata sul tavolo.

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    ■ studente di medicina
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    Il sorriso che Evelya aveva mostrato fino a quel momento lasciò il posto ad un paio di occhi sperduti e le labbra tirate, e si affrettò a nascondere quel cambio d'umore così evidente con un fazzolettino. Aveva forse detto qualcosa di sbagliato? Dalla sua risposta, intuì che c'erano stati degli scontri, tra lei e i suoi familiari, ed ora abitava a Nimit. Non seppe immaginare che tipo di situazione potesse averla spinta a cambiare non solo città, ma addirittura continente. Il discorso cadde comunque lì, e prima che Noel potesse dire qualcosa la ragazza si riagganciò a ciò che lui aveva osservato in precedenza.
    Evelya, intanto, chiamò una cameriera per chiedere una tazza di tè, mentre lui optò per un normale caffè. C'era la possibilità che avrebbe potuto renderlo un po' più nervoso di quel che già era e con Lyander avrebbe potuto scatenare un putiferio, ma sul momento non ci pensò affatto. Era una sua abitudine prendere il caffè la mattina.
    Si portò alle labbra la tazzina che arrivò poco dopo, dando ragione alla ragazza. In quel bar non esisteva cibo che non fosse delizioso, incredibile. E pensare che i dolci non lo facevano impazzire. Finì il suo caffè in pochi sorsi, mentre l'Angelo aveva ancora il tè in mano, la tazza quasi piena.
    Il ragazzo si sporse leggermente in avanti, poggiando i gomiti sul tavolo con noncuranza. Fece una faccia seriamente impressionata quando lei spiegò che aveva concluso gli studi prima del tempo. Niente male, davvero: probabilmente, si era dovuta impegnare più del normale, studiando mazzi di argomenti. Il suo insegnante non doveva essere stato clemente con lei. Anche lui, dai quattordici ai quindici anni, aveva avuto un professore bacchettone e perfezionista: inutile dire che il loro rapporto era stato più che burrascoso. Negli anni, comunque, avevano imparato a rispettarsi a vicenda, anche se i fatti non lo dimostravano. Almeno, lo aveva ripagato con dei voti degni di nota.
    Evelya aveva avuto un insegnate privato, percorso formativo che si riservava alle famiglie nobili o giù di lì, la famiglia aveva dei piani per lei che non le erano andate a genio, come si comportava... Tutto infittiva la questione sulle origini della ragazza. Non capiva comunque perché ci stesse tanto a pensare: in fondo, l'aveva conosciuta la mattina stessa e non l'avrebbe più rivista con molta probabilità.
    « Noel, a te piace la tua famiglia? »
    La domanda della biondina lo colse alla sprovvista, facendolo tornare con i piedi per terra. Noel alzò un sopracciglio, il sorriso leggermente teso. Come mai quella domanda?
    « Come dire... » iniziò, portandosi una mano dietro la nuca. Gli occhi di Evelya erano puntati sui suoi, senza lasciargli alcuna via di scampo. Non che gli desse fastidio, ma la sua richiesta l'aveva lasciato di stucco. Non se lo aspettava.
    « In parte, ecco. » si decise di dire alla fine. Quella parte rappresentava suo fratello, Julian, e sua cugina Gwen, ma nessun'altro.
    « Nascere e vivere nella società demoniaca è complicato. Devi rientrare nei canoni del Demone crudele e senza pietà. » aggiunse, e distese le labbra in un sorriso. « E se non lo sei, cribbio, sono guai. » scherzò.
    In molti, conoscendolo, avevano affermato che non sembrava affatto uno di loro. Aveva l'arrabbiatura facile e non esitava un attimo a venire alle mani, ma non gli piaceva uccidere per il gusto di farlo. Non lo avrebbe mai fatto. Suo padre e in particolare sua madre non facevano altro che rinfacciarglielo. Per loro, era imperfetto sotto tutti i punti di vista.
    Il tintinnio di una posata caduta a terra lo fece girare di scatto alla sua sinistra, e incontrò gli sguardi di Jack, Oliver e Amelia. L'Angioletto del trio sembrava voler dire "Non è colpa mia se siamo qui, è tutta colpa loro", mentre Jack e Amelia sembravano veramente interessati a sapere quello che stava succedendo tra Noel ed Evelya.
    « Ci sono dei tavolini liberi anche un po' più là, sapete? » disse sarcastico, in contrasto con la gentilezza di Evelya.
    Amelia fece spallucce, e Jack annuì con enfasi. « Prima erano occupati. »
    « Vi è andata male, stavamo andando via. » il Demone tornò con le mani in tasca, alla ricerca dei soldi per pagare il suo caffè e il tè della ragazza. I suoi occhi promettevano vendetta, mentre viaggiavano sui volti dei ragazzi. Possibile che non poteva avere neanche un attimo di pace? Eppure, se un ragazzo e una ragazza uscivano, era buona norma lasciarli da soli. Non che fosse un appuntamento o qualcosa di simile, ma dovevano farsi i fatti propri.
    « Ci aspettate? » chiese Jack, guardando la ragazza dagli occhi dorati. Sapeva che Noel non lo avrebbe assecondato.
    « Comunque, io sono Amelia, e loro Jack e Oliver. » si presentò l'Ibrida, una ragazza dai capelli chiarissimi e gli occhi di un viola acceso. Non era una stanga, superava di poco il metro e sessanta, ma aveva una volontà di ferro e sapeva farsi rispettare.
    « Loro sono altri stagisti come me. Veniamo dalla stessa università. » sospirò Noel.
    « E' andata bene la visita? » domandò poi Oliver con un leggero sorriso.
    « Lyander ci ha detto che ne hai combinata una delle tue. » rise poi Jack, e Noel avrebbe voluto zittirlo ficcandogli l'intero cornetto in bocca. Alzò lo sguardo sull'orologio a muro sopra la cassa, e vide che mancavano pochi minuti alla fine della sua pausa di metà mattina. Tornare in studio con Lyander non lo faceva saltare di gioia, a dirla tutta.
    « Il dovere ci chiama. Ci vediamo dopo. » affiancò Evelya, mettendogli una mano sulla spalla e avanzando verso l'uscita del bar. I tre si lamentarono all'unisono, e a Noel scappò una risata.
    « Non so se scusare loro per essersi messi in mezzo o scusarmi per averti trascinato via a forza. » esclamò una volta fuori dalla caffetteria. Si allontanò dalla ragazza, rimettendo le mani nelle tasche del camice, e andarono insieme verso l'uscita dell'edificio che si trovava sullo stesso piano.
    « Eccoci qua. Ti auguro una buona giornata, stammi bene. » disse davanti alla porta. Era un peccato che fosse finito tutto così in fretta. La sua compagnia era stata davvero gradevole. « E' stato un piacere, Angioletto. » le spettinò ancora una volta i capelli, per poi tornare sui suoi passi, diretto verso lo studio. Non aveva voglia di rivedere il suo tutore, ma se voleva risparmiarsi un'altra litigata era meglio raggiungerlo il prima possibile. Dietro di lui, sentì il vociare di Amelia e Jack, quindi velocizzò l'andatura prima che potessero raggiungerlo.
    Era in qualche modo sicuro che gli sarebbero tornati alla mente gli occhioni dorati della ragazza almeno fino alla fine della giornata.

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    Gli occhi dorati di Evelya passarono da uno stagista all'altro,
    in quel bizzarro scambio di battute che faticava a seguire. Andavano indubbiamente d'accordo, ma in modo strano. Quando si presentarono con i loro nomi (che memorizzò all'istante), l'Angelo s'impose di non fare inchini, sorridendo cordiale. « Evelya, molto piacere ». Andava fiera del suo nome, dato il retaggio antico, eppure ogni tanto le sarebbe piaciuto averne uno più comune e in uso, come Amelia. Sembrava la più assennata dei tre, e lesse nei suoi occhi una grande determinazione. Dopo qualche rimprovero e battibecco, Noel disse che per loro si era fatto tardi, trascinando la biondina in quella che sembrava una fuga a tutti gli effetti. La mano che sfiorava la sua spalla era calda come il sole che li accolse fuori dalla caffetteria.
    « Non so se scusare loro per essersi messi in mezzo o scusarmi per averti trascinato via a forza. » Lei rise piano, alla maniera delle fanciulle eleganti, ma avrebbe tanto voluto lasciarsi andare alla stessa risata spensierata del ragazzo. Vivere lontano dal castello le stava letteralmente aprendo gli occhi sul mondo reale. Lì nessuno la giudicava se non indossava ampie gonne, gioielli, o se i suoi capelli non erano acconciati secondo la moda del momento. Poteva essere sè stessa, senza rischi. Quando si accorse che era già arrivato il momento dell'addio, un po' se ne rattristò. Avrebbe voluto sapere altre cose sulla vita dei Demoni, oltre agli sprazzi che Noel le aveva mostrato con i suoi racconti. Ne era sempre più affascinata, nel modo in cui affascinano i luoghi bui e incantati. Sentiva un pizzico di timore, come un campanello d'allarme che suggeriva di non avvicinarsi troppo.
    « Eccoci qua. Ti auguro una buona giornata, stammi bene. »
    Lei annuì e fece un cenno di congedo con il capo, grata di poter vedere un'ultima volta quei capelli rosso fuoco sotto la luce del giorno. « Buon lavoro, Noel. Grazie di tutto » disse, sapendo che in qualche modo avrebbe ripagato il suo debito, per quanto piccolo. Quando le scompigliò i capelli, Evelya arrossì, associando il gesto ad uno che piaceva tanto fare ai suoi fratelli maggiori. « E' stato un piacere, Angioletto. »
    « Ah... anche per me! » si affrettò a dire, imbarazzata dal nomignolo. Guardò l'ampia schiena del Demone mentre si allontanava, il bianco del camice in contrasto con l'aura cremisi che pareva avvolgerlo. Alla fine, la visita medica non era stata una completa perdita di tempo. Si avviò verso il negozio di fiori con rinnovata energia, e non aveva ancora preso gli integratori. Per quella giornata non le sarebbero serviti in ogni caso, no?

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    Evelya Sadalmelik • Angelo • Acqua • 18 • Acquario • Scheda
     
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