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.« Every flight begins with a fall »
Nel suo immaginario, Izar si figurava la casa degli
Al Nair come un castello stregato e cadente, con un cimitero al posto del cortile e statue di gargoyle ovunque. Beh, ci era andato vicino. La costruzione ricordava una fortezza dei tempi andati, ed era in palese stato di abbandono. Lui e il tutore superarono il cancello, già aperto e privo di serratura, e passarono in mezzo a siepi di rovi incolte. La mancanza di sole rendeva tutto più tetro, come se l’umore del mutaforma non fosse già abbastanza nero. « Me ne voglio andare » dichiarò, fermo davanti al portone d’ingresso.
Samael gli diede una pacca sulla schiena, ma non disse nulla. Capiva il suo stato d’animo.
Arrivò ad accoglierli una donna di indubbia bellezza, con lunghissimi capelli corvini e la pelle d’alabastro.
Izar vide il suo tutore raggelarsi per qualche istante, prima di inchinarsi per salutare. Di solito era molto più sciolto in presenza delle femmine, questa rientrava nei suoi canoni. Bastò un’occhiata per capire che i due si conoscevano, e non correva buon sangue tra loro.
« Ilya, che piacere rivederti » disse Samael, da perfetto gentiluomo. Lei lo liquidò con un cenno della mano, e il ragazzo notò che possedeva un sacco di anelli color smeraldo. « Il figlio di Madina, immagino ».
Izar si sorprese nel sentire il nome della madre. Pensava che tutto, in quella casa, ruotasse attorno all’egocentrico Izarhaya. Il Demone dai capelli rossi annuì, spingendo il protetto avanti. « Sì, proprio lui.
Ci assomiglia, vero? ». Ilya lo guardò con la stessa compassione che si riserva a un cane randagio, prima di procedere oltre. I suoi occhi dicevano chiaramente che no, non le assomigliava affatto.
Dopo il caloroso benvenuto, Ilya fece strada ai nuovi arrivati attraverso una serie di corridoi larghi e spogli, privi di qualsiasi soprammobile. Izar notò un quadro appeso alla parete, macchiato di vino. Ritraeva una donna seduta di spalle che ammirava il tramonto.
Forse l’autore voleva renderlo suggestivo, ma il colore rosso sangue del sole e i vestiti neri di lei gli conferivano un’aspetto macabro. Non incontrarono anima viva, fino a che giunsero davanti ad una porta raffigurante una sorta di drago scheletrico inciso nel legno. Doveva essere il simbolo del casato.
La loro guida entrò, scambiò poche parole con qualcuno e fece segno a Samael di entrare. Izar non riusciva proprio a guardarlo in faccia, nemmeno fosse brutto come la fame. Poco male, al ragazzo andava benissimo così. Il difficile arrivò quando la porta si aprì, e il mutaforma si ritrovò davanti alla cosa che più odiava al mondo. Si era preparato per quell’incontro.
Sapeva esattamente il numero di cose che voleva rinfacciargli, e gli insulti pensati per lui durante il volo a Sodony. Izarhaya stava in piedi, dietro ad una scrivania colma di libri e fogli sparsi ovunque.
Nella stanza regnava il caos. L’uomo che la legge etichettava come “suo padre” era alto, anche più di Samael, ma privo di muscoli. Nel complesso sembrava solo una persona malaticcia e denutrita. Le occhiaie cerchiavano un paio di iridi verdissime, più tendenti al giallo rispetto a quelle di Izar, e non lasciavano spazio al bianco della cornea.
Teneva le ali ripiegate sulla schiena, alle quali mancavano diverse piume.
Per un secondo rivide sè stesso in lui, poichè la somiglianza era innegabile, ma sperò di non fare mai la sua fine. Izarhaya inclinò il capo di lato e sbattè le palpebre, curioso. Non doveva ricordare molto del suo pupillo, dato che Samael glie lo aveva strappato dalle braccia quando aveva solo quattro anni.
« Sei cresciuto ». Un commento scontato, al quale il mutaforma non rispose. Izar si limitò a guardarlo in cagnesco, le mani affondate nelle tasche. In quella sinistra stava il portachiavi di Altayr, una sorta di monito per ricordare che c’era di meglio, fuori da quel posto.
« Beh, crescere significa anche questo: prendersi delle responsabilità » aggiunse, la voce arrocchita come se non parlasse da giorni. Spostò i capelli su una spalla, legati malamente in una coda bassa, e si mosse dalla scrivania per salutarli.
Fu Samael ha rompere il ghiaccio. « Ti assicuro che Izar è sempre stato molto responsabile. Condurre un casato sarà roba da niente per lui ».
Izarhaya fece un mezzo sorriso di scherno, dopo aver osservato da capo a piedi il figlioletto. Non aveva nessuna considerazione di lui, chiaramente.
« Siamo rimasti in pochi, Samael. Abbiamo bisogno di qualcuno che risollevi le sorti degli Al Nair, niente giochetti da bambini ». Ad un passo da Izar, l’uomo-corvo gli afferrò il mento tra pollice e indice, alzandolo verso di lui. Il ragazzo rabbrividì per la repulsione, ma non abbassò lo sguardo. « La sfortuna ha voluto che tu fossi il mio unico erede, impuro, per giunta. Sii obbediente e fa quello che ti viene detto, intesi? ».
Il pugno che ricevette non fu abbastanza forte da farlo cadere, eppure Izarhaya indietreggiò di un buon metro,
i denti scoperti e le ali dispiegate. Samael si mise in mezzo appena in tempo per evitare al protetto una fiammata mortale.
« Toccami ancora, vecchio pazzo, e ti distruggo » ringhiò Izar, non riuscendo più a contenere la rabbia che aveva represso fino a quel momento. Anche i suoi occhi erano vitrei, concentrati e spaventosi. Ancora qualche istante e le ali gli avrebbero strappato la maglietta.
Una risata agghiacciante fece eco nello studio.
« Si vede che ti ha cresciuto Samael. Se tu fossi rimasto qui, ora saresti sottomesso al mio volere ». Izarhaya guardò il Demone rosso con un sorrisetto divertito. « L’hai visto? Mi ha dato un pugno! ».
Samael lo assecondò, mettendosi davanti al ragazzo a mo’ di scudo. Voleva evitare altri incidenti.
« Ma sì, è il nostro modo di volerci bene ».
Izar non era di quel parere. Nella mano destra stava caricando un turbine di vento, che fece svolazzare in giro gli appunti del padre. A fermarlo fu Ilya, rimasta in disparte fino a quel momento. Gli afferrò il polso in una morsa gelida, e lui rispose con un sibilo infastidito.
« Vi mostro le vostre stanze ».
Doveva essersi stancata del battibecco.
Il mutaforma fu letteralmente trascinato fuori, mentre ancora il genitore rideva del suo patetico tentativo di rivolta. Sulla guancia non vi era nessun segno di contusioni.
«Parlato» -Pensato-Izar Al Nair • Mutaforma demoniaco • Aria • 19 • Toro • Scheda. -
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.« Every flight begins with a fall »
Dopo due sole setimane di permanenza nella dimora
Al Nair, fu abbastanza chiaro che nessuno prendesse sul serio la figura di Izar, che, dal canto suo, non faceva nulla per conquistare la fiducia altrui. Il ruolo dell'erede gli stava stretto. Doveva partecipare a riunioni noiosissime con altre casate di Demoni, tutte ugualmente schifate dalla sua presenza, gestire trattative ed amministrare il denaro. Una segretaria, insomma. Izarhaya, da quel che Samael diceva, era costretto a letto per una strana malattia, data dal dna che portava nel sangue. La sua parte demoniaca lottava contro quella di mutaforma, procurandogli emicranie, febbre alta e una conseguente pazzia incontrollata.
Il figlio lo incrociava raramente, parlando con lui attraverso l'odiosa Ilya, che si occupava di guidare Izar nelle sue mansioni quotidiane. Grazie al nuovo lavoro, ebbe occasione di conoscere personalità di rilievo della società, ma si rese conto che gli Al Nair non contavano nulla in quella gerarchia di guerrieri. Lì si lottava per la supremazia, si uccideva, perfino. Samael ci teneva ai suoi allenamenti di scherma proprio perchè non fosse impreparato nel caso di un attacco. Ora più che mai, il Corvo rimpiangeva la sua vita tranquilla sulle montagne.
Una notte, durante un incontro di rito con gli appartenenti al casato, gli fu comunicato che i Dunya, famiglia confinante, avevano mandato una richiesta di sfida per contendersi il territorio lungo la costa, di proprietà degli Al Nair. Izarhaya si era sempre tirato indietro davanti a quelle proposte, non potendo contare sulla sua salute, così come tutti gli altri. Da quando aveva perduto il suo potere, il capofamiglia non era più stato in grado di controllare l'esercito di Demoni che con tanta fatica si era costruito. Erano rimasti in pochi, troppo deboli per concorrere in quel genere di dispute.
« Il primogenito dei Dunya è forte, ma lo sei anche tu » ricordò Samael al ragazzo, davanti agli sguardi attoniti dei presenti. « Se riuscirai a sconfiggerlo potrai riprendere un po' di credibilità ». Izar non aveva così tanta fiducia in sè stesso. Sapeva combattere, certo, però qui si parlava di un duello mortale. Era pronto a correre il rischio? Che volesse o meno, due giorni dopo si ritrovò al centro di una vecchia arena piena di macerie e pietre taglienti, con in pugno la sua fedele Heronblade e una buona dose di adrenalina. Samael non avrebbe mai permesso che lo uccidessero, e questo un po' lo rincuorava. Da una gradinata in alto, Izarhaya lo guardava con un misto di scherno e rammarico, affiancato dal capofamiglia dei Dunya.
- Non posso credere che mi sto sacrificando per quel pazzo -, pensò, stretto nell'armatura di cuoio nero che lo proteggeva tanto quanto gli limitava i movimenti.
Rowen Dunya, massiccio e dalla pelle color pece, lo studiava dal lato opposto del campo, mentre roteava un grosso martello come fosse fatto di piume. Si vedeva che non aspettava altro che infrangerlo sulla sua testa. Izar impugnò la spada e si piegò leggermente sulle ginocchia, rilasciando quel tanto di potere da fargli aguzzare i sensi e spuntare gli artigli. Non era permesso volare, ma avrebbe aggirato il problema, in qualche modo. « Dicono tutti che Izarhaya abbia un figlio debole. Provami il contrario, sangue misto, e potrei risparmiarti la vita » disse Rowen con un sorrisetto. Aveva dei denti affilati, come le corna che gli spuntavano dalle tempie. In fondo, Izar si piaceva così com'era. Non rispose alla provocazione, e i due iniziarono a rincorrersi in circolo con passi lenti e studiati. Il Corvo poteva vedere ogni mimino muscolo guizzare sulle braccia di lui, intercettava il suo sguardo ovunque si posasse.
Poteva farcela. Quando Rowen caricò, il ragazzo sfruttò il potere del vento per saltarlo via e atterrargli alle spalle, colpendo di striscio la schiena. Sembrava fatto di diamante, quel maledetto Demone. Rowen lo atterrò con una gomitata allo sterno, tanto forte da togliere il fiato, e se Izar non fosse stato la saetta che era, quel martello si sarebbe abbattuto su di lui senza pietà. Il turbine di fuoco che il Demone gli gettò addosso avrebbe potuto sciogliere una montagna. Il Corvo fu costretto a rotolare nella sabbia per spegnere le fiamme che avevano intaccato l'armatura. Doveva pensare ad un contrattacco, e subito. Sfruttò l'agilità per riempire l'avversario di colpi diretti, schivando ogni mossa con uno sforzo immane, ma quando un pugno allo stomaco lo gettò a terra di nuovo, Izar non fu più in grado di controllare la rabbia. Le ali nere strapparono l'armatura, il corpo si riempì di un piumaggio color della notte, e le sue mani tramutarono in zampacce artigliate.
Usò la magia dell'aria per raccogliere un ciclone che sollevasse ogni pietra circostante, e lo scagliò con violenza contro Rowen, incapace di proteggersi.
Finì con la schiena contro la parete dell'arena, lasciandovi un solco. « Tu e le tue stregonerie! Non sei altro che una bestia maledetta! » urlò, livido di rabbia. Izar rispose con un gracchio sdegnato, incapace di produrre parole sensate. Non si era mai trasformato così a lungo, ed era una sensazione strana, alienante.
Gli andò incontro tra mille folate d'aria, arrivando ad un soffio dal suo viso. Lo afferrò con la mano, piantando le unghie nella carne scura fino a farla sanguinare.
Era appagante leggere il terrore negli occhi del Demone. « Io... non sono... debole » sibilò, la voce rauca. Premette la spada sulla gola, intenzionato a porre fine allo scontro in bellezza, quando delle braccia possenti lo afferrarono da dietro e lo trascinarono via. Samael non sembrava contento del risultato, per quanto lui avesse ineggabilmente vinto. « Facciamo una pausa, uccellino? Il signor Dunya vorrebbe riavere indietro suo figlio ».
Izar si dibatté nella morsa d'acciaio, gracchiando come un corvo in trappola, mentre Rowen riprendeva fiato. Non era del tutto cosciente delle sue azioni, le parole gli arrivavano ovattate, la vista passava da momenti di lucidità a momenti di nebbia pura. L'ultima cosa che sentì, disteso a lato del campo, fu la voce melliflua di suo padre. « Beh, almeno in questo mi somiglia ».
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Quando riaprì gli occhi, Izar sentì le ossa dolere come gli fosse franata addosso una montagna. Era nella sua stanza, una camera polverosa ai piani alti del palazzo, e il tutore dormicchiava al suo fianco. Se avesse avuto anche solo un briciolo di energia, il Corvo l'avrebbe spinto giù. « Che ci fai nel mio letto » biascicò, portando una mano sulla fronte.
Samael sbadigliò sonoramente e si girò sul fianco per guardarlo. Aveva l'aria stanca, un sorrisetto tirato.
« Hai blaterato per due notti di fila. Beh, più gracchiato, in realtà. Ti sono scomparse le ultime piume solo ieri ». Ecco spiegato il malessere. Tornare alla sua forma originaria non era mai semplice. « Ti manca la tua aquilotta, eh? ». Lui strabuzzò gli occhi, un leggero rossore sulle guance. « Ma di che cavolo parli? ».
« Ogni tanto la chiamavi, e Ilya ha iniziato a chiedere chi fosse questa Altayr ». Perfetto, ora la dannata governante si metteva anche a ficcare il naso nei suoi affari. Il ragazzo sbuffò, confuso dalla marea di cose che gli erano capitate e che non riusciva a ricordare con chiarezza. « Ho vinto? » chiese infine.
Samael annuì, una nota compiaciuta nello sguardo color ambra. « Oh, sì. Credo che i Demoni non si aspettassero una cosa del genere da un mutaforma.
Mr. Dunya ha accettato la sconfitta con molta dignità, se non altro. Frignava come un bambino ».
Izar sghignazzò, sorpreso dal potere che non sapeva di possedere, ma che gli sarebbe valso qualche bella rivincita sul padre miscredente. Dopo un istante di silenzio, in cui udiva solo il suo respiro accelerato e quello calmo del tutore, Izar disse:
« Mi manca. Vorrei vederla ».
« Sei proprio cotto, eh? » scherzò l'altro, dandogli una gomitata che gli procurò una fitta tremenda alle costole.
« Ho paura di sì ».
«Parlato» -Pensato-Izar Al Nair • Mutaforma demoniaco • Aria • 19 • Toro • Scheda. -
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