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.noel hamal mooredying is easy, young man. living is harder.17 marzo - sera
Quella era stata proprio una giornataccia, non c'è che dire. La mattina l'aveva passata a litigare con Lyander, come sempre, a pranzo quella svampita della segretaria gli aveva rovesciato l'arrosto sul camice candido, mettendo in scena una sfuriata nel bel mezzo della mensa. Alla fine non aveva neanche mangiato. Il pomeriggio era trascorso all'insegna della noia: tutte le pazienti più logorroiche e antipatiche del suo tutore avevano preso appuntamento per quel pomeriggio. Alla fine del turno, poi, si era beccato un forte acquazzone e si era trovato costretto a tornare a casa a piedi, dato che l'autobus non era passato.
Noel correva di tettoia in tettoia, ma ormai era bagnato tanto quanto un pulcino, le scarpe stracolme d'acqua e brividi di freddo a percorrergli la schiena. Si sarebbe preso un'influenza tremenda se non si fosse rinchiuso in casa sotto le coperte con un tè caldo.
Era quasi arrivato alla piazza centrale di Nimit, e per fortuna l'appartamento che aveva affittato non era così lontano da lì. Cinque minuti circa e sarebbe arrivato, ce la poteva fare. Aveva anche una gran fame, a dirla tutta, visto che il pranzo era saltato e l'ora di cena era passata da un po'. Probabilmente nel frigo era rimasto un po' di formaggio, del prosciutto... Forse del pane? Si sarebbe fatto un panino: nulla di consistente, ma gli bastava mettere qualcosa sotto ai denti al più presto.
Fece uno scatto per raggiungere una tettoia, cercando di prendere meno acqua possibile. Era di fronte al negozio di dischi in cui andava spesso da quando era arrivato nel continente ibrido, e una luce fioca attirò la sua attenzione. Sembrava provenire dall'interno del negozio, invece era un riflesso della porta a vetri. Si voltò, e notò che effettivamente un negozio era ancora aperto. Assottigliò lo sguardo, e notò numerose piante fuori dalla porta. Era un negozio di fiori, quello che ammirava dai finestrini dell'autobus ogni mattina. C'era ancora qualcuno, cosa inusuale per l'ora che si era fatta.
Gli tornò alla mente l'incontro di qualche giorno prima con l'Angelo biondo, Evelya, che gli aveva rivelato di lavorare proprio lì. O almeno, era l'unico negozio di fiori vicino alla piazza di cui sapeva l'esistenza, il nome se lo era dimenticato.
Senza pensarci, attraversò il viale di corsa, infilandosi sotto uno spiovente vicino alle piante. Ora che era lì vicino, sentiva anche del movimento all'interno.
Si affacciò dalla porta, bagnato dalla testa ai piedi, e sorrise quando vide una testolina bionda fare capolino in mezzo a tutto quel verde.
« Dlin dlon! » fece, imitando il suono di un campanello e presentandosi all'ingresso. Quando gli occhi di Evelya incrociarono i suoi le sorrise. « Sai che l'orario di chiusura è passato da un pezzo, sì? »
Abitando nella stessa città, avrebbe potuto anche andare a trovarla prima, ma detta sinceramente non gli era mai passato per la testa. In quel momento però, era contento di averla trovata. Non pensava potesse rivederla in una giornata uggiosa e storta come quella, e probabilmente neanche lei si era immaginata di ritrovarselo alla porta quella sera.
« Che ci fai ancora qui? » le chiese, camminando a passi lenti e con lo sguardo per aria, ad ammirare i fiori. Quel negozio era strapieno di piante, non c'era un solo punto vuoto. Era come essere in una foresta, o giù di lì.
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Edited by ×naøko - 26/2/2016, 22:21. -
.❝ You dream, you dare and you fly ❞Evelya Sadalmelik • Angelo • Acqua • 18 • Acquario • Scheda.
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.noel hamal mooredying is easy, young man. living is harder.Evelya accolse il giovane con un sorriso, e fu come un raggio di sole in mezzo a tutto quella pioggia, e fu come se la giornata passata all'insegna del malumore potesse concludersi al meglio. Magari la gentilezza dell'Angelo era proprio quello che gli ci voleva.
La prima cosa che notò fu che anche la ragazza era fradicia dalla testa ai piedi, proprio come lui. Anche lei a quanto pare era rimasta fuori a prendere la pioggia, e lei si affrettò a spiegargli la situazione: stava portando dentro tutte le piante che erano all'esterno per metterle al riparo dall'improvviso acquazzone. Se non si sbagliava, fuori dal negozio c'erano sempre molti vasi, probabilmente era stata una faticaccia. Non sembrava esserci nessun'altro oltre a lei, aveva dovuto fare tutto da sola.
Lo starnuto di Evelya lo mise in allerta: non solo si era presa un bel po' di pioggia, ma era anche vestita leggera quel giorno e il vento freddo che tirava non contribuiva di certo a farla stare meglio.
« Oh no, come hai fatto a ridurti così? »
Al Demone venne da sorridere. « Splendeva il sole e mi è parso una buona idea farmi una passeggiata. » scherzò, quando l'Angelo passò tra i suoi capelli un panno, per tentare di asciugarglieli. Il ragazzo abbassò la testa e inclinò leggermente il busto in avanti, in modo da fargliela raggiungere un po' più facilmente, e notò che si era messa in punta di piedi. Sulle labbra di Noel nacque, di nuovo, un sorriso spontaneo. Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi luminosi di Evelya, il volto vicino al suo.
« Gentilissima. » esclamò, e se non si fosse allontanata alla velocità della luce probabilmente le avrebbe dato un buffetto sul naso senza neanche pensarci. Il panno rimase nelle sue mani, e diede un'ultima asciugata ai capelli prima di farselo cadere su una spalla. Il temporale non sembrava volerne sapere di finirla lì. A Nimit era sempre un po' più caldo e soleggiato rispetto alle altre città del Ludh Epnet, e quella settimana le temperature si erano alzate leggermente, annunciando la primavera. La pioggia aveva colto tutti impreparati, non ci voleva. Controllando il fuoco, la sua temperatura corporea era un po' più alta del normale e riusciva a scaldarsi in questi casi, ma non era lo stesso per Evelya che tentava di soffocare ogni starnuto.
« Ci penso io » sospirò Noel, lasciandole l'asciugamano in mano e dirigendosi verso la porta. Sì, insomma, non poteva mica far finta di nulla: la ragazza era ridotta male, quindi avrebbe fatto il lavoro sporco. Si trattava di un vaso grande, in fondo, poteva farcela benissimo. Si calcò il cappuccio sulla testa - come se potesse servire a qualcosa - e uscì fuori di corsa. Tirò su il vaso senza tanti problemi - gli allenamenti estenuanti con la spada erano serviti a qualcosa - e lo portò dentro più veloce che poté. Non aveva preso chissà quanta acqua, ma i suoi capelli erano di nuovo bagnati come prima che li asciugasse. Appoggiò la pianta vicino all'ingresso, senza starci tanto a pensare.
« Non credo smetterà tra qualche minuto. » rifletté poi, passandosi una mano tra i capelli e scuotendo la testa per eliminare un po' d'acqua, come facevano i cani dopo il bagno.
« Ergo » stavolta mise lui l'asciugamano sulla testa di Evelya. « Restando qui prenderai solo freddo e peggiorerai le cose. E' fuori discussione. »
Okay, la parte del galantuomo l'aveva impersonata. Ed ora? No che non poteva lasciarla lì, non scherziamo. Ma allora cosa poteva fare?
"Beh, c'è casa mia..." pensò subito, ma la ragazza avrebbe sicuramente pensato fosse un poco di buono. Persino un tipo impulsivo come lui era capace di realizzare che sarebbe stato in qualche modo esagerato. Per lui non c'era nessun problema, era preoccupato che lei ne avrebbe potuto fare un dramma.
« Se abiti qui vicino posso accompagnarti. » propose. Era sicuramente la cosa più ragionevole da fare. Ma il termine "ragionevole" non esisteva nel vocabolario di Noel: aveva mai fatto qualcosa di ragionato nella sua vita, pensandoci su per più di venti secondi? Quella non sarebbe stata sicuramente la prima.
« O altrimenti, la mia è a pochi metri da qui, e posso offrirti qualcosa di caldo. » sorrise. « A te la scelta, Angioletto. Sappi solo che non resteremo qui. » E incrociò le dita nelle tasche, sperando che casa sua fosse più vicina di quella di Evelya. Era così egoistico desiderare di averla per sé ancora per un po'?
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.noel hamal mooredying is easy, young man. living is harder.« Purtroppo casa mia è distante. Prenderei l'autobus, se ne passasse uno... »
No, ma non mi dire così. E lontana? Diamine, questa proprio non ci voleva. Bisognava ricorrere ad un'altra soluzione, allora. Peccato però, davvero un peccato.
Noel dondolò sui talloni, le mani in tasca e trattenne un sorrisetto. Non sapeva spiegare bene il perché ci tenesse tanto. Forse perché era una ragazza carina? Non solo. La sua compagnia era piacevole, nonostante tutte le differenze, anzi, forse era proprio per quello che gli piaceva trascorrere del tempo con lei. E poi doveva approfittarne: non sarebbe rimasto a Nimit in eterno.
La risposta di Evelya alla sua proposta fu come un fulmine a ciel sereno: pensava di avere la vittoria in tasca, e invece.
« Ti ho invitato io, non c'è nessun problema. » la rassicurò lui sorridendole, tentando di rimanere composto. Ma non avrebbe rinunciato così facilmente. Un ultimo tentativo.
« Anche perché non hai molta scelta. Hanno sospeso il servizio autobus. » sollevò lo sguardo verso l'alto, come a voler fare l'innocente. Con questa sperò di averla convinta, e abbassò lo sguardo su di lei per analizzare eventuali reazioni. La ragazza prese il telefono dalla tasca del grembiule, e notò solo allora che non c'era scritto "Evelya". Assottigliò lo sguardo, e lesse "Evie". Evidentemente era il suo diminutivo. Gli suonava stranamente bene, non come gli orribili soprannomi che gli dava suo fratello maggiore.
« Resterò solo un pochino, allora, se non ti crea disturbo. » Bingo. Ce l'aveva fatta e ne era estremamente soddisfatto.
« Probabilmente sarò io a darti fastidio. » rise, uscendo dal negozio al fianco della ragazza. La biondina aprì un ombrello, e le fu difficile riuscire a coprire anche lui. Forse la prima volta non ci aveva fatto granché caso, ma effettivamente Evelya era molto più bassa di lui, e la cosa lo fece sorridere. Le prese l'impugnatura dell'ombrello dalle mani, in modo che nessuno dei due stesse scomodo durante il tragitto. Si lasciò sfuggire un "Molto meglio", per poi cominciare a camminare verso la piazza a passo con l'Angelo. A vederli dall'esterno dovevano essere proprio una strana accoppiata, ma quella sera non c'era nessuno in strada. La pioggia continuava imperterrita a cadere, e le folate di vento si facevano sempre più gelide. Abbassò lo sguardo su Evelya, ricordando che aveva le gambe scoperte. Seppur i lampioni non illuminassero a giorno le strade, era un po' troppo pallida per i suoi gusti nonostante non volesse darlo a vedere.
Senza pensarci un attimo, le appoggiò la mano sulla fronte. Pensava fosse un semplice raffreddore o poco più, ma la fronte scottante faceva intendere ben altro.
« Ce la fai ad aumentare il passo? Siamo quasi arrivati. » le chiese, imboccando una stradina laterale, per poi svoltare alla fine di essa. Cercò le chiavi nella tasca, tenendo sott'occhio Evelya. Doveva ancora avere le tisane che gli aveva dato Oliver un paio di giorni prima, e nell'armadio ci sarebbe dovuta essere qualche coperta. Il portone si aprì, mostrando il salone. La maggior parte delle case a Nimit erano dipinte di bianco, per donare luminosità all'ambiente, e dotate di grandi vetrate. Il suo appartamento era piccolo: salotto e camera da letto erano praticamente la stessa cosa, e c'era una piccola cucina e il bagno poco più in là. Un buco in poche parole, ma per due mesi andava più che bene.
Noel aiutò la ragazza a distendersi sul divano, poco importava che fosse bagnata, e le fece segno di aspettare. Recuperò un paio di coperte, e gliene mise sopra una. Sul comodino aveva lasciato il termometro, e glielo passò in modo che potesse misurarsi la febbre.
« Ti lascio qualcosa per cambiarti qui, quando te la senti puoi andare in bagno. » esclamò, appoggiando un maglione e un paio di pantaloni della tuta sul tavolino di fronte a lei. Le sarebbero stati grandi, poco ma sicuro, ma almeno erano asciutti e caldi.
« Torno subito, vado a prepararti una tisana. » gli sorrise, dirigendosi in cucina. Era diventato praticamente una trottola. Stava correndo da una parte all'altra della casa affinché Evelya potesse stare leggermente meglio. Era il suo istinto da medico che si manifestava.
Attese vicino ai fornelli, e si appoggiò al piano della cucina. La gamba cominciava a dargli fastidio. Era rimasto in piedi più del dovuto, senza mai sedersi, ed ora cominciava a risentirne. L'area di contatto gli bruciava, e appena porse la tazza fumante alla ragazza si sedette sulla poltrona affianco a lei, tirando un sospiro di sollievo.
« Non ti ho dato il benvenuto nella mia umile dimora. » disse, sorridendo di nuovo. Il rumore della pioggia era in qualche modo rilassante, e conciliava il sonno. Ma Noel restava vigile: non solo perché aveva qualcuno in casa, ma perché quel qualcuno era Evelya. Non riusciva a smettere di sorridere.
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.noel hamal mooredying is easy, young man. living is harder.Evelya lo aveva ringraziato, in mezz'ora, quante volte? Non le aveva contate, ma era sicuro che erano state un bel po'. Da quando era entrata nel suo appartamento, "grazie" e derivati vari erano state le uniche parole che sembrava in grado di rivolgergli. Quando gli sedette accanto, non poté fare a meno di notare lo sguardo stanco e l'incarnato pallido della ragazza. Mentre beveva la tisana, lo sguardo cadde sul termometro, e riuscì a leggere il numero prima che si spegnesse. Trentotto. Sperava si trattasse di una febbre passeggera, ma a quanto pare non sarebbe tornata a nuova vita la sera stessa. Doveva riuscire ad abbassargliela almeno un po', così poteva riportarla a casa prima che si facesse troppo tardi.
Evelya sorseggiava la tisana a piccoli sorsi e nel mentre parlava, la voce impastata dal sonno. Noel stette ad ascoltarla, la schiena incurvata in avanti in modo da riuscire a guardarla in viso. Aggrottò le sopracciglia quando udì la parola "castello". Con ciò intendeva un vero e proprio castello? Da quel che sapeva, solamente famiglie di alto rango - molto alto - potevano permettersi una dimora del genere. La gente appartenente all'alta borghesia o alla piccola nobiltà, come lui, risiedevano in ville, ma mai castelli. Era forse una nobile? Questa teoria non era da scartare: la prima volta che si erano incontrati si era comportata in modo aristocratico - ecco, ora sapeva come definirlo. Ma d'altra parte, cosa ci faceva una principessa a Nimit? A lavorare, poi! Persone del genere non osavano sporcarsi le mani. Evelya gli appariva come una persona semplice e gentile, non aveva nulla a che fare con le ragazze spocchiose e viziate ai vertici della piramide sociale.
Cadde dalle nuvole, abbandonando tutto il ragionamento di cui non riusciva a intravedere la fine, e sorrise alle seguenti frasi dell'Angelo.
« Se dicessi di essere un Angelo custode suonerebbe abbastanza strano. » disse, stiracchiandosi all'indietro, e coprì il borbottio dello stomaco con un sospiro. Non aveva bisogno di guardare l'orologio per capire che l'ora di cena era passata da un po'. La mano cadde sulla protesi della gamba sinistra, che iniziò a massaggiare con movimenti lenti in modo da non farsi male da solo. A volte gli sembrava di star utilizzando la protesi da pochi mesi, quando invece erano passati anni da quel maledetto incendio.
« Ti senti bene? » Noel si voltò verso di lei, e le indirizzò un piccolo sorriso. « Forse dovresti indossare qualcosa di asciutto... »
« Non hai tutti i torti, effettivamente. » La ragazza aveva ragione, non ci aveva minimamente pensato, preoccupato com'era a raccattare il necessario per far star meglio Evelya. Si alzò dalla poltrona, dove si accorse di aver lasciato un alone bagnato a causa dei vestiti fradici, e si tolse le scarpe al volo, lasciandole vicino alla porta, per poi andare in bagno alla ricerca di un asciugamano con il quale asciugarsi i capelli. Sul calorifero, notò i pantaloni della tuta che aveva dato ad Evelya per cambiarsi. Gli spuntò un sorriso: a quanto pare erano davvero troppo grandi. Poi, un altro pensiero si fece largo nella sua testa.
"Aspetta, questo significa che..."
Prima che potesse formulare qualcos'altro, buttò l'asciugamano bagnato vicino al lavandino e si infilò i pantaloni che la ragazza non aveva messo, stando attento a non guardarsi allo specchio, recuperando poi una maglietta pulita dal bucato che aveva fatto un paio di giorni prima. Uscì dal bagno, dirigendosi subito verso il salone, ma con sua ben poca sorpresa scoprì che l'Angelo si era addormentato. Sorrise d'istinto, appoggiandosi al bracciolo della poltrona che fino a qualche momento fa era occupata dal ragazzo. Respirava piano e regolarmente, a quanto pare la tisana calda le aveva fatto bene. Evelya quasi spariva sotto la coperta, vi si era raggomitolata in cerca di calore, ma il visino angelico era illuminato dalla debole luce della sala - non aveva ancora cambiato quella maledetta lampadina. D'istinto, la mano di Noel si mosse verso il volto della ragazza, andandosi a posare su una ciocca sfuggita alla presa dell'elastico, e se la arrotolò delicatamente su un dito, tentando di non svegliarla.
Chi era quella ragazza? Cosa c'entrava un castello, con lei? E tutte le maniere raffinate che adottava, doveva forse dargli importanza? Il Demone sospirò piano, spostandole la frangetta dalla fronte. Se ne era accorto anche al loro primo incontro, ma adesso che aveva la possibilità di osservarla con la dovuta attenzione, Evelya era bella, e lo ammise senza vergogna e senza impegno.
"Torna coi piedi per terra, Noel."
Alzò lo sguardo davanti a sé, lasciando in pace una volta per tutte la bella addormentata, e si diresse in cucina, non dopo aver spento la luce. Il ticchettio rilassante della pioggia e il buio fuori lo stimolavano a riflettere, quando invece avrebbe dovuto trovare un modo per contattare il cugino di Evelya - o il fratello? Aveva detto che viveva con qualcuno, comunque. Per lui non c'era nessun problema a lasciarla dormire in casa sua, ma probabilmente avrebbe messo a disagio lei. Erano praticamente due sconosciuti, la preoccupazione era più che fondata. Si mise alla ricerca dell'elenco del telefono, che era sicuro di aver visto da qualche parte.
"Qual è il cognome?" questa domanda affiorò nella sua testa all'improvviso, e si fermò in zona cucina. Senza quello non poteva far nulla. Tentò di far affiorare un qualche indizio o ricordo, ma nulla. Non portava il nome di un cibo? O si ricordava male? Alla fine, fece spallucce, accantonando il problema: avrebbe chiesto dopo alla ragazza, quando si sarebbe svegliata.
Lo stomaco brontolò di nuovo, portandolo ad alzare la testa verso l'orologio sopra la finestra: le nove e venti. Ora capiva perché aveva così fame. Incrociando le dita affinché fosse rimasto qualcosa in dispensa, si maledì per non essere andato a fare la spesa il giorno precedente. Una scatola di riso era l'unica cosa che era riuscita a trovare, insieme ad una busta di insalata.
« Meglio di niente. » sospirò tra sé e sé, ma non si fece tanti problemi: qualunque cosa fosse, se la sarebbe fatta andar bene. L'importante era riempire lo stomaco. Senza pensarci più di tre secondi, pesò un po' di riso anche per Evelya: un riso bianco con un po' d'olio avrebbe potuto mangiarlo. In caso Noel si sarebbe mangiato anche la sua porzione, poco male, e per lei avrebbe preparato qualcosa di più leggero.
Mentre aspettava che l'acqua bollisse - purtroppo il riso non sarebbe stato pronto prima di una mezz'oretta - cominciò a cantare a bocca chiusa una canzone che era alla radio prima che uscisse dalla clinica, sedendosi al tavolo. Il rumore della pioggia sul vetro gli faceva sempre venire un gran sonno, e appoggiò la testa sulle braccia incrociate sul tavolino, come ad assecondare questo istinto. Per fortuna il trillo del timer lo fece scattare sull'attenti, suggerendogli che era ora di buttare il riso in acqua. Inconsapevolmente, riprese a cantare il motivetto di prima, la stanchezza come sparita ora che aveva la cena da tenere d'occhio.
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.noel hamal mooredying is easy, young man. living is harder.I giorni di pioggia, la gamba gli dava un po' più fastidio del solito. Niente di insopportabile, ma sentiva spesso il bisogno di massaggiarla e sedersi. Probabilmente, si trattava di un fattore psicologico, dato che le giornate piovose come quella lo buttavano giù di morale, sebbene non lo desse a vedere. Noel rigirava il riso nella pentola, guardando fuori dalla finestra e buttando, ogni tanto, un occhio al timer vicino ai fornelli. Chissà quando avrebbe finito di piovere: a Nimit una tempesta come quella veniva giù di rado, ma le volte che capitava era il finimondo.
"Speriamo faccia bel tempo, domani." disse tra sé e sé, cambiando poi motivetto. Cominciò a cantare, sottovoce, una canzone che stava provando ad imparare con la chitarra. Ci stava mettendo più del previsto, dato che se ne era scelta una non proprio per principianti - il suo livello non era chissà quanto alto, infatti - e tra università e lavoro non poteva dedicare alla musica il tempo che avrebbe voluto. A dirla tutta, non era neanche chissà cosa a cantare, ma sicuramente era più intonato di suo fratello. Da piccoli, Julian aveva tentato più volte di metterlo a dormire cantandogli qualche canzone per bambini, ma finiva sempre per farlo piangere. Le sue doti canore non erano minimamente migliorate, con il passare degli anni.
Uno starnuto alle sue spalle lo fece voltare di scatto, e d'istinto tolse la mano dalla gamba appoggiandola sul piano di lavoro. Sorrise quando si accorse che si trattava di un esemplare di Evelya ancora un po' insonnolita.
« Sono le dieci, Angioletto, altro che buongiorno. » gli fece, mentre la ragazza lo affiancava. Sembrava aver ripreso un po' di colore, o era la luce della cucina a farla sembrare meno pallida? Almeno riusciva a tenersi in piedi, e la testa non le girava come quando l'aveva incontrata in negozio.
« Macché peso e peso » la canzonò, sbilanciandosi verso di lei in modo scherzoso. Quella ragazza era instancabile. « Ormai ho quasi finito. »
Non si era reso conto di aver messo di nuovo la mano sulla gamba sinistra, continuando a massaggiarla lentamente, e quando Evelya glielo fece notare si irrigidì momentaneamente. Le giornate uggiose erano davvero pericolose, così come la sua poca attenzione. Far sapere all'Angelo di aver perso una gamba era l'ultima cosa che voleva fare, ad essere sincero. Evitava sempre l'argomento come la peste, ogni qual volta ci si finiva.
« Apparecchio, intanto. » Noel le sorrise, passandole il mestolo e tirando fuori da un cassetto l'unica tovaglia che aveva, distendendola sul tavolo di piccole dimensioni, perfetto per due persone. Mentre prendeva le posate, si accorse che Evelya pareva super concentrata in quel che stava facendo.
« Sembra che tu non abbia mai mescolato del riso. » ridacchiò, prendendo i tovaglioli di carta in una vetrinetta. Guardò di sfuggita il timer, che segnava cinque minuti all'inizio della cena, che per l'ora si sarebbe anche potuta considerare uno spuntino notturno. « Ti facevano cucinare nel tuo grande castello? » chiese, sentendo il bisogno di sedersi. Quella maledetta gamba lo stava facendo impazzire: e pensare che i giorni precedenti non gli aveva procurato tutte quelle noie. Finì di sistemare i bicchieri, decidendo di prendere i piatti in un secondo momento prima di scolare il riso, e si sedette al suo posto, tirando l'ennesimo respiro di sollievo della giornata.
« Spero di non averti contagiato, non potrei mai perdonarmelo. » il Demone alzò gli occhi sulla figura di Evelya, e sbuffò, come a dire "ma figurati". Per sua fortuna, Noel si ammalava raramente: una pioggerellina - se, pioggerellina un corno - non lo avrebbe messo a letto con la febbre.
Fu lì che, percorrendo con lo sguardo la linea della ragazza, si ricordò del fatto che indossasse solamente una delle sue felpe. Gli occhi ametista di Noel finirono sulle gambe sottili e incredibilmente chiare dell'Angelo, e non riuscì a distogliere lo sguardo. Era pur sempre un uomo, santo cielo, Evelya non poteva tirargli uno scherzo del genere. A guardarla però non sembrava consapevole di tutto ciò. Le gambe erano uno dei suoi tanti punti deboli: escludendo il fatto che quelle della ragazza erano incredibilmente belle - "Noel, per carità" - era la sua parte del corpo mancante. Anche se non fossero state nude,la sua attenzione per qualche secondo sarebbe comunque stata richiamata da quella parte del corpo.
« Hai detto bene, deformazione professionale » sorrise di nuovo, decidendo di alzarsi e pensare a qualcos'altro. « L'aver deciso di diventare medico ha accentuato questo mio tratto. E' fatta, non si può più tornare indietro. » Era sempre stato incredibilmente generoso per lo standard demoniaco: era diventata una cosa naturale, per lui. Se qualcuno aveva bisogno di aiuto gli dava una mano al limite delle sue possibilità, senza farsi troppi problemi. Si dimostrava sempre la cosa giusta da fare. Altrimenti, poi, che razza di medico sarebbe diventato? Non voleva fare la fine di suo padre, dottore cinico e accecato dall'oro dei soldoni.
La credenza che conteneva i piatti si trovava sopra la testa della ragazza, e con tutta la nonchalance del mondo il Demone si sporse sopra di lei, sovrastandola con la sua stazza per afferrare un paio di piatti. Il ragazzo abbassò lo sguardo, e sorrise ad Evelya. Aveva un debole per quegli occhioni dorati e luminosi. Oh, diamine, chi le aveva dato il permesso di essere così inconsapevolmente tenera?
« Sei proprio scorretta, Evie. » sospirò, non fornendo però spiegazioni. Appoggiò i piatti vicino ai fornelli, e appena il timer squillò spense il fuoco, posando una mano su quella di Evelya, che teneva stretto il mestolo, per controllare lo stato del riso.
« Bel lavoro. Passami i piatti. » scolò il riso, dosandolo in parti più o meno uguali. I brontolii dello stomaco dell'Angelo non erano passati inosservati. Invitò Evelya a prendere posto, posandogli il piatto davanti. Lo condì poi con poco olio, per poi mettersi a sedere di fronte a lei.
« Ti va un po' di riso, no? » domanda assolutamente inutile, visto che glielo aveva già preparato e messo nel piatto. « Prima di accompagnarti a casa ti preparo un'altra bevanda calda, se ti va. A proposito, sei riuscita a rintracciare tuo cugino? » chiese, prima di mettersi in bocca una forchettata di riso, placando i dolori allo stomaco. Sentì il il suo piede sfiorare la caviglia della ragazza sotto il tavolo, e sorrise sotto i baffi, aspettando un po' prima di ritirare la gamba.
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.noel hamal mooredying is easy, young man. living is harder.Mancava un po' di sale nel riso, ma nel complesso non era male. Per essere una cena improvvisata andava più che bene, ed Evelya sembrava d'accordo: da quel che ricordava, di solito poggiava il tovagliolo sulle gambe, cosa che non fece in quel momento. Bensì, cominciò subito a mangiare. Se le era tornato l'appetito, significava che la febbre era scesa. Noel si concentrò sul suo piatto fino a quando non arrivò la risposta dell'Angelo alla sua domanda, concentrato su ciò che lei aveva proferito pco prima. Poco prima, Evelya aveva detto che non si era mai avvicinata ai fornelli nella sua casa barra castello, perché era considerato un lavoro da domestica. Era davvero una nobile? Si rifiutava di crederlo. Esistevano sempre le eccezioni - lui in primis faceva parte di quel gruppo - ma lei... Non sembrava appartenere ad una classe sociale così alta, ma con tutto ciò che aveva detto fino a quel momento non riusciva a pensare altrimenti.
« Shedir non sa che sono qui. » la voce della biondina lo riportò coi piedi per terra, e Noel si mise ad ascoltarla. Non si impressionò più di tanto: gli Angeli e i Demoni si scontravano fin dall'alba dei tempi, e non correva buon sangue tra le due razze nemmeno dopo secoli. A Nimit la sua capigliatura color del sangue e la sua aura demoniaca risaltavano ancora di più in mezzo a tutti gli esseri per lo più angelici che popolavano quella città. Eppure, gli veniva spontaneo stringere le labbra quando si trattava di etichette, e non poté fare a meno di reagire in quel modo davanti ad Evelya. Sembrava comunque non avesse notato nulla, anzi, riprese subito la parola per evitare ogni fraintendimento.
« Perdonami, non voglio accusarti per questo. » Noel fece spallucce, e ingoiò il boccone di riso. Non c'era bisogno di fare scenate davanti a lei: era l'ultima persona sulla faccia della terra che discriminava le diverse razze di Andellen, e glielo aveva dimostrato. Non c'era bisogno di mettersi subito sull'attenti. Piuttosto, com'era che ad una ragazza della sua età non era permesso stare da sola con un uomo non sposato? Che discorso era?
« Mi piaci molto, e non sei spaventoso come gli Angeli ti ritraggono » i suoi interrogativi si dissolsero all'udire quelle parole, e Noel strabuzzò gli occhi. Meno male che aveva finito il riso, poggiando la posata accanto al piatto, altrimenti l'avrebbe fatta cadere a terra per lo stupore. A ciò, seguì una lista di pregi che Evelya gli attribuì mano mano che le sue guance si facevano sempre più rosse, e sulla sua pelle candida erano ancora più evidenti. Noel percepì un brivido lungo la schiena e rise piano, portandosi una ciocca davanti agli occhi.
« E amo il colore dei tuoi capelli » concluse lei, sorridendo timidamente. Oh cielo, ma si era resa conto di quel che aveva appena detto? Il suo monologo poteva benissimo essere definito una specie di dichiarazione.
« Sono dello stesso colore delle tue guance, te lo assicuro. » rise di nuovo, appoggiandosi allo schienale della sedia. « Apprezzo la sincerità. Non immaginavo potessi essere così schietta. »
Si allarmò quando la vide barcollare e tornare seduta, chiedendo poi di sdraiarsi di nuovo sul divano. Il ragazzo le disse di non preoccuparsi, e sparecchiò la tavola. Mise a scaldare l'acqua per la tisana, e mentre aspettava iniziò a lavare le poche stoviglie che avevano utilizzato. Le parole di Evelya gli tornarono alla mente, e sorrise tra sé e sé. Se avessero continuato così, probabilmente non ne sarebbe uscito vivo.
"Non l'avrà detto sul serio." sospirò, cercando il panno per asciugare i piatti nel cassetto sotto il lavandino. Rise al solo pensare a quanto fosse innocente quella ragazza. Probabilmente neanche aveva pensato a cosa stava dicendo, magari la febbre non le era passata del tutto e la faceva straparlare. Era impossibile che "le piacesse molto", dai. O magari aveva detto la verità, e Noel aveva più fascino di quel che già credeva di possedere. Fatto stava che il suo povero cuore non avrebbe retto se Evelya gli avesse tirato un altro colpo basso. Che poi, era evidente il fatto che non lo facesse apposta, ma l'effetto che aveva sul Demone non cambiava.
Scosse la testa e alzò gli occhi al cielo mentre versava la tisana, ormai pronta, nella tazza da cui aveva bevuto Evelya poco fa. La raggiunse poi in salone, porgendogli la bevanda calda e sedendosi accanto a lei. Sorrise alla sua gentile proposta, distendendo le gambe davanti a sé.
« Non mi fa male la gamba, è tutto a posto. » le fece tranquillo, sperando di aver accantonato l'argomento. Evelya notava anche le più piccole cose, a quanto pareva. Stette attento a non appoggiare la mano sulla gamba sinistra, posandola invece sul bracciolo a sostenergli una guancia.
« Piuttosto, ha smesso di piovere. » guardò fuori dalla finestra: fino a quel momento non se ne era neanche accorto. « Resterai ancora un po' con me, mi auguro. » esclamò, tirando fuori la lingua e ridendo. Non aveva intenzione di mandarla a casa subito, almeno finché il cugino fosse rimasto al negozio.
« Anzi, ora che ci ripenso approfitto della tua gentilezza. » dichiarò, riferendosi al precedente suggerimento della biondina. Il ragazzo si alzò dalla poltrona e, siccome lei occupava metà divano, Noel si mise seduto sul lato libero, coprendosi le gambe con la coperta e facendo cenno ad Evelya di non spostarsi. Purtroppo per lei, il Demone era un tipo abbastanza fisico e impulsivo, non pensava mai che qualche suo gesto potessero mettere in imbarazzo la gente.
« Sai, neanche tu assomigli ai pochi Angeli che ho incontrato. » disse, voltandosi verso di lei. « Erano dei gran smorfiosi, la gentilezza caratteristica della vostra razza ce l'avevano sotto i piedi. » Gli erano particolarmente rimaste impresse due gemelle angeliche: Lena e Lauren Gloomspring. Le aveva conosciute un paio di anni fa, quando ad un ricevimento avevano adocchiato lui e suo fratello e li avevano tartassati per tutta la serata. Le due mal celavano la loro superbia dietro una maschera di falso altruismo. Per fortuna gli Angeli non erano tutti così, si era ricreduto conoscendo qualche docente all'università. Anche a Nimit era riuscito a farsi stare simpatico qualcuno di loro - Lyander non era certamente tra quelli. Tra loro la millenaria rivalità tra Angeli e Demoni era fortemente palpabile.
« C'è anche da dire, però, che ho avuto l'occasione di conoscere solo Angeli appartenenti all'alta borghesia prima di venire qui. » sorrise, facendole intendere che la critica non era certo rivolta a lei. « E' evidente che tu non appartenga a quel mondo ipocrita. » di cui faceva parte anche lui, tra l'altro. Lui si era appropriato di molte libertà che normalmente non gli sarebbero state concesse, ma a volte rimpiangeva dover partecipare a feste di ogni sorta, incontrare gente di cui non si ricordava neppure il nome e fare buon viso a cattivo gioco per non infangare il nome del casato. Nascere in grembo ad una famiglia importante significava rispondere continuamente a delle aspettative. E se non si era all'altezza, ci si poteva considerare letteralmente finiti. Era una lezione che aveva imparato a sue spese, e da cui stava tentando ancora di liberarsi.
« Anche se, magari, vivere in un castello o in una villa è molto più facile che vivere in un appartamento in centro città. »
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.❝ You dream, you dare and you fly ❞Evelya Sadalmelik • Angelo • Acqua • 18 • Acquario • Scheda.
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.noel hamal mooredying is easy, young man. living is harder.Il silenzio tra loro, dopo ciò che il ragazzo disse, sembrò durare più dell'effettivo. Noel rilassò la testa all'indietro, e appena sentì la voce di Evelya la tirò su, voltandosi verso di lei. Ci mise qualche minuto ad elaborare ciò che la ragazza gli aveva appena confessato: lo aveva immaginato, ma l'aveva negato fino allo sfinimento.
« Aspetta un secondo » iniziò, ma non continuò. Cosa poteva dire? Nulla a riguardo. Evelya era una nobile, punto, e non ne sembrava affatto contenta. La lasciò parlare, e ascoltò in silenzio. Aveva elaborato mille teorie al riguardo, ma fino a qualche momento fa le aveva smontate tutte, dalla prima all'ultima. Pensava che fosse impossibile, la ragazza non poteva appartenere ad una classe sociale così alta. Era così genuina e solare, non si avvicinava per niente agli Angeli altolocati che aveva incontrato a qualche ricevimento.
« Ero un oggetto nelle mani di mia madre, quando vivevo al castello, la sua esca. » prestò attenzione ad ogni parola della biondina, seppur la conversazione stesse prendendo una piega abbastanza negativa. La sua vita non sembrava tutta rosa e fiori come si pensava potesse essere. Aveva calcato particolarmente il termine "esca", e spiegò poco dopo il perché. Noel strabuzzò gli occhi, non sapendo cosa pensare. La sua famiglia la vedeva come una calamita per attirare uomini importanti e rilevanti nella società, in poche parole, e il ragazzo sentì una grande rabbia montargli dentro neanche fosse lui il diretto interessato. La immaginò al fianco di svariati uomini, nel tentativo di raggiungere il suo obiettivo. La consideravano quindi alla strenua di un oggetto? Noel, in un certo senso, la capiva: a differenza sua però, i suoi genitori non lo consideravano un oggetto, bensì per loro era praticamente inesistente. Noel aveva provato a farsi sentire, scalpitando e combinandone di tutti i colori, non ottenendone nulla; alla fine, stanco, aveva cominciato a fare ciò che l'istinto gli dettava, senza preoccuparsi dell'opinione altrui. Evelya pareva invece relegata alla decisione di sua madre. Le avevano tarpato le ali ancor prima di insegnarle a volare. Non doveva essere stato facile, affatto. Eppure, come poteva una ragazza del genere essere nata in una famiglia nobile e meschina? Non riusciva ancora ad accettarlo e a comprenderlo pienamente, eppure la realtà era quella.
"E quindi, perché si trova qui?" questo pensiero silenziò tutti gli altri. Non poteva trovarsi lì per una semplice gita di famiglia, anche perché viveva con il cugino. Cosa stava combinando?
« Sono scappata di casa, la notte prima delle mie nozze » Il Demone spalancò, di nuovo, le iridi violacee, e la ragazza le mostrò un sorriso ben poco convinto. Sulle labbra di Noel si aprì un sorriso appena accennato: era riuscita a ribellarsi, dunque. Ben fatto. Al suo posto, lo avrebbe fatto molto tempo prima. Probabilmente, quando ancora viveva nel suo castello, era una persona completamente differente. Dato che il suo compito era intrecciare un legame duraturo e che potesse portare guadagno alla famiglia, era costretta a trasformarsi nella ragazza perfetta. Anche tra i Demoni era così, anche se la loro razza aveva una concezione "diversa" di donna ideale. Nella borghesia non era cosa rara incrociare certi elementi a feste e ricevimenti.
Sovrappensiero, colse solamente alcune parole del discorso della ragazza, e tornò coi piedi per terra quando sentì la sua mano delicata tra i capelli. Sorrise placido alla sua richiesta, e chinò il capo lateralmente, dalla parte dell'Angelo. Era così buffa, e maledettamente gentile. Cosa aveva passato per tutti quegli anni, reclusa nel territorio del continente angelico? Osservò il suo volto di sottecchi, e nonostante la luce fioca lo trovò incredibilmente bello e innocente.
« Sia io che mio fratello abbiamo i capelli di questo colore. Anzi, i suoi sono più accesi. » esordì, lasciandola continuare. « Li abbiamo entrambi presi da nostra madre. » che non era affatto contenta del fatto che il suo figlioletto imperfetto assomigliasse così tanto a lei. Suo padre, come la maggior parte dei Demoni d'altronde, aveva i capelli corvini e gli occhi iniettati di sangue. Anche sua cugina Gwen infatti, era una moretta tutto pepe. Solo con lui e Julian il DNA dei Moore non era stato abbastanza forte.
Si massaggiò il collo con una mano e, d'impulso, sollevò poco le gambe di Evelya e si avvicinò a lei, posandogliele sopra le sue. Ritornò così dritto con la schiena, e le sorrise. « Ora sto molto più comodo. » gli sorrise, e si appoggiò allo schienale in modo che, se avesse voluto, la ragazza potesse raggiungere la sua testa più facilmente.
« Avevo immaginato appartenessi all'aristocrazia, ma non pensavo stessi così in alto. Insomma, sei così carina e gentile. » ridacchiò guardandola, sperando di non vederla con il finto sorriso di poco fa in volto. « La tua è una rinascita. » disse poi, a voce bassa, come se stesse parlando anche con sé stesso. Anche lui era rinato una seconda volta, e sperava che la sua potesse essere un'evoluzione, la fine della prigionia.
« Non ho mai conosciuto Evelya la principessa, ma sono certo che preferirei di gran lunga Evie la fioraia. » annuì poi convinto, allungando una mano sul suo capo e scompigliandole i capelli.
« Ti manca la tua terra? » domandò poi, a bruciapelo, sistemando la coperta sopra le loro gambe. Ora che il suo viso era più vicino, riusciva a specchiarsi nei suoi occhi dorati.
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.noel hamal mooredying is easy, young man. living is harder.Noel spalancò gli occhi quando Evelya gli disse che, a Dunne Peyhlra, le ragazze non maritate non potevano uscire dai loro castelli. Roba da matti.
« Hai fatto bene a scappare, Angioletto. Anzi che sei riuscita a sopportare tutto questo fino ad ora. » se fosse stato per lui, sarebbe andato via di casa molto prima. Non immaginava che gli Angeli potessero seguire uno stile di vita così severo. Julian, suo fratello, aveva fatto un paio di viaggi nel Ludh Yhkam per studiare medicina, e lì i medici erano davvero gentili con chiunque. A quanto pare, la nobiltà era di tutt'altra pasta. Non bisognava fare di tutta l'erba un fascio, ma dalle sue esperienze sul campo e i racconti della ragazza, non poteva che elaborare un pensiero del genere.
« Era lo stesso anche per te? »
Noel scosse la testa. « Noi partecipiamo a feste di tutti i tipi, usciamo con chi vogliamo e via dicendo. Basta che non torni a casa con qualcuno diverso da un Demone, altrimenti sono guai. » fece, cominciando a giocherellare con i numerosi piercing che aveva all'orecchio destro. « I giovani sono, praticamente, liberi di fare ciò che vogliono, anzi. L'unica regola è quella di essere assetati di sangue e non avere pietà per il prossimo. »
Noel era contento di essere nato Demone: andava fiero di ciò che era e di ciò che stava diventando, ma non andava fiero della sua razza. Era contento di sé stesso, ma disprezzava le convinzioni della sua specie. La vita di un Demone comune ruotava intorno alla sete di sangue e alla crudeltà, e secondo il ragazzo non poteva esserci nulla di più sbagliato della violenza inutile. Lui stesso era di indole facilmente suscettibile, e spesso e volentieri non esitava a ricorrere alle mani, ma il fatto di dover essere per forza esseri feroci e spietati altrimenti non si è accettati all'interno della società, no grazie. Era questo l'aspetto negativo del nascere Demone: la generosità non era una virtù, anzi, andava estirpata. E Noel si era ritrovato catalogato come uno scarto prima che ne se potesse rendere conto.
« Disgustoso, vero? » sussurrò, alzando lo sguardo verso la finestra. Era completamente buio fuori, il candore della luna si intravedeva appena dietro le nuvole. Aveva finito di piovere, ma il vento tirava ancora.
All'improvviso, la biondina scattò su dal divano, e sembrava alquanto preoccupata: sbagliava, o aveva lo stesso colorito di prima, in negozio? Forse le avrebbe fatto bene una sana dormita, al calduccio, di almeno sette ore. La osservò interrogativo, e l'Angelo gli spiegò che doveva assolutamente tornare a casa. Effettivamente, si stava facendo incredibilmente tardi e stava rischiando di essere scoperta. Fosse stato per lui l'avrebbe trattenuta fino all'indomani mattina, ma non voleva metterla nei guai. Aggiunse che non avrebbe fatto in tempo a raggiungere l'appartamento del cugino prima che lui tornasse, ed era quindi per quello che aveva cambiato colore di punto in bianco. Quando si allontanò per scomparire in bagno, Noel si alzò senza ripeterselo due volte, e si infilò le scarpe che aveva lasciato vicino alla porta. Non poteva lasciarla andare da sola, stava scherzando? Aveva anche ricominciato a piovere, quindi ora poteva dirsi inamovibile sull'accompagnarla sana e salva a casa. Se le avesse dato un passaggio, avrebbero fatto sicuramente in tempo.
Quando Evelya uscì dal bagno indossando i vestiti leggeri e ancora umidi di poco prima, il ragazzo si fece ritrovare con addosso una giacca pesante.
« Vorresti sfidare la pioggia vestita in quel modo? » la canzonò, scuotendo la testa nella sua direzione. « Solo perché sei tu, ti concedo un volo gratis. » e prese dall'armadio il cappotto più caldo che potesse trovare, e glielo lanciò tra le mani facendole segno di metterselo. « Sssh, niente storie. Altrimenti ti faccio pagare. » le fece un occhiolino prima di dirigersi verso la finestra e spalancarla. La ragazza gli si avvicinò visibilmente scettica, ma Noel non le diede bado.
« Uscire dalla porta era fin troppo convenzionale. Dimmi dove si trova casa tua. » la biondina gliela indicò, puntando verso nord. Senza indugiare oltre, sollevò il cappuccio sulla testa di Evelya, assicurandosi che si fosse allacciata tutti i bottoni - quel cappotto gli stava decisamente enorme - e salì sul cornicione della finestra. Le offrì una mano, e appena alzò un piede per portarsi sul suo stesso piano, il ragazzo la prese tra le braccia, sollevandola da terra a mo' di principessa.
« Stringiti forte. Saremo lì in un baleno, te lo assicuro. » gli sorrise, e si buttò nel vuoto. Spalancò dunque le grandi ali sanguigne, e sfidando le intemperie si diresse verso il punto che prima Evelya gli aveva indicato. Sentì le braccia di lei stringersi attorno al suo collo, e il ragazzo rise. « Se continui così mi strangoli. »
Era leggera come una piuma, e durante il volo le braccia non si stancarono. Era anche vero che il tragitto fu breve, dato che Noel procedeva veloce. Gli faceva male, comunque, separarsi di nuovo da lei. Sarebbe rimasto volentieri a parlare con Evelya, non pensava che dietro quel bel faccino si potesse nascondere una curiosità e un coraggio senza limiti.
Atterrò di fronte al portone di casa sua quando la biondina individuò l'appartamento in questione, e la adagiò a terra con delicatezza.
« Rapido, affascinante e di parola. » esclamò, in un momento di autoproclamazione a suo parere più che giustificata. « E adesso fila sotto le coperte, non avrai un aspirante medico a preparati tisane, qui. » gli sorrise ancora, e le disse di tenersi il cappotto: si sarebbero sicuramente rincontrati e glielo avrebbe dato in quell'occasione.
« Buonanotte, Evie. Riprenditi. » le diede un buffetto sulla guancia e spiccò di nuovo il volo, diretto di gran lena verso casa sua prima che qualcuno potesse vederli.
Quegli occhioni dorati sarebbero stati la sua rovina.
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