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.Every flight begins with a fall
10 Marzo - Sunda
Izar accese la terza sigaretta della serata, guadagnandosi un'occhiataccia di Ilya e un sospiro rassegnato di Samael. Era rimasto prigioniero in casa Al Nair secondo il volere del padre, svolgendo il suo dovere più che egregiamente, e per una volta che chiedeva la serata libera lo trattenevano per questioni futili, ma soprattutto che lo irritavano. Si parlava di uomini come fossero oggetti, al tavolo di mogano su cui erano soliti riunirsi i membri del casato. Chi doveva andare in sposa a chi, quale cugino potesse entrare nell'esercito e quale no, cose di cui non si curava, e Ilya lo sapeva. Era stata lei a fermarlo davanti all'ingresso, mentre era già pronto per uscire. All'inizio pareva una discussione da pochi minuti, poi i minuti erano diventate ore. Il pendolo segnava le dieci e mezza, un ritardo imperdonabile. Il Corvo inspirò una lunga boccata di fumo, le dita che picchiettavano sulla superficie di legno con impazienza. Stava parlando un anziano con evidenti problemi di memoria, neanche fosse nato per il solo scopo di far perdere tempo.
« Sì, Benedict, ho capito che dobbiamo organizzare un incontro con i Farlane. Me ne occuperò domani » disse, con il tono di chi aveva la pazienza fuori controllo.
« Posso alzarmi da questa maledetta sedia, adesso?
Ho un impegno ». Ilya, la donna che gioiva nel rendere la sua vita un inferno, scacciò la nuvola di fumo che lui le aveva soffiato vicino, fingendo di tossire.
« Ti ricordo che il tuo compito viene prima di ogni cosa, ragazzino. Dovresti imparare a dargli la giusta priorità ».
Alla parola ragazzino, Izar ridacchiò. Si sentiva invecchiato di secoli, sebbene fosse lì da solo due mesi.
E poi cos'era questo discorso delle priorità? Altayr era al primo posto nei suoi pensieri, sempre. Aveva una sola occasione di incontrarla, e non l'avrebbe sprecata a blaterare con una cerchia di vegliardi. Spostò la sedia e si alzò, posando la sigaretta nel portacenere insieme a quelle già consumate. « Signori, è stato un piacere. Alla prossima, siete liberi di andare ». Afferrò la giacca che aveva posato sullo schienale e uscì di gran carriera, seguito a ruota da Samael. Anche lui era rimasto attaccato alla sigaretta tutto il tempo. Il tutore gli rifilò una pacca incoraggiante alla schiena, prima che le loro strade si dividessero davanti al portone d'ingresso.
« Saluta l'aquilotta da parte mia, e dille che se mai resterà da sola, posso adottarla io! » scherzò, ridendosela di gusto mentre correva a prepararsi per un appuntamento. Il mutaforma non gli diede bado, troppo intento ad aggiustare il colletto della camicia davanti allo specchio rovinato dagli anni, accanto all'appendiabiti.
Gli allenamenti estenuanti avevano dato i loro frutti, rendendolo un po' meno mingherlino e un po' più spaventoso, insieme ad una cicatrice sulla guancia e i capelli indomabili, che ancora non era riuscito a tagliare. Nel complesso, sembrava una versione demoniaca di sé stesso, e non seppe se esserne felice. Buttò la giacca su un braccio (sarebbe servita a coprire i fori nella camicia, dato che doveva spostarsi in volo), e distese con piacere le grandi ali nere al vento. Faceva freddo per essere marzo, ma d'altronde ogni cosa a Sunda sembrava fatta per mettere di pessimo umore. - Speriamo che non si arrabbi troppo - pensò, diretto a gran velocità verso la sala da cerimonie.
Il suono armonioso di un pianoforte gli indicò la strada quando fu dentro al palazzo, dato che i Demoni all'entrata non erano stati molto esaustivi nel dare suggerimenti. Prima di entrare nella grande stanza illuminata, Izar si tirò indietro i capelli, pur sapendo che in pochi secondi sarebbero tornati al loro posto, ovvero dove volevano. Aveva il fiato corto, la giacca nera sgualcita sul davanti, e si era dimenticato di abbottonare l'ultimo bottone della camicia. - Per fortuna questi tizi mi ignorano, è già tanto che abbia rimediato qualcosa di elegante -. Samael aveva pianto di gioia alla richiesta del pupillo di dargli un completo per la serata, dato che lui ne aveva a bizzeffe e lo criticava sempre per i suoi gusti da sempliciotto. Era riuscito a scendere a patti con il Demone: camicia grigia, non bianca. Il bianco era un colore troppo pulito per stargli bene addosso.
Prese coraggio e fece i primi passi nel clima festaiolo, dove qualche coppia danzava, svariati gruppi conversavano ai loro tavoli e i camerieri correvano a destra e manca per rifornire gli ospiti di cibo.
Non sembrava un cattivo inizio, ma Izar ricordò che lì
erano tutti dannatissimi Demoni. Tutti, tranne una.
Altayr, per sua grande sorpresa, stava di fronte ad un pianoforte a coda, e sembrava molto concentrata su ogni nota che produceva. Era brava, chi l'avrebbe detto?
E poi non gli capitava tutti i giorni di vederla con un vestito. Notò subito la collana, in contrasto con il candore della pelle su cui poggiava, e sentì una stretta al cuore. Gli pareva ancora più bella del giorno in cui si erano visti, su in montagna. Forse la lontananza gli giocava qualche scherzo. Se non fosse stato per il mucchio di persone in sala, Izar sarebbe corso subito ad abbracciarla. Aspettò con pazienza che il brano finisse, rubando un calice di vino dal vassoio di un cameriere che passava di lì. Si trattavano bene, i Demoni. Ogni cosa presente era della miglior qualità, dagli abiti degli invitati al cibo servito in tavola. Si sentiva proprio fuori posto.
Nel momento in cui la musica si interruppe, seguita da un fragoroso applauso, Izar lasciò il bicchiere per andarle incontro. Non sapeva con che faccia presentarsi, visto il ritardo di... due ore, circa. Era pronto a qualsiasi ramanzina, in ogni caso. La aggirò, in modo da portarsi dietro di lei, e fece passare un braccio attorno al suo collo in modo scherzoso. « Lo so, è tardissimo. Rimandiamo a dopo la rissa, okay? ».
«Parlato» -Pensato-Izar Al Nair • Mutaforma demoniaco • Aria • 19 • Toro • Scheda. -
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« Ho una gran voglia di prenderti a pugni. »
Izar scoppiò a ridere, grato che almeno lei non fosse cambiata. Era l'unico punto fisso della sua vita, una sorta di stella polare che indicava la strada da seguire. Incassò con una finta smorfia di dolore il colpo allo sterno, sorpreso di quanta forza racchiudesse quel corpicino avvolto di nero. Lo sapeva che Altayr era un concentrato di energia. Proprio quello che gli serviva dopo le noiosissime giornate passate tra i Demoni della famiglia. « Non ci provare più, idiota » lo minacciò, e il Corvo spostò la mano dalla sua spalla alla nuca, scompigliandole i capelli. Erano morbidi come ricordava. « Scusi, maestà. Sono un pessimo servitore ».
Era davvero dispiaciuto, così tanto che avrebbe voluto un altro paio di pugni per fare ammenda. Alla domanda di lei, Izar scrollò le spalle, non sapendo bene come riassumere il mare di cose che gli erano capitate.
« Alla grande. Mi sto divertendo un sacco in quella casa di mummie, e Samael più di me. Ah, mi ha detto di salutarti ». Evitò la parte in cui si proponeva come padre adottivo, perchè l'idea che Altayr diventasse sua sorella proprio non gli andava giù. Una donna bionda dietro di loro si schiarì la voce, irritata, e indicò il pianoforte per far intendere che fosse il suo turno. Izar si fece da parte, trascinando la ragazza con sé per lasciarle il posto.
La loro conversazione doveva svolgersi altrove, ma ovunque si voltasse vedeva solo Demoni su Demoni. Possibile che non avessero lasciato nemmeno un tavolo libero? Adocchiò l'ampia balconata, dove qualche fumatore sporadico si recava per una pausa. Faceva abbastanza freddo fuori, ma vide un angolo riparato dal vento che sembrava fare al caso loro. Le fece cenno di uscire, accompagnandola con una leggera pressione della mano sulla schiena. Si trattava di aspettare qualche minuto, giusto il tempo d'apertura delle danze nel salone. Se la gente si alzava per ballare restavano più sedie per loro, e magari qualche avanzo di cibo. L'aria frizzante li investì, meno gelida di quanto pensasse, e si misero dietro ad un muro portante, vicini alla balaustra in marmo. « Molto meglio. E adesso scusami, ma ho dimenticato di fare una cosa ». Prima che la ragazza potesse fare domande, il Corvo la abbracciò forte, in una specie di morsa ferrea. Al diavolo l'imbarazzo e tutto il resto, era passato troppo tempo da quando l'aveva vista per non godersela almeno un po'. Riempì i polmoni del suo naturale profumo, la pelle del calore che emanava attraverso il vestito sottile. Sarebbe rimasto lì per altre dieci ore senza mai stancarsi, ma intercettò l'occhiataccia di un anziano attraverso la vetrata e ricordò di dove si trovava. « Non vedevo l'ora di arrivare, giuro, però è saltata fuori una riunione all'ultimo momento e tanti saluti alla puntualità » disse, allacciando le mani alla base della schiena di lei. Non era un abbraccio, quindi andava bene. Sapeva di comportarsi da stupido, di stare oltrepassando il confine della decenza, ma non poteva farci niente. Era felice. Felice come non ricordava di essere mai stato. Per quella sera poteva essere solo Izar il mutaforma, e non Izar Al Nair, futuro capofamiglia.
« Sono stati i due mesi più lunghi della mia vita » ammise infine, guardandola dritta negli occhi senza alcuna vergogna. « Però vorrei sapere qualcosa di te ».
Gli sembrava che stesse bene, anche se con un pizzico di attenzione in più poteva leggere della stanchezza appena accennata nei grandi occhi verdi. Ah, e le erano cresciuti i capelli, o forse si sbagliava. Le sembrava di non vederla da anni. Mentre ascoltava i racconti di lei, intercettò l'odore di sigaretta proveniente dal centro della balconata, e sentì il bisogno di raggiungere il pacchetto che teneva nella tasca dei pantaloni. Magari era un buon momento per rivelare ad Altayr la nuova, piccola ossessione, anche se in sua presenza non sentiva il bisogno maniacale di attaccarsi alla sigaretta come a casa. Cercò di accatastare il pensiero, concentrato sull'unica cosa degna di nota di tutta la serata.
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Mentre i due conversavano, dietro di loro si stavano aprendo le danze, con il pianoforte a fare da sottofondo.
- Meglio così. Più spazio per noi - pensò il mutaforma, ascoltando i racconti di Altayr con interesse. Almeno era riuscita a tornare all'Accademia, anche se non aveva menzionato lo studio. Al sentire quella rivelazione, secondo la quale senza di lui si era annoiata, Izar sorrise di getto, grato di non essere stato l'unico a soffrire di solitudine. « Anche tu mi sei mancata » disse, in modo molto più schietto di lei. Inutile girarci attorno, no?
La seguì verso il muro, che usò come appoggio, e il modo in cui si aggrappò alla sua giacca gli fece quasi tenerezza. Altayr sembrava più dolce del solito, ma forse era solo l'effetto della lontananza. Avevano sofferto entrambi di quella separazione forzata, specie dopo aver condiviso pensieri e ricordi insieme, il giorno in cui si erano presi a palle di neve. Sembrava una cosa successa anni prima, tanto la vedeva distante. Il Corvo sapeva, in cuor suo, che non avrebbero più potuto ripetere l'esperienza tanto facilmente. « Se senti freddo o ti da' fastidio l'odore del fumo non c'è problema, possiamo rientrare. »
« No, anzi. Mi serviva un po' d'aria, stasera. La casa di famiglia è opprimente, non mi fanno mai uscire ».
E poi dal balcone poteva vedere la magnifica stellata che il cielo di marzo riservava, uno sfondo appropriato alle due persone che portavano nomi di corpi celesti.
« Vedo che poi gli allenamenti con la spada sono impegnativi. Un giorno ti sfiderò a duello. »
Lui si congelò a quel contatto inaspettato, ricordando la cicatrice inferta dal Demone che ora se ne stava nel suo castello a leccarsi le ferite. « Come se potessi impegnarmi davvero contro di te! » sbottò, abbassando il capo per assaporare il tocco leggero. Quando vide gli occhi di lei perdersi nel vuoto, un po' si preoccupò.
Stava guardando nella sua direzione, ma non fissava lui. La sua mente era distante, immersa in chissà quali pensieri. Di solito era sempre lucida, attenta. Difficile coglierla a sognare ad occhi aperti. Sembrò tornare sulla terra dopo essersi accorta del silenzio sceso tra loro, chiedendogli se avesse assolto il suo compito di malmenare qualche Demone spocchioso dell'alta società.
« Certo che sì, anche se non riesco ancora a controllare bene il Corvo che mi porto dentro. Una volta lo sentivo come un alleato, e adesso è diventato il mio peggior nemico. Sono rimasto trasformato per tipo... tre giorni di fila, l'ultima volta. A Samael è preso un colpo ».
Una folata di vento portò l'odore di nicotina e cenere, che il ragazzo si ritrovò ad inspirare inavvertitamente.
Il fumo passivo avrebbe calmato la sua abitudine ad estrarre le sigarette passata la mezzanotte, almeno.
Vedendo che Altayr rischiava di nuovo di precipitare in un baratro di cattivi pensieri, Izar le scompigliò i capelli com'era solito fare ai loro incontri, nella speranza di far sì che si concentrasse su qualcos'altro. « Sai che il nero ti sta bene? Io sono di parte, ma lo penso sul serio ».
La mano passò dalle ciocche castane al profilo del collo, fino ad intrecciare le dita nella collana che gli aveva regalato. Chissà se la portava abitualmente o la stava indossando solo per quell'occasione?
« E questa da un tocco in più. La persona che te l'ha regalata deve avere davvero un buon occhio » scherzò, sfoderando un ghigno furbesco.
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Poco tempo fa, Izar era stato invitato ad un noiosissimo ricevimento, una di quelle cose che organizzavano i Demoni più sfaticati e desiderosi di svago. Samael gli aveva impartito lezioni di valzer (le più imbarazzanti della sua vita), con il solo scopo di ingraziarsi qualche donna che ancora non riconosceva gli Al'Nair in via ufficiale. Risultato? I suoi occhi verdi avevano fatto colpo, ma aveva pestato più piedi che altro. A dirla tutta non si era nemmeno impegnato, ma quando Altayr gli chiese un ballo, inchinandosi da bravo gentiluomo, al Corvo parve un'ottima idea. Fece finta di alzare l'orlo di una gonna immaginaria, inchinandosi a sua volta, e con un sorriso divertito la avvicinò a sé, passando il braccio destro attorno al suo busto e prendendole la mano libera.
« Chi pesta più volte i piedi dell'altro perde. Ci stai? » propose, perchè ogni loro attività doveva trasformarsi in una sfida, e lui aveva lavorato parecchio sull'equilibrio, ultimamente. Aspettò la nota giusta e iniziò a fare i primi passi, portandosi al centro della balconata. L'odore di fumo era sparito del tutto. Restava solo il profumo di Altayr e quello del vento primaverile, insieme ad una stellata meravigliosa nel cielo sopra di loro. Per un attimo, Izar dovette concentrarsi sui movimenti da seguire, sincronizzando i passi in base a quelli di lei, e già gli scappò il primo errore. Evitò per un pelo la punta delle scarpe della ragazza. « Ah, questo non conta! » si giustificò, prima che l'Aquila iniziasse a tener nota dei punti. Ballare con lei era meno imbarazzante di quanto avesse temuto, e riuscì a mettere da parte i Demoni che danzavano nella sala, oltre le vetrate. Che pensassero quello che volessero, non importava. Dopo aver preso il ritmo, Izar si mosse con più sicurezza, tanto per mettere in difficoltà l'amica, e i suoi occhi smeraldini la osservavano con una punta di scherno. La parte dell'uomo le riusciva difficile, specie con quel vestito addosso. Non aveva proprio nulla di mascolino, a parte il carattere testardo e sfacciato che più di tutto lo attirava. Vide che alcune coppie si stavano spostando sulla balconata, probabilmente attirate dall'idea di stare in un luogo più intimo, e la pista da ballo si restrinse di conseguenza. « Che rompiballe » sibilò di getto lui, attirando Altayr più vicina quando vide che un tizio stava per andarle addosso. « La prossima volta ci vediamo in un posto più tranquillo ». Già, ma quando sarebbe stata la prossima volta? L'Aquila non era di quelle parti, e doveva aver faticato molto per permettersi un soggiorno nel continente demoniaco, a meno che non fosse ospite di qualche parente. Lui in programma aveva altre dispute con le famiglie limitrofe, e almeno un centinaio di riunioni a cui partecipare. Non poteva scappare facilmente, specie ora che le cose sembravano andare meglio per gli Al'Nair. Però casa sua gli mancava.
Nel periodo primaverile si scioglievano i ghiacciai e la foresta rifioriva, un vero spettacolo. Poi ricordò di non aver ancora dato le dimissioni dalla Ayle, a cui non gli era permesso fare ritorno. Un bel casino. Si accorse a malapena che la musica era terminata, risvegliato solo dagli applausi dei presenti, ma rifiutò di lasciar andare la ragazza. Aveva bisogno di sentirla vicina, specie dopo la prospettiva di non vederla ancora per molto tempo. Erano destinati ad incontrarsi a mesi alterni, e non gli stava affatto bene. « Non voglio tornare a casa » ammise, appoggiando la fronte contro la sua e chiudendo gli occhi. Era stanco di quella vita, di stare lontano da lei. Perchè non poteva comportarsi come un semplice ragazzo di diciannove anni (quasi venti), e godersi quei semplici istanti con la persona per cui aveva una cotta? Voleva fare le cose per bene, invitandola a cena, regalandole tutte le cose che le piacevano e cucinando per lei. E poi, al momento giusto, dichiararle i suoi sentimenti e sperare che andasse come sperava.
Non riusciva ad immaginarsi accanto a nessun'altra, al momento. Erano spiriti affini. « Magari potessi portarti con me. Il tuo portachiavi non è un granché come compagnia ». Le sorrise, lasciandola andare lentamente per appoggiarsi alla balaustra in marmo bianco. Tutti quei cattivi pensieri gli avevano fatto venire una gran voglia di fumare. Cercò di fare le cose non nonchalance, sfilando il pacchetto sottile dalla tasca e il piccolo accendino.
Non era la cosa più romantica che potesse fare, ma il nervosismo gli giocava brutti scherzi. « Scusa, Samael mi ha insegnato le cose sbagliate ». Portò la sigaretta alla bocca e la accese, inspirando la prima boccata come fosse una bomboletta d'ossigeno, ben attento a non farle arrivare il fumo addosso. S'impose di dimezzare le dosi, una volta tornato a casa. « Penso di aver vinto io, comunque » aggiunse, con un ghigno.
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Era stato stupido da parte del Corvo non decidere una ricompensa, specie quando sapeva di avere la vittoria facile. Ridacchiò tra sè e rimase ad osservare il paesaggio, così tetro e privo di vita da fargli venir voglia di chiudere gli occhi. Per fortuna la magnifica stellata sopra le loro teste addolciva l'atmosfera con una nota romantica. Scorse la sua costellazione, quella del Toro, e ricordò che il compleanno non era poi tanto distante. Quella sì che era un'ottima occasione per chiedere un regalo!
Esalò una boccata di fumo verso l'alto, attento a non indirizzarlo verso la splendida visione che era Altayr in quel momento. Una presenza forte, che si notava a prescindere dall'abito che indossasse, ma forse valeva solo per lui. « Sunda non mi è mai piaciuta, e non pensare che ora che ci sei tu possa aver cambiato idea. »
Il ragazzo la guardò in tralice, scuotendo le spalle.
« Questo posto era e resta uno schifo, non posso darti torto ». Gettò la cenere al piano di sotto, incurante di chi ci fosse, e rimise la sigaretta a fior di labbra. Era calmo, adesso, eppure la nicotina non c'entrava. Le parole che l'Aquila disse in seguito lo trafissero in pieno petto, anche per l'assenza di preavviso. Lui? Una luce? Si sentiva l'inferno fatto a persona ultimamente, altroché.
Rimase a fissarla ad occhi sgranati, mentre lei evitava in modo accurato di confrontarlo allo stesso modo.
Che carina, si era messa nei guai da sola.
« E' un complimento » borbottò, ridendo della sua stessa rivelazione. Izar impiegò alcuni istanti per ritrovare la voce, schiacciando il mozzicone di sigaretta contro la balaustra nonostante fosse appena arrivato oltre la metà. « Ti ringrazio, anche se non capisco il paragone. Le mie piume sono nere come la mia anima ». Lo disse con il tono di un attore nel mezzo di un dramma, buttandola sul ridere, ma Altayr non accennava a cambiare gradazione di rosso. Beh, perché non approfittarne? Peggio di così non poteva fare, no? « Ehi, guarda la. E' la stella polare quella? » domandò ingenuamente, indicando un punto a caso nel cielo. Quando la ragazza iniziò a cercare, seguendo la traiettoria del suo indice, Izar si finse spazientito, dato che non sembrava trovarla al primo colpo. Le diede un'altra manciata di secondi, poi, non appena vide che era distratta al punto giusto, si avvicinò furtivamente e lasciò un casto bacio sulla sua guancia, talmente rapido che non fece il minimo rumore.
Come non detto, era passata dal rosso al porpora.
Non conosceva davvero limiti. Il Corvo dondolò sui talloni con l'aria ingenua di un bambino, le mani incrociate dietro la schiena e un sorriso furbesco sulle labbra.
« Cosa? » le chiese, in risposta all'occhiataccia della mutaforma. « Beh, l'hai trovata o no? ». Zero a due per i Corvi. Quella sera si sentiva particolarmente fortunato. Man mano che la notte avanzava, il vento gelido spirava sempre più forte, e il ragazzo iniziò a temere per la compagna. Era vestita per un ricevimento, non una festa in mezzo alla neve. La attirò a sé con un braccio, passandolo intorno alla vita e tenendola stretta.
La pelle, nei punti in cui era scoperta, era davvero troppo fredda. Iniziò a sfregare la mano lungo l'avambraccio e la spalla di lei, beandosi della sua presenza così fantasticamente vicina. Gli sembrava di coccolare una bestiola indifesa, sebbene Altayr fosse una donna con gli attributi di un soldato. Era raro che fosse tanto docile, perciò si godette il momento a pieno. « Sei tu la stella polare. Quella che non mi fa perdere la strada ».
Inspirò a fondo il suo naturale profumo, trattenendosi dal fare cose troppo avventate. Gli abbracci bastavano a tenerlo tranquillo, ma non sarebbero durati per sempre, e desiderava stringerla forte più che in un paio di occasioni. Forse per l'atmosfera, forse perché stare tra i Demoni aveva accorciato la sua pazienza, Izar non riuscì a trattenere la confessione che aveva studiato nei minimi dettagli dal loro secondo incontro, quella volta che l'aveva soccorsa a Ta Nulli. Come mai ora gli sfuggivano tutte le belle parole che aveva formulato, perfette per l'occasione? Strinse inavvertitamente la presa sul braccio dell'Aquila, mentre sentiva di essere arrossito a sua volta. « Altayr, c'è una cosa che devo dirti, ma devi promettere di non guardarmi finchè non ti do il permesso » mormorò, quasi in una supplica. Sentendo che lei annuiva, trovò il coraggio per continuare. « Penso che tu sia... cioè, io sono... » Wow, bell'inizio. Per quale ragione riusciva solo a balbettare, ora che il momento era cruciale? « Mi piaci, okay? E ho provato a fare finta di niente, ma non ci riesco ». Rivelò i suoi sentimenti d'un fiato, quasi incazzato con sé stesso per essere l'idiota che era. Aveva saltato tutte le procedure, non conosceva ciò che Altayr provava per lui, e probabilmente si era appena scavato la fossa da solo. Si passò una mano sulla faccia color pomodoro, sentendo improvvisamente una gran stanchezza. « Se lo tenevo per me un'altro giorno rischiavo di impazzire, quindi scusa l'improvvisata ». Perfetto, ora gli serviva solo una macchina del tempo per tornare indietro di qualche minuto e cucirsi la bocca.
- Bel lavoro, Izar -.
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Dal modo in cui Altayr si nascose nella sua camicia, il Corvo capì di averla messa in imbarazzo proprio come sperava. Non trovava giusto che lui fosse l'unico ad arrossire. Almeno non l'aveva picchiato, o peggio, mandato a quel paese. Si era espresso nella peggior maniera possibile, per essere la sua prima confessione. Aspettò che la ragazza sbollisse quel momento di timidezza generale accarezzandole la schiena, segretamente contento di avere un nuovo pretesto per coccolarla. La guardò incespicare su ogni parola, con il sorriso che si allargava man mano. Davvero gli stava dicendo che... « Anche, ehm... La stessa cosa che hai detto tu! ». Okay, per fortuna ci sentiva bene. Riuscì a incanalare la contentezza in un abbraccio soffocante, lasciando andare un lungo sospiro. Grazie a dio era andata. Non sapeva cos'avrebbe fatto nel caso di un rifiuto. « Sei l'essere più sleale che abbia mai conosciuto, Izar Al Nair » lo rimproverò, nascondendo il sorriso dietro al palmo della mano. Era la cosa più adorabile che avesse mai visto. « Vero, ma sono anche il più fortunato. Faccio da accompagnatore alla ragazza più bella della sala ». L'euforia del momento aveva tolto tutti i freni inibitori che possedeva, lasciando spazio alla parte sincera ed adulatrice di sè, ereditata dal vecchio Demone che gli faceva da padre. Osservò Altayr ricomporsi pian piano, un'espressione serena sul bel viso ancora arrossato, e la costrinse ad alzare il mento con l'indice, tanto da non perdersi tutte le sue sfumature d'imbarazzo. Quando la vide rabbuiarsi, però, i dubbi che lo tormentavano da mesi tornarono a galla: ci stava ripensando? Non era il tipo giusto per lei? « Che c'è? » chiese, seriamente preoccupato. Aveva il cuore che batteva a mille, ma stavolta più per l'ansia che per la felicità. « Sei sicuro che io sia la ragazza giusta? ». Il Corvo la guardò come se fosse impazzita. Non ne era sicuro. Sicurissimo. « E se scoprissi delle parti di me che non ti piacciono? ». Ah, era solo quello il problema. Il mutaforma scosse il capo, giudicando le sue preoccupazioni insensate, mentre si specchiava nel riflesso dei grandi occhi verdi. « Penso che sia impossibile » disse in tranquillità, senza lasciare la presa. Vedeva che Altayr cercava di sfuggirgli in tutti i modi, ma era la sua sera sfortunata. « Ma se mai accadesse, credo proprio che riuscirei a sopportarle ». La vicinanza tra i due era praticamente nulla, Izar poteva sentire il profumo e il calore della pelle di lei, fin troppo invitanti. La mano che le sosteneva il mento si mosse, facendo scorrere il pollice sul labbro inferiore un paio di volte, finchè la sua vista si faceva più dettagliata e i suoi sensi più vigili. Perchè diavolo quegli occhi si risvegliavano perfino in situazioni così delicate? Ah, giusto. L'autocontrollo. L'aveva gettato al vento nell'istante in cui Altayr aveva dichiarato di corrisponderlo. Improvvisamente tutto divenne marginale: il casato, il genitore opprimente, le responsabilità. Non esistevano, fin tanto che l'Aquila era con lui. Ignorò la gente attorno a loro, che di sicuro stava borbottando qualcosa nel vederli in atteggiamenti intimi, e mise a tacere ogni cosa, tranne la voce della ragazza.
« Ti do il permesso di picchiarmi, dopo » le sussurrò, prima di posare la bocca sulla sua senza la minima esitazione. Bene, adesso sapeva com'era fatto il paradiso. Da quanto tempo aspettava di farlo? La loro gita in montagna era stata una bella sfida per lui, ed era comunque pronto a subire le conseguenze del gesto avventato. La mano che le sosteneva il viso passò dietro alla nuca, come a volerla tenere ferma, mentre l'altra si assicurava che non facesse nemmeno un passo indietro, irremovibile alla base della schiena. Una vocina gli suggeriva di approfittare del momento, ma fu abbastanza saggio da non ascoltarla. Si separò da lei dopo quelle che parvero ore, stupito di sé stesso e molto, molto soddisfatto. « Okay, adesso posso morire felice » dichiarò, sghignazzano alla vista di quelle gote color porpora. Voleva essere egoista, almeno per una notte.
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Edited by altäir - 10/4/2016, 17:48. -
.Every flight begins with a fall
« Come posso picchiarti ridotta così? ». Izar ridacchiò mentre la stringeva nell'ennesimo abbraccio, contento di sapere che da quel giorno ce ne sarebbero stati molti altri. « Ci pensiamo la prossima volta » la rassicurò. Era di una tenerezza unica, accoccolata contro di lui come fosse una bimba indifesa. Ogni tanto gli piaceva l'idea di poter fare la parte dell'uomo di turno, in realtà. Altayr sembrava sempre avere tutto sotto controllo, la classica persona che da sola riusciva a lavorare per tre, ma andava bene che facesse affidamento su di lui, di tanto in tanto. Quando sentì le labbra della ragazza sfiorargli il collo in un bacio leggero, un brivido gli percorse la schiena, e non per il freddo. Le iridi del mutaforma erano ancora nella fase da predatore, doveva darsi una calmata alla svelta, prima di passare il messaggio sbagliato. Le influenze demoniache di Sunda gli rendevano difficile sopprimere la sua parte più istintiva. « Per un po' dovrai sopportare l'idea di avermi tra i piedi, passerotto » disse lei, con un sorriso che lo contagiò, accentuato poi dal brontolio della pancia dell'Aquila. In effetti l'aveva monopolizzata per tutta la sera, tenendola lì fuori al freddo e senza pensare minimamente al cibo. Izar non aveva molta fame, quindi disse ad Altayr di andare tranquilla e riempirsi la pancia quanto voleva. Vista l'ora tarda, probabilmente non era rimasto granché in sala. Una volta solo, il moro si concesse un istante per gioire della sua fortuna e crogiolarcisi un po', appoggiato alla balaustra. Era meglio di qualsiasi trofeo o vittoria. Prese il cellulare dalla tasca e riaprì la conversazione interrotta con Samael al suo arrivo, dove l'ultimo messaggio diceva "se ce la fai mi mangio un cactus con tutte le spine". Ghignò fra sé mentre gli rispondeva con un "prepara il cactus". Sicuramente il tutore l'avrebbe sotterrato di domande, una volta tornato a casa. Ricordò solo in quel momento la lunga lista di nomi che il padre aveva stillato per lui la settimana prima, ben venticinque possibili candidate tra cui trovare una moglie e risollevare le sorti degli Al'Nair. Quelle cose da tempi andati gli facevano venire i brividi, altroché. Era già stato chiaro, a riguardo: nessun matrimonio, se non quando l'avrebbe deciso lui. La compagna tornò in fretta, con un unico pezzo di torta salata come bottino. Beh, era mezzanotte inoltrata, non potevano aspettarsi chissà cosa. Molti degli invitati stavano già facendo gli ultimi saluti prima di andarsene. Si sporse verso il pezzo che Altayr gli offriva, rubandolo alla sua mano in un boccone, prima di accorgersi che dentro c'erano degli spinaci. Mandò giù tutto in una volta, l'espressione schifata di chi aveva appena ingoiato un moschino. « Ugh... adesso ricordo perchè non mi piacevano ». Nella residenza di Sunda non gli era permesso cucinare, ma aveva ugualmente fatto bandire l'ortaggio da qualsiasi piatto. In un momento di silenzio, Izar seguì lo sguardo della ragazza alle sue spalle, e ciò che vide non gli piacque per niente: Rowen, primogenito della casata degli Endor, lo seguiva come un'ombra dal suo arrivo nel continente. Odiava suo padre, com'era naturale odiare un pazzo assassino, e provava un certo risentimento nell'essersi visto privato di molto denaro dopo l'ultima lotta tra clan. Mise un braccio attorno alle spalle di Altayr con fare possessivo, fulminandolo a sua volta con lo sguardo. « Ti ha fatto qualcosa? » chiese, non più tanto di buon umore. « Per quanto mi piaccia averti qui, spero che tu possa andartene presto da Sunda. I Demoni sono insopportabili... e pericolosi ». Rowen sostenne l'occhiataccia per qualche altro secondo, prima di andarsene sdegnato. Se osava coinvolgere la mutaforma nella loro disputa poteva considerarsi morto e sepolto. Lasciò sbollire la rabbia fintanto che l'altra finiva di mangiare, accorgendosi solo in seguito di averla stretta con un po' troppa forza « Comincia a fare freddo anche per me » ammise, riluttante ad andarsene. La pianista aveva smesso da un bel pezzo di esibirsi, e non vi era più nessuno a danzare sulla pista da ballo. Possibile che il loro tempo insieme fosse già scaduto? Peccato non avere qualche altro posto dove rintanarsi. « Andiamo? Ti riaccompagno, se vuoi ». L'idea di mandarla a casa da sola non lo faceva stare per niente tranquillo. Non dopo aver visto Endor guardarla in quel modo. « Ti inviterei da me, se non fosse una tana di Demoni rompiballe ». Sospirò all'inevitabilità delle cose, rimpiangendo l'intimità della sua catapecchia a Ta Nulli, con tutte le sue crepe e buchi nel soffitto. Sarebbe mai riuscito a tornare nel luogo che chiamava "casa"? - Per ora, la mia casa è lei - pensò, incapace di resistere alla tentazione di stritolarla di nuovo.
« Parlato » - Pensato -Izar Al Nair • Mutaforma demoniaco • Aria • 19 • Toro • Scheda. -
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