Anywhere but Here

Izar x Altayr | Sunda

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    19 marzo
    Altayr si sporse verso lo specchio, guardandosi da ogni angolazione possibile. Il correttore sembrava coprirle egregiamente le occhiaie, non c'era da preoccuparsi. Le ultime dieci notti le aveva passate letteralmente in bianco: se si addormentava, gli incubi tornavano ogni volta a tormentarla. Sangue, urla e il buio assoluto circondavano lei con un'arma scarlatta in mano e un cadavere, che ogni notte si rivelava essere di una persona diversa. Non ce la faceva. Né fisicamente, né psicologicamente. Si sentiva uno straccio, non riusciva a tenere gli occhi aperti. Ma l'entusiasmo di quella sera le stava dando la carica.
    Era il grande giorno. Quel sabato si sarebbe tenuta la cena dei demoni a cui avrebbe dovuto partecipare per accompagnare la serata, e ci sarebbe stato lui. Erano due mesi che non si vedevano, forse anche a causa di quello Altayr stava rischiando di impazzire. Era arrivata nel continente demoniaco un paio di giorni prima, utilizzando tutti i soldi guadagnati nell'ultima missione: per fortuna era riuscita a trovare un alloggio in casa di una persona che conosceva, senza dover ricorrere ad alberghi o appartamenti da affittare. Sunda era una città spaventosa, tetra e puzzava di sangue. Non le piaceva quel posto, avrebbe voluto andarsene via all'istante, ma cause di forza maggiore la tenevano ancorata a quella città ancora un po'.
    « Com'è che ci metti così tanto? » un uomo sulla quarantina si affacciò dalla porta, riflettendosi nello specchio accanto al viso della ragazza.
    « E per favore, Sadir! » gli disse lei stizzita, voltandosi verso di lui e direzionandogli un'occhiata di rimprovero. L'uomo alzò le braccia in segno di rinuncia, e prese dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette, sparendo poi oltre la porta. Conosceva bene Sadir: era il fratello di Deneb, il suo maestro appena entrata nella gilda. Anche lui era stato un cacciatore di taglie un tempo, ma aveva abbandonato il suo lavoro dopo aver messo su famiglia. Altayr lo rispettava, era un uomo dai grandi valori e abilità, e non andava mai oltre con le domande: rispettava i suoi spazi, e lo apprezzava moltissimo. D'altra parte, Sadir ammirava l'Aquila per la sua maestria nel combattimento e la sua tenacia nonostante la giovane età.
    L'attenzione di Altayr tornò di nuovo sul suo riflesso, e si sistemò i capelli sulle spalle. Avrebbe voluto raccoglierseli, per mettere bene in mostra la collana di Izar, ma una ferita non del tutto cicatrizzata infertogli durante la sua ultima missione glielo impediva. Il taglio andava da poco sopra la clavicola sinistra fino all'inizio del costato, e doveva assolutamente coprirla.
    Ma nell'insieme non era male: si era vestita completamente di nero. Vestito, calze e stivaletti completamente scuri. L'unica nota di colore era data dagli occhi.
    Sentì Sadir sospirare quando uscì dal bagno e, preso il cappotto e la borsa, si diresse in sala dove aveva lasciato gli spartiti.
    « Ti ho sentito urlare stanotte. » Altayr spalancò gli occhi, alzandoli su Sadir. L'uomo era alla finestra a fumarsi una sigaretta e gli dava la schiena. « Stai attenta per strada. »
    « E' tutto a posto. » rispose Altayr, piegando i fogli e mettendoli in borsa. « Un incubo ogni tanto può capitare. » ogni tanto. Si infilò il cappotto al volo e nell'aprire la porta una folata di vento gelido la investì. La primavera alle porte, ma in quel momento sembrava di essere in pieno gennaio.
    « Torna a un'ora decente. » aggiunse Sadir, lanciandole tra le mani le chiavi di casa.
    « Non sono una ragazzina. » la ragazza gli fece una linguaccia, e si chiuse la porta alle spalle. Cominciò a camminare spedita, le gambe che le fremevano e un sorriso eccitato che non riusciva a togliersi dalla faccia. Lo avrebbe rivisto. Avrebbe preferito essere un po' meno euforica, ma non riusciva a contenersi. Durante quei mesi, probabilmente aveva sviluppato un attaccamento che mai si sarebbe aspettata. Dimenticò per un attimo di essere a Sunda e che facesse terribilmente freddo, e le sembrò una serata bellissima.

    • • •

    Che ore si erano fatte? Oh, meglio non saperlo, la sua rabbia sarebbe solo aumentata. Sapeva solo che era tardi, ed erano ore che suonava e aspettava. Tamburellò le dita sulla superficie nera del pianoforte a coda in un angolo della stanza, poco lontano dalla tavolata immensa che ospitava quattro famiglie demoniache. Izar non si era presentato, e Altayr aveva voglia di prendere a pugni qualcosa. Magari aveva avuto un imprevisto, ci poteva anche stare, ma aveva detto che ci sarebbe stato. In caso contrario avrebbe potuto avvisarla, invece niente. E lei che pensava che venendo nel continente demoniaco sarebbe stato più facile incontrarsi. Niente da fare, a quanto pare. Durante la serata, un paio di demoni le si erano avvicinati per parlarle: due cugini, un maschio e una femmina, uno dai capelli cremisi e l'altra corvini. Si erano dimostrati socievoli e divertenti - con sua grande sorpresa - ed erano riusciti a sollevarla di morale, giusto il tempo di una bella chiacchierata. Poi i suoi pensieri tornarono sul Corvo, e si sentì il petto in fiamme. Voleva vederlo, ma c'era sempre qualcosa a metterle i bastoni tra le ruote.
    Ringraziò il cielo quando le chiesero di suonare qualcos'altro, almeno avrebbe tenuto la mente occupata per qualche minuto. Probabilmente, la sua serata sarebbe terminata prima del previsto.

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    10 Marzo - Sunda
    Izar accese la terza sigaretta della serata, guadagnandosi un'occhiataccia di Ilya e un sospiro rassegnato di Samael. Era rimasto prigioniero in casa Al Nair secondo il volere del padre, svolgendo il suo dovere più che egregiamente, e per una volta che chiedeva la serata libera lo trattenevano per questioni futili, ma soprattutto che lo irritavano. Si parlava di uomini come fossero oggetti, al tavolo di mogano su cui erano soliti riunirsi i membri del casato. Chi doveva andare in sposa a chi, quale cugino potesse entrare nell'esercito e quale no, cose di cui non si curava, e Ilya lo sapeva. Era stata lei a fermarlo davanti all'ingresso, mentre era già pronto per uscire. All'inizio pareva una discussione da pochi minuti, poi i minuti erano diventate ore. Il pendolo segnava le dieci e mezza, un ritardo imperdonabile. Il Corvo inspirò una lunga boccata di fumo, le dita che picchiettavano sulla superficie di legno con impazienza. Stava parlando un anziano con evidenti problemi di memoria, neanche fosse nato per il solo scopo di far perdere tempo.
    « Sì, Benedict, ho capito che dobbiamo organizzare un incontro con i Farlane. Me ne occuperò domani » disse, con il tono di chi aveva la pazienza fuori controllo.
    « Posso alzarmi da questa maledetta sedia, adesso?
    Ho un impegno ».
    Ilya, la donna che gioiva nel rendere la sua vita un inferno, scacciò la nuvola di fumo che lui le aveva soffiato vicino, fingendo di tossire.
    « Ti ricordo che il tuo compito viene prima di ogni cosa, ragazzino. Dovresti imparare a dargli la giusta priorità ».
    Alla parola ragazzino, Izar ridacchiò. Si sentiva invecchiato di secoli, sebbene fosse lì da solo due mesi.
    E poi cos'era questo discorso delle priorità? Altayr era al primo posto nei suoi pensieri, sempre. Aveva una sola occasione di incontrarla, e non l'avrebbe sprecata a blaterare con una cerchia di vegliardi. Spostò la sedia e si alzò, posando la sigaretta nel portacenere insieme a quelle già consumate. « Signori, è stato un piacere. Alla prossima, siete liberi di andare ». Afferrò la giacca che aveva posato sullo schienale e uscì di gran carriera, seguito a ruota da Samael. Anche lui era rimasto attaccato alla sigaretta tutto il tempo. Il tutore gli rifilò una pacca incoraggiante alla schiena, prima che le loro strade si dividessero davanti al portone d'ingresso.
    « Saluta l'aquilotta da parte mia, e dille che se mai resterà da sola, posso adottarla io! » scherzò, ridendosela di gusto mentre correva a prepararsi per un appuntamento. Il mutaforma non gli diede bado, troppo intento ad aggiustare il colletto della camicia davanti allo specchio rovinato dagli anni, accanto all'appendiabiti.
    Gli allenamenti estenuanti avevano dato i loro frutti, rendendolo un po' meno mingherlino e un po' più spaventoso, insieme ad una cicatrice sulla guancia e i capelli indomabili, che ancora non era riuscito a tagliare. Nel complesso, sembrava una versione demoniaca di sé stesso, e non seppe se esserne felice. Buttò la giacca su un braccio (sarebbe servita a coprire i fori nella camicia, dato che doveva spostarsi in volo), e distese con piacere le grandi ali nere al vento. Faceva freddo per essere marzo, ma d'altronde ogni cosa a Sunda sembrava fatta per mettere di pessimo umore. - Speriamo che non si arrabbi troppo - pensò, diretto a gran velocità verso la sala da cerimonie.

    Il suono armonioso di un pianoforte gli indicò la strada quando fu dentro al palazzo, dato che i Demoni all'entrata non erano stati molto esaustivi nel dare suggerimenti. Prima di entrare nella grande stanza illuminata, Izar si tirò indietro i capelli, pur sapendo che in pochi secondi sarebbero tornati al loro posto, ovvero dove volevano. Aveva il fiato corto, la giacca nera sgualcita sul davanti, e si era dimenticato di abbottonare l'ultimo bottone della camicia. - Per fortuna questi tizi mi ignorano, è già tanto che abbia rimediato qualcosa di elegante -. Samael aveva pianto di gioia alla richiesta del pupillo di dargli un completo per la serata, dato che lui ne aveva a bizzeffe e lo criticava sempre per i suoi gusti da sempliciotto. Era riuscito a scendere a patti con il Demone: camicia grigia, non bianca. Il bianco era un colore troppo pulito per stargli bene addosso.
    Prese coraggio e fece i primi passi nel clima festaiolo, dove qualche coppia danzava, svariati gruppi conversavano ai loro tavoli e i camerieri correvano a destra e manca per rifornire gli ospiti di cibo.
    Non sembrava un cattivo inizio, ma Izar ricordò che lì
    erano tutti dannatissimi Demoni. Tutti, tranne una.
    Altayr, per sua grande sorpresa, stava di fronte ad un pianoforte a coda, e sembrava molto concentrata su ogni nota che produceva. Era brava, chi l'avrebbe detto?
    E poi non gli capitava tutti i giorni di vederla con un vestito. Notò subito la collana, in contrasto con il candore della pelle su cui poggiava, e sentì una stretta al cuore. Gli pareva ancora più bella del giorno in cui si erano visti, su in montagna. Forse la lontananza gli giocava qualche scherzo. Se non fosse stato per il mucchio di persone in sala, Izar sarebbe corso subito ad abbracciarla. Aspettò con pazienza che il brano finisse, rubando un calice di vino dal vassoio di un cameriere che passava di lì. Si trattavano bene, i Demoni. Ogni cosa presente era della miglior qualità, dagli abiti degli invitati al cibo servito in tavola. Si sentiva proprio fuori posto.
    Nel momento in cui la musica si interruppe, seguita da un fragoroso applauso, Izar lasciò il bicchiere per andarle incontro. Non sapeva con che faccia presentarsi, visto il ritardo di... due ore, circa. Era pronto a qualsiasi ramanzina, in ogni caso. La aggirò, in modo da portarsi dietro di lei, e fece passare un braccio attorno al suo collo in modo scherzoso. « Lo so, è tardissimo. Rimandiamo a dopo la rissa, okay? ».

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    Finito il brano, le parve di aver suonato con rabbia, premendo sui pulsanti come se ce l'avesse con il pianoforte. Sorrise quando gli invitati applaudirono a fine esibizione, per poi far scorrere lo sguardo tra la gente. Erano tutti aristocratici di sangue demoniaco, vestiti alla perfezione e dai modi raffinati. Che ci faceva lei in mezzo a loro? Non apparteneva ad una razza pura, e le occhiate che alcuni Demoni le dirigevano la mettevano decisamente a disagio. Se ci fosse stato Izar sarebbe stato meglio, non si sarebbe sentita fuori posto e perennemente giudicata.
    "Ma lui non c'è, e me ne devo fare una ragione." sbuffò tra sé e sé, serrando i pugni intorno alla stoffa della gonna.
    "O meglio, gliene darò di santa ragione."
    Ci aveva sperato davvero. Insomma, dopo due mesi di lontananza non vedeva l'ora di rivederlo. Non pensava che la distanza potesse fare così male, ad essere sinceri. C'erano mattine in cui avrebbe voluto prendere il primo aereo per Sunda, ma Izar aveva cose più importanti a cui pensare. Essere erede di un casato nobile non doveva essere una passeggiata, soprattutto se i rapporti con la propria famiglia non andavano a gonfie vele. Ma pensava che almeno per una sera tutto ciò avrebbe potuto metterlo da parte.
    La sua mano risalì inconsciamente sul collo ad afferrare il ciondolo a forma di piuma. Era inutile aspettare, magari avrebbe suonato un altro brano e poi sarebbe filata a casa. Anzi, avrebbe prima fatto tappa ad un bar che aveva visto poco lontano da casa di Sadir: aveva voglia di una birra, dato che lì dentro offrivano solo vino rosso. Non lo aveva toccato, le ricordava troppo il sangue.
    Si alzò dalla postazione e alzò un braccio per attirare l'attenzione di una ragazza che se stava in un angolo, a parlottare con un Demone che sembrava avere poco più di venti anni. La giovane, dai lunghi capelli biondi raccolti in un elegante chignon, era la seconda pianista con cui avrebbe dovuto darsi il cambio. Si chiamava Christine se non ricordava male, e le fece cenno di aspettare.
    « Oh, ma certo, devo aspettare anche te. » si lasciò sfuggire sottovoce, buttando uno sguardo al cibo sul tavolo. Aveva mangiato poco o niente, le si era chiuso lo stomaco. A casa si sarebbe preparata qualcosa.
    « Lo so, è tardissimo. Rimandiamo a dopo la rissa, okay? »
    Altayr strabuzzò gli occhi mentre un braccio le circondò il collo. Da dove era saltato fuori? Non lo aveva visto in sala.
    « Ho una gran voglia di prenderti a pugni. » E davvero, lo avrebbe fatto. Ma le era bastato sentire la sua voce per far sì che la rabbia diminuisse. Non era scomparsa del tutto, ma non ce la faceva ad avercela con lui, maledizione. Non le pareva neanche di vitale importanza sapere il motivo del suo ritardo. Era lì adesso, e sulle sue labbra nacque un sorriso. « Ma farò del mio meglio per trattenermi. »
    Si voltò verso di lui, il braccio a circondarle le spalle. Non le erano mancate affatto le farfalle nello stomaco però, doveva dirlo: la trovava sempre una sensazione fastidiosa.
    « Ti trovo bene. » disse, con una punta di sollievo. Era la prima volta che lo vedeva con una camicia ed una giacca addosso, e sinceramente non pensava di poterne avere mai l'occasione. Non le sembrava neanche il tipo da completi da sera. Osservandolo in viso, le parve cresciuto, in qualche modo. Aveva uno sguardo diverso, come se ne avesse vissute di tutti i colori, e una cicatrice gli attraversava la guancia. Ed era una sua impressione, o si era irrobustito? Era in corso una metamorfosi, mentre lei era rimasta sempre la stessa.
    Non fu capace di nascondere un largo sorriso, e fece un paio di piccoli saltelli sul posto. E pensare che prima avrebbe voluto sotterrarlo. La contentezza che provava in quel momento era di gran lunga superiore.
    « Pensavo non venissi. Ti ho mandato certe maledizioni... » rise, appoggiando la guancia alla sua spalla. Le era mancato tutto di lui, anche se non lo avrebbe mai ammesso. « Non ci provare più, idiota. » imprecò piano, colpendolo con una gomitata alle costole. Piccola e necessaria vendetta.
    « Come stai, comunque? » chiese poi, guardandolo negli occhi, sinceramente interessata. Avevano parlato durante quei mesi, ma sentirselo dire era tutt'altra cosa. Sperava davvero fosse andato tutto bene.

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    « Ho una gran voglia di prenderti a pugni. »
    Izar scoppiò a ridere, grato che almeno lei non fosse cambiata. Era l'unico punto fisso della sua vita, una sorta di stella polare che indicava la strada da seguire. Incassò con una finta smorfia di dolore il colpo allo sterno, sorpreso di quanta forza racchiudesse quel corpicino avvolto di nero. Lo sapeva che Altayr era un concentrato di energia. Proprio quello che gli serviva dopo le noiosissime giornate passate tra i Demoni della famiglia. « Non ci provare più, idiota » lo minacciò, e il Corvo spostò la mano dalla sua spalla alla nuca, scompigliandole i capelli. Erano morbidi come ricordava. « Scusi, maestà. Sono un pessimo servitore ».
    Era davvero dispiaciuto, così tanto che avrebbe voluto un altro paio di pugni per fare ammenda. Alla domanda di lei, Izar scrollò le spalle, non sapendo bene come riassumere il mare di cose che gli erano capitate.
    « Alla grande. Mi sto divertendo un sacco in quella casa di mummie, e Samael più di me. Ah, mi ha detto di salutarti ». Evitò la parte in cui si proponeva come padre adottivo, perchè l'idea che Altayr diventasse sua sorella proprio non gli andava giù. Una donna bionda dietro di loro si schiarì la voce, irritata, e indicò il pianoforte per far intendere che fosse il suo turno. Izar si fece da parte, trascinando la ragazza con sé per lasciarle il posto.
    La loro conversazione doveva svolgersi altrove, ma ovunque si voltasse vedeva solo Demoni su Demoni. Possibile che non avessero lasciato nemmeno un tavolo libero? Adocchiò l'ampia balconata, dove qualche fumatore sporadico si recava per una pausa. Faceva abbastanza freddo fuori, ma vide un angolo riparato dal vento che sembrava fare al caso loro. Le fece cenno di uscire, accompagnandola con una leggera pressione della mano sulla schiena. Si trattava di aspettare qualche minuto, giusto il tempo d'apertura delle danze nel salone. Se la gente si alzava per ballare restavano più sedie per loro, e magari qualche avanzo di cibo. L'aria frizzante li investì, meno gelida di quanto pensasse, e si misero dietro ad un muro portante, vicini alla balaustra in marmo. « Molto meglio. E adesso scusami, ma ho dimenticato di fare una cosa ». Prima che la ragazza potesse fare domande, il Corvo la abbracciò forte, in una specie di morsa ferrea. Al diavolo l'imbarazzo e tutto il resto, era passato troppo tempo da quando l'aveva vista per non godersela almeno un po'. Riempì i polmoni del suo naturale profumo, la pelle del calore che emanava attraverso il vestito sottile. Sarebbe rimasto lì per altre dieci ore senza mai stancarsi, ma intercettò l'occhiataccia di un anziano attraverso la vetrata e ricordò di dove si trovava. « Non vedevo l'ora di arrivare, giuro, però è saltata fuori una riunione all'ultimo momento e tanti saluti alla puntualità » disse, allacciando le mani alla base della schiena di lei. Non era un abbraccio, quindi andava bene. Sapeva di comportarsi da stupido, di stare oltrepassando il confine della decenza, ma non poteva farci niente. Era felice. Felice come non ricordava di essere mai stato. Per quella sera poteva essere solo Izar il mutaforma, e non Izar Al Nair, futuro capofamiglia.
    « Sono stati i due mesi più lunghi della mia vita » ammise infine, guardandola dritta negli occhi senza alcuna vergogna. « Però vorrei sapere qualcosa di te ».
    Gli sembrava che stesse bene, anche se con un pizzico di attenzione in più poteva leggere della stanchezza appena accennata nei grandi occhi verdi. Ah, e le erano cresciuti i capelli, o forse si sbagliava. Le sembrava di non vederla da anni. Mentre ascoltava i racconti di lei, intercettò l'odore di sigaretta proveniente dal centro della balconata, e sentì il bisogno di raggiungere il pacchetto che teneva nella tasca dei pantaloni. Magari era un buon momento per rivelare ad Altayr la nuova, piccola ossessione, anche se in sua presenza non sentiva il bisogno maniacale di attaccarsi alla sigaretta come a casa. Cercò di accatastare il pensiero, concentrato sull'unica cosa degna di nota di tutta la serata.

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    Non si era resa conto, in due mesi, di quanto Izar le fosse mancato fino a quel momento. Era come se fossero passati anni dall'ultima volta che si erano visti, e risentire la sua voce era stato un colpo al cuore. Probabilmente aveva anche un sorriso idiota stampato in faccia, ma non riusciva a trattenersi. Era davvero senza speranza. Stette ad ascoltarla, e quando fece per rispondergli vennero interrotti dalla seconda pianista, Christine - o come diavolo si chiamava. Era arrivata al momento giusto almeno, ma lo sguardo irritato che le indirizzò non le piacque per nulla. Seguì il Corvo alla ricerca di un altro posto dove parlare in pace, non dopo aver ricambiato il favore a Christine, aggrottando le sopracciglia in sua direzione. Se fosse stata piena di frustrazione come poco fa le sarebbe scappata anche una battutina ben poco gentile, ma c'era Izar e non riusciva pensare a nient'altro.
    Prese a guardarsi intorno, ma ora che avevano finito di suonare la maggior parte dei Demoni era tornata a sedere ai tavoli, non lasciando sedie libere. Izar le fece capire di aver adocchiato il balcone, e l'Aquila la trovò un'ottima scelta. Faceva freddo quella sera, e l'aria fredda la investì facendola rabbrividire, ma per fortuna si misero dietro ad uno dei muri portanti, bloccando le folate di vento gelido.
    « Molto meglio. » Altayr annuì, buttando un occhio all'interno del salone. Da dentro sembrava essere più affollato, invece guardandolo dall'esterno dava tutt'altra impressione. « E adesso scusami, ma ho dimenticato di fare una cosa. »
    « Mh? » non fece nemmeno in tempo a formulare una frase di senso compiuto, che si ritrovò tra le braccia di Izar. Per un attimo non reagì, sentendosi le gambe molli e il petto in fiamme, e i brividi che le percorrevano la schiena non erano dati dal freddo. Oh cielo, quanto le era mancato quel contatto. Lo strinse a sua volta, notando come la stretta del ragazzo fosse più forte di quanto ricordava. Quando la lasciò andare, Altayr accolse la decisione facendo buon viso a cattivo gioco: aveva davvero desiderato di rimanere stretti ancora un po'? Era messa proprio male, le riusciva difficile adesso ignorare tutto quel mix di sensazioni strane che la avvolgevano ogni qualvolta stesse con Izar. Quella sera poi, sembravano anche più intense del normale, non era possibile.
    « Svelato il mistero. » fece. Beh, almeno non era arrivato in ritardo per una dimenticanza o qualcosa del genere. « Sia ben chiaro però che dovrai farti perdonare, te l'ho fatta passare solo in parte. » aggiunse, fingendo un tono di rimprovero. Non era arrabbiata con lui, non più almeno - e come poteva? Quel benedetto ragazzo la stava mandando fuori di testa. Doveva comunque recuperare un po' di credibilità, e involontariamente si mise dritta con la schiena, le mani di Izar incrociate alla base. Sinceramente, non avrebbe saputo dire quando e perché avesse cominciato a provare tutto ciò per il ragazzo che aveva di fronte. Forse era già da prima che se ne andasse, oppure i suoi sentimenti avevano cominciato a crescere solamente da poco. Non ne aveva la minima idea, ma era successo. Rimaneva solo da accettarli, per una buona volta, ma trovava si fossero fatti più insistenti dell'ultima volta, e ne aveva avuto la conferma appena aveva sentito la sua voce. Era messa male, molto male.
    « Sono stati i due mesi più lunghi della mia vita » Altayr sorrise, un leggero rossore sulle guance. Quelle rivelazioni a bruciapelo erano uno dei suoi tanti punti deboli. « Però vorrei sapere qualcosa di te »
    L'Aquila replicò il gesto di Izar, facendo spallucce. Aveva passato quei due mesi a raccattare soldi per riuscire a pagarsi il viaggio nel Luhd Tasuh accettando missioni una notte sì e l'altra no, ma ovviamente tutto ciò non poteva assolutamente dirglielo. Rimaneva da raccontare della scuola, dove era tornata per due settimane - non preoccupandosi di frequentare le lezioni, ovvio.
    « Sono rimasta a Sodony con mia madre, per aiutarla in negozio, ho combinato qualche pasticcio in Accademia, ma nulla di grosso... » elencò, tentando di filtrare con attenzione le cose da raccontare. « Insomma, senza di te è stato noioso. » concluse, rendendosi conto di ciò che aveva appena detto solamente dopo.
    Proprio allora, sentì la musica del pianoforte provenire dal salone. Qualche Demone si alzò, aprendo di nuovo le danze, e le sedie di conseguenza cominciarono a liberarsi. Tuttavia, mescolarsi a loro non la attraeva molto come idea. Ora che poi era in compagnia del Corvo, a dirla tutta avrebbe voluto restare lontana dal caos ancora un po'. Altayr afferrò i lembi della giacca del mutaforma, e si appoggio con la schiena al muro, come a volergli far capire che non si sarebbe mossa di lì, o almeno non subito.
    « Se senti freddo o ti da' fastidio l'odore del fumo non c'è problema, possiamo rientrare. » disse, riferendosi ad un paio di uomini dietro di loro che stavano beatamente fumando una sigaretta.
    « Vedo che poi gli allenamenti con la spada sono impegnativi. » allungò il dito verso la guancia di Izar, tracciando il segno della cicatrice. « Un giorno ti sfiderò a duello. »
    Nel dirlo, incrociò le iridi smeraldine di Izar, e non poté fare a meno di associarle agli occhi spaventati che aveva sempre nei suoi incubi. Ma quella era la realtà, e fino a prova contraria non lo stava torturando o uccidendo. Forse quella che ci sarebbe rimasta secca sarebbe stata lei, alla fine: sentiva il cuore esplodergli nel petto.
    « Avrai sconfitto un sacco di principini demoniaci, mi auguro. »

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    Mentre i due conversavano, dietro di loro si stavano aprendo le danze, con il pianoforte a fare da sottofondo.
    - Meglio così. Più spazio per noi - pensò il mutaforma, ascoltando i racconti di Altayr con interesse. Almeno era riuscita a tornare all'Accademia, anche se non aveva menzionato lo studio. Al sentire quella rivelazione, secondo la quale senza di lui si era annoiata, Izar sorrise di getto, grato di non essere stato l'unico a soffrire di solitudine. « Anche tu mi sei mancata » disse, in modo molto più schietto di lei. Inutile girarci attorno, no?
    La seguì verso il muro, che usò come appoggio, e il modo in cui si aggrappò alla sua giacca gli fece quasi tenerezza. Altayr sembrava più dolce del solito, ma forse era solo l'effetto della lontananza. Avevano sofferto entrambi di quella separazione forzata, specie dopo aver condiviso pensieri e ricordi insieme, il giorno in cui si erano presi a palle di neve. Sembrava una cosa successa anni prima, tanto la vedeva distante. Il Corvo sapeva, in cuor suo, che non avrebbero più potuto ripetere l'esperienza tanto facilmente. « Se senti freddo o ti da' fastidio l'odore del fumo non c'è problema, possiamo rientrare. »
    « No, anzi. Mi serviva un po' d'aria, stasera. La casa di famiglia è opprimente, non mi fanno mai uscire ».
    E poi dal balcone poteva vedere la magnifica stellata che il cielo di marzo riservava, uno sfondo appropriato alle due persone che portavano nomi di corpi celesti.
    « Vedo che poi gli allenamenti con la spada sono impegnativi. Un giorno ti sfiderò a duello. »
    Lui si congelò a quel contatto inaspettato, ricordando la cicatrice inferta dal Demone che ora se ne stava nel suo castello a leccarsi le ferite. « Come se potessi impegnarmi davvero contro di te! » sbottò, abbassando il capo per assaporare il tocco leggero. Quando vide gli occhi di lei perdersi nel vuoto, un po' si preoccupò.
    Stava guardando nella sua direzione, ma non fissava lui. La sua mente era distante, immersa in chissà quali pensieri. Di solito era sempre lucida, attenta. Difficile coglierla a sognare ad occhi aperti. Sembrò tornare sulla terra dopo essersi accorta del silenzio sceso tra loro, chiedendogli se avesse assolto il suo compito di malmenare qualche Demone spocchioso dell'alta società.
    « Certo che sì, anche se non riesco ancora a controllare bene il Corvo che mi porto dentro. Una volta lo sentivo come un alleato, e adesso è diventato il mio peggior nemico. Sono rimasto trasformato per tipo... tre giorni di fila, l'ultima volta. A Samael è preso un colpo ».
    Una folata di vento portò l'odore di nicotina e cenere, che il ragazzo si ritrovò ad inspirare inavvertitamente.
    Il fumo passivo avrebbe calmato la sua abitudine ad estrarre le sigarette passata la mezzanotte, almeno.
    Vedendo che Altayr rischiava di nuovo di precipitare in un baratro di cattivi pensieri, Izar le scompigliò i capelli com'era solito fare ai loro incontri, nella speranza di far sì che si concentrasse su qualcos'altro. « Sai che il nero ti sta bene? Io sono di parte, ma lo penso sul serio ».
    La mano passò dalle ciocche castane al profilo del collo, fino ad intrecciare le dita nella collana che gli aveva regalato. Chissà se la portava abitualmente o la stava indossando solo per quell'occasione?
    « E questa da un tocco in più. La persona che te l'ha regalata deve avere davvero un buon occhio » scherzò, sfoderando un ghigno furbesco.

    «Parlato» -Pensato-

    Izar Al Nair • Mutaforma demoniaco • Aria • 19 • Toro • Scheda
     
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    Ogni qualvolta incrociasse gli occhi del Corvo, Altayr ricadeva inconsciamente negli incubi che la tormentavano da qualche notte. Rivedeva le stesse iridi chiare e dal taglio felino, ma l'espressione era diversa - nelle sue angosciose visioni la guardava terrorizzato e implorante, in quel momento invece era sollevato e la ascoltava. Non gli stava facendo nulla, era la realtà. Dunque perché non riusciva a scacciare quei pensieri negativi almeno per quella sera? Non doveva rovinarla in alcun modo: erano mesi che non si vedevano, non poteva permettersi di farsi distrarre da quelle preoccupazioni. Se poi Izar avesse notato qualcosa, non avrebbe potuto neanche spiegarglielo. Si concentrò così sulla risposta del ragazzo, e strabuzzò gli occhi al sentire della sua ultima trasformazione.
    « Tre giorni? » ripeté. « Non ho mai sentito una cosa del genere, né è mai successa a qualcuno che conosco. » Effettivamente, lei stessa sapeva che un mutaforma potesse trasformarsi quando gli faceva comodo e riacquistare la sua forma umana allo stesso modo. Perché tutto ciò non valeva per Izar? Anche il suo difetto di vista: possedendo il dna di un volatile, avrebbe dovuto vederci più che egregiamente, senza aver bisogno di alcun tipo di occhiale. Magari era un difetto genetico? Se non ricordava male, il ragazzo aveva accennato che fosse figlio di Demoni, ma la cosa non era umanamente possibile. Da chi aveva ripreso i suoi poteri da mutaforma, allora?
    "Che confusione." si disse, lasciando perdere l'argomento. Magari glielo avrebbe chiesto in seguito, era inutile fare congetture basandosi sulle poche informazioni che aveva.
    Abbassò la mano che si trovava sulla cicatrice, portandola lungo un fianco e gli sorrise istintivamente. Le era difficile contenere la felicità, soprattutto dopo il "Anche tu mi sei mancata" di poco fa. Chissà che espressione idiota aveva dipinta in viso. Come aveva fatto a ridursi così? Cosa avrebbe dato per far sì che il cuore smettesse di battere forte quanto un martello, maledizione.
    « Sono felice che tu ti stia facendo valere all'interno della società demoniaca. » aggiunse. « Così la tua famiglia riacquisterà un po' di credibilità e di valore. » era quello in fondo il dovere di un capofamiglia. Era evidente il fatto che lui volesse mollare tutto per dedicarsi ad altro più di suo interesse, ma aveva la stoffa per portare a termine il suo compito. Ce l'avrebbe fatta, ne era sicura. Ce la doveva fare.
    Il suo sguardo finì per essere catturato dal cielo stellato che intravedeva alle spalle di Izar, ed era veramente un portento. Il pianoforte di sottofondo rendeva tutto più magico, e se non fosse stato per il freddo sarebbe stata una serata fantastica. Ma tutto ciò faceva solo da contorno: già il fatto di avere il Corvo accanto a sé rendeva tutto straordinario.
    "Cretina." si rimproverò, non così stupita di ciò che aveva appena pensato. Sapeva che era la verità, c'era poco da fare.
    Il ragazzo le spettinò i capelli, e Altayr tornò con i piedi per terra prima che il cielo nero la inghiottisse.
    « Sai che il nero ti sta bene? Io sono di parte, ma lo penso sul serio » l'Aquila sorrise, pronta a ribattere con una brillante affermazione, bloccata dal tocco della mano di Izar che scese lungo il collo per fermarsi sulla collana, diventata da tempo il suo tesoro. La indossava sempre, togliendosela solo per andare in missione: a volte se l'era infilata anche nella taschina della tuta da cacciatrice.
    « Sei sempre il solito. » rise, scuotendo la testa, colpendolo piano sulla spalla con un pugno. Abbassò lo sguardo sul ciondolo che riluceva tra le dita del Corvo, sperando con tutto il cuore che non avesse visto la cicatrice poco distante e coperta da una ciocca di capelli. Rialzò gli occhi sul volto di Izar, e afferrò la mano del ragazza che studiava ancora la collana. Le era mancato il contatto fisico e stringergli le mani. Probabilmente, Izar stava pensando che si fosse impazzita tutta d'un tratto, ma non le importava.
    « Ti va di ballare? » domandò, cogliendo impreparato sia sé stessa che il ragazzo. Era una frana nei balli da sala, e ne era pienamente cosciente. « Non sono un granché, ma qualche passo so farlo. Più o meno. » sorrise, staccandosi dal muro.
    « Aspetta, riformulo la richiesta. » tossì un paio di volte, lasciando la mano di Izar e improvvisando un inchino volutamente teatrale. « Mi concede questo ballo? » Sentirsi l'uomo della situazione era troppo divertente.

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    Poco tempo fa, Izar era stato invitato ad un noiosissimo ricevimento, una di quelle cose che organizzavano i Demoni più sfaticati e desiderosi di svago. Samael gli aveva impartito lezioni di valzer (le più imbarazzanti della sua vita), con il solo scopo di ingraziarsi qualche donna che ancora non riconosceva gli Al'Nair in via ufficiale. Risultato? I suoi occhi verdi avevano fatto colpo, ma aveva pestato più piedi che altro. A dirla tutta non si era nemmeno impegnato, ma quando Altayr gli chiese un ballo, inchinandosi da bravo gentiluomo, al Corvo parve un'ottima idea. Fece finta di alzare l'orlo di una gonna immaginaria, inchinandosi a sua volta, e con un sorriso divertito la avvicinò a sé, passando il braccio destro attorno al suo busto e prendendole la mano libera.
    « Chi pesta più volte i piedi dell'altro perde. Ci stai? » propose, perchè ogni loro attività doveva trasformarsi in una sfida, e lui aveva lavorato parecchio sull'equilibrio, ultimamente. Aspettò la nota giusta e iniziò a fare i primi passi, portandosi al centro della balconata. L'odore di fumo era sparito del tutto. Restava solo il profumo di Altayr e quello del vento primaverile, insieme ad una stellata meravigliosa nel cielo sopra di loro. Per un attimo, Izar dovette concentrarsi sui movimenti da seguire, sincronizzando i passi in base a quelli di lei, e già gli scappò il primo errore. Evitò per un pelo la punta delle scarpe della ragazza. « Ah, questo non conta! » si giustificò, prima che l'Aquila iniziasse a tener nota dei punti. Ballare con lei era meno imbarazzante di quanto avesse temuto, e riuscì a mettere da parte i Demoni che danzavano nella sala, oltre le vetrate. Che pensassero quello che volessero, non importava. Dopo aver preso il ritmo, Izar si mosse con più sicurezza, tanto per mettere in difficoltà l'amica, e i suoi occhi smeraldini la osservavano con una punta di scherno. La parte dell'uomo le riusciva difficile, specie con quel vestito addosso. Non aveva proprio nulla di mascolino, a parte il carattere testardo e sfacciato che più di tutto lo attirava. Vide che alcune coppie si stavano spostando sulla balconata, probabilmente attirate dall'idea di stare in un luogo più intimo, e la pista da ballo si restrinse di conseguenza. « Che rompiballe » sibilò di getto lui, attirando Altayr più vicina quando vide che un tizio stava per andarle addosso. « La prossima volta ci vediamo in un posto più tranquillo ». Già, ma quando sarebbe stata la prossima volta? L'Aquila non era di quelle parti, e doveva aver faticato molto per permettersi un soggiorno nel continente demoniaco, a meno che non fosse ospite di qualche parente. Lui in programma aveva altre dispute con le famiglie limitrofe, e almeno un centinaio di riunioni a cui partecipare. Non poteva scappare facilmente, specie ora che le cose sembravano andare meglio per gli Al'Nair. Però casa sua gli mancava.
    Nel periodo primaverile si scioglievano i ghiacciai e la foresta rifioriva, un vero spettacolo. Poi ricordò di non aver ancora dato le dimissioni dalla Ayle, a cui non gli era permesso fare ritorno. Un bel casino. Si accorse a malapena che la musica era terminata, risvegliato solo dagli applausi dei presenti, ma rifiutò di lasciar andare la ragazza. Aveva bisogno di sentirla vicina, specie dopo la prospettiva di non vederla ancora per molto tempo. Erano destinati ad incontrarsi a mesi alterni, e non gli stava affatto bene. « Non voglio tornare a casa » ammise, appoggiando la fronte contro la sua e chiudendo gli occhi. Era stanco di quella vita, di stare lontano da lei. Perchè non poteva comportarsi come un semplice ragazzo di diciannove anni (quasi venti), e godersi quei semplici istanti con la persona per cui aveva una cotta? Voleva fare le cose per bene, invitandola a cena, regalandole tutte le cose che le piacevano e cucinando per lei. E poi, al momento giusto, dichiararle i suoi sentimenti e sperare che andasse come sperava.
    Non riusciva ad immaginarsi accanto a nessun'altra, al momento. Erano spiriti affini. « Magari potessi portarti con me. Il tuo portachiavi non è un granché come compagnia ». Le sorrise, lasciandola andare lentamente per appoggiarsi alla balaustra in marmo bianco. Tutti quei cattivi pensieri gli avevano fatto venire una gran voglia di fumare. Cercò di fare le cose non nonchalance, sfilando il pacchetto sottile dalla tasca e il piccolo accendino.
    Non era la cosa più romantica che potesse fare, ma il nervosismo gli giocava brutti scherzi. « Scusa, Samael mi ha insegnato le cose sbagliate ». Portò la sigaretta alla bocca e la accese, inspirando la prima boccata come fosse una bomboletta d'ossigeno, ben attento a non farle arrivare il fumo addosso. S'impose di dimezzare le dosi, una volta tornato a casa. « Penso di aver vinto io, comunque » aggiunse, con un ghigno.

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    Un sorriso si distese sul volto della ragazza quando Izar accettò l'invito stando al suo gioco: era buffo scambiarsi i ruoli, e vedere come il Corvo immaginò di avere una gonna fu divertente. Quando il ragazzo la avvicinò a lui passandole un braccio attorno al busto, facendole capire che il comando spettava comunque a lui, un brivido le percorse la schiena da cima a fondo. Era diventata ipersensibile ad ogni suo tocco, e Altayr doveva impegnarsi tantissimo per non darlo a vedere. Lo stava facendo anche in quel momento: quando lo aveva invitato a ballare, non aveva pensato al fattore "distanza ravvicinata".
    « Chi pesta più volte i piedi dell'altro perde. Ci stai? »
    La ragazza gli indirizzò un sorrisetto di sfida, e accettò senza pensarci. « Neanche a chiederlo. » rispose, mettendosi dritta con la schiena e cominciando a contare il tempo. Seguì i movimenti di Izar, e meno male che inizialmente sembrava trovarsi in difficoltà anche lui: non ricordava di essersi mai impegnata così tanto in un ballo di coppia, e per tutta la durata dimenticò il fatto di essere terribilmente vicino al ragazzo che le piaceva.
    « Sei scorretto! » esclamò a cuor leggero, quando notò che il Corvo le stava per pestare un piede, dichiarando subito la non validità del gesto. A quanto pare non riusciva proprio a sottostare a delle regole. Avanzò quindi leggermente con il piede, pestando quello del ragazzo volontariamente.
    « Non vale nemmeno questo, allora! » lo disse in tono canzonatorio, ma alla fine sfociò in una risatina. Neanche a volerlo fare apposta, i movimenti di Izar si fecero più sicuri e riuscì a metterla in difficoltà, non riuscendogli a stare più al passo. Non ci aveva riflettuto, ma magari fare parte di una famiglia nobile e vivere in un castello a contatto con altri aristocratici portava ad essere costretti ad imparare a ballare. Forse anche lui aveva partecipato a feste di quel tipo, anche molto più sfarzose di quella. Se non avesse avuto a che fare con la malavita e i sobborghi di ogni classe sociale, probabilmente si sarebbe immaginata la vita a palazzo come tutta rosa e fiori, ma sia lei che Izar erano pronti ad affermare il contrario. Dietro la facciata, era un mondo corrotto e sanguinario, non aveva nulla a che fare con le favole che si raccontavano ai bambini prima di andare a dormire.
    Lo sguardo e la concentrazione di Altayr erano focalizzati sui passi suoi e del compagno, e stava cominciando ad andare fuori tempo. « Uffa » si lasciò sfuggire a bocca stretta, dopo la terza volta che gli pestava le scarpe, ma ogni volta rideva piano. Era comunque divertente, nonostante stesse in netto svantaggio. Si teneva comunque sull'attenti, ma era stranamente rilassata. Era un paradosso, ma i suoi continui sbagli non la mettevano sotto pressione o non la facevano sentire giudicata. Non le interessavano neanche le occhiatacce che i Demoni lanciavano loro attraverso le vetrate. Sbagliava e ridacchiava, nonostante tutto.
    Si accorse, a causa del leggero vociare intorno a loro, che altre persone li avevano seguiti sul balcone, e il Corvo la attirò a sé con una lieve pressione sulla schiena. Riusciva praticamente a percepire l'odore che impregnava la giacca del mutaforma - Fumo? Misto a caffè, forse? Non le dispiaceva affatto comunque -, e la cacciatrice si impose di non arrossire.
    « La prossima volta ci vediamo in un posto più tranquillo »
    Invitarlo lì, effettivamente, era stato un azzardo, ma almeno sarebbe stata sicura di vederlo. Era una scusa per riaverlo con sé. Chiedergli di rivedersi senza motivo sarebbe stato troppo sfacciato. Non poteva comunque mettere a confronto l'intimità di cui avevano disposto tra le montagne di Ta Nulli con le continue interruzioni che i Demoni sembravano giocargli apposta.
    « Concordo. » eppure, quella situazione non riusciva a infastidirla più di tanto. Forse perché c'era lui - "Oh, Altayr, non puoi essere così cotta, suvvia."
    Il problema era quando ci sarebbe stata una prossima volta. La distanza non giocava affatto a loro favore, e anche se avessero vissuto nello stesso continente ora Izar aveva dei compiti a cui adempiere. Era l'erede di una casata importante, non si trattava più del "Scusa, oggi devo studiare, però domani ho il pomeriggio libero". Ecco, ora subentrava anche il fatto della classe sociale, magari: lui era un nobile, al contrario dell'Aquila. Non solo, lei rischiava la vita con la doppia vita che conduceva, chissà se sarebbe sopravvissuta alla prossima missione.
    « Non voglio tornare a casa » la confessione del Corvo le fece sciogliere il cuore, e percorse i lineamenti del suo volto, le farfalle che ormai le stavano divorando lo stomaco. L'unica cosa che sentiva di poter fare fu stringere il tessuto della giacca tra le dita della mano che si trovava sulla sua spalla. Non si era mai ritrovata il viso del ragazzo così vicino al suo: aveva la pelle leggermente più scura della sua, e sembrava stanco e colmo di malinconia. Era diverso dall'Izar che aveva conosciuto, il cui unico pensiero era badare a Samael e passare gli esami in Accademia. Chissà quante ne aveva passate, a Sunda. Avrebbe tanto voluto tornare indietro nel tempo, quando ancora aveva la possibilità di incontrarlo a Ta Nulli e incrociarlo nei corridoi o in biblioteca.
    « Magari potessi portarti con me. Il tuo portachiavi non è un granché come compagnia » il cervello della ragazza smise di ricevere segnali per qualche secondo, riuscendo solo a ricambiare il sorriso. Stette per un po' a guardarsi la punta dei piedi, fino a quando non riuscì a formulare una frase di senso compiuto: fu lì che alzò di nuovo lo sguardo, e alzò un sopracciglio alla vista di Izar con in mano una sigaretta, intento ad accenderla. Dopo essersi scusato, Altayr scosse la testa e lo affiancò sulla balaustra.
    « Figurati. Non ti facevo il tipo, ecco tutto. » cercò di non risultare troppo severa, quando l'ultima cosa che voleva era fargli la predica. Era grosso e vaccinato, sapeva prendersi cura di sé stesso e sapeva fare le sue scelte. Ecco spiegato l'odore di fumo che sembrava sempre attorniarlo: fino a quel momento lo avrebbe ricondotto, appunto, a Samael, quando invece odorava delle sue stesse sigarette. Era forse il nervosismo che lo aveva portato ad attaccarsi ad esse?
    « Ti ho concesso la vittoria, stellina. » finse lei, quando in verità il ragazzo l'aveva proprio schiacciata. Ma non avrebbe mai ammesso una sconfitta. « Non sarò così clemente la prossima volta. » sorrise, rivolgendo lo sguardo verso l'alto. Il cielo era magnifico quella notte, e il buio aveva il brutto vizio di conciliare ogni tipo di pensiero. Izar si stava lentamente trasformando, mentre l'Aquila rimaneva sempre la stessa. Ed era questo il punto: continuava a non studiare, a gironzolare per Andellen e ad uccidere. Non lo aveva messo in conto, ma era una cacciatrice di taglie, un'assassina. Sarebbe stato possibile per lei intraprendere e custodire dei legami? Strinse le dita attorno al marmo freddo, voltandosi verso le luci della città. Era indegna per Izar, e non solo per lui, ma per chiunque. Aveva le mani sporche di sangue di innocenti, e il suo saper combattere non era riconducibile alle numerose risse che aveva affrontato. Era una macchina da guerra, sostanzialmente, e a scoprire questo suo lato chiunque sarebbe scappato via da lei.
    Allontanò questi cupi pensieri riempiendosi i polmoni di aria fresca, mentre l'odore di fumo le pizzicava il naso.
    « Meno male che non avevamo stabilito il premio prima. » fece, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e appoggiò i gomiti alla balaustra. Gettò un'occhiata al Corvo: le mancava così tanto, maledizione.
    « Sunda non mi è mai piaciuta, e non pensare che ora che ci sei tu possa aver cambiato idea. » sospirò. Stava andando fuori di testa. Perché lo stava dicendo? Ah, giusto, era tra le cose che si era tenuta dentro dalla sua partenza. « Ma la tua presenza la sta rendendo un po' più sopportabile. In mezzo a tutti questi Demoni, sei una sorta di luce, non so. » non riusciva a guardarlo negli occhi, santo cielo, e per un attimo sperò che il vento avesse potuto portare via le sue parole. « E' un complimento » si affrettò ad aggiungere, seguito da una risata nervosa e imbarazzata. Chissà in che condizioni erano le sue guance, in quel momento. Certe volte, le prendevano momenti di sfacciataggine, di cui poi finiva sempre per pentirsi. Probabilmente, anche questo sarebbe rientrato tra questi, ma pian piano ciò che provava stava fuoriuscendo. E non andava affatto bene.

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    Era stato stupido da parte del Corvo non decidere una ricompensa, specie quando sapeva di avere la vittoria facile. Ridacchiò tra sè e rimase ad osservare il paesaggio, così tetro e privo di vita da fargli venir voglia di chiudere gli occhi. Per fortuna la magnifica stellata sopra le loro teste addolciva l'atmosfera con una nota romantica. Scorse la sua costellazione, quella del Toro, e ricordò che il compleanno non era poi tanto distante. Quella sì che era un'ottima occasione per chiedere un regalo!
    Esalò una boccata di fumo verso l'alto, attento a non indirizzarlo verso la splendida visione che era Altayr in quel momento. Una presenza forte, che si notava a prescindere dall'abito che indossasse, ma forse valeva solo per lui. « Sunda non mi è mai piaciuta, e non pensare che ora che ci sei tu possa aver cambiato idea. »
    Il ragazzo la guardò in tralice, scuotendo le spalle.
    « Questo posto era e resta uno schifo, non posso darti torto ». Gettò la cenere al piano di sotto, incurante di chi ci fosse, e rimise la sigaretta a fior di labbra. Era calmo, adesso, eppure la nicotina non c'entrava. Le parole che l'Aquila disse in seguito lo trafissero in pieno petto, anche per l'assenza di preavviso. Lui? Una luce? Si sentiva l'inferno fatto a persona ultimamente, altroché.
    Rimase a fissarla ad occhi sgranati, mentre lei evitava in modo accurato di confrontarlo allo stesso modo.
    Che carina, si era messa nei guai da sola.
    « E' un complimento » borbottò, ridendo della sua stessa rivelazione. Izar impiegò alcuni istanti per ritrovare la voce, schiacciando il mozzicone di sigaretta contro la balaustra nonostante fosse appena arrivato oltre la metà. « Ti ringrazio, anche se non capisco il paragone. Le mie piume sono nere come la mia anima ». Lo disse con il tono di un attore nel mezzo di un dramma, buttandola sul ridere, ma Altayr non accennava a cambiare gradazione di rosso. Beh, perché non approfittarne? Peggio di così non poteva fare, no? « Ehi, guarda la. E' la stella polare quella? » domandò ingenuamente, indicando un punto a caso nel cielo. Quando la ragazza iniziò a cercare, seguendo la traiettoria del suo indice, Izar si finse spazientito, dato che non sembrava trovarla al primo colpo. Le diede un'altra manciata di secondi, poi, non appena vide che era distratta al punto giusto, si avvicinò furtivamente e lasciò un casto bacio sulla sua guancia, talmente rapido che non fece il minimo rumore.
    Come non detto, era passata dal rosso al porpora.
    Non conosceva davvero limiti. Il Corvo dondolò sui talloni con l'aria ingenua di un bambino, le mani incrociate dietro la schiena e un sorriso furbesco sulle labbra.
    « Cosa? » le chiese, in risposta all'occhiataccia della mutaforma. « Beh, l'hai trovata o no? ». Zero a due per i Corvi. Quella sera si sentiva particolarmente fortunato. Man mano che la notte avanzava, il vento gelido spirava sempre più forte, e il ragazzo iniziò a temere per la compagna. Era vestita per un ricevimento, non una festa in mezzo alla neve. La attirò a sé con un braccio, passandolo intorno alla vita e tenendola stretta.
    La pelle, nei punti in cui era scoperta, era davvero troppo fredda. Iniziò a sfregare la mano lungo l'avambraccio e la spalla di lei, beandosi della sua presenza così fantasticamente vicina. Gli sembrava di coccolare una bestiola indifesa, sebbene Altayr fosse una donna con gli attributi di un soldato. Era raro che fosse tanto docile, perciò si godette il momento a pieno. « Sei tu la stella polare. Quella che non mi fa perdere la strada ».
    Inspirò a fondo il suo naturale profumo, trattenendosi dal fare cose troppo avventate. Gli abbracci bastavano a tenerlo tranquillo, ma non sarebbero durati per sempre, e desiderava stringerla forte più che in un paio di occasioni. Forse per l'atmosfera, forse perché stare tra i Demoni aveva accorciato la sua pazienza, Izar non riuscì a trattenere la confessione che aveva studiato nei minimi dettagli dal loro secondo incontro, quella volta che l'aveva soccorsa a Ta Nulli. Come mai ora gli sfuggivano tutte le belle parole che aveva formulato, perfette per l'occasione? Strinse inavvertitamente la presa sul braccio dell'Aquila, mentre sentiva di essere arrossito a sua volta. « Altayr, c'è una cosa che devo dirti, ma devi promettere di non guardarmi finchè non ti do il permesso » mormorò, quasi in una supplica. Sentendo che lei annuiva, trovò il coraggio per continuare. « Penso che tu sia... cioè, io sono... » Wow, bell'inizio. Per quale ragione riusciva solo a balbettare, ora che il momento era cruciale? « Mi piaci, okay? E ho provato a fare finta di niente, ma non ci riesco ». Rivelò i suoi sentimenti d'un fiato, quasi incazzato con sé stesso per essere l'idiota che era. Aveva saltato tutte le procedure, non conosceva ciò che Altayr provava per lui, e probabilmente si era appena scavato la fossa da solo. Si passò una mano sulla faccia color pomodoro, sentendo improvvisamente una gran stanchezza. « Se lo tenevo per me un'altro giorno rischiavo di impazzire, quindi scusa l'improvvisata ». Perfetto, ora gli serviva solo una macchina del tempo per tornare indietro di qualche minuto e cucirsi la bocca.
    - Bel lavoro, Izar -.

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    Il silenzio che seguì dopo le sembrò interminabile: si era messa in quella situazione da sola, e si diede della cretina. Quando il ragazzo parlò si sentì il cuore un po' più leggero, e rise alla sua interpretazione.
    « E' questione di prospettiva. » disse l'Aquila, poggiando lo sguardo su di lui per poi tornare a fissare il cielo subito dopo. Non riusciva neanche a guardarlo in viso. Doveva sbollire un po', si sentiva le guance bollenti, quando invece all'esterno tirava un venticello freddo da far venire i brividi.
    « E' la stella polare quella? » la ragazza cominciò a cercare nel punto additato dal Corvo, non riuscendo però a trovarla. Assottigliò lo sguardo, e si rese conto che lì, effettivamente, non c'era la stella polare. Collegò velocemente le stelle del Grande Carro, che si trovava comunque poco lontano, e di conseguenza anche quelle del Piccolo Carro. Fece per alzare il braccio per indicargli il punto giusto, pronta a fargli una piccola ramanzina, quando sentì le labbra del ragazzo sulla sua guancia. Altayr strabuzzò gli occhi, e non seppe dire con sicurezza se in quel frangente il cuore si fosse fermato o meno. Fu un bacio fugace, ma bastò per farla irrigidire per qualche secondo. Quando si voltò verso Izar, lui le sorrideva ingenuamente, come a voler dire "Perché guardi me? Non sono stato io". Sembrava divertirsi un mondo, chissà di che colore era diventata.
    « Beh, l'hai trovata o no? » Altayr gonfiò le guance, ma non riuscì a trovare la voce per rispondergli. Odiava non avere l'ultima parola e dargliela vinta, ma non riuscì a fare altro che bearsi del vento gelido che gli scorreva sul viso, anche se le braccia scoperte più di tanto non ringraziavano.
    Nel tentativo di riprendersi a livello psicologico - possibile che un semplice bacio sulla guancia le facesse quell'effetto? Era messa peggio di quel che pensava - incrociò lo sguardo magnetico di Christine oltre le vetrate. Appena se ne accorse, lo sostenne per qualche secondo, per poi tornare a suonare il pianoforte. La ragazza percepì un brivido di irritazione, e strinse l'orlo del vestito tra le mani: quegli sguardi di sufficienza poteva anche tenerseli per sé. Eppure, il Corvo trovò un modo per farla distrarre.
    Fece passare il braccio intorno alla sua vita e la attirò a sé, accogliendola nell'ennesimo abbraccio. Non ne avrebbe avuto mai abbastanza. Izar odorava di fumo, ma non era un sentore pesante: probabilmente l'aria che soffiava lo aveva smorzato un po', ma non le dava fastidio. Il ragazzo cominciò a riscaldarla sfregando le mani contro la sua pelle, e Altayr sorrise. Aveva la lingua tagliente, un ghigno furbesco perennemente disegnato sulle labbra e gli occhi dal taglio malizioso, ma era sempre premuroso e gentile. Chissà se aveva già rapito il cuore di qualche bella principessina, a una di quelle feste per nobili.
    « Sei tu la stella polare. » Altayr alzò lo sguardo per incontrare le iridi chiare di Izar, pregando che non sentisse il suo cuore battere come un tamburo. « Quella che non mi fa perdere la strada »
    Okay, troppe cose tutte insieme e troppo vicine tra loro. L'Aquila stava rischiando sul serio l'infarto, e non riuscì a sostenere lo sguardo del ragazzo per più di cinque secondi. Sorrise tra sé e sé, stringendo un lembo della giacca del ragazzo. Quella frase la colpì in pieno petto, neanche gli avesse lanciato una freccia, ma non faceva male. Tutto quel batticuore le dava fastidio, ma ci sarebbe rimasta volentieri tra le sue braccia per qualche altra ora. Era tutto un gran casino, nonostante fosse consapevole dei suoi sentimenti.
    « Hai sbagliato costellazione » mormorò, consapevole di star, probabilmente, dicendo qualche stupidaggine. Lei, a fare da guida? Non riusciva a badare a sé stessa, figurarsi se poteva essere d'aiuto a qualcun'altro. Però era felice, diamine se lo era. Ad un'assassina era concesso ricevere così tanto affetto?
    La voce del ragazzo le giunse alle orecchie, e annuì alla sua richiesta. Anche a Ta Nulli, tra la neve, le aveva detto che "doveva parlarle", ed era venuta a conoscenza di una notizia spiacevole. Cosa aveva da riferirle questa volta? Il Corvo sembrava abbastanza insicuro sulle parole da utilizzare, e tra i suoi balbettii trovò il tempo di fare una moltitudine di ipotesi.
    Non credette a ciò che sentì quando dalle sue labbra uscì uno sfuggente "Mi piaci".
    "Aspetta." sentì le gambe cederle, e trovò più faticoso del previsto rimanere in piedi. "Che?"
    Ascoltò con attenzione le parole che seguirono, e il battito cardiaco aumentava man mano che continuava a spiegarle la situazione. Pensava di essere arrivata all'apice con quel bacio sulla guancia - specifichiamo, perché qui si ha a che fare con un caso perso -, e invece tutte le volte che aveva paura di rimetterci le penne non erano minimamente paragonabile all'attacco di cuore che le stava prendendo adesso. E si sentiva anche qualcosa allo stomaco, e la gola secca. Tutto insieme. Come poteva una persona normale provare tutto ciò contemporaneamente?
    Quando il ragazzo finì di parlare, affondò il viso nella sua camicia, conscia delle guance paonazze. Non avrebbe avuto comunque la forza di volontà necessaria per alzare lo sguardo, senza che glielo dicesse lui.
    Fermi tutti un attimo, ora. Aveva sentito bene, vero? Non è che il sonno le giocava brutti scherzi, eh? Le aveva detto davvero che... sì, insomma. Ora però doveva rispondergli, e lo trovò abbastanza complicato, dato che le mancava l'aria.
    « A-Anche tu mi... » mugolò, la voce ovattata. Le sembrava faticoso anche respirare.
    « Sì, insomma... » spostò leggermente il viso dal petto del mutaforma, lo sguardo fisso su uno dei bottoni della sua camicia. « Anche, ehm... La stessa cosa che hai detto tu! » lo disse così velocemente che parve uno scioglilingua, ma sperò con tutto il cuore che il Corvo avesse afferrato il messaggio. Non si era mai trovata così in imbarazzo, da quel che ricordava, e non le capitava mai di balbettare in quel modo.
    « Sei l'essere più sleale che abbia mai conosciuto, Izar Al Nair. » sorrise, coprendosi il viso con una mano. Ora che si era liberata di quel peso, riusciva di nuovo a parlare senza un nodo alla gola.
    Izar la ricambiava. Non le sembrava vero. Alzò un poco lo sguardo verso il viso del ragazzo, tentando di nascondere il tuo tentativo dietro il palmo della sua stessa mano, e notò che anche lui era arrossito. Per una volta che lo faceva, si era davvero impegnato. Le scappò una risatina, per poi tornare a guardare in basso.
    La felicità del momento venne sostituita, pian piano, dal dubbio e dalla paura. Si era dimenticata che, oltre ad essere una ragazza, era una cacciatrice di taglie. E Izar non lo sapeva. Probabilmente, se ne fosse venuto a conoscenza, non avrebbe provato nulla per lei. Come si poteva stare vicino ad un assassino?
    « Sei sicuro che io sia la ragazza giusta? » mormorò, un po' meno entusiasta di prima. Sollevò lo sguardo, e si sforzò di sorridere.
    « E se scoprissi delle parti di me che non ti piacciono? » fece scivolare una mano nella sua, intrecciando le dita. Sentiva il bisogno di compiere quel gesto, in contrapposizione con ciò che aveva appena detto. Non si era mai resa conto, come in quel momento, quanto potesse essere facile perderlo, e non poterci fare niente.

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    Dal modo in cui Altayr si nascose nella sua camicia, il Corvo capì di averla messa in imbarazzo proprio come sperava. Non trovava giusto che lui fosse l'unico ad arrossire. Almeno non l'aveva picchiato, o peggio, mandato a quel paese. Si era espresso nella peggior maniera possibile, per essere la sua prima confessione. Aspettò che la ragazza sbollisse quel momento di timidezza generale accarezzandole la schiena, segretamente contento di avere un nuovo pretesto per coccolarla. La guardò incespicare su ogni parola, con il sorriso che si allargava man mano. Davvero gli stava dicendo che... « Anche, ehm... La stessa cosa che hai detto tu! ». Okay, per fortuna ci sentiva bene. Riuscì a incanalare la contentezza in un abbraccio soffocante, lasciando andare un lungo sospiro. Grazie a dio era andata. Non sapeva cos'avrebbe fatto nel caso di un rifiuto. « Sei l'essere più sleale che abbia mai conosciuto, Izar Al Nair » lo rimproverò, nascondendo il sorriso dietro al palmo della mano. Era la cosa più adorabile che avesse mai visto. « Vero, ma sono anche il più fortunato. Faccio da accompagnatore alla ragazza più bella della sala ». L'euforia del momento aveva tolto tutti i freni inibitori che possedeva, lasciando spazio alla parte sincera ed adulatrice di sè, ereditata dal vecchio Demone che gli faceva da padre. Osservò Altayr ricomporsi pian piano, un'espressione serena sul bel viso ancora arrossato, e la costrinse ad alzare il mento con l'indice, tanto da non perdersi tutte le sue sfumature d'imbarazzo. Quando la vide rabbuiarsi, però, i dubbi che lo tormentavano da mesi tornarono a galla: ci stava ripensando? Non era il tipo giusto per lei? « Che c'è? » chiese, seriamente preoccupato. Aveva il cuore che batteva a mille, ma stavolta più per l'ansia che per la felicità. « Sei sicuro che io sia la ragazza giusta? ». Il Corvo la guardò come se fosse impazzita. Non ne era sicuro. Sicurissimo. « E se scoprissi delle parti di me che non ti piacciono? ». Ah, era solo quello il problema. Il mutaforma scosse il capo, giudicando le sue preoccupazioni insensate, mentre si specchiava nel riflesso dei grandi occhi verdi. « Penso che sia impossibile » disse in tranquillità, senza lasciare la presa. Vedeva che Altayr cercava di sfuggirgli in tutti i modi, ma era la sua sera sfortunata. « Ma se mai accadesse, credo proprio che riuscirei a sopportarle ». La vicinanza tra i due era praticamente nulla, Izar poteva sentire il profumo e il calore della pelle di lei, fin troppo invitanti. La mano che le sosteneva il mento si mosse, facendo scorrere il pollice sul labbro inferiore un paio di volte, finchè la sua vista si faceva più dettagliata e i suoi sensi più vigili. Perchè diavolo quegli occhi si risvegliavano perfino in situazioni così delicate? Ah, giusto. L'autocontrollo. L'aveva gettato al vento nell'istante in cui Altayr aveva dichiarato di corrisponderlo. Improvvisamente tutto divenne marginale: il casato, il genitore opprimente, le responsabilità. Non esistevano, fin tanto che l'Aquila era con lui. Ignorò la gente attorno a loro, che di sicuro stava borbottando qualcosa nel vederli in atteggiamenti intimi, e mise a tacere ogni cosa, tranne la voce della ragazza.
    « Ti do il permesso di picchiarmi, dopo » le sussurrò, prima di posare la bocca sulla sua senza la minima esitazione. Bene, adesso sapeva com'era fatto il paradiso. Da quanto tempo aspettava di farlo? La loro gita in montagna era stata una bella sfida per lui, ed era comunque pronto a subire le conseguenze del gesto avventato. La mano che le sosteneva il viso passò dietro alla nuca, come a volerla tenere ferma, mentre l'altra si assicurava che non facesse nemmeno un passo indietro, irremovibile alla base della schiena. Una vocina gli suggeriva di approfittare del momento, ma fu abbastanza saggio da non ascoltarla. Si separò da lei dopo quelle che parvero ore, stupito di sé stesso e molto, molto soddisfatto. « Okay, adesso posso morire felice » dichiarò, sghignazzano alla vista di quelle gote color porpora. Voleva essere egoista, almeno per una notte.

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    Gli sembrava ancora tutto così irreale, a dirla tutta. Davvero Izar aveva confessato di ricambiare i suoi sentimenti? E davvero le aveva appena detto di non preoccuparsi di nulla? Si sentiva quasi sbagliata vicino a lui, e non sapeva spiegarsi il perché se ne fosse resa conto solo in quel momento. Non poteva, non doveva essere la ragazza giusta per lui, ma il Corvo la guardava come se fosse impazzita tutto d'un tratto.
    « Credo proprio che riuscirei a sopportarle » dichiarò il ragazzo, fermamente convinto delle sue parole. L'Aquila era davvero felice in quel momento, ma sentiva che non se lo meritava affatto. Un grande macigno le si posò sul cuore, e le venne spontaneo stringere i pugni. Non poteva rivelargli la sua doppia natura, lo avrebbe perso per sempre, ne era certa. Era l'ultima cosa che voleva. Ma d'altra parte, nasconderglielo sarebbe stato un gesto meschino. Non sapeva davvero cosa fare, e la testa le stava per scoppiare.
    « Izar, davvero... » tentò di cominciare un discorso che già dal principio si presentava come un totale fallimento. Il tocco delle dita di lui sul suo labbro le fece morire in gola tutte le parole che stava cercando di tirar fuori, e gli occhi di Altayr si inchiodarono a quelli del Corvo. Lo stomaco le si stava attorcigliando che era una meraviglia, benissimo. I dubbi continuarono ad assalirla fino all'ultimo: non aveva alcun ripensamento su Izar o ciò che provava, figurarsi. Il problema era lei. Il ragazzo aveva già esternato i suoi pensieri al riguardo, rispondendo alla sua domanda, ma non sapeva. Se solo fosse stato a conoscenza di quanto sangue avesse versato nel corso degli anni, probabilmente non sarebbe stato lì, al suo fianco. E aveva una paura folle che potesse accadere da un momento all'altro.
    Ma non riuscì a dire nulla di tutto questo, perché man mano che il Corvo si avvicinava al suo viso, lui era tutto ciò a cui riusciva a pensare. Le mani della mutaforma risalirono sulla camicia del ragazzo, fermandosi sul torace. Sapeva cosa stava per accadere, non era una bambina, e le guance le si imporporarono senza che lei potesse farci niente.
    « Ti do il permesso di picchiarmi, dopo » mormorò Izar, e all'Aquila sfuggì un sorriso che si richiuse sulle labbra del ragazzo. Le occhiatacce dei Demoni in sala, i problemi sulla doppia identità, la paura che il Corvo potesse abbandonarla, era tutto sparito. Le mani di lui la tennero stretta a sé, mentre le sue strinsero il colletto della camicia. Lo stomaco le faceva male per quante erano le farfalle che ci svolazzavano dentro, e Altayr non ricordò di essere mai stata così felice. C'era solamente lui, e quel magnifico cielo scuro trapunto di stelle. Era più che sufficiente.
    Sentì Izar allontanarsi da lei, ma la ragazza non aprì subito gli occhi. Alle sue orecchie arrivò anche la sua risatina soffusa: doveva essere ridotta peggio di un pomodoro.
    « Okay, adesso posso morire felice » fece, e Altayr si decise a schiudere le palpebre.
    « Hai anche il coraggio di ridere? » esclamò, mettendosi le mani sulle guance, anche se ormai il guaio era fatto. « Tu non sei messo meglio. » e ne fu felice, perché ritrovarsi ad essere l'unica ad arrossire in un contesto del genere sarebbe stato alquanto strano. Anche se, sì, lui era decisamente messo meglio di lei.
    Altayr emise un sonoro sbuffo, appoggiando di nuovo la fronte sul suo petto. Ormai stare in quelle braccia era diventato irrinunciabile. « Come posso picchiarti ridotta così? » si lamentò, limitandosi ad un pugno poco impegnativo allo stomaco. Gli angoli della bocca cominciarono a farle male: non si era rea conto che aveva continuato a sorridere per tutto il tempo. E se per quella sera si fosse lasciata tutta alle spalle? Non voleva rovinare niente, aveva trovato il suo piccolo angolo di felicità. La sua stella. Avrebbe dato tempo al tempo, nonostante il bisogno di rivelargli il suo segreto per metterlo in guardia si scontrasse con il suo egoismo. Non glielo avrebbe tenuto nascosto, solo ci avrebbe pensato dopo, ecco. Poteva andar bene. Voleva solo godersi un po' di tranquillità.
    L'Aquila tirò su il viso, e si alzò sulle punte, riuscendo a lasciare un leggero bacio sul collo di lui. Diamine, se era alto: più in su non riusciva ad arrivare.
    « Per un po' dovrai sopportare l'idea di avermi tra i piedi, passerotto. » gli sorrise, circondando il suo busto con le braccia. Non andava preso alla lettera, ovviamente: ancora tre giorni e sarebbe dovuta tornare a casa, nel Luhd Epnet. Una di quelle notti sarebbe anche dovuta andare in missione, sperava solo di riuscire ad incontrarlo di nuovo. Oh cielo, ancora non le sembrava vero.
    Il momento venne rovinato dall'improvviso brontolio della pancia di lei, e Altayr sorrise imbarazzata. « Ti dispiace se vado a prendere qualcosa da mangiare? Non ho toccato cibo, stasera » si strinse nelle spalle, sciogliendo a malincuore l'abbraccio che li teneva stretti. Si affrettò a tornare in sala, determinata ad uscire sul balcone il più velocemente possibile. C'era rimasto poco niente ormai, si era lasciata sfuggire tutto quel ben di Dio. Altayr sospirò afflitta, e fece per afferrare un pezzo di torta salata, uno dei pochi lasciati sul vassoio splendente. Christine continuava a suonare, per questo non si accorse subito della presenza di un uomo accanto a lei.
    « Sapete con chi vi state intrattenendo? » sibilò un tizio ben robusto e dalla voce profonda. Altayr sgranò gli occhi, e alzò la testa verso di lui. Era palese il fatto che appartenesse alla società demoniaca, data la capigliatura e gli occhi più neri del cielo notturno. L'Aquila indurì lo sguardo, decisa a rispondergli a tono.
    « Gentile signore, vi prego di... » "... farvi un sacrosanto mazzo di cazzi vostri." no, non andava bene, e per fortuna si fermò in tempo. Glielo aveva detto in un modo che non gli piaceva proprio, e si lasciò sfuggire un sospiro. « ...di non preoccuparvi. » gli sorrise nel modo più cortese di cui età capace in quel momento, per poi allungarsi verso la brocca dell'acqua.
    « Girano strane voci su quel ragazzo, non è molto ben visto qui a Sunda » continuò lo sconosciuto, portandosi alle labbra un calice di vino. Ma chi si credeva di essere? Era ad una festa, doveva contenersi.
    « Vi farà ricredere presto. » disse, accompagnando la frase con uno sguardo gelido. Si diresse a grandi falcate verso la balconata, con il pezzo di torta ancora in mano. L'aria fredda della sera la investì, ma affiancò Izar vicino alla balaustra incurante della temperatura.
    « Questo mi basta » ammise, prendendone un boccone. In verità si sentiva ancora lo stomaco vuoto, ma non aveva intenzione di rientrare. Intercettò lo sguardo severo dello stesso uomo di prima, e Altayr glielo restituì senza far complimenti, tornando poi a focalizzarsi su Izar.
    « Vuoi? » ruppe a metà il pezzo, allungandoglielo con un sorriso. Solo lui contava, in quel momento.

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    Edited by altäir - 10/4/2016, 17:48
     
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    « Come posso picchiarti ridotta così? ». Izar ridacchiò mentre la stringeva nell'ennesimo abbraccio, contento di sapere che da quel giorno ce ne sarebbero stati molti altri. « Ci pensiamo la prossima volta » la rassicurò. Era di una tenerezza unica, accoccolata contro di lui come fosse una bimba indifesa. Ogni tanto gli piaceva l'idea di poter fare la parte dell'uomo di turno, in realtà. Altayr sembrava sempre avere tutto sotto controllo, la classica persona che da sola riusciva a lavorare per tre, ma andava bene che facesse affidamento su di lui, di tanto in tanto. Quando sentì le labbra della ragazza sfiorargli il collo in un bacio leggero, un brivido gli percorse la schiena, e non per il freddo. Le iridi del mutaforma erano ancora nella fase da predatore, doveva darsi una calmata alla svelta, prima di passare il messaggio sbagliato. Le influenze demoniache di Sunda gli rendevano difficile sopprimere la sua parte più istintiva. « Per un po' dovrai sopportare l'idea di avermi tra i piedi, passerotto » disse lei, con un sorriso che lo contagiò, accentuato poi dal brontolio della pancia dell'Aquila. In effetti l'aveva monopolizzata per tutta la sera, tenendola lì fuori al freddo e senza pensare minimamente al cibo. Izar non aveva molta fame, quindi disse ad Altayr di andare tranquilla e riempirsi la pancia quanto voleva. Vista l'ora tarda, probabilmente non era rimasto granché in sala. Una volta solo, il moro si concesse un istante per gioire della sua fortuna e crogiolarcisi un po', appoggiato alla balaustra. Era meglio di qualsiasi trofeo o vittoria. Prese il cellulare dalla tasca e riaprì la conversazione interrotta con Samael al suo arrivo, dove l'ultimo messaggio diceva "se ce la fai mi mangio un cactus con tutte le spine". Ghignò fra sé mentre gli rispondeva con un "prepara il cactus". Sicuramente il tutore l'avrebbe sotterrato di domande, una volta tornato a casa. Ricordò solo in quel momento la lunga lista di nomi che il padre aveva stillato per lui la settimana prima, ben venticinque possibili candidate tra cui trovare una moglie e risollevare le sorti degli Al'Nair. Quelle cose da tempi andati gli facevano venire i brividi, altroché. Era già stato chiaro, a riguardo: nessun matrimonio, se non quando l'avrebbe deciso lui. La compagna tornò in fretta, con un unico pezzo di torta salata come bottino. Beh, era mezzanotte inoltrata, non potevano aspettarsi chissà cosa. Molti degli invitati stavano già facendo gli ultimi saluti prima di andarsene. Si sporse verso il pezzo che Altayr gli offriva, rubandolo alla sua mano in un boccone, prima di accorgersi che dentro c'erano degli spinaci. Mandò giù tutto in una volta, l'espressione schifata di chi aveva appena ingoiato un moschino. « Ugh... adesso ricordo perchè non mi piacevano ». Nella residenza di Sunda non gli era permesso cucinare, ma aveva ugualmente fatto bandire l'ortaggio da qualsiasi piatto. In un momento di silenzio, Izar seguì lo sguardo della ragazza alle sue spalle, e ciò che vide non gli piacque per niente: Rowen, primogenito della casata degli Endor, lo seguiva come un'ombra dal suo arrivo nel continente. Odiava suo padre, com'era naturale odiare un pazzo assassino, e provava un certo risentimento nell'essersi visto privato di molto denaro dopo l'ultima lotta tra clan. Mise un braccio attorno alle spalle di Altayr con fare possessivo, fulminandolo a sua volta con lo sguardo. « Ti ha fatto qualcosa? » chiese, non più tanto di buon umore. « Per quanto mi piaccia averti qui, spero che tu possa andartene presto da Sunda. I Demoni sono insopportabili... e pericolosi ». Rowen sostenne l'occhiataccia per qualche altro secondo, prima di andarsene sdegnato. Se osava coinvolgere la mutaforma nella loro disputa poteva considerarsi morto e sepolto. Lasciò sbollire la rabbia fintanto che l'altra finiva di mangiare, accorgendosi solo in seguito di averla stretta con un po' troppa forza « Comincia a fare freddo anche per me » ammise, riluttante ad andarsene. La pianista aveva smesso da un bel pezzo di esibirsi, e non vi era più nessuno a danzare sulla pista da ballo. Possibile che il loro tempo insieme fosse già scaduto? Peccato non avere qualche altro posto dove rintanarsi. « Andiamo? Ti riaccompagno, se vuoi ». L'idea di mandarla a casa da sola non lo faceva stare per niente tranquillo. Non dopo aver visto Endor guardarla in quel modo. « Ti inviterei da me, se non fosse una tana di Demoni rompiballe ». Sospirò all'inevitabilità delle cose, rimpiangendo l'intimità della sua catapecchia a Ta Nulli, con tutte le sue crepe e buchi nel soffitto. Sarebbe mai riuscito a tornare nel luogo che chiamava "casa"? - Per ora, la mia casa è lei - pensò, incapace di resistere alla tentazione di stritolarla di nuovo.

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    L'Aquila rise all'espressione schifata che si disegnò sul viso del ragazzo nell'ingoiare il boccone che gli aveva offerto. E così non gli piacevano gli spinaci, eh?
    « Potrò usare questa informazione contro di te, sai? » esclamò, un vago sorriso di vittoria sulle labbra, e addentò il suo pezzo. Attraverso le vetrate, notò che ormai molti Demoni avevano cominciato ad andarsene: non che la cosa le dispiacesse, meno occhiatacce destinate a loro. Ma questo stava anche a significare che anche i due mutaforma sarebbero stati costretti a lasciare la sala tra qualche minuto. Altayr si morse il labbro: possibile che avrebbe dovuto salutarlo un'altra volta, per rivederlo chissà quando? Però, sarebbe rimasta a Sunda ancora qualche giorno, non doveva disperare. Aveva ancora delle possibilità.
    Il braccio di Izar andò a circondargli le spalle, interrompendo ogni ragionamento logico. Prima o poi si sarebbe dovuta abituare ad averlo così vicino, eppure aveva la sensazione che non ci sarebbe mai riuscita. « Ti ha fatto qualcosa? » chiese lui, e si accorse che l'uomo con cui aveva scambiato poche parole in sala era ancora lì, a indirizzargli sguardi di sfida, che Altayr ricambiò all'istante.
    « Meno male che ha chiuso la bocca, ad un certo punto » fece, stringendo d'impulso la mano libera in un pugno. « Altrimenti avrei potuto fargli io, qualcosa. » finì la torta salata in un boccone, ascoltando in silenzio ciò che Izar disse in seguito. Sembrava conoscere quel tizio dai capelli scuri e lo sguardo gelido, ed era evidente che tra i due non corresse buon sangue. Nonostante fosse la prima volta che lo incontrava, nemmeno alla ragazza aveva fatto una bella impressione.
    Una folata di vento più fredda delle precedenti la fece rabbrividire, ma sopportò l'abbassamento di temperatura. Non voleva salutarlo adesso, maledizione. Davvero la serata era già volta al termine? Separarsi dopo quel che si erano detti faceva ancora più male, e solo l'idea gli faceva attorcigliare lo stomaco. Eppure, doveva accettarlo: gli invitati stavano diventando sempre meno, la sala era quasi del tutto sgombra. Prima di tornare a casa, magari, avrebbero potuto passare ancora qualche minuto insieme.
    « Andiamo? Ti riaccompagno, se vuoi » il Corvo diede voce ai suoi pensieri, e Altayr gli sorrise grata. Fece un gesto con la mano alla seguente affermazione del ragazzo, come a dirgli di star tranquillo: ne aveva visti abbastanza di Demoni per quella sera, anche se per strappare qualche altro minuto insieme a lui avrebbe fatto volentieri un'eccezione.
    « Certo che voglio » disse, evitando momentaneamente lo sguardo di lui. « Mi sarei offesa se non me l'avessi chiesto. » giusto il tempo di staccarsi dalla balaustra e si ritrovò travolta dall'ennesimo abbraccio di Izar, mentre lei rischiò l'ennesimo attacco cardiaco della serata. Era una bellissima sensazione, sapere che i suoi sentimenti fossero ricambiati. A dire il vero, ancora stentava a crederci. Era così felice.
    Il Corvo la lasciò andare pian piano, e lei gli fece cenno di andare verso l'uscita mentre recuperava la giacca e la borsa. Salutò di fretta la donna che l'aveva invitata a suonare quella sera, per poi raggiungere Izar che lo aspettava alla porta. Quanto poteva essere fortunata ad averlo con sé? Appena lo affiancò, fece scivolare una mano nella sua senza pensarci, facendo intrecciare le dita, le guance che si coloravano leggermente. Era la prima volta che gli stringeva la mano in tutt'altro contesto, ed era una sensazione strana e al contempo piacevole.
    Mentre gli intimava di non uscirsene con battutine sul rossore del suo viso, varcarono il portone d'ingresso, ritrovandosi tra le vie di Sunda. Era una città scura e tetra perfino di giorno, per non parlare di quando calava il sole. Quel posto metteva davvero i brividi, per fortuna la casa di Sadir non era tanto distante.
    « Non pensavo potessi provare qualcosa per una come me, sul serio. » esclamò ad un certo punto, camminando di pari passo con il ragazzo. Si sentiva più leggera nel parlare così apertamente dei suoi sentimenti.
    « Credevo avessi già fatto strage di cuori tra le principessine demoniache. » ammise, gesticolando un po' con la mano libera. Il solo pensiero, ad essere sinceri, le faceva venire il voltastomaco. Era sicura che, se qualsiasi ragazza avesse provato ad avvicinarsi ad Izar con intenzioni tutt'altro che buone, avrebbe potuto volentieri farla fuori. D'altra parte, giustamente, i nobili dovevano stare con i nobili: era un problema su cui non aveva mai riflettuto più di tanto, ma in quel momento le parve un grosso ostacolo. Le famiglie benestanti cercavano stabilità economica, sfarzo, e la figlia di una fioraia non poteva dargli nulla di tutto questo. Però, lui stesso aveva ammesso di essere innamorato di lei, perché farsi tanti problemi, allora?
    Serrò le dita attorno alla mano di Izar, tornando con lo sguardo di fronte a sé. « E' stata proprio una serata niente male. » commentò in seguito, con un sorrisetto furbo sulle labbra. Il palmo del ragazzo era un po' più caldo del suo, e si beò di quel flebile calore che pian piano anche lei stava assorbendo e della sua semplice presenza. Era stata una vera sfida stare lontano da lui per un paio di mesi, e la prospettiva di dover ripetere quell'esperienza non gli andava proprio giù. Man mano che camminavano, chiacchierando del più e del meno, arrivarono all'inizio del vicolo dove abitava Sadir, il suo temporaneo custode.
    « Casa mia è quella là, guarda. » la ragazza gli indicò una casupola blu notte, un po' consumata dagli anni, le finestre scure sbarrate. Altayr fece scendere il braccio al lato del corpo, e tra loro calò un muto silenzio in cui aleggiavano milioni di parole non dette. L'Aquila osservò di sottecchi il ragazzo dagli occhi verdi, la luce altalenante di un lampione ad illuminargli il viso. Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma si sentì un nodo alla gola. Non voleva che se ne andasse, non voleva che restasse lì. Avrebbe tanto voluto che tornasse a Ta Nulli, a scuola, in qualsiasi luogo dove avrebbe potuto incontrarlo. Peccato che i suoi desideri egoistici non contavano nulla, in quel momento.
    Altayr sciolse l'intreccio di mani, portandosi davanti al mutaforma e circondandogli il collo con le braccia in una presa ferrea. Voleva restare lì, o in alternativa portarlo con sé. Si sentiva così impotente: quell'abbraccio quasi disperato non aveva nessun potere.
    « Non voglio. » riuscì a dire, affondando il viso nell'incavo della sua spalla. Celava un enorme rammarico dentro di sé: non poteva far nulla se non aggrapparsi al Corvo, nulla di concreto. E ciò la faceva sentire arrabbiata con sé stessa e con il mondo.

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    mutaforma demoniaco (aquila) - aria - 19 anni - scheda - libra sun, leo moon, aries rising

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