Homecoming

Izar x Altayr | Ta Nulli

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    « She wasn't looking for a knight, she was looking for a sword »
    20 maggio - ore 21:15

    La prima volta che aveva messo piede nella a casa di Izar tra le montagne di Ta Nulli risaliva a novembre, quando lui l'aveva trovata in città, sperduta e con la gamba messa abbastanza male da non permetterle di camminare. Allora si conoscevano appena, ma il ragazzo l'aveva aiutata ugualmente nonostante la rivalità che correva tra i due. Entrambi avevano pensato che si sarebbe trattato di un pranzo e via, di certo non che il loro rapporto si sarebbe evoluto fino ad arrivare ad un punto di svolta così importante. Erano passati più di due mesi dall'ultima volta in cui si erano visti a Sunda, nel territorio della famiglia Al'Nair. Ne erano successe di cotte e di crude, ma ora pareva filare tutto liscio. Nel periodo di separazione, la ragazza era tornata nel continente ibrido per cercare un lavoro. Ne aveva accettati diversi, ma il suo carattere litigioso e attaccabrighe non aiutavano nel relazionarsi con il pubblico, anzi, aveva scoperto che meno stava a contatto con la gente meglio era. Finché si trattava di clienti alla mano e cordiali non c'era nessun problema, ma quando arrivavano persone scortesi e irrispettose la ragazza non riusciva a trattenersi dal trattarli alla stessa maniera. Si faceva licenziare che era una meraviglia, e il suo primo stipendio era riuscito ad ottenerlo solamente a metà maggio, dopo un mese di lavoro in un bar di Mekar Ledo, lo stesso da cui era stata allontanata per aver sbattutto una torta in faccia ad un cliente molesto. In quel momento era, di nuovo, alla ricerca di un impiego, ma non era affatto facile. Il suo non aver ultimato gli studi gli remava contro, per questo aveva deciso di dare gli esami che le mancavano alla Ayle, ma senza partecipare alle lezioni. Riusciva a studiare solamente la sera, ma la mole di argomenti da memorizzare le faceva venire il mal di testa ogni volta che apriva un libro. Nella metà degli esami che aveva affrontato non era riuscita a raggiungere nemmeno la sufficienza, ma se voleva trovare lavoro più facilmente non poteva fare altrimenti. Doveva mantenere due persone con il suo stipendio, e la madre aveva già sacrificato abbastanza per il suo benessere. La prossima settimana avrebbe avuto due esami, uno di chimica - per la terza volta, sperava quella buona - e l'altro di storia antica, che comprendeva un programma molto vasto. Altayr ci stava rimettendo gran parte della sua sanità mentale, non era abituata ad impegnarsi così tanto a scuola. Per essere precisi, non l'aveva mai fatto, ma forse era arrivata l'ora di crescere un po' anche sotto questo punto di vista. Lo stava facendo per lei e per il suo futuro, sebbene il suo frequente cattivo umore non lo stesse a dimostrare. E la lontananza da Izar e dai suoi amici non aiutava.
    La sua vita era diventata frenetica tutta d'un tratto, e solamente l'idea di poter incontrare il Corvo presto o tardi riusciva a darle un po' di speranza. E trovandosi nella cucina della casa del ragazzo, nella sua casa fatiscente, rendeva più concreta la sua contentezza.
    « La consistenza può andare? » domandò, il grembiule e il viso sporchi dell'impasto della torta che stava preparando. La donna che la affiancava si sbilanciò verso di lei, facendo attenzione a non sporcare i lunghi capelli castani che teneva legati in una treccia. Deneith prese il cucchiaio di legno dalle mani di Altayr, mescolando appena il composto, e poi annuì sorridente. Gli occhi smeraldini dell'Aquila cominciarono a brillare per l'entusiasmo, e si sbrigò a prendere una teglia dalla pila di pentole stipata in un cassetto. Non era la prima volta che cucinava una torta, ma era la prima che faceva per qualcuno. Tutte le altre erano solo esperimenti andati male, che comunque si era sempre tenuta per sé. Si era offerta di preparare la torta di compleanno di Izar, ignaro della piccola festicciola che lei e la famiglia del suo tutore si stavano impegnando a preparare proprio a casa sua. Avere Deneith ad aiutarla nella preparazione era una gran fortuna, da sola avrebbe potuto combinare un disastro dietro l'altro. Mentre imburrava la teglia per la torta, alzò lo sguardo verso l'orologio che si trovava in salotto. Non sapeva cosa avesse archiettato Samael per tenere il figlioccio occupato dopo il viaggio dal continente demoniaco a quello ibrido, e di conseguenza non aveva nemmeno idea di quanto tempo avessero prima dell'arrivo del festeggiato. Fatto stava che era emozionatissima, neanche fosse il suo compleanno: era la prima volta che i due festeggiavano insieme, e per di più avrebbe compiuto vent'anni, cifra tonda! Per non parlare del fatto che era riuscita a chiarirsi con Samael, e avrebbe rivisto Izar dopo mesi che le erano sembrati un'eternità.
    « A che punto è il curry? » domandò Deneith con un sorrisetto, e la ragazza scattò sull'attenti. Si era concentrata solamente sulla torta che si era dimenticata del pranzo sui fornelli. Si sporse verso la pentola che emanava un profumo delizioso, molto simile a quello che ricordava - Izar glielo aveva fatto assaggiare, una volta - e prese a rimirarlo con occhio critico. Andava bene? Non ne aveva la minima idea. « Beh, almeno profuma » disse imbarazzata, e prese un cucchiaio appoggiato lì vicino per assaggiarne un po'. « Manca un po' di sale? » Deneith fece spallucce, come a dire "sei tu la cuoca", e la ragazza la invitò subito ad assaggiare. Lei e la cucina erano due rette parallele, fortunatamente Deneith si era occupata di salvaguardare il suo lavoro e consigliarla. Era evidente di come stesse sviluppando l'istinto materno, con il pargoletto in arrivo, e seppur la conoscesse poco, Altayr già la adorava. Non sembrava neppure un Demone, data la sua personalità ragionevole e paziente. Aggiustò il sapore del curry in fretta, piccante al punto giusto, e infornò la torta subito dopo. Forse era un po' in ritardo sulla tabella di marcia, ma era soddisfatta del risultato. Sperava solo che Izar potesse apprezzare, chissà se se lo aspettava. Gli aveva mentito innocentemente diciendogli che sarebbe potuta passare solo la sera, tutto per nascondere la sorpresa. « Sei emozionata? » chiese la donna di fianco a lei, appoggiandosi al bancone della cucina, la pancia che aveva cominciato a gonfiarsi sotto i vestiti. « Un po' » rispose l'Aquila, mal celando l'entusiasmo, e Deneith trattenne una risatina.
    Un suono all'esterno attirò la loro attenzione, sembrava che qualcuno stesse camminando in giardino, insieme a delle voci maschili in lontananza. Altayr ebbe un tuffo al cuore, e si slacciò il grembiule a velocità super sonica. Lui era lì, e ancora stentava a crederci. Tornò in salotto controllando che tutto fosse al proprio posto - le patatine sul tavolo, i palloncini e lo striscione risalente al tredicesimo compleanno del ragazzo che Samael aveva conservato - con i due a pochi passi dall'ingresso. Percepì la presenza di Deneith dietro di lei, semi-nascosta dietro la porta della cucina. La grande porta a vetri che dava sul salone si aprì, e Altayr studiò l'espressione confusa del ragazzo. Le sembrava si fosse irrobustito ancora un po', e con sua immensa gioia non aveva lividi o cicatrici in nessuna parte del corpo visibile. Era splendido come lo ricordava, come lo vedeva nelle poche videochiamate che riuscivano a fare. Non si sarebbe mai abituata alla sua presenza, le farfalle nello stomaco avevano cominciato a farsi sentire. Prese un grande respiro, e una pacca sulla schiena di Deneith la convinse ad uscire allo scoperto. « Sorpresa! » esclamò, saltando fuori dal suo nascondiglio. Si era dimenticata di sciogliersi i capelli e ripulirsi il viso, ma incrociare lo sguardo di Izar le fece dimenticare tutto. « Buon compleanno! » gridò, un grande sorriso a dominare incontrastato sul suo volto. Concesse al ragazzo una manciata di secondi per capire cosa stesse succedendo, per poi correre verso di lui a braccia larghe. Altayr lo colpì in pieno, facendolo indietreggiare di qualche passo per l'impatto, e la ragazza affondò il viso nella maglietta profumata che indossava, stringendolo forte. Gli era mancato tutto di lui, come era riuscita a sopportare la lontananza non lo sapeva nemmeno lei. « Finalmente » disse piano, continuando a sorridere. Finalmente era lì, con lei, era arrivato. Fu come tornare sulla terrazza del palazzo a Sunda, due mesi fa. Eppure, era passato un po' di tempo da allora. E si erano riuniti, ancora. Quella sarebbe stata una giornata speciale, anche se non le serviva la scusa del compleanno per dedicarsi completamente a lui.

    « Parlato » || "Pensato"
    mutaforma demoniaco ❖ scheda ❖ 19 y/o
    code © ruru


    Edited by altäir - 12/7/2016, 10:51
     
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    « Ripetimi cosa facciamo qui, vecchio ».
    « Tu che ne dici? ». Samael soppesò l'asse di legno come un carpentiere esperto, nonostante fosse sempre Izar ad occuparsi delle riparazioni in casa, e concordò con il falegname che lo spessore era perfetto. Altre sei di quella dimensione e avrebbero potuto aggiustare il portico una volta per tutte. « La sicurezza è importante. Pensa se mio figlio dovesse inciampare e rompersi un dente. Den mi ammazzerebbe ». Il Corvo sbuffò, facendosi carico degli acquisti del tutore mentre l'altro pagava il tutto. Una volta quelle travi sarebbero state troppo pesanti per lui, e ora non risentiva minimamente dello sforzo. La dittatura del padre stava dando i suoi frutti, oltre a procurargli lividi e ferite ovunque. Solo due settimane prima era stato costretto a letto a causa di un avvelenamento, simpatici sotterfugi usati dai Demoni più deboli. « Hai paura per tuo figlio o per i pugni micidiali di Deneith? » chiese, intuendo già la risposta.
    « Per i pugni, ovvio! Ai bambini fa bene prendere qualche batosta, e tu lo sai meglio di chiunque altro ».
    Izar era stato cresciuto alla maniera demoniaca, quindi sì, capiva perfettamente. Samael discendeva da una stirpe antica, che credeva che "ciò che non distrugge, fortifica".
    Forse era per quello che il ragazzo si era reso autonomo in breve tempo, imparando ad arrangiarsi per non morire di fame e ricucendo le ferite del tutore tipo infermiera veterana.
    Guardò la via tortuosa che serpeggiava tra gli edifici di Ta Nulli, infilandosi nei boschi e poi su, fino alla loro casa in mezzo alle montagne. Quante volte l'aveva percorsa a piedi, rimanendo senza fiato a metà strada? Il suo io di un tempo era davvero troppo debole, ma ne rimpiangeva la serenità mentale. Aveva mille cose a cui badare, la responsabilità di un casato sulle spalle, il terrore di non sapere chi avrebbe sfidato il giorno dopo e come ne sarebbe uscito. Per fortuna gli dei lo avevano graziato il giorno del suo compleanno.
    « Mi sento vecchio » sbottò, camminando accanto a Samael in direzione del tramonto. L'altro se la rise, rifilandogli una pacca alla schiena che lo fece sbilanciare in avanti.
    « Tu eri già vecchio da piccolo, quando mi sotterravi le sigarette in giardino per non farmi ammalare. Come facevi a sapere cosa fosse un tumore resta ancora un mistero ».
    « Come vedi non ho imparato niente dai tuoi errori ».
    « Già, sono sempre stato un cattivo esempio ».
    Gli scompigliò i capelli color carbone con un vago sorrisetto nostalgico prima di tirare fuori dalla tasca il pacchetto di sigarette. Non fumava mai in presenza di Deneith, doveva recuperare finché poteva. Dal canto suo, Izar aveva degli alti e bassi, di comune accordo con gli impegni alla villa. Lo stress accumulato minacciava quotidianamente i suoi polmoni. Solo verso sera prendeva una pausa, chiacchierando con Altayr al telefono per più di un'ora. Quella relazione a distanza era difficile da gestire, e vedere la fidanzata solo attraverso uno schermo non bastava ad attenuare la solitudine. Gli aveva detto che sarebbe passata da quelle parti dopo cena, impegnata com'era tra studi e lavoro. In parte era colpa sua, dato che le missioni da sicario venivano pagate meglio di qualsiasi impiego normale, e lui l'aveva praticamente costretta a smettere. La loro storia faceva acqua da tutte le parti. L'odore di tabacco tentò il Corvo per un fugace istante, così si girò dalla parte opposta rispetto al tutore ed inspirò l'aria pulita di montagna. Gli mancava Ta Nulli, con i suoi inverni gelidi e fresche primavere. La giornata era stata soleggiata fin dal mattino, e Izar ne aveva approfittato per tornare alla catapecchia accanto al lago. Il tetto era crollato del tutto durante la sua assenza, rendendola un rudere inagibile. - Non ci saremmo potuti tornare comunque - rifletté, amareggiato. Dopo quasi venti minuti di marcia sostenuta, la casa che racchiudeva tutti i ricordi d'infanzia del ragazzo sbucò dalla macchia di abeti. L'erba del giardino era cresciuta a dismisura, insieme a fiori selvatici e qualche pianta mai vista prima. Il capanno degli attrezzi sembrò più fatiscente del solito quando Samael aprì la porta per fargli posare le assi. « Ben fatto, uccellino. Ora puoi farci da mangiare ». Lui fece una smorfia insofferente, massaggiando la spalla destra. Era da una vita che non cucinava. « Spero che a Den piaccia la roba piccante ».
    I Demoni non erano tutti uguali, ma la maggior parte apprezzava i gusti decisi. Peccato che nel momento in cui entrarono in casa vi fosse già un delizioso profumo di curry nell'aria. Magari la compagna di Samael si era stancata di aspettare e aveva iniziato a prepararlo? La porta si aprì con un cigolio sinistro, rivelando il salotto tirato a lucido, con il tavolo basso imbandito di ogni ben di Dio e palloncini appesi per la stanza. « Ma che... sul serio? » chiese, totalmente spiazzato. Non festeggiava un compleanno da secoli, lo striscione dei suoi tredici anni appeso a conferma della cosa. « Sorpresa! » gridò Altayr, uscendo dal suo nascondiglio in cucina, e improvvisamente si fece tutto più luminoso. Non si era ancora ripreso dallo shock quando la ragazza si gettò tra le sue braccia, rispedendolo indietro di un paio di passi. Qualcosa non quadrava, era troppo felice per essere ancora sveglio. Assomigliava a uno dei sogni che faceva di rado, dove non era nessuno di importante e passava ogni giorno insieme alla compagna. La cosa si concretizzò non appena strinse forte Altayr, alzandola di qualche centimetro da terra perchè arrivasse più vicina la suo viso. Era la prima volta che la vedeva con una treccia, e le donava molto. A giudicare dal profumo dolciastro e le guance sporche di farina, c'era il suo zampino dietro alla loro cena. « Finalmente » mormorò, il sorriso a contagiarlo inevitabilmente. Le stesse parole gli aleggiavano nella testa da un po', nemmeno fossero in grado di leggersi nel pensiero a vicenda. « Sì, davvero ». Izar ripulì una spolverata di farina dal suo naso, ricambiando lo sguardo di pura contentezza riflesso negli occhi smeraldini di lei. Distolse l'attenzione solo per un attimo, il tempo di fare cenno a Samael di guardare in un'altra direzione. Se ne stava lì con l'espressione da ebete, aspettando qualcosa che il Corvo non gli avrebbe mostrato. « Ti dispiace? » sbottò il ragazzo, benedicendo l'arrivo di Deneith. Prese il suo Demone per un braccio e lo trascinò in cucina prima che si mettessero a litigare, leggendo l'atmosfera d'intimità appena creatasi. Diamine, non si vedevano da più di due mesi, un po' di privacy era d'obbligo. « Molto meglio ». Si appropriò di quelle labbra ancora distese in un sorriso, rievocando il ricordo della meravigliosa sensazione che gli procuravano a contatto con le sue. Altayr era così... irresistibile. Provò a separarsi da lei dopo un bacio frettoloso, ma non era per niente soddisfatto. Diede il tempo all'Aquila di riprendere fiato e tornò all'attacco, stavolta approfondendo il gesto con più sicurezza. Era brava in quel che faceva, anche troppo per il suo autocontrollo. « Sei il regalo migliore che potesse capitarmi » le sussurrò all'orecchio, scendendo poi a tormentare il profilo invitante del collo con un morso a fior di pelle. Fu allora che intercettò lo sguardo malizioso di Samael, intento a sbirciare dalla porta semi aperta della cucina come un vero maniaco. « Ma la vuoi piantare?! ». Grazie al cielo non aveva nulla a portata di mano da lanciargli, o la cosa sarebbe degenerata nella solita rissa. Non voleva rovinare il salotto proprio quella sera. « Guardalo, Den. Tutto il suo papà! » disse con orgoglio alla donna dietro di lui. Deneith fece un cenno di scuse ai due ragazzi, accarezzando il profilo gonfio della pancia. « Dovete scusarlo, è un idiota ».
    Il fatto che l'avesse comunicato con la più angelica delle espressioni rese l'offesa bruciante, ma Samael non si azzardò a ribattere. Propose di iniziare a mangiare, vista l'ora tarda, e Izar accantonò il suo bisogno di contatto fisico per lasciare posto alla cena. Diede un'ultimo bacio sulla fronte di Altayr e prese posto al tavolo basso del salotto, grande abbastanza per tutti. A Deneith avevano riservato una montagna di cuscini, com'era giusto che fosse. « La tua ragazza è stata bravissima » commentò la donna, mentre lei correva in cucina a recuperare i piatti insieme a Samael. « Si vede che ci teneva tanto ». Il Corvo seguì la sua dolce metà con lo sguardo, l'aria trasognata e la voglia di darsi un pizzicotto per scoprire se stesse effettivamente sognando. « Lo so, mi è andata di lusso » rispose con una punta d'orgoglio. Si era presa un disturbo non indifferente per viaggiare fin lì e cucinare per quattro, anche considerati i pochi soldi che riusciva a mettere da parte. Doveva assaporare ogni boccone per rispetto. La mutaforma arrivò con una pentola in terracotta che emanava un profumino delizioso, il piccante già a punzecchiargli la lingua, finché Samael posava i piatti e maneggiava il mestolo a mo' di bacchetta. « Okay, prima al festeggiato! ». Wow, un gesto così compassionevole da parte del tutore non se lo aspettava proprio. Di solito si buttava sul cibo come se non mangiasse da giorni, spazzolando qualsiasi cosa commestibile nel raggio di chilometri. Izar guardò il curry scivolare sul riso bianco fino a coprirlo quasi del tutto, lo stomaco che gorgogliava anticipando la cena. « Davvero l'hai fatto tu? » domandò ad Altayr quando si sedette alla sua destra. Alla risposta affermativa fece un fischio di approvazione, sorpreso dalle sue doti culinarie nascoste. « Ah, lo state dando a me perchè devo fare da cavia, giusto? Tranquilli, non è avvelenato ». Il rosso tirò un sospiro di sollievo, beccandosi una gomitata nelle costole dalla compagna. Izar ridacchiò dell'espressione offesa di Altayr e mise in bocca il primo assaggio, nonostante fumasse ancora. Diamine, era buono, e aveva usato il manzo al posto del pollo (in quanto mezzi volatili ci stavano attenti, a certe cose). « Dovrei compiere gli anni più spesso ». Da quanto non mangiava in compagnia di facce conosciute, seduto ad un tavolo, senza il fedele consigliere ad elencare gli impegni del giorno? Pareva che il cibo stesso avesse riacquistato sapore tra le mura domestiche, nel luogo in cui era cresciuto e sentiva di poter chiamare casa. Magari fosse durato per sempre. Messi da parte i pensieri malinconici, il Corvo fece il bis e bevve giusto mezzo bicchiere del vino bianco portato da Deneith. « Oh, non abbiamo fatto il brindisi! » ricordò la donna, versando il vino a tutti (lei compresa). Alzarono i bicchieri al centro del tavolo con un "tanti auguri" in coro che lo mise in imbarazzo, disabituato com'era ai compleanni, ma apprezzò il gesto. Per la società demoniaca era adulto da un pezzo, non si sentiva diverso o più responsabile del solito. L'unico cambiamento visibile era stato nel fisico, e non c'entrava con il fatto di avere vent'anni. Finito il pasto chiacchierarono allegramente in attesa che il curry si sistemasse nello stomaco, in particolare del bambino in arrivo. Durante la conversazione Izar tenne la mano dell'Aquila stretta nella sua, giocherellando con le dita sottili e massaggiandole il palmo con il pollice, gli occhi che vagavano sulla sua figura un po' troppo spesso. « Secondo il dottore dovrebbe nascere a settembre. Presto avrò bisogno di una mano, giù al negozio » li informò la futura mamma. « Altayr, spero che tu sia ancora interessata. Mi sembri una che se ne intende ».
    Per quanto vantaggioso fosse, Izar non gradiva che la mutaforma rimanesse a Sunda. Certo, erano più vicini, e magari si sarebbero visti spesso, ma la città riservava brutte sorprese a quelli della loro razza. - Solo per qualche mese, devo avere pazienza -. Già, e poi? Il loro futuro era così incerto da spaventarlo, a volte. L'assenza di calore improvvisa lo riportò sulla terra, mentre la fidanzata andava a recuperare il dolce in cucina. Aveva avuto il tempo di preparare una torta, e bella voluminosa, anche. Meglio iniziare a pianificare il suo compleanno da subito, per non farsi trovare ad ottobre con qualcosa di patetico preso al supermercato. Doveva ricambiare la gentilezza di almeno dieci volte. « Oh, vi prego, le candeline no! » protestò, in contrasto all'aria soddisfatta del tutore e la ragazza. Anziché soffiarci sopra, Izar evocò un venticello con solo un gesto dell'indice, spegnendo le piccole fiamme finché non rimase altro che l'odore della cera e rivoletti di fumo. Beh, Altayr era una continua sorpresa. Se anche la torta era opera sua, aveva indovinato in pieno i suoi gusti. In bocca non era eccessivamente dolce o stomachevole, e mandando giù sentiva un retrogusto di liquore. « Sei brava, maestà. Devo chiederti di cucinare più spesso » le disse, prendendo un'altra fetta. Lui con i dolci non aveva affinità, ne mangiava pochi e non sapeva bene come prepararli, quindi si compensavano. Dal canto suo, l'Aquila sembrava andarne matta, vista la velocità con cui mangiava, informazione da annotare per occasioni future. A fine pasto erano tutti sazi e mezzi insonnoliti, complice la brezza fresca che spirava dalla porta della veranda. Sapeva di erba umida e legno, gli era mancata. Deneith fu la prima a prendere congedo, dicendo di doversi sdraiare per un attimo e recuperare le forze. Ovviamente Samael non le diede nemmeno il tempo di alzarsi in piedi, prendendola in braccio e salendo le scale del secondo piano, dove stavano le camere. Chissà quanta polvere c'era nella sua stanza, a proposito. Probabilmente era inagibile da mesi. Beh, l'idea di un letto era molto invitante, bastava trovare qualcosa che ci assomigliasse e... Izar guardò fuori, dove una porzione di giardino, sgombra dalla giungla di erbacce cresciute tutt'intorno, gli diede un'idea. Ignorò la tavola da sparecchiare, troppo impegnato a frugare nella cassettiera alla ricerca di uno dei tanti oggetti della sua infanzia. « Ma dove... ah, eccola! » esclamò, tenendo in mano una coperta verde scuro consumata dagli anni.
    « Andiamo a cercare un po' di stelle, ti va? ». Quando si avvicinava la bella stagione il Corvo trascorreva fuori la maggior parte delle notti, libro di astronomia e pila alla mano per leggere al buio quali costellazioni rintracciare. Ora le conosceva a memoria, ma ripassare non faceva mai male. Prese per mano Altayr e la condusse fuori, dove ormai delle luci del tramonto non restava molto. Senza illuminazione artificiale si potevano scorgere una miriade di lucciole attorno allo spiazzo erboso, dove il ragazzo stese la coperta.
    Coricati sulla schiena e con gli occhi rivolti al cielo, i due mutaforma condivisero un momento di tranquillo silenzio, lui con le braccia incrociate dietro la testa e lei allacciate in grembo, intenti a fare il primo giro di ricognizione. La costellazione dell'Aquila non si vedeva nel mese di maggio, peccato. « Non vedo Izar. Una volta la trovavo al primo colpo » si lamentò, sforzando gli occhi per arrivare fin lassù.
    « E dire che dovrebbe essere la più brillante di tutte, mh? ».
    La stessa frase che Altayr aveva detto al loro ultimo incontro, una piccola vittoria che conservava gelosamente. Rise del sospiro rassegnato che gli rivolse, insinuando il braccio sulle sue spalle e attirandola a sé. « Grazie per stasera. Sei stata impeccabile, e il tuo curry era quasi migliore del mio. Dovrai cucinarmene un bel po' prima di rubarmi il titolo ».
    E questo implicava almeno una vita di cene insieme, una clausola sottintesa che non disse ad alta voce.

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    « Parlato/Izar » - Pensato/Izar - « Parlato/Altayr »

    { Izar Al'Nair Mutaforma Corvo 19 y/o 20 Maggio ♉ Char. Sheet }
     
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    I secondi che il Corvo impiegò ad abbracciarla fecero capire che fosse rimasto sbigottito dalla piccola festicciola che il tutore, la sua compagna ed Altayr erano riusciti a preparare. Non era la festa più lussuosa di sempre, ma il ragazzo sembrò apprezzare il gesto, considerando il largo sorriso che gli si disegnò sulle labbra. La ragazza avvertì la stretta di lui dietro alla sua schiena, e arrivò perfino a sollevarla da terra. Le braccia che la cingevano in quel momento, cielo, quante volte aveva desiderato trovarsi tra di esse? Gli abbracci di Izar erano il suo rifugio, era come sentirsi a casa, non importava dove. Si perse nel verde acceso dei suoi occhi per l'ennesima volta da quando si erano conosciuti, mentre lui spazzò via lo sporco dal suo viso con un unico gesto. Riusciva a leggere la contentezza nel suo sguardo, e vederlo sorridere in quel modo ripagò tutti i suoi sforzi: gli straordinari al lavoro per riuscire a pagare il viaggio a Ta Nulli, lo studio extra in modo da dare alcuni esami per avere il weekend libero, e anche i pasticci che aveva combinato ai fornelli. Ne era valsa la pena. « Ti dispiace? » il Corvo indirizzò uno sguardo spazientito dietro le sue spalle, perciò si voltò giusto in tempo per vedere Deneith trascinare il compagno fuori dalla stanza, consentedogli qualche istante in solitudine. Quell'uomo non si smentiva mai: i mesi trascorsi a Sunda lo avevano forse reso più responsabile, ma rimaneva sempre una vecchia volpe. « Molto meglio » « Grazie » gli fece eco Altayr, il tono quasi canzonatorio, per poi tornare a focalizzare l'attenzione sul viso di Izar. Il bacio improvviso la colse di sorpresa, e, neanche a dirlo, il battito cardiaco accelerò appena le labbra del ragazzo furono sulle sue. Come aveva fatto a sopravvivere tutto quel tempo senza averlo accanto? Diamine, avrebbe dato qualunque cosa per farlo restare lì, con lei, e baciarlo ogni volta che ne aveva voglia. Izar interruppe il contatto senza che lei ne avesse abbastanza, e gli fu grata quando annullò le distanze una seconda volta. Dopo mesi senza vedersi, sentiva di aver bisogno di lui come ossigeno. Le sue dita si slegarono da dietro la schiena del ragazzo, risalendo fino al collo, a sfiorare i capelli. Anche a distanza di tempo, stare a contatto con lui le provocava sempre reazioni di cui avrebbe fatto volentieri a meno: batticuore, stomaco sottosopra, guance rosse come pomodori. Non si sarebbe mai abituata. « Sei il regalo migliore che potesse capitarmi » bisbigliò, ed Altayr sentì mancare un battito. Izar conosceva perfettamente i suoi punti deboli, maledizione. Quella frase le provocò un brivido lungo tutta la schiena, le labbra del ragazzo che passavano dalla bocca al collo, e le venne spontaneo avvicinare il viso alla sua spalla, tentando di nascondere le gote irrimediabilmente arrossate. Quel ragazzo era terribilmente scorretto, ma in fondo era uno dei tratti del suo carattere che aveva fatto sì che perdesse la testa per lui. La giovane fu distratta da un altro rimprovero di Izar, e seguendo la direzione del suo sguardo intercettò quello di Samael, intento a spiarli dietro la porta socchiusa della cucina. Altayr si coprì d'istinto il punto in cui il Corvo l'aveva morsa delicatamente e divenne paonazza in viso. « Guardalo Den. Tutto suo papà! » quel commento le fece trattenere una risatina al vedere l'espressione sinceramente scocciata del suo pupillo, unito al fatto che il Demone lo ammettesse con tanta leggerezza e orgoglio. Deneith, d'altro canto, lo dileguò con un candido sorriso, in netto contrasto con quello che uscì in seguito dalla sua bocca. Era una donna dal pugno di ferro, anche se la sua tipica espressione bonaria riusciva a trarre in inganno. L'Aquila accettò di cominciare a mangiare e servire al tavolo, abbandonando a malincuore le braccia del ragazzo, e un sorriso spontaneo le nacque sulle labbra quando lui si avvicinò per posarle un candido bacio sulla fronte. Seguì Samael in cucina, dando un'ultima occhiata al curry. « Che profumino » esclamò il Demone intento a recuperare quattro piatti, facendo attenzione che non fossero eccessivamente rovinati. « Se lo dici tu mi fido » l'Aquila rise piano, mestolo alla mano per servire il cibo. L'ultima volta che lei e Samael si erano visti era stata nelle prigioni della residenza Al'Nair, a Sunda, e a vederli in quel momento insieme aveva quasi dell'incredibile. Pensava di dover combattere una dura lotta per riuscire ad ottenere la fiducia di Samael, ma per fortuna si era rivelato più ragionevole del previsto. Eppure, aveva come l'impressione che tenesse ancora la guardia alta in sua presenza. L'uomo le prese il mestolo dalle mani mentre lei prendeva la pentola e la appoggiava sul tavolo. Rise dell'espressione impaziente e palesemente affamata del Corvo, e Samael fu così gentile da occuparsi di distribuire le porzioni.
    « Davvero l'hai fatto tu? » Izar la accolse al suo fianco esterrefatto, ed Altayr si riempì il petto d'orgoglio. « Cos'è, non mi credi? » sospirò contenta, scambiando uno sguardo d'intesa con Deneith, che la guardava con un sorriso materno sulle labbra. Se non l'avesse aiutata, probabilmente sarebbero finiti per mangiare l'insalata confezionata che si poteva tranquillamente trovare al supermercato. « Ah, lo state dando a me perché devo fare da cavia, giusto? » La ragazza lo guardò in tralice, aspettando a mani tese il suo piatto. « Tranquilli, non è avvelenato »
    « Sei sempre il solito » lo rimproverò, rifilandogli un pugno
    - non troppo forte - alla spalla, le sopracciglia corrugate.
    « Ingrato » aggiunse, ma sorrise quando il ragazzo affermò che gli piacesse. Aveva preparato, furbamente, il piatto forte di Izar, e chissà se l'aveva interpretato come una sfida. Sentir dire che era effettivamente buono era veramente appagante. La serata continuò nel migliore dei modi, e quando venne il fatidico momento della canzone d'auguri - tra le tante persone che la temevano c'era anche Altayr - il Corvo si imbarazzò, al contrario degli altri presenti che a vederlo in quello stato si abbandonarono ad una risata. Quell'atmosfera le sembrava quasi surreale. Le ricordava i pasti consumati in compagnia dei colleghi assassini, nascosti nella base a Mekar Ledo. Era una delle poche donne a consumare il cibo in compagnia dei colleghi uomini, e si divertiva sempre come non mai. Della sua vita da sicario, rimpiangeva il tempo trascorso amichevolmente in compagnia degli altri assassini, dei suoi amici, perché questo erano diventati con il passare del tempo. I suoi superiori l'avevano allontanata dalla gilda il giorno dopo il fallimento della missione per un lasso di tempo indeterminato, lasciandola senza soldi o sostegni. Uno dei suoi pochi punti fermi era scomparso, e sul momento si era sentita spaesata e confusa come non mai. Lei era brava nel combattimento, con le armi, non sapeva fare altro, cosa ne sarebbe stato di lei? Per fortuna c'erano sua madre e Izar, le sue uniche certezze. Si sarebbe inventata qualcosa nel frattempo, ma finché loro due sarebbero rimasti al suo fianco sentiva di potercela fare. Doveva avere coraggio, doveva essere disposta a cambiare. Più facile a dirsi che a farsi. Si impegnò a partecipare alla conversazione senza perdere il filo del discorso, e quando Izar le strinse la mano ricambiò immediatamente il gesto, sorridendo al solo contatto. Lo lasciò giocherellare con le dita, il cuore che le batteva un po' più veloce ogni volta che aumentava la stretta.
    « Secondo il dottore dovrebbe nascere a settembre » Un meccanismo nella mente dell'Aquila si azionò, come sempre quando si trattava di compleanni, e collegò il mese di settembre al segno zodiacale della Vergine. « Presto avrò bisogno di una mano, giù al negozio. Altayr, spero che tu sia ancora interessata » gli occhi scuri della donna finirono sul suo viso, e Altayr le sorrise senza riuscire a nascondere l'entusiasmo.
    « Quando vuoi » non poteva lasciarsi sfuggire alcuna offerta di lavoro, e poi si parlava di un'armeria, il suo regno. Certo, avrebbe preferito starsene lontana da Sunda ancora per molto, ma c'era Izar. Avrebbe dovuto cominciare a mettere da parte qualche soldo. Una volta lì, non era sicura di riuscire a mantenere lo sguardo basso mentre i Demoni la studiavano con disprezzo da capo a piedi come le era già capitato, purtroppo. Alzò lo sguardo sull'orologio fisso alla parete, notando di come mancassero pochi minuti alla mezzanotte, e si alzò di fretta per prendere il dolce rimasto in cucina, lasciando riluttante la mano del ragazzo. Trovò la scatola di candeline nel grembiule, e cominciò ad affondarle nella superficie soffice del dolce. Erano esattamente venti, e lasciò le rimanenti in uno dei cassetti della cucina. Non era riuscita a decorarla in alcun modo, ma sperava potesse apprezzarla ugualmente. Appena le vide, Izar sbottò in segno di protesta, e Altayr e Samael risero all'unisono. Sperava che anche la torta le fosse venuta bene, sapeva che i cibi troppo dolci non erano i suoi preferiti, perciò aspettò un suo commento prima di cominciare a mangiare. « Sei brava, maestà » le fece, e non poté fare a meno di sorridere sia per il complimento che per quel soprannome che tanto le era mancato. Una volta finita anche la torta, Deneith si ritirò accompagnata da Samael, che la accompagnò al piano superiore senza battere ciglio. Lo sguardo di Altayr vagò sulla tavola ancora imbandita, ma non aveva alcuna voglia di sparecchiare. Allungò le gambe sotto il tavolo sgombro e si distese, le mani allacciate dietro la testa. Chiuse gli occhi, ascoltando i passi di Izar sul pavimento e il canto delle cicale all'esterno. Sentì il suono della voce del compagno, e sollevò una delle sue palpebre. Lo vide stringere tra le mani ciò che sembrava una coperta di colore scuro, e si chiese cosa avesse intenzione di fare. Si sollevò sui gomiti e prima che potesse fargli una domanda, lui la anticipò con una richiesta che lei accettò al volo. Forse il fatto che portassero il nome di due stelle spiegava l'interesse che entrambi nutrivano per il firmamento e gli astri. Si distesero sulla coperta in giardino, in un angolo dove l'erba non era troppo alta, e stettero in silenzio per un po', gli occhi a vagabondare da una stella e l'altra per congiungerle tra loro. Di attimi di tranquillità come quello se ne era concessi pochi ultimamente, e guardare le stelle la calmava. Si sentiva legata al cielo notturno in qualche modo, in quanto volatile e il suo nome parlava da sé. Altair non era visibile nel mese di maggio, perciò lo sguardo andò subito a cercare i due Carri. « Non vedo Izar. » si voltò verso il Corvo preso dalla sua ricerca. Sembrava esserne sinceramente amareggiato. « Se avessi preso gli occhiali, forse » rispose ridacchiando. « E dire che dovrebbe essere la più brillante di tutte, mh? » stavolta quello che rise fu lui, e Altayr sospirò incrociando le braccia al petto, mentre le sue guance si coloravano appena al ricordo delle giornate passate insieme a Sunda, quando aveva rischiato di perderlo. Averlo ancora accanto era la sua più grande fortuna.
    « Scommetti che la trovo in men che non si dica? » disse in tono di sfida, lasciando che il ragazzo la stringesse contro di lui. Non fece in tempo a cominciare la ricerca che le sue parole la distrassero, e si voltò in modo che i loro occhi si incrociassero. « Preparati ad una sconfitta bruciante, passerotto » disse di rimando con un mezzo sorriso, prendendo sul serio la competizione. Sì, perché questo stava a significare che si sarebbero rivisti. E se avrebbe dovuto cucinare abbastanza da riuscire a preparare un curry migliore del suo, beh, voleva dire che magari sarebbero rimasti insieme per molto tempo. A volte le capitava di fantasticare sulla loro vita insieme, ma era presto ancora. Eppure, se doveva immaginare qualcuno al suo fianco tra qualche anno era proprio Izar. Lo desiderava come poche altre cose al mondo. Sperava sul serio che in futuro potesse succedere.
    "Sono diventata una romanticona, diamine" si disse, individuando il Grande Carro. Da lì, sarebbe riuscita a trovare facilmente la costellazione di Boote, alla quale apparteneva Izar.
    « Sono felice, sai? Felice come non mi capitava da tempo » confessò, beandosi del lieve tepore dei loro corpi ravvicinati. Nel frattempo, i suoi occhi tracciavano una linea immaginaria tra un corpo celeste e l'altro. Eccola, Arturo, e lì vicino si trovava la stella che gli interessava. « Trovata, lassù » gli indicò il punto esatto, ma non riuscì a capire se Izar stesse facendo finta di non vederla nonostante le sue indicazioni o non la vedesse davvero, ma riuscì a farla ridere ugualmente. Ormai l'unica stella che gli interessava non si trovava in cielo, bensì accanto a lei. « Mi spetta un premio, me lo terrò da parte » annunciò, posando un buffetto sulla guancia del ragazzo. Rivolse ancora gli occhi a cielo, studiando le stelle della costellazione di Boote, ma il suo sguardo ritornava sempre su quella che portava il nome della persona che aveva accanto. « Come vanno le cose a Sunda? » domandò, stringendo la mano che le circondava le spalle. Al telefono non potevano parlarne in modo dettagliato, la reggia Al'Nair non era un luogo sicuro per certe rivelazioni, ma ad Altayr interessava davvero. Stava affrontando tutto questo da solo, e lei avrebbe voluto essergli di qualche aiuto. Lo stette ad ascoltare, e non poté fare a meno di notare di come facesse sembrare le cose più facili di quel che effettivamente erano.
    Gli occhi di Altayr passarono dal viso del ragazzo al cielo notturno, e in quel momento una stella cadente si fece largo nell'oscurità. La mutaforma spalancò gli occhi, estasiata, tirandosi su di scatto.
    « L'hai vista? » fece ad Izar, una palese eccitazione nella voce. Non era la prima che vedeva, figurarsi, con tutte le volte che stava con gli occhi rivolti all'insù, ma era sempre una bella sensazione.
    « Esprimi un desiderio » esclamò infervorata, chiudendo gli occhi a sua volta. Quella stella l'aveva colta di sorpresa, non sapeva proprio cosa chiedere. E non perché non ne avesse, di richieste, bensì perché erano fin troppe e superficiali. "Fammi superare l'esame di scienze. E vorrei un lavoro, magari. Se chiedo di proteggere la mamma e Izar è troppo?" Fu veloce nella sua richiesta, dato che quando riaprì gli occhi il Corvo li aveva ancora chiusi. Era bello, bello sul serio. Sorrise nel vederlo stare al gioco, e si sporse verso di lui tentando di non far rumore. Posò sulle sue labbra un bacio furtivo, ma prima che potesse riaprire gli occhi Altayr tornò sulla sua bocca per un contatto più lungo e affettuoso, una mano a risalirgli fino al collo. Non ne avrebbe avuto mai abbastanza, suo malgrado, e al tempo stesso le sarebbe bastato per tutta la vita. Una cosa del genere era lontanamente concepibile?

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    In una sfida che coinvolgesse la vista, Izar non poteva proprio spuntarla. Le Aquile erano famose per quella, e lui aveva lasciato gli occhiali nel borsone in camera sua. Quanto al curry, beh, aveva ancora un minimo di vantaggio. Guardò in tralice la ragazza, tutta concentrata nella ricerca della stella che lui proprio non vedeva. Le continue trasformazioni in forma berserk stavano avendo degli effetti collaterali su quella umana, privandolo man mano di una o due diottrie per volta. Se non entrava in circolo il sangue di Corvo, Izar poteva dirsi pressoché cieco, almeno per quanto riguardava gli oggetti distanti. « Sono felice, sai? Felice come non mi capitava da tempo ». Strinse di riflesso la presa attorno alle sue spalle delicate, sorridendole di rimando. « La tua felicità è la mia ». Altayr indicò il suddetto corpo celeste all'improvviso, impossibile dire dove puntasse realmente. Tutto ciò che vedeva si riduceva ad un ammasso scuro e sfocato. « Mi spetta un premio, me lo terrò da parte » disse trionfale la fidanzata. « Ehi, che ne è stato del mio premio? Sai, di quella volta in biblioteca ». Già, quella volta in cui era già stracotto di lei e avrebbe pagato fior di quattrini per un massaggio alle spalle, o meglio, per sentire le dita sottili della mutaforma su di lui. Ringraziò la pazienza che l'aveva condotto fin lì, con l'oggetto dei suoi desideri tra le braccia e la sua voce sussurrata nell'orecchio. « Come vanno le cose a Sunda? ». Izar fece spallucce, la mano che la attorniava a giocherellare con la lunga treccia. « Siamo riusciti a riprenderci l'ultima zona ad ovest, ma la famiglia che la possedeva ci ha chiesto la rivincita. A quanto pare non hanno accettato la sconfitta da parte di un "bastardo mezzosangue" ». Era difficile che i Demoni si abbassassero a tanto, ma i Mordecai sembravano intenzionati a tenersi quello stupido pezzo di terra in eterno. « Tu quante milioni di cose sei riuscita a fare nel frattempo? Dovresti prendere una pausa, scommetto che anche tua madre è preoccupata ». La conversazione fu interrotta dallo svelto passaggio di una stella cometa sopra le loro teste. Fu un baluginio quasi impercettibile per il Corvo, un flash passeggero, ma Altayr l'aveva vista bene. « Esprimi un desiderio » lo incoraggiò, serrando subito gli occhi. Da tempo ormai non credeva nella fortuna, eppure decise di accontentarla. Cosa poteva chiedere? Gli sarebbe servita una pioggia di asteroidi per rimettere in sesto la sua vita.
    Per prima cosa domandò che la fidanzata trovasse presto una sistemazione vantaggiosa, poi riservò uno spazietto al futuro bimbo di Samael, e infine pregò che lo scontro con l'erede dei Mordecai andasse bene, tanto per scaramanzia. Chissà se ne poteva fare così tanti insieme? Magari poteva includere un'altra sessione di coccole con la sua dolce metà?
    La pressione delle labbra morbide della fanciulla lo colse alla sprovvista, facendogli trattenere il respiro mentre da un bacio fugace il contatto si prolungava. Le dita di Altayr gli solleticarono il collo, le strinse tra le sue con un sorriso sghembo che affiorava man mano. Di sicuro riusciva a sentire la vena della giugulare che emulava i battiti del cuore, sempre troppo veloci quando le gli stava vicino.
    « Non sapevo che si avverassero così in fretta » bisbigliò, appena riuscirono a separarsi. « Avrei dovuto chiedere molte più cose ». Metà delle quali non si potevano dire ad alta voce. Lo stava mettendo a durissima prova quella sera, tra festa a sorpresa, baci interminabili e carezze. Più quegli occhioni verdi lo fissavano, più il suo autocontrollo cedeva, pezzo per pezzo. Si mise a sedere in fretta solo per scivolare sopra di lei, sostenendo il peso su un gomito mentre affondava il viso nell'incavo del collo, dove il suo profumo sembrava più persistente. Con il corpo ad aderirgli contro fu impossibile per Izar tenere la mano a posto, facendola passare dalla coscia alla forma perfetta del fondo schiena, su cui si soffermò di proposito dandole un pizzicotto, estremamente divertito dalla sua espressione. La tenne occupata con un altro bacio finché risaliva al ventre piatto, teso al suo tocco quando s'infilò sotto la maglietta. L'Aquila era snella, ma tutt'altro che fragile. Essere un sicario doveva prevedere non pochi allenamenti per raggiungere risultati del genere, eppure, imprigionata nella sua stretta, Altayr pareva molto docile. La mano passò dal ventre alla parte bassa della schiena, facendola inarcare contro il suo busto e strappandogli un mormorio soddisfatto. Era perfetta, da ogni angolazione e punto di vista. « Altayr » la chiamò, con una voce che sembrava arrivare da metri e metri di profondità,
    « vuoi dormire con me, stanotte? ». La serietà con cui lo chiese sorbì l'effetto desiderato. Sapeva che aveva capito l'implicazione di quella domanda, con tutto quello che conseguiva. Da parte sua, Izar non si era mai sentito così attratto da qualcuno come in quel momento, era innamorato pazzo di lei e voleva dimostrarglielo non solo a parole, ma soprattutto a gesti. Diamine, il cuore pompava talmente forte da risuonargli nelle orecchie, e sapeva che il maledetto corvaccio si stava dibattendo per risalire a galla. Attese la risposta con il fiato sospeso, senza arretrare di un solo centimetro dal corpo invitante di lei, che per una volta voleva vedere ed esplorare nella sua interezza.

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    Izar era ormai diventato una dipendenza, meglio di ogni altra cosa. Averlo vicino faceva sembrare tutto migliore, un po' più luminoso, e una luce nelle tenebre era quello che le serviva. Non aveva paura del buio, ma sapeva che alla fine del tunnel ci sarebbe stato qualcosa di bello e gratificante. E Izar era quel qualcosa. Era certa che se glielo avesse detto la avrebbe guardata in modo strano, probabilmente soffocando una risatina, però era vero, diavolo se era vero. « Non sapevo che si avverassero così in fretta » Altayr sentì le guance accaldarsi prima che potesse decifrare il significato di quella frase. Rise piano appena ne venne a capo, le loro fronti così vicine da toccarsi. « Ti avrei dato un bacio anche senza stella cadente » sorrise, alzando gli occhi al cielo per un breve istante, fingendosi esasperata. La verità era che il solo pensiero la mandava in brodo di giuggiole, e per il continuo sorridere le facevano male gli angoli della bocca. Altayr abbassò lo sguardo sul viso del ragazzo, di nuovo. Era impossibile sfuggire alle iridi luminose del Corvo, che al buio sembravano ancora più brillanti del normale.
    « Avrei dovuto chiedere molte più cose » fece lui, e la mutaforma sghignazzò. « Appena ne vedo un'altra te lo dico, allora » Si allontanò a malincuore dal viso di Izar, ma non fece neppure in tempo a volgere ancora lo sguardo verso il cielo notturno che il ragazzo scivolò sopra di lei, i loro corpi a stretto contatto tra loro. Altayr non si rese neppure conto che stesse trattenendo il respiro, i capelli e la punta del naso di Izar a solleticarle il collo. La ragazza soffocò una risatina, che si trasformò presto in un sospiro sorpreso appena sentì le dita del ragazzo pizzicarle il fondo schiena. « Ehi! » esclamò contrariata, anche se le guance tinte di un bel bordeaux e il battito fin troppo veloce del cuore la tradivano. Averlo così vicino non era affatto spiacevole, per quanto si fosse impegnata di cancellare ogni pensiero impuro dalla testa. Le labbra di Izar si unirono alle sue per un altro bacio, ma percepiva ugualmente il tocco del ragazzo sul suo corpo. Non era solo il battito accelerato a darle problemi, o le farfalle nello stomaco o la temperatura corporea che si era alzata d'improvviso. Stava succedendo tutto insieme, e più la mano di Izar sostava sulla sua pelle più perdeva ogni capacità di ragionamento. E pensare che solo lui riusciva a farle un effetto del genere. Le sue dita si insinuarono sotto il tessuto della maglietta che indossava, e poteva sentirle tracciare ogni più piccola cicatrice che le attraversava lo stomaco, prove incancellabili della sua vita da assassina e da guerriera. Non le aveva mai mostrate con fierezza, seppur dimostrassero che ne aveva passate di cotte e di crude. Molte di quelle si ricollegavano a vite che aveva tolto lei stessa, a missioni che ancora popolavano i suoi incubi, ma ora non le interessava. Forse Izar non le aveva neppure sentite sotto i polpastrelli. Percepì chiaramente la mano del ragazzo spostarsi dal ventre alla base della schiena, provocandole brividi lungo tutta la spina dorsale, e quando udì il mormorio di apprezzamento del ragazzo al contatto tra i loro corpi non poté far altro che sorridere. Lasciò andare le labbra di Izar che pronunciarono il suo nome con una voce profonda che le fece perdere un battito, e inchiodò gli occhi di lui ai suoi. In quel momento stava contribuendo al riscaldamento globale, ne era più che sicura. Gli attimi di silenzio le sembrarono interminabili, riempiti solamente dai loro respiri irregolari.
    « Vuoi dormire con me, stanotte? » Quella richiesta le mozzò il fiato, rendendo vano ogni tentativo di regolarizzare il respiro. Per un attimo si chiese se non avesse capito male, ma lo sguardo serio del compagno le fece intendere che no, ci aveva sentito forte e chiaro. Capiva da sola di cosa si trattava e dove il Corvo volesse andare a parare, e il cuore le esplose di gioia. Era contenta che fosse lui, che glielo avesse chiesto, che avesse scelto lei. Dio, lo amava così tanto. Fece per rispondergli, quando un mezzo sorriso le si disegnò sulle labbra. « Mh, non saprei » disse, e gli posò un leggero bacio sul mento, per poi passare alla linea della mascella e scendere lungo il profilo del collo, le mani intrecciate ai capelli color carbone del ragazzo. Era evidente di come l'attesa stesse divorando entrambi, e come nessuno dei due fosse bravo a nasconderlo. « Oh, Izar » sorrise quando i loro sguardi si incrociarono, incapace di emulare il tono serio di lui a causa della felicità che la pervadeva, « solo stanotte? » Spostò dal suo viso una ciocca di capelli ribelli, e gli rubò un bacio fugace a fior di labbra. Una notte non le sarebbe bastata. « Spero che questa sia la prima di tante altre » mormorò, annuendo lievemente con la testa. Era riuscita a dirlo alla fine, che l'idea di una vita insieme non le dispiaceva affatto: non lo aveva dichiarato in modo chiaro e tondo, ma ci si poteva arrivare facilmente. Da sola era forte, lo sapeva, ma con lui al suo fianco sentiva di essere invincibile. I due giovani si alzarono nello stesso istante, e Altayr si lasciò guidare dal ragazzo verso il piano superiore. Il frastuono del martellare del suo cuore sovrastava ogni altra cosa, e l'unico contatto che la convinceva che tutto stesse accadendo sul serio era la stretta della mano di Izar intorno alla sua. Era agitata, impossibile non esserlo, ma in confronto alla gioia e al desiderio che provava, i suoi dubbi sembravano minuscoli. Una volta aperta la porta della camera - chissà se era quella di Izar - scrutò il letto da dietro la spalla del compagno, e prima che entrassero gli lasciò un leggero bacio alla base del collo, un sorriso furbo a contrastare con le gote già lievemente accaldate. Le sembrava di essere la donna più ricca del mondo, e i soldi non centravano nulla. Aveva tutto ciò che desiderava tra le mani.

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    Altayr sembrò indugiare a quella proposta, solo per poi schernirlo con un sorriso furbesco. « Mh, non saprei » disse, come se le avesse chiesto cosa preferisse tra il mare e la montagna, finché i suoi baci lo portavano sempre più vicino ad un baratro senza ritorno. « Oh, Izar, solo stanotte? ».
    La tensione si allentò così in fretta che gli parve di perdere l'equilibrio, rapito da ogni minimo gesto della ragazza. Era un sì? Aveva capito bene? E se fosse stato un tranello per metterlo alla prova? « N... no, cioè... » balbettò il suo disagio fino a quando lei non gli chiuse la bocca con un bacio, lasciandolo confuso e ad occhi sgranati. « Spero che questa sia la prima di tante altre ». Dentro la sua testa sentì una folla esultare, nemmeno avesse vinto un premio in denaro da sistemarlo per tutta la vita. « Grazie, stavo per morire ».
    Ed era vero, l'ansia si era portata via una buona parte di ossigeno da cinque minuti a quella parte. Diede il tempo ad entrambi di fare i propri calcoli, radunare i pensieri, e infine prese Altayr per mano e la condusse in casa, dove aleggiava ancora il profumo della cena ed erano rimaste solo alcune luci soffuse ad illuminare l'ambiente. Camera sua, al contrario, era buia ed odorava di detersivo per pavimenti. Si era occupato delle pulizie il giorno prima, riesumando vecchi libri di scuola dimenticati, vestiti troppo stretti per il fisico che aveva attualmente ed altre parti della vita passata di studente. Solo Altayr non era cambiata, la stella polare a cui aveva fatto riferimento fino a quel giorno per non perdere la bussola. Il bacio che ricevette sul collo lo portò all'esasperazione, guardando la mutaforma come se fosse un piatto invitante alla sua mercé. Non appena chiuse la porta della stanza, tutta la luce si ridusse ad un fioco bagliore della luna, fuori dalla finestra, che delineava il contorno della figura davanti a lui. Era perfetta, ed era sua. Non ricordò come fossero finiti sul suo letto, tutto quel che accadeva gli sembrava distante come un sogno da cui non voleva svegliarsi. Percorse ogni singola cicatrice, ogni singolo centimetro di pelle, accogliendo la delicatezza di mani sconosciute che facevano altrettanto con lui. Izar indugiò sulla clavicola nuda, la curva del collo che era arrivato a mordere, passandovi la punta dell'indice in piena adorazione. Ora che non li divideva nemmeno un pezzo di stoffa si sentiva molto vulnerabile, ma felice come mai prima di quel momento. « Voglio farlo perchè sei tu » disse in un sussurro, spostando lo sguardo sul suo viso, « perchè sono... innamorato di te ». La verità delle sue stesse parole lo sconvolse, eppure era la risposta che cercava. Avvolse la compagna in un abbraccio, perdendosi nel profumo e nella sensazione del suo respiro a solleticargli la pelle. La prima di tante volte, aveva detto. Sperò davvero che fosse così, e che la seconda volta arrivasse presto.

    Il mattino arrivò inclemente, riscaldando la stanza attraverso i vetri graffiati privi di tende. Di solito Izar dormiva con le finestre aperte in quella stagione, ma il dettaglio gli era sfuggito, la sera prima. Al minimo movimento, fu chiaro che le gambe di Altayr non gli avrebbero permesso di fare un solo passo giù dal letto, attorcigliate alle sue finché dormiva tranquilla contro la spalla del Corvo. Era una benedizione ed una maledizione insieme, perchè più gli stava vicino, più i ricordi della loro notte d'amore riaffioravano, innescando reazioni che avrebbe preferito mettere a cuccia. Rimase a guardare il soffitto rattoppato per alcuni minuti, perso nei suoi pensieri, poi decise che solo un caffè lo avrebbe riportato nel regno dei vivi. Sgusciò via dall'intreccio di gambe sotto le coperte, sperando di non svegliare la sua dolce metà nel mentre, e andò a recuperare i vestiti da terra per rendersi presentabile al piano di sotto. In effetti c'era parecchio silenzio, chissà che ore erano. Incontrò lo sguardo di Altayr con aria colpevole, finchè ancora si infilava la maglietta.
    « Oh, scusami. Non volevo svegliarti ». A volte credeva che non dormisse affatto, in realtà. Le abitudini di cacciatrice erano difficili a morire. Il mutaforma la raggiunse, sedendosi sul bordo del materasso, e le spostò i lunghi capelli castani da davanti al viso per poter vedere meglio quelle incantevoli iridi verdi. « Tutto a posto, uccellino? ».


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    I palmi delle mani tastarono le pieghe del lenzuolo, e a dire il vero Altayr non si era neppure resa conto di aver indietreggiato fino a raggiungere il letto. I baci si erano fatti più lunghi e profondi, i respiri irregolari, mentre le dita esploravano il corpo bollente dell'altro. Ogni suo tocco le rimaneva impresso sulla pelle, e si ritrovò a trattenere il respiro nel momento in cui lui passò a tormentare il profilo del collo, uno dei suoi punti deboli. Izar sapeva esattamente come farle perdere la testa, e il fatto che non fossero soli in casa non aiutava affatto. Eppure condividere un momento del genere con lui bastava a renderla felice. Bastava lui. « Voglio farlo perché sei tu » Altayr schiuse gli occhi, tenuti chiusi fino a quel momento. Nonostante la stanza fosse immersa nel buio e solo la luce argentea della luna contribuisse ad illuminarla parzialmente, era sicura che Izar fosse una delle cose più belle che avesse visto. « Perché sono... innamorato di te » quelle frasi bisbigliate all'orecchio le fecero martellare il cuore nel petto, convinta che il suono potesse sentirsi anche all'esterno. Altayr si lasciò avvolgere dalle braccia di Izar, vestita solo della collana che lui le aveva regalato tempo addietro, ricambiando l'abbraccio e appoggiando la guancia nell'incavo della spalla. Era innamorato di lei, e non glielo aveva mai detto, non così esplicitamente. Quella notte a Sunda, due mesi prima, le aveva confessato di piacerle, ma poi le parole avevano lasciato posto ai gesti. Sentirselo dire era tutt'altra cosa, era una certezza. « Anche io, Izar » mormorò, incapace di fermare un sorriso spontaneo che nasceva sulle sue labbra. Da parte sua, lei non gli aveva mai espresso in modo chiaro i suoi sentimenti. Forse perché aveva paura che dal momento in cui l'avrebbe detto, non ci sarebbe stato alcun ritorno. O magari perché aveva sempre avuto timore di esprimere chiaramente ciò che provava, di mostrare un punto debole quando non poteva permettersi alcuna fragilità. Ferire qualcuno a lei caro significava ferire Altayr e, di conseguenza, guadagnarsi un biglietto di sola andata per l'inferno. Non avrebbe potuto sopportare la perdita di qualcuno a lei caro, e l'apparente vita da lupo solitario poteva salvare loro e salvare lei. Ma a lui poteva dirlo. Prese un gran respiro, e scoprì che le occorreva più coraggio di quel che immaginava. « Anche io sono innamorata di te » sussurrò, stavolta senza nascondere il viso nel suo petto. Era buio, non valeva, ma non volava una singola mosca. Le loro parole sovrastavano il silenzio, per quanto pacate, e già quello, di per sé, significava non nascondersi.

    • • •

    Pensava di essere scivolata in un sonno senza sogni, invece non era così. L'ultima volta che aveva dormito con il Corvo al suo fianco gli incubi non le avevano fatto visita, ma questa volta era diverso. C'era sempre lui, Izar, in piedi al centro di una stanza buia, lo sguardo carico d'odio. Altayr lo osservava dalla distanza, il pugnale in mano e la tuta nera da assassina. L'incubo finiva ogni volta nello stesso modo: lei lo uccideva nel momento in cui lui la chiamava "mostro". Tuttavia, quello sembrava più lungo del solito. Izar non parlava, e la mutaforma non muoveva un muscolo. Avrebbe voluto aprire gli occhi, ma non ci riusciva. "Prima che lo uccida, ti prego" la sua supplica silenziosa non venne ascoltata, perché le si presentava lo stesso scenario, senza alcuna modifica. Ad un certo punto, accadde qualcosa a cui mai aveva assistito in sogno: il ragazzo le sorrise, e proprio in quel momento un raggio di luce si infiltrò prepotente tra le tenebre. Venne catapultata senza preavviso nel mondo reale, e sentì le gambe di Izar sfuggire alle sue sotto le coperte. Schiudendo le palpebre, scoprì che il raggio luminoso del sogno altro non era che la luce del mattino che i vetri della finestra avevano lasciato entrare. Il rumore di passi leggeri sul pavimento arrivò ovattato alle sue orecchie e alzò la testa dal cuscino per poi delineare la figura di Izar intento a vestirsi. Altayr sorrise, catturando un ultimo scorcio del suo torso prima che si mettesse la maglietta, e non fece in tempo a distogliere lo sguardo dal compagno che lui lo intercettò. « Oh, scusami. Non volevo svegliarti » l'Aquila scosse la testa, appoggiando di nuovo il capo sul cuscino e occupando lo spazio disponibile sotto le coperte con le gambe, giusto per stiracchiarsi un po'. « Hai fatto qualcosa di imperdonabile, lo sai? » Il ragazzo si mosse poi verso di lei, sedendosi sul bordo del materasso e spostandole i capelli dalla fronte. La mutaforma sorrise in risposta, contenta che il viso del suo fidanzato fosse stata la prima cosa che aveva visto appena sveglia. Non le sarebbe dispiaciuto un futuro così. « Tutto a posto, uccellino? » La ragazza annuì, catturando la sua mano e giocherellando con le dita nel mentre. « Mai stata meglio » ammise, un perenne sorriso sulle labbra, e dopo qualche secondo si raggomitolò su sé stessa, il lenzuolo a coprirla fino alle spalle.
    « Dove hai trovato la forza di alzarti? » chiese, quasi sofferente. Lei non era troppo incline ad essere un tipo mattiniero, anzi, quasi per niente. Si addormentava tardi di notte, e quando la mattina si svegliava passava almeno un'altra ora nel letto prima di decidersi a cominciare la giornata. Aggiungendo che di prima mattina era assolutamente intrattabile, risparmiava a chiunque le sue frecciatine appena sveglia, una benedizione. Sua madre la rimproverava spesso per questo, ma lei negli anni non era migliorata. Vivendo da sola, poi, con nessuno a ricordarle che il mattino ha l'oro in bocca, si crogiolava tra le coperte quanto desiderava. Quel mattino, tuttavia, non poteva permetterselo. Magari Deneith e Samael erano già svegli e li aspettavano per la colazione - ne dubitava, ma era una possibilità - , ma soprattutto c'era Izar, era giunta fino a Ta Nulli per passare del tempo con lui. Doveva darsi una mossa. Alzò la testa, i capelli di nuovo davanti al viso, e raccolse tutta la forza di volontà a sua disposizione, che di mattina era davvero poca. « Forza Altayr » mugolò, mettendosi finalmente a sedere sul bordo del letto, tenendo il lenzuolo all'altezza del seno affinché non cadesse. Recuperò la biancheria in fretta, insieme alla maglietta che era caduta poco distante dal letto, infilandoseli con fare pigro. « Izar, s.o.s » disse, tendendo le braccia di fronte a lei in attesa dell'aiuto del fidanzato. Da sola non ce la poteva fare, appena sveglia sembrava uno zombie. Per fortuna una volta fuori dal letto le ci voleva poco per rimettersi in carreggiata. Il problema era, in effetti, abbandonare il caldo giaciglio. Fortunatamente, il Corvo giunse in suo aiuto, aiutandola ad alzarsi, e appena fu in piedi Altayr appoggiò la fronte sul petto del ragazzo, alzando lo sguardo in un secondo momento e sorridendogli. « Grazie » Gli diede un rapido buffetto sulla guancia, prima di prendere in mano i pantaloni che aveva indossato il giorno prima. Avrebbe preferito mettersi qualcosa di pulito, ma aveva lasciato il borsone con tutti i vestiti al piano inferiore. Avrebbe potuto farsi una doccia dopo colazione, ma l'idea di sostituire il profumo di Izar con quello di un ordinario bagnoschiuma non le piaceva più di tanto. Quella notte era stata magnifica, e solo a pensarci le venivano i brividi. Sorrise tra sé e fece scivolare un elastico che aveva intorno al polso fino alle dita, con l'intenzione di legare i capelli in una crocchia tanto temporanea quanto disordinata, e nel mentre prese ad osservare il Corvo da sopra la spalla. A dirla tutta, le sembrava ancora surreale. Loro due, sul serio? Fino allo scorso autunno non ci avrebbe scommesso un solo Dral, ed ora sarebbe stata disposta a dare la vita per lui. Non credeva nel destino, ma se esisteva, aveva un gran senso dell'umorismo. L'Aquila annunciò di scendere per mangiare qualcosa, finché il sonno cominciava ad abbandonare il suo corpo, sostituito dall'appetito. Le bastava poco per essere sazia a colazione, ma non riusciva a cominciare la giornata a stomaco vuoto. Aprì la porta, catapultandosi in corridoio, ma non fece in tempo a giungere in prossimità delle scale che tornò indietro sui suoi passi. « Ci siamo dimenticati una cosa importante » disse, un sorriso che le attraversava il viso. La ragazza si piazzò di fronte a lui e si alzò in punta di piedi, riuscendo ad arrivare così alle sue labbra. Si staccò quasi subito, ma l'effetto che le dava era sempre lo stesso. Stramaledette farfalle nello stomaco. « Bacio del buongiorno » sussurrò, il sorriso che proprio non voleva scomparire, « bisogna approfittarne finché possiamo » puntualizzò, aspettandolo poi sulla porta in attesa di scendere al piano di sotto. Avrebbe potuto cominciare a farci l'abitudine, nonostante il futuro precario della loro relazione. Ma in quel momento bisognava godersi il presente, e se in esso c'era lui andava più che bene.

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    Tutto avrebbe pensato, fuorché Altayr fosse un'animale notturno. Alzarsi dal letto le costava un evidente sforzo, si ritirò subito sotto le coperte appena Izar la raggiunse. « Dove hai trovato la forza di alzarti? ». Lui fece spallucce, per nulla provato dalle poche ore di sonno. In casa Al'Nair il giorno e la notte non esistevano, perchè quando il padre ordinava qualcosa si eseguiva all'istante. Gli allenamenti iniziavano all'alba, i ricevimenti duravano fino a che gli ospiti lo desideravano, così il ragazzo si ritrovava a non avere più degli orari fissi e dormiva nel primo momento utile a disposizione. « Per me puoi stare a letto quanto vuoi, non abbiamo programmi per oggi ». Se poi ci restava svestita, ancora meglio, ma tenne per sé l'ultima parte. Lasciò un po' di privacy dandole le spalle, intento a frugare nella sacca portata dal continente demoniaco per sincerarsi che il denaro messo da parte fosse ancora lì, insieme a dei vestiti sporchi ed una borraccia. Scattò sull'attenti appena si sentì chiamare, allarmato che la fidanzata potesse sentirsi male o chissà cos'altro, ma Altayr necessitava solo di un aiuto a scendere dal letto, grazie al cielo. « Se ti vedessero i tuoi sudditi... » commentò, prendendola in braccio senza il minimo sforzo insieme al vestito fatto di lenzuola. Era di una tenerezza disarmante, non riuscì a trattenersi dallo stritolarla. Le coccole di prima mattina erano un toccasana, gli sembrava di avere davanti la giornata più bella e leggera della sua vita. Il Corvo si impegnò per non sbirciare mentre lei si rivestiva, e una volta pronta lo precedette fuori dalla stanza dicendo di essere affamata. - Fino ad un attimo fa sembrava uno zombie -. Il nominare la colazione, comunque, risvegliò l'appetito anche nel suo stomaco, perciò la seguì a ruota. L'Aquila sembrò dimenticare qualcosa prima di imboccare la scalinata cigolante che conduceva di sotto, così Izar le tenne la porta della camera aperta solo per scoprire che quello che cercava non si trovava lì. « Bacio del buongiorno » esordì, cogliendolo di sorpresa. Non era certo di essere sveglio, era tutto così perfetto da sembrare un sogno. « Bisogna approfittarne finché possiamo ». « Me ne state chiedendo un altro, maestà? ». Il moro si chinò su di lei e ricambiò il bacio, approfittando della sua distrazione per caricarsela in spalla subito dopo. « Lasciate che vi accompagni alle cucine reali ». Stranamente, al piano inferiore non vi era anima viva. Izar notò due tazze di caffè sporche nel lavello, ma nessuna traccia del tutore e la sua compagna. Che li avessero lasciati soli di proposito? Ad ogni buon conto, il ragazzo poteva esserne solo grato. Posò Altayr a terra e si rese operativo, mettendo a bollire l'acqua e recuperando dal frigo degli avanzi della torna di compleanno. Era strano trovarsi ancora in quella stanza dagli utensili obsoleti, le mensole storte e il frigo che emetteva strani rumori quando vi era un calo di tensione. Il fatto che la fidanzata vi si aggirasse insieme a lui rendeva il tutto ancor più surreale. Il mutaforma si appoggiò al piano di lavoro accanto ai fornelli e coprì un lunghissimo sbadiglio con la mano, iniziando a risentire della stanchezza a scoppio ritardato. « Ti va di andare alla casa in montagna, più tardi? Samael mi ha detto che il tetto è crollato durante la stagione delle piogge, ma è sempre un bel posto dove fare un giro ». Con l'arrivo della primavera l'area nei pressi del lago si riempiva di colori e profumi, e si vedevano un sacco di animali selvatici. Gli mancava una sana immersione nella natura. Filtrò il caffè e lo divise in due tazze, facendo cenno alla ragazza di spostarsi al tavolo basso in soggiorno, ancora attorniato dai cuscini della sera prima. Lì vi posò anche del latte e dello zucchero, insieme al vassoio con la torta. Prima di prendere posto di fronte ad Altayr andò ad aprire il pannello scorrevole che li separava dalla veranda, lasciando entrare l'aria fresca del mattino. « Mi era mancato questo posto » mormorò fra sé, pensando a quante cose erano cambiate e ancora dovevano cambiare. Ma c'era lei, adesso. Aveva il dovere di proteggerla e renderla felice. La guardò a lungo prima di concentrarsi sulla fetta di torta gigante che prese dal vassoio, ancora incredulo del regalo di compleanno ricevuto la notte precedente. Come fare per beneficiarne in tempi brevi? Oh, ma certo! « Ti devo rivelare un segreto » iniziò, abbassando la voce come per paura di essere sentito da orecchie indiscrete, « nel bagno sul retro abita il fantasma del nonno di Samael. Mi terrorizza da quando ero bambino ». L'espressione greve si ammorbidì appena tese le labbra in un ghigno. « Non penso di riuscire a fare la doccia da solo, ho troppa paura, e tu sei una donna coraggiosa, no? ». Lasciò cadere il discorso così, guardandola di sbieco mentre sorseggiava il caffè. In realtà la doccia era più una vasca piastrellata di altri tempi, costruita all'epoca in cui l'intera famiglia sfruttava la stessa acqua per fare economia, ma il tutore l'aveva trasformata in un luogo di relax dove mettersi in ammollo a fine giornata. Ormai Izar aveva visto quel che c'era da vedere, non riusciva ad imbarazzarsi per una cosa del genere. Attese il verdetto della splendida fanciulla all'altro lato del tavolo, pregando con tutte le sue forze che acconsentisse a renderlo l'uomo più felice della terra una seconda volta.

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    « Me ne state chiedendo un altro, maestà? » al sentire la sua voce, l'Aquila non poté che rispondere al suo ghigno nello stesso identico modo, lo sguardo che scendeva dagli occhi verdi di lui alla linea delle labbra per poi risalire subito dopo. « A tua libera interpretazione » fece spallucce, fingendosi disinteressata, ma la verità era che voleva davvero approfittarne finché poteva. Perché per quanto si impegnasse nel non pensarci, quella giornata insieme sarebbe finita e lui sarebbe tornato a Sunda, irraggiungibile. Di nuovo. Non sembrava esserci un modo per farlo restare al suo fianco senza correre rischi, a parte aspettare. E lei era sempre stata una persona sbrigativa. Era più difficile che mai, ma ne valeva la pena. Prima o poi sarebbe tutto finito, entrambi sarebbero tornati ad essere persone comuni, niente eredi di casati importanti o assassini. La ragazza gioì nel sentire il calore delle labbra di Izar sulle sue, un contatto desiderato e fugace, interrotto nel momento in cui lui la caricò sulle spalle con una facilità impressionante. « Lasciate che vi accompagni alle cucine reali » esclamò, una sottile ironia nel tono della voce che lei colse al volo, e Altayr rise di rimando. « Ti sembra il modo di trattare una regina? » gli scompigliò i capelli mentre scendevano le scale cigolanti, e in un attimo le venne alla mente quella fredda giornata a Ta Nulli, quando si era fatta male e lui l'aveva soccorsa, quando non erano ancora niente. L'aveva presa in braccio anche in quell'occasione, e sul momento gli era sembrato così gracile. Glielo aveva anche detto in faccia. A vederlo adesso non sembrava il ragazzino di allora. Non era più il ragazzino di allora, e Altayr riusciva a leggergli una nuova forza nello sguardo, nei movimenti, nella voce. E per quanto fosse dura, per quanto fosse lontano, era così fiera di lui. Il piano di sotto era silenzioso, tra le mura rimbombavano solamente le risate dei due mutaforma. La cucina era vuota, le stoviglie sporche e i residui della colazione nel lavandino erano la prova del passaggio di Samael e la sua compagna. Il Corvo la lasciò andare per preparare subito qualcosa da mangiare, mentre Altayr gli girava intorno fischiettando, i piedi nudi a battere sui listelli di legno come a voler tenere il ritmo di un motivetto improvvisato sul momento. Izar le aveva raccontato di come al castello gli fosse proibito cucinare, ma non aveva perso la dimestichezza a vedere come si muoveva tra i fornelli. Quella era una scena familiare, ma al contempo estranea. Non era la prima volta che girovagava per la cucina mentre qualcuno di sua conoscenza preparava la colazione, il pranzo o qualsiasi altra cosa, a cominciare da sua madre: fin da piccola rischiava di farla inciampare con una pentola bollente tra le mani, tutto perché si ostinava a farle compagnia fino a quando i piatti non fossero pronti in tavola. Per Shelia e Ethan valeva lo stesso principio, e con Izar era una cosa nuova, nonostante lo avesse fatto altre volte. Sapeva quasi di vita insieme, anche se la realtà era lontana anni luce da una possibile convivenza. Continuando a fischiettare, seppur sovrappensiero, si avvicinò alla finestra, il vetro rigato a mostrarle la natura indomata ed il cielo terso. Chissà quanto era vuota quella casa senza le risate sguaiate di Samael e gli sbuffi esasperati di Izar a riempirla. Le erbacce che erano cresciute in giardino in loro assenza ne erano un chiaro esempio. « Ti va di andare alla casa in montagna, più tardi? » Altayr si voltò verso di lui, rendendosi conto di aver smesso di fischiare nel frattempo. A sentir nominare la casetta vicino al lago sulle labbra le nacque spontaneo un sorriso. « Eccome se mi va » esclamò, poggiando la schiena al davanzale della finestra e incrociando le braccia al petto, un inutile tentativo di ripararsi dalla fresca brezza mattutina. Avevano visitato la casa in montagna quell'inverno, prima che lui partisse alla volta del continente demoniaco. Con le nevicate e le piogge primaverili era normale che avesse ceduto, contando poi che era stata costruita chissà quanti anni fa. Ma era diventato il loro rifugio, per quanto vecchio e messo male. Lo stomaco brontolò, ma lei riuscì a coprire il suono con un finto colpo di tosse, ridacchiando dell'espressione preoccupata che Izar le rifilò. Per sua fortuna il caffè sembrava essere pronto, e appena il ragazzo cominciò a versarlo in due tazze Altayr si staccò dal davanzale con rinnovata energia, pronta a sedersi al tavolo e placare la fame che aveva cominciato a farsi sentire fin dal primo mattino. Si avventò sugli avanzi della torta della sera prima, prendendone una porzione talmente grande che se sua madre l'avesse vista sarebbe sbiancata. I dolci erano il suo tallone d'Achille, e doveva ammettere che quello che aveva preparato per il compleanno del fidanzato le era riuscita veramente bene. E non sarebbe ricapitato presto, doveva approfittarne. Il moro la raggiunse poco dopo, sedendosi di fronte a lei, ma senza fare una mossa. L'Aquila sollevò lo sguardo per concentrarsi sul suo viso - era forse successo qualcosa? - e incrociare le sue iridi smeraldine. Lui non evitò il contatto visivo, anzi, sembrava quasi divertito quando lei gli rispose con una linguaccia. « Non pensavo che saremmo potuti tornare alla catapecchia vicino al lago » disse, togliendo le briciole di torta dalle mani per farle cadere sul tovagliolo, « non dopo la tua partenza, almeno. » la frase finì in una risatina sommessa. « Che bello » fece infine, i gomiti appoggiati al tavolo e il busto sporto leggermente in avanti. Probabilmente era fin troppo euforica per una semplice scampagnata al lago, ma sul momento non ci trovava nulla di strano. Lì era cominciato tutto, considerava normale attribuire un significato speciale a quel posto. « Ti devo rivelare un segreto » la mutaforma sollevò un sopracciglio a sentire il tono di voce basso che l'altro utilizzava, come se parlasse davvero di qualcosa della massima riservatezza. Senza pensarci, tese le orecchie. « Nel bagno sul retro abita il fantasma del nonno di Samael. Mi terrorizza da quando ero bambino » « Da quando hai paura dei fantasmi? » ribatté lei, un angolo delle labbra sollevato in un sorrisetto scaltro. Cos'era quella storia, adesso? Sapeva che gli spettri non esistevano, solo negli incubi e, a volte, nelle favole per bambini, così come non credeva a ciò che il Corvo stava dicendo. Quel suo ghigno la fece ridacchiare ugualmente, non troppa sicura di sapere dove volesse andare a parare. « Non penso di riuscire a fare la doccia da solo, ho troppa paura » Si dovette impegnare per non mostrarsi troppo sorpresa, perché doveva dirlo, l'aveva presa alla sprovvista. Glielo stava chiedendo sul serio? Oh cielo. « E tu sei una donna coraggiosa, no? » Il ragazzo lasciò cadere il discorso così, sorridendole come a volerla prendere in giro, continuando a bere il caffè. "Dannato corvaccio" Era palese che si stesse divertendo un mondo. Era sempre stato il suo passatempo preferito, e il brutto era che ci sapeva fare. Aveva fatto centro, di nuovo. « Non so se credere a questa storia del fantasma » esordì, la tazza del caffè non più come oggetto del suo interesse, bensì con il mento appoggiato al palmo della mano e gli occhi fissi nei suoi, « ma una cosa è vera » sorrise, sporgendo la testa da un lato, lo chignon che minacciava di slegarsi da un momento all'altro. Gli fece cenno di avvicinarsi, sporgendosi dal lato opposto del tavolo. « Sono estremamente coraggiosa » fece, un mezzo sorriso a tradire il tono serio dell'affermazione, e si portò il caffè alle labbra. Era ancora caldo, per fortuna, anche se le bastavano le guance rosse come fonte di calore. Se Izar avesse provato a fare domande, bastava dare la colpa alla bevanda bollente, semplice. La colazione fu breve e consumata in un continuo gioco di sguardi, la possibilità di proteggerlo dal suddetto fantasma ad aleggiare tra loro. Altayr si alzò prima del Corvo, sparecchiando velocemente, e riconobbe da sola che era più euforica del dovuto. Pregò solo che all'esterno non si vedesse così tanto, altrimenti Izar avrebbe potuto prenderla come una facile vittoria. « Vado a controllare se il nonnetto è in bagno, allora » annunciò, sfregandosi le mani e calcando i talloni sul pavimento per sottolineare i passi, anche se il battito accelerato del suo cuore non faceva altro che coprirli. Fece scorrere la porta del bagno, rivelando una vasca ampia e profonda, come quelle che mostravano su alcuni libri di storia riguardanti le tradizioni dei terrestri. Era un bell'ambiente, doveva ammetterlo: a mollo nell'acqua calda ci si doveva stare da dio. Si sporse leggermente per osservare meglio l'ambiente, quando sentì qualcosa muoversi alle sue spalle, un chiaro segno che Izar si stava avvicinando. Si voltò verso di lui, il cuore ancora a martellarle nelle orecchie, e gli indirizzò un sorrisetto furbo, che di spaventato non aveva proprio nulla. « Qui fuori non si vede nulla, aspetta » fece, con tono quasi grave, decidendosi a muovere qualche passo all'interno della stanza. « Oh » esclamò ad un tratto, preoccupata, girandosi intorno come se stesse cercando qualcosa. Posò lo sguardo su Izar, che evidentemente si divertiva a guardarla sullo stipite della porta. L'espressione tesa si sciolse in un ghigno, e avanzò verso di lui con le mani allacciate dietro la schiena. « Effettivamente, sento una certa aura negativa » le piaceva stare al gioco, doveva ammetterlo. E le piacevano anche i giochetti di Izar, anche il suo prenderla in giro e i suoi sorrisetti furbi. Diamine, era troppo tardi ormai per cercare una via d'uscita da tutta quella storia. La distanza tra loro si fece nulla, quando le dita tiepide di lei si infilarono sotto la maglietta del ragazzo a tracciargli lentamente i fianchi, fino ad allacciarsi dietro la schiena. In quei movimenti non c'era posto per l'imbarazzo, ormai. « Tranquillo, ti proteggo io » sorrise, poggiando il mento sul suo petto in modo da riuscire a guardarlo in viso e facendogli l'occhiolino. Nonostante lo scalino di differenza tra il corridoio e l'entrata del bagno, Altayr rimaneva ugualmente più bassa del Corvo. Tra le sue braccia sembrava quasi fragile, da proteggere, mentre la verità era che lei avrebbe dato tutta sé stessa pur di tenerlo al sicuro. Lo avrebbe difeso sia da un presunto fantasma che dalla più grande minaccia di Andellen, non cambiava nulla.

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    Altayr era l'unica donna esistente che riuscisse a stare ai suoi giochetti subdoli, lo sapeva. Qualsiasi altra persona, alla proposta di un bagno collettivo dopo la prima notte passata insieme avrebbe avuto quantomeno dei momenti di titubanza, ma non lei. Le sue guance erano passate dal rosa al rosso man mano che realizzava le implicazioni della richiesta, eppure acconstentì con la stessa veemenza di Izar. La guardò fare avanti e indietro dalla cucina mentre sparecchiava - era stata inflessibile a riguardo - con un ghigno che non se ne voleva andare dalle sue labbra. Era difficle starsene fermo e buono alla prospettiva quel che aveva pianificato. « Vado a controllare se il nonnetto è in bagno, allora » annunciò la mutaforma, e lui rispose con un cenno prima di alzarsi. Lasciò che esplorasse il terrificante bagno infestato, che Deneith doveva aver pulito per sua buona pace, e poggiato contro lo stipite della porta, a braccia incrociate, attese il verdetto. « Effettivamente, sento una certa aura negativa » convenì, sorridendogli di rimando.
    « Te l'avevo detto ». In realtà, l'unica cosa che gli metteva davvero paura in quell'istante era l'effetto ipnotico che la ragazza aveva su di lui, il modo illegale in cui quelle dita sottili gli sfioravano la pelle sotto la maglietta. Fece un verso molto simile alle fusa di un gatto nell'imitare i suoi gesti, tastando la perfezione della meravigliosa schiena fino ad arrivare al gancio del reggiseno. «Tranquillo, ti proteggo io »
    lo rassicurò, e seppure fosse parte del gioco, Izar le credette comunque. Dal modo in cui il suo corpo reagiva, capì che la parte demoniaca stava bussando ancora alla porta, gli bisbigliava all'orecchio suggerimenti che non avrebbe voluto ascoltare finchè tracciava il contorno invitante delle labbra di Altayr. « E chi proteggerà te da questo corvaccio cattivo? ». Il sorrisetto si spense appena si chinò sulla sua bocca, una mano ad infilarsi tra i lunghi capelli per sciogliere l'elastico che li teneva insieme. Non aveva ancora riscaldato la stanza e già si moriva di caldo. No, doveva restare concentrato sulla missione, consumare il loro tempo insieme poco a poco. La sollevò con un solo braccio e si avviò verso la vasca circolare, mettendola a sedere sul bordo piastrellato mentre apriva il rubinetto. Dopo un po' di sbuffi e rumori metallici, l'acqua prese a scendere in volute di vapore, direttamente collegata alle falde sotterranee della montagna. Era l'unico lusso di abitare in una zona termale, dato che gli inverni sembravano infiniti e le condizioni metereologiche sempre imprevedibili. Izar si dedicò alla compagna per ingannare l'attesa, riempiendola di dolci morsi lungo il collo candido, un occhio rivolto al livello dell'acqua dietro di lei. Quando ritenne che fosse appropriato, il Corvo le rivolse uno sguardo furbesco e sollevò l'orlo della sua maglietta. « Prima le signore » mormorò, gettando l'indumento sul mobile dove stavano impilati gli asciugamani, appena sotto la finestra. Era posta in alto, non vi era il rischio che qualche maniaco si affacciasse per spiare, anche perchè, in caso contrario, Izar l'avrebbe spedito a far compagnia ai vermi. Nessuno poteva godere della vista di cui si stava beando lui, e i corvi avevano una certa propensione a cavare gli occhi ai nemici. Appena si fu liberato della parte superiore dei vestiti, la imitò e tolse la t-shirt a sua volta, desideroso di un contatto pelle su pelle come la notte prima, e senza che se ne rendesse conto, in poco tempo, non vi era più nulla a dividerli. Entrò nella grande vasca per primo, tendendo una mano alla ragazza perchè non scivolasse, ed individuò delle bottiglie di shampoo che non potevano appartenere nè a lui, nè a Samael. La presenza di una donna in casa si notava da quei piccoli dettagli. Izar si separò a malincuore dalla bellezza che aveva davanti per immergersi completamente, reclinando la testa all'indietro per liberarsi dei capelli davanti agli occhi. Doveva tagliarli, erano cresciuti troppo durante il soggiorno dal padre. L'acqua era così piacevole che sciolse all'istante tutta la fatica accumulata in mesi di allenamenti estenuanti, anche se bruciava un po' sulle ferite più fresche. « E' di vostro gradimento, maestà? » chiese, perso ad osservare le gocce d'acqua che le scendevano lungo il collo, dove sfumature più rossastre denotavano il passaggio dei suoi canini. Era una visione, sul serio, specie ora che la vedeva chiaramente attraverso le iridi animalesche. Non riusciva a mantenere la calma con lei così vicina, così svestita. « Sai cosa ci vorrebbe? Un bel massaggio ». Le diede le spalle e ruotò il capo per monitorare la sua reazione. Non poteva aver dimenticato la promessa fatta in biblioteca, quando ancora lui ci provava in modo spudorato e aspettava con ansia ogni nuovo messaggio sul cellulare. Roba da fare invidia a un quindicenne. « Scapola destra, grazie ».

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    Delle labbra di Izar, non si sarebbe mai stancata. Né del suo tocco sulla schiena, né delle sue mani tra i capelli, né dei morsi sul collo, e non solo. Niente di niente. Non avrebbe potuto fare a meno di lui e basta. Molti additavano le aquile come volatili orgogliosi, esuberanti e solitari, aggettivi che, effettivamente, le calzavano a pennello, almeno fino all'incontro con Izar. Non era più così tanto solitaria da allora. Rimaneva una regina orgogliosa ed esuberante, ma ora aveva al suo fianco un aspirante re. « E chi proteggerà te da questo corvaccio cattivo? » fece lui, il suo viso ad avvicinarsi a quello dell'Aquila. « So badare a me stessa » rispose lei con un sorrisetto, che subito sbiadì appena le labbra del ragazzo furono sulle sue in un bacio morbido e appagante. Le mani di lei salirono sulla sua schiena, seguendo l'esempio di Izar che, poco dopo, la sollevò con un solo braccio per avvicinarsi alla vasca e facendola sedere sul bordo. Le mancò il respiro quando sentì le labbra del Corvo scendere sul profilo del suo collo, il rumore dell'acqua a tenerla ancorata a terra. Cos'era tutto quel caldo improvviso? Diamine, doveva darsi una calmata. Non era la prima volta che la baciava in quel punto, ma ogni cosa aveva assunto un sapore diverso dopo quella notte. Una maledizione e una benedizione insieme. « Prima le signore » Altayr arcuò un sopracciglio a quell'affermazione, osservando il ghigno che era comparso sulle labbra di Izar, per poi scendere sulle mani di lui, impegnate a sollevarle la maglietta con l'intenzione di liberarsene. « Che gentiluomo » disse di rimandò lei, esibendo un mezzo sorriso furbesco a sua volta, alzando le braccia verso l'alto per facilitare l'operazione al compagno. Ormai non c'era nulla di cui vergognarsi, e l'Aquila non desiderava altro che sentire la pelle di Izar sulla sua, ragione per cui non riuscì a distogliere lo sguardo mentre lui si toglieva la maglietta. Quel ragazzo era il suo punto debole, troppo tardi per rimediare. Si fece aiutare per scendere nell'acqua, bollente a primo impatto, e tirò un sospiro di sollievo appena si abituò a quella temperatura. Aveva trovato il paradiso. Era da tempo immemore che non faceva un bagno di tale nome, e finì per immergersi subitò fino al mento, ricordandosi troppo tardi di non avere più i capelli legati. "E io che non li volevo bagnare" gonfiò le guance, osservando come le ciocche castane ondeggiassero sul pelo dell'acqua. Tanto valeva immergersi completamente, e lo fece, togliendosi poi la frangetta dalla fronte con un gesto della mano una volta con la testa fuori dall'acqua. Sembrava una sauna in piena regola, calda e rilassante com'era.
    « E' di vostro gradimento, maestà? » domandò Izar, gli occhi verdi fissi su di lei. Altayr gli sorrise di rimando, appoggiandosi con la schiena contro il bordo della vasca. « Assolutamente » rispose, incapace di distogliere lo sguardo dalla meraviglia che era lui. Il modo in cui la guardava le faceva dubitare del fatto che sentisse caldo a causa della temperatura dell'acqua, e non la stava neppure sfiorando. Dentro di sé sapeva di aver raggiunto il punto di non ritorno, ma se non lo avesse ancora fatto stava facendo passi da gigante proprio in quella direzione. « Sai cosa ci vorrebbe? » la ragazza scosse appena la testa, sorridendo. Conosceva fin troppo bene quell'espressione che aveva dipinta in viso, e Izar l'aveva mantenuta per tutta la mattinata. Aveva in mente qualcosa. « Un bel massaggio » Ecco, lo sapeva. L'Aquila si lasciò sfuggire una risatina lieve mentre lui le dava le spalle, incredula che ancora si ricordasse del premio in biblioteca. Lo aveva accennato anche la sera precedente, sotto le stelle, ma non pensava lo desiderasse così ardentemente. Era da mesi che quel massaggio era rimasto in sospeso, reduce di una richiesta non esaudita, ma forse era arrivato il momento di accontentarlo. « Hai aspettato abbastanza, in fin dei conti » Altayr avanzò di qualche passo verso il ragazzo continuando a ridacchiare, lo sguardo che scendeva dal profilo del collo alle spalle, per poi scivolare lungo i muscoli accennati della schiena. Merda, era davvero irrecuperabile.
    « Scapola destra, grazie » « Fossi in te aspetterei a ringraziarmi » scherzò, sistemandosi su uno dei gradini d'ingresso alla vasca, proprio dietro a Izar, in modo da stare poco più sopra di lui, « mia madre dice che non sono affatto delicata » sghignazzò, posando il dorso della mano sul profilo del collo di lui, scendendo lentamente e tracciando la linea della spalla. « Ma per il mio cavaliere cercherò di esserlo » gli bisbigliò all'orecchio, per poi appoggiare le labbra lungo il suo collo in un morso fugace e delicato. Non riuscire a vedere l'espressione di Izar era frustrante, ma immaginare la sua reazione era quasi divertente. Altayr cominciò a mantenere alla sua promessa, ripensando al fatidica richiesta in biblioteca mentre tastava la pelle nuda del Corvo sotto i polpastrelli. Ricordava essere dicembre, periodo di esami, e aveva colto Izar studiare mentre lei era a zonzo per la scuola. Ricordava anche il sorrisetto che le rivolgeva ogni volta che si guardavano, i pochi centimetri che li dividevano quando aveva tentato di aiutarla a studiare e la camicia che lui indossava, che ormai, a mesi di distanza, non gli sarebbe di certo stata bene. Era completamente diverso da allora, e ogni volta che lo osservava ne era sempre più convinta. I capelli color carbone erano cresciuti - se ne era resa conto solo ora che aveva l'occasione di studiarlo di spalle - e la schiena era coperta da cicatrici più o meno fresche, che solo lei sapeva quanto potessero dar fastidio a contatto con l'acqua bollente. « Ti fanno male? » disse, tracciando la linea di una di esse, per poi riprendere il massaggio. Ogni volta che lo vedeva era qualcuno di diverso. Sempre Izar, ma più maturo, più forte, più deciso. Del ragazzino di quell'inverno rimaneva poco, anche se lo riconosceva nella lingua tagliente e nel ghigno che spesso esibiva. Si stava trasformando senza che lei potesse fare niente, e sebbene la sua fosse una metamorfosi assolutamente positiva, perché doveva per forza subire tutto ciò? La dittatura del padre, i combattimenti e gli allenamenti estenuanti, le responsabilità di un intero casato. Avrebbe tanto voluto alleggerirlo, aiutarlo, in modo concreto. Le belle parole non servivano a niente. Sentirsi impotente, per una regina, era inammissibile. « Vorrei tanto proteggerti, Izar » sussurrò, posandogli un bacio tra i capelli bagnati e facendo passare le braccia attorno al suo collo in un abbraccio, « e non dallo spettro del nonno » ridacchiò, buttandola un po' sul ridere, perché si era accorta di star diventando fin troppo drammatica. Dovevano godersi il loro tempo insieme, poteva riuscire a fargli dimenticare ciò che lo aspettava a Sunda per un po' di tempo. Era questo il suo unico potere. « E se facessimo qualche panino e pranzassimo al lago? » domandò, sporgendosi in avanti in modo da riuscire a guardarlo in viso. Il suo tono di voce non era più basso e malinconico, bensì vivo e squillante. « Spero tu abbia del tonno in casa » esclamò poi, tornando in acqua e mettendosi di fronte al ragazzo, circondandogli il torso con le braccia. Stargli lontano era la cosa più difficile che avesse fatto. « Sappi che mi sono arrabbiata per molto meno » si fece sfuggire una risatina nel tentativo di apparire seria e risoluta, e la minaccia non apparve affatto come tale. Scivolò al fianco del ragazzo, slegando lo pseudo-abbraccio e intrecciando le dita della sua mano destra con quella sinistra di Izar. Avevano pranzato nella catapecchia anche il giorno in cui le aveva detto che sarebbe partito alla volta del continente demoniaco e, bisognava ammetterlo, stava diventando una stramaledetta nostalgica come sua madre. « Comunque, sono stata brava. E' valsa la pena aspettare mesi e mesi » esclamò poi, dando una pacca sulla spalla del ragazzo, riferendosi al massaggio appena finito. « Non era una domanda. Sono stata delicatissima » aggiunse, apostrofando il superlativo a fine frase. Dal momento in cui sarebbe dovuto ritornare nel Luhd Tasuh, il suo supporto si sarebbe ridotto a telefonate, messaggi e immagini divertenti da passargli in chat, ma finché stavano insieme era tutt'altra storia.

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    Edited by altäir - 21/11/2016, 00:20
     
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    Il termine "delicata" non era ricollegabile ad Altayr, a prima vista, ma Izar conosceva il suo lato tenero. Seguì la scia tracciata dalla mano calda della ragazza, mormorando in approvazione e abbandonandosi alle sue cure ad occhi chiusi. Alla parola cavaliere sorrise mesto, sobbalzando poi per il morso ricevuto senza preavviso, le mani che che prudevano per voltarsi subito e ripetere l'esperienza della notte trascorsa. No, doveva darle modo di riposare, prendere familiarità con la situazione. « Sei tremenda » borbottò, prima di sciogliersi sotto i movimenti cauti di lei. Cosa poteva fare per ricevere un trattamento del genere ogni giorno? Era disposto a pagare qualsiasi cifra, perché davvero, gli sembrava di scorgere le porte del Paradiso dietro le palpebre abbassate. Sentì ogni singolo nervo sciogliersi, i muscoli tesi tornare alla normalità, tutte le fatiche che avevano provato fino ad allora svanivano nel nulla. In parte era un bene che quel massaggio avesse atteso tanto a lungo, dubitava che il vecchio sé stesso sarebbe riuscito a mantenere la calma ai tempi in cui l'aveva richiesto, nella polverosa biblioteca dell'accademia. Il dito della mutaforma seguì il profilo di una cicatrice che non ricordava di avere, ed Izar si ritrasse leggermente. « Ti fanno male? ». Lui scosse il capo, incurvando la schiena come un gatto appena Altayr riprese il massaggio. « Non più, ma ricordo quanto facevano male prima ». Non aveva importanza, quel che era stato era stato. Si riteneva abbastanza forte da non frignare ad ogni graffio ricevuto dagli stramaledetti demoni che il padre gli sguinzagliava contro, e sapeva che le cicatrici che lui aveva lasciato agli avversari erano ben più peggiori delle sue, comunque. Le mani della ragazza si mossero lentamente dopo quella confessione, fino a fermarsi del tutto. « Vorrei tanto proteggerti, Izar » mormorò contro la sua nuca, posando un bacio sui capelli umidi. L'abbraccio che seguì lo portò molto vicino alle lacrime, ma non si spiegò il perché. Sapere di essere apprezzato, amato da un'altra persona era così confortante che per un attimo si credette invincibile, capace di qualsiasi cosa, anche se la verità era ben distante. Il Corvo si voltò e la strinse forte al petto, quasi temette di farle male, e non riuscì a ridere quanto avrebbe voluto alla battuta del nonno fantasma. « Anche io, lo sai, ma non è possibile ». Si scostò appena, i loro visi ad un soffio di distanza, e lesse nelle iridi smeraldine di lei le sue stesse paure. « Però giuro su tutti gli dei che farò qualsiasi cosa per tenerti al sicuro. Sempre » e cercando la sua mano intrecciò il mignolo a quello esile dell'Aquila. « E' una promessa ». Poteva andarci di mezzo la sua vita o quella del mondo intero, Altayr sarebbe stata sana e salva a prescindere. Non poté fare a meno di baciarla, finita la confessione, due, tre volte, quelle necessarie perché afferrasse il concetto. Era la parte migliore di lui e non l'avrebbe mai lasciata andare.

    Trascorso il momento prolungato d'intimità finirono di lavarsi entrambi, progettando il resto della giornata. La fanciulla pareva intenzionata a mettere da parte la malinconia di una imminente separazione con argomenti leggeri, quotidiani, come il pranzo al sacco e la gita al lago, e ad Izar andava bene così. « Spero tu abbia del tonno in casa » minacciò, finché lui le insaponava i capelli con gesti lenti, spazzando via la schiuma dalla fronte. « Siamo nostalgici oggi, mh? Dovrei avere qualcosa ». Non rispose bene all'abbraccio che seguì, evidentemente a corto di pazienza, e fece dei lunghi respiri per calmarsi. « Sappi che mi sono arrabbiata per molto meno ». Lo sapeva, anche da arrabbiata la trovava estremamente attraente. Cercò di non fare troppo caso al corpo di Altayr premuto contro il suo, un tentativo destinato ad andare in malora nel giro di poco. Fece una risatina nervosa e guardò altrove, grato del fatto che lei si fosse spostata. Okay, tenerla per mano andava bene, niente di drastico. « Comunque, sono stata brava. E' valsa la pena aspettare mesi e mesi ». La pacca sulla spalla servì a riportarlo sulla Terra, se non altro. « Non era una domanda. Sono stata delicatissima ». Izar annuì, fissandola in tralice mentre si sgranchiva il collo intorpidito. « Anche io lo sono stato, ieri. Siamo pari ». Vederla arrossire era sempre motivo d'orgoglio per lui, una vittoria personale su sua maestà la regina dei cieli. Arginò la questione con una risatina ed un bacio a stampo sulla guancia, alzandosi poi alla ricerca degli asciugamani e legandosene uno in vita. Avvolse Altayr in uno più grande appena uscì, strofinandole i lunghi capelli ancora gocciolanti. Doveva ancora rendersi conto di essere sveglio, sembrava un sogno lunghissimo e splendido. « Vestiti, uccellino. Il tuo ragazzo va a preparare da mangiare ».

    Più facile a dirsi che a farsi. Il bagno caldo lo aveva rintontito, insieme alla presenza dell'Aquila vicino a lui per così tanto tempo. Ci mise un bel po' a raccattare i panini e la farcitura, con i pensieri che andavano in mille direzioni. Zaini, servivano zaini. Andò di sopra - rivestendosi con l'occasione - e svuotò la sacca da viaggio che si era portato da casa Al'Nair, bucherellata e consumata in più punti. Voleva che finisse tutto quanto, per dedicarsi ad una vita normale, da persona normale, con Altayr al suo fianco ed un futuro di rosee aspettative. Chiedeva troppo? Prese una felpa dal mucchio di vestiti e tornò di sotto, dove la fidanzata lo aspettava impaziente. Tornare nel luogo in cui si erano detti addio non suonava di buon auspicio, specie in vista d un'altra separazione, ma al momento non potevano decidere del loro destino. Non ancora. « L'ultima volta c'era la neve, ti ricordi? » disse, mentre si incamminavano lungo il sentiero scosceso ricolmo d'erba e fiori selvatici. Era una giornata perfetta per starsene all'aria aperta. « E abbiamo camminato mano nella mano per tutto il tempo ». Le sorrise, stringendo le dita tra le sue. Quante cose erano cambiate. Quante ancora dovevano cambiare.

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    Altayr non era tipo da promesse, le faceva solo quando era sicura di mantenerle. Con la vita spericolata che conduceva - almeno, fino a poco tempo fa - non aveva certezze, come poteva promettere qualcosa se non sapeva se sarebbe sopravvissuta ad una notte di sangue? La vita da assassina era un'incognita, sempre, dato che non era sicuro se sarebbe riuscita a vedere l'alba del giorno dopo, e anche ora che aveva deciso di lasciar perdere non poteva abbassare la guardia, a causa dei tanti nemici che si era fatta. Tuttavia, ascoltò le parole di Izar con attenzione, e ci credette. Lo vide nei suoi occhi, impauriti e speranzosi quanto quelli della ragazza, che stava dicendo la verità, che lo desiderava davvero. Che era una promessa. E quello, era l'unico giuramento che si sentiva di dare a sua volta. « E' una promessa » l'Aquila sorrise, intrecciando il mignolo a quello di lui, come a sottolineare il significato di quella frase. La voce di Izar era intrisa di una decisione e fiducia che non riuscì ad ignorare, e si cullò nel calore familiare delle sue braccia e delle sue labbra. Solo con lui si sentiva al sicuro, senza il bisogno di guardarsi perennemente alle spalle per paura di un attacco. Non era abituata ad essere protetta, di solito era lei quella che si addossava le responsabilità e combatteva per sé stessa e per gli altri. Il Corvo era il suo sollievo, il suo piccolo pezzo di paradiso, e non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male, non importava il prezzo da pagare.

    Era una bella sensazione, sapere di essere amati da qualcuno per ciò che si è. Izar, oramai, aveva fatto i conti con la duplice vita che aveva condotto fino a pochi mesi prima, e decidere di restare con lei nonostante tutto il sangue che aveva versato nel corso degli anni passati da cacciatrice era stato il gesto più bello che potesse fare. Era grazie a quello che aveva ritrovato la forza di ricostruirsi una vita e lasciare dietro la precedente, seppur la prospettiva di un lavoro precario era difficile da accettare. Nonostante ciò, sapeva che era meglio per lui, per loro, per sua madre, per sé stessa. La passione per le armi e il combattimento rimaneva, ma non si sarebbe messa a disposizione di alcun uomo dal folle istinto omicida e assetato di vendetta. « Siamo nostalgici, mh? » Altayr rise piano, facendo spallucce, mentre si beava delle dita del Corvo tra i capelli. Adorava i panini col tonno, lui lo sapeva bene, e ricordava che glieli avesse preparati anche per la passeggiata nella neve a inizio anno, quando le aveva detto di dover partire.
    « Dovrei avere qualcosa » La mutaforma si lasciò sfuggire un "Sì!" entusiasta, e con suo grande divertimento non poté fare a meno di notare come evitasse volutamente di guardarla per più di una manciata di secondi di seguito. Stava mettendo a dura prova il suo autocontrollo, evidentemente, e Izar ne aveva più di quanto pensasse. La pacca che lei gli diede sembrò farlo tornare coi piedi per terra, e riuscì a catturare un'occhiata fugace che il moro le dedicò. Fu uno sguardo veloce, che subito indirizzò da tutt'altra parte, eppure bastò per farle nascere spontaneo un mezzo sorriso. Era quasi soddisfacente vedere come la desiderava, e come si impegnasse per non far prevalere i suoi istinti. Si immerse nell'acqua calda fino al mento, levando un sospiro di sollievo e aspettando che il ragazzo togliesse gli ultimi residui di sapone tra i capelli. Al posto delle sue dita, le arrivò alle orecchie una frase che la fece arrossire in modo oltraggioso, a cui seguì, ovviamente, una risatina da parte di lui. « Anche io lo sono stato, ieri » Altayr si passò le mani tra le ciocche castane in modo sbrigativo per rimuovere la poca schiuma dello shampoo rimasta, mascherando l'imbarazzo nel miglior modo possibile. Missione fallita, comunque, era inevitabile che il Corvo se ne accorgesse. Non gli sfuggiva niente, soprattutto adorava quando le guance della ragazza si coloravano di rosso. « Siamo pari » I ricordi della notte precedente la travolsero immancabilmente, e di sicuro non la aiutarono a riprendere un colorito naturale e spiccicare parola. Sapeva solo che era irritante ritrovarsi con la faccia color pomodoro e la lingua annodata, ma al contempo era questa una delle tante cose che gli piaceva di Izar, dote che pochi uomini potevano vantare alle prese con una persona testarda e per nulla arrendevole. « Non istigarmi, passerotto, potrei diventare pericolosa » rise, e gli fece una linguaccia appena il compagno le posò un semplice bacio sulla guancia. Viveva per momenti come quelli, e stargli lontano era peggio di qualsiasi ferita avesse ricevuto negli anni passati. Stette ancora un paio di minuti a bagno mentre il fidanzato usciva dalla vasca, gioendo della temperatura ancora calda dell'acqua e del corpo perfetto di Izar che gli sfilava davanti. Era una visione, davvero, e ancora ci credeva a stento di averlo fatto suo. Puntò lo sguardo altrove - ovunque andava bene, ovunque pur di non farsi beccare - quando il Corvo si girò verso di lei stringendo un asciugamano che avrebbe potuto avvolgerla interamente. Lo raggiunse, i capelli gocciolanti e la pelle d'oca, e ridacchiò al contatto con la spugna e vedere come Izar aveva preso a strofinarle i capelli per cercare di asciugarli un po'. Averlo lì vicino, a sorriderle dopo un bagno caldo e sentirlo annunciare di andare a preparare il pranzo era qualcosa a cui, fino a quel momento, aveva solamente sognato di assistere.
    « Mi aspetto grandi cose » gli rispose, facendogli l'occhiolino, e lo guardò sparire oltre la porta. Sospirò tra sé e sé, stringendosi nell'asciugamano nella speranza di trattenere il calore del bagno appena finito. Non sarebbe stato male ripetere quella routine tutti i giorni, però. Dormire insieme, colazione tardi, bagno caldo e passeggiata nel bosco. No, affatto male. L'attesa per rivederlo ogni due o tre mesi la uccideva lentamente, insieme al non sapere cosa stesse passando e l'impossibilità di aiutarlo. Starsene con le mani in mano era qualcosa che proprio non sopportava, ma cos'altro poteva fare per adesso? Andarsene a casa Al'Nair sarebbe stato un suicidio, ma tra pochi mesi si sarebbe installata a Sunda per lavoro, doveva pazientare. Con l'asciugamano a mo' di mantello, l'Aquila si mise davanti allo specchio, un pezzo di vetro piccolo quanto bastava per vedere come fosse messa la faccia, e si strinse le guance tra i palmi delle mani, osservando il proprio riflesso come se da un momento all'altro avrebbe potuto intavolarci una conversazione. Non era diversa, non era cambiato niente. Eppure, adesso che era sola, poteva pensarci su e notare che, sì, era una persona differente da quel che era l'anno passato, due mesi fa o il giorno prima. Le occhiaie sotto gli occhi non erano dati dalle notti passate a completare missioni, ma a studiare e a lavorare anche fuori orario, escludendo i continui incubi. Gli angoli della bocca erano perennemente sollevati, anche di poco, la frangetta era diventata più lunga e il collo era coperto da segni rossastri, ma nessuna ferita fresca. Si portò i capelli all'indietro, per poi scendere fino alla nuca raggruppandoli in una coda alta, una pettinatura terribilmente familiare e che non replicava da tempo, senza smettere di guardarsi allo specchio. Rimaneva un'assassina, cancellare i propri peccati era impossibile, ma quando fece cadere le ciocche umide sulle spalle le parve di non riconoscere Libra. Non se ne era liberata, ma era un passo avanti. Sbatté un paio di volte le palpebre per ricordarsi che doveva darsi una mossa e analizzò la stanza per trovare i vestiti che si era messa quella mattina, e che avrebbe preferito cambiare. Si rimise addosso la maglietta appena la trovò e sgattaiolò fuori dal bagno congli altri indumenti in mano per recuperare il bagaglio che aveva portato da Sodony, lasciato in corridoio la sera prima. Risalì le scale che portavano alla camera di Izar, e vi si cambiò alla velocità della luce, scegliendo una vecchia maglietta grigia senza fantasie e un paio di pantaloni scuri e stretti, i primi abiti che le erano capitati sottomano la sera che aveva fatto i bagagli. « Certo che potevo sceglierne una più decente » mormorò tra sé e sé studiandosi allo specchio, riferendosi alla t-shirt anonima che aveva indosso. Non che ne avesse di bellissime, ma sicuramente ce n'erano alcune che le piacevano di più. Ormai era fatta, perciò se la rimborsò nei jeans - con la speranza che Izar non facesse caso a quanto vecchia e scolorita fosse quella maglietta - e scese al piano di sotto, rischiando di inciampare ad ogni gradino a causa dei lacci delle scarpe ancora non legati e con una felpa più pesante che stava cercando di legare in vita. Sorrise quando udì il fidanzato in cucina aprire e chiudere ante e recuperare posate, e il tempo di pettinarsi i capelli con pochi colpi di spazzola in bagno e non era più lì. Forse era salito di sopra. Intanto aveva appoggiato, all'ingresso, il borsone che aveva portato lui stesso da Sunda, che sicuramente aveva riempito con i panini e le bevande da portare al lago. Lo attese appoggiata allo stipite della porta, impaziente di rivedere il lago, la casupola e il bosco, che in primavera doveva essere veramente splendido. Se lo ricordava ancora candido, spoglio e tremendamente silenzioso, se le voci di Izar e Altayr, quel freddo giorno di gennaio, non lo avessero riempito con qualche lacrima e un po' di risate. Il momento in cui aveva detto che sarebbe dovuto partire le tornava in mente spesso, a dirla tutta, ed ogni volta si meravigliava di quanta strada avessero fatta, di quanto fossero cresciuti e di quanto Izar fosse lontano per la stupida storia del casato e l'eredità. Non avrebbe mai capito quelle faccende da nobili, e avrebbe preferito che il ragazzo ne uscisse indenne il prima possibile. Non solo per loro, ma anche e soprattutto per lui, che sebbene ne stesse traendo qualche beneficio, quella situazione lo stava distruggendo piano piano. Il Corvo la raggiunse dopo qualche minuto, e dopo avergli fatto notare di essere stata più veloce di lui - non valeva, aveva avuto più cose da fare, ma ogni occasione era buona per rimarcarlo - lo seguì per la strada che avevano già percorso mesi addietro e che sapeva benissimo dove portava, stavolta nessuna sorpresa.
    « L'ultima volta c'era la neve, ti ricordi? » esclamò lui, e la ragazza annuì continuando a guardarsi attorno. Le foglie erano di un verde acceso, i fiori selvatici spuntavano tra l'erba non troppo alta e i raggi del sole illuminavano il cammino. Un paradiso, in qualsiasi stagione. « E abbiamo camminato mano nella mano per tutto il tempo », « Mi ricordo tutto » fece lei ridacchiando, e la sua risatina si trasformò in un dolce sorriso quando Izar allungò la mano per intrecciarla alla sua, esattamente come quel giorno. Stavolta, lui lo aveva fatto di sua spontanea volontà, e non era servita Altayr a inventare una maledetta scusa giusto per averlo vicino. Erano cambiate tante cose, mentre altre sembravano essere rimaste le stesse. Forse neppure quelle, dato che gli alberi erano pieni di fogliame e il lago non sarebbe sicuramente stato ghiacciato. Era una situazione familiare, un luogo che conoscevano, ma era tutto differente ed evoluto. Camminarono per diversi minuti mano nella mano, ridendo e parlando del più e del meno, e la vista del lago che le si presentò una volta arrivata in cima la lasciò senza fiato come la prima volta. « Diamine, è tutto così bello » sospirò, stringendo lievemente le dita del ragazzo tra le sue, e rise nell'incrociare lo sguardo di Izar. « E' inutile ingelosirsi, tu lo sei di più » scherzò, e gli posò un bacio leggero sulla punta del naso e un buffetto sulla guancia, mentre con lo sguardo andava alla ricerca della casupola. Intravide tra gli alberi un'edificio di legno malandato, ed effettivamente parte del tetto era crollato, sfortunatamente. Il loro pseudo nido d'amore andato in malora. Si avvicinò, affondando le scarpe nell'erba soffice, e constatò che, purtroppo, c'era poco da fare senza attrezzi e buona volontà. Non era da buttare via, ma una buona parte andava interamente risistemata, e gli si strinse il cuore a ricordare del picnic improvvisato consumato tra quelle quattro mura, i regali che si erano scambiati e tutti i segreti che si erano detti. Passò l'indice della mano libera sul legno della parete della catapecchia con fare nostalgico, per poi affacciarsi all'ingresso per controllare quanti danni ci fossero stati all'interno. Il camino era ancora intatto, così come una parte di costruzione intorno ad esso, ma del resto, con le intemperie e la conseguente rottura del tetto, poco era salvabile. « Sarebbe da impazzire metterla a posto » sospirò, guardandosi attorno, e si inoltrò nella stanza dopo aver visto qualcosa che aveva attirato la sua attenzione, e a cui non aveva fatto caso l'ultima volta. In un angolo, vi erano addossati pochi oggetti, ma li scartò tutti finché non ebbe tra le mani ciò che le interessava. Marciò verso la porta con un ghigno e l'eccitazione negli occhi, stringendo due spade di legno tra le dita. « Guarda un po' cosa ho trovato » esclamò, facendole vedere al compagno, e gliene lasciò una senza accettare proteste. « Ti sfido a duello, Corvo » fece, quasi con tono bellamente strafottente, e lo superò per mettersi di fronte a lui. Glielo aveva detto qualche tempo fa, in fin dei conti, e adesso aveva l'occasione. Non era l'arma più resistente con cui avesse mai combattuto, ma andava più che bene per non farsi male e divertirsi un po', e le era capitata tra le mani al momento giusto. « Non provare a barare, niente magia o robe strambe » lo avvisò, indietreggiando di qualche metro per raggiungere una discreta distanza di sicurezza. Si rigirò la spada tra le mani, e notò con piacere che non era così malmessa come pensava. Magari sarebbe riuscita a tirare più di una decina di fendenti senza vederla disintegrarsi tra le sue stesse dita. « Vediamo cosa hai imparato in questi mesi » fece, un sorrisetto furbesco a farsi strada sulle labbra, e subito scattò in sua direzione e tentò il primo affondo. Izar era terribilmente veloce a sua volta, e riuscì a pararlo. « Mi sono dimenticata di dare il via » si strinse nelle spalle con un'espressione fintamente innocente, non sforzandosi troppo di mentire, e subito ne riprovò un altro. Quella era la sua idea perfetta di come dovesse essere un appuntamento, e seppur sapesse di non doverci andare di forza, sapeva che si sarebbe divertita. E anche se si trattava del suo ragazzo, no, non voleva ugualmente perdere. Non si trattava di un duello con la D maiuscola - come poteva esserlo, si scontrava con il suo fidanzato e aveva in mano una spada di legno, suvvia - ma una sfida era una sfida, e questo Altayr lo sapeva bene, soprattutto se si trattava di Izar.

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