Sleepless Night

Cain x Abel

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    Cain Asriel Skriker
    28 Ottobre - Lancaster, Sede dei Marauders

    La pioggia cadeva inclemente dal cielo scuro, picchiettando sui vetri in una cacofonia piuttosto fastidiosa. Come se non bastasse, il temporale gettava lampi e tuoni proprio sopra alla cittadina di Lancaster. Cain odiava quel mix di condizioni atmosferiche con tutto sé stesso, insieme al freddo invernale che bussava alla porta. Si girò e rigirò nel letto più volte, incapace di trovare una posizione comoda che gli permettesse di prendere sonno. Aveva bisogno di dormire, ma il fragore della tempesta sembrava intenzionato a tenerlo sveglio un altro po'. Guardò il compagno di letto, concentrato a leggere uno dei suoi libri complicati come fossero una raccolta di favole per la buonanotte. Poteva avvertire il nervosismo che provava sottopelle nell'averlo lì accanto a lui, al pari di una tarantola che non era capace di stare ferma. Abel era appoggiato alla testiera del letto, la luce della lampada sul comodino ad illuminare il profilo serioso ed i capelli albini, ancora umidi per il bagno. Era a tanto così dall'esplodere in una delle sue solite scenate, e lui adorava vederlo andare nel panico. Il suo gioco preferito, quando erano bambini, consisteva nel dargli fastidio fino a farlo trasformare in Black Dog, in modo da potersi azzuffare a suon di morsi. Purtroppo il suo autocontrollo era molto migliorato da allora, ma perchè smettere di provarci? Con un sorrisetto malizioso in volto, Cain gli si aggrappò a mo' di piovra, passando la testa sotto il suo braccio e mettendosi tra lui e il libro. « Metti via i tuoi romanzi sconci, Trash. E' ora della nanna » protestò, passando entrambe le braccia attorno al suo busto e posando la testa sul torace.
    L'amico era dimagrito di nuovo, poteva sentire il profilo delle ossa sotto la guancia. Sapeva che ultimamente le missioni degli Alpha si erano fatte difficili, era normale nel periodo che precedeva Halloween. I maledetti fantasmi ci tenevano a celebrare quella festività a loro dedicata, ed erano più tenaci del solito.
    Se solo ci fosse stato anche lui nella classe d'elite, gli avrebbe risparmiato un bel po' di lavoro. Purtroppo Cain era rimasto indietro, sia per la mancanza di rispetto delle regole, sia per la tendenza a fare quel che voleva, quando voleva. Ai Beta non era permesso combattere gli spettri, a meno che non fossero deboli o innocui. Non odiava Abel per averlo superato (non l'avrebbe odiato nemmeno se gli avesse puntato una pistola contro), ma a volte era difficile accettare il divario creatosi tra loro.
    Un tempo era lui a proteggerlo dai cattivi, tipo fratello maggiore iper apprensivo, anche se ormai erano storie passate. Il rosso guardò l'orologio appeso al muro segnare le tre e quarantacinque, con quel suo ticchettio estremamente irritante. Per fortuna i tuoni lo coprivano, di tanto in tanto. Con uno sbuffo irritato, Cain gli sfilò il libro dalle mani e lo gettò sul comodino, per poi tornare alla sua posizione originaria, con Abel a fargli da federa. « E spegni la luce, sai che se non c'è buio totale non riesco a dormire ».
    In teoria, non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi lì, nella stanza del compagno. Ai Beta non era permesso frequentare gli alloggi degli Alpha, all'ultimo piano dell'Istituto, ma lui era diventato molto bravo a sgattaiolare dentro dalla finestra senza farsi beccare. Si rifugiava da Abel ogni volta che qualcosa lo preoccupava, come il suddetto temporale. L'albino aveva questo strano potere calmante, tipo camomilla, che lo tranquillizzava e metteva buono. Nonostante la posizione equivoca (Cain gli stava letteralmente sopra), il rosso non aveva chissà quali cattive intenzioni. Era un maniaco di prim'ordine, ma mai e poi mai avrebbe allungato le mani sull'amico d'infanzia. Abel era quella cosa che doveva proteggere ad ogni costo, perfino da sè stesso. C'era da dire, però, che non riusciva a fare a meno del contatto fisico, maschile o femminile che fosse. Un fulmine cadde a poca distanza dall'edificio, e il ragazzo affondò il viso nella maglietta dell'albino come un cucciolo spaventato. « Vaffanculo anche ai temporali » borbottò, con le orecchie che ancora fischiavano. Che ne sarebbe stato del suo sonno di bellezza? Odiava vedersi con le occhiaie.

    Abel Cyril Gytrash
    Abel aveva pensato di dedicare la nottata a quel libro di fisica che aveva trovato nello studio di suo padre qualche settimana fa. Si era concesso una tazza di tè bollente, e paradossalmente il rumore della pioggia che scendeva giù a catinelle lo rilassava. Una bella doccia calda, e via tra le coperte a leggere. La serata perfetta. Peccato non avesse calcolato l'eventualità di un ospite indesiderato, cosa che invece avrebbe dovuto immaginare solamente guardando fuori dalla finestra.
    Sapeva che Cain aveva una paura folle dei temporali, e avrebbe dovuto aspettarsi di trovarselo nel letto appena uscito dalla doccia. Non gli era mai andata a genio l'acqua da quel che ricordava, al contrario di Abel che invece adorava le giornate piovose, da passare in casa. C'era da ammettere però che quella che si stava abbattendo su Lancaster in quel momento era una vera e propria tempesta: rimbombavano lampi e tuoni, e la pioggia cadeva impietosa. Ebbene, tutti i suoi piani erano andati in fumo con l'arrivo dell'amico. Decise comunque di mettersi a leggere, seppur risultò difficile ignorarlo, non riuscendo a concentrarsi del tutto sulla lettura.
    Cain sbraitava, si attaccava a lui e si lamentava di quanto fosse tardi. Nonostante si conoscessero da anni, non aveva ancora fatto del tutto l'abitudine alla sua irrequietezza: se Abel tentava di costruire un muro per stare un po' da solo, il rosso lo demoliva senza troppi complimenti. Il suo comportamento metteva a dura prova il suo autocontrollo, che a forza di passare la maggior parte del tempo con lui era nettamente migliorato.
    « Metti via i tuoi romanzi sconci, Trash. E' ora della nanna »
    Cain si mise tra lui e il libro senza farsi tanti problemi, e sentì le sue braccia passargli intorno al busto. Se solo avesse avuto a portata di mano qualcosa che non fosse stato il suo prezioso volume di fisica, glielo avrebbe ficcato in bocca, per farlo stare finalmente zitto. Si contenne ad uno sbuffo esasperato, e posizionò il libro sopra il capo dell'amico, ignorando bellamente le sue lamentele e riprendendo la lettura da dove l'aveva lasciata. Se aveva sviluppato una pazienza e un livello di sopportazione oltre ogni limite lo doveva soltanto a lui. Non lo odiava per questo - e come avrebbe potuto? Era praticamente tutto ciò che aveva - ma certe volte lo avrebbe volentieri riempito di calmanti.
    Quando l'altro gli tolse il libro dalle mani, senza nemmeno dargli il tempo di infilarvi un segnalibro o piegare l'angolo della pagina, e lo buttò sul comodino Abel gli rivolse uno sguardo colmo d'ira. Perché non poteva lasciarlo leggere in pace per una buona volta?
    « E spegni la luce, sai che se non c'è buio totale non riesco a dormire »
    « Sai quanto me ne importa. » ribatté, deciso a non accontentarlo. Era abituato ad averlo in camera, ormai stava più tempo negli alloggi degli Alpha che nella sua stanza. « Non riusciresti a dormire lo stesso, con questo temporale. » gli ricordò poi, passandosi una mano tra i capelli ancora bagnati, asciugandosela poi sulla maglietta di Cain. Stare appoggiato alla testiera del letto non era il massimo della comodità, e la sua schiena stava gridando pietà. Tentò di liberarsi dalla stretta del rosso, pur sapendo di non avere alcuna possibilità. In quanto a forza fisica poteva essere paragonato ad un innocuo gattino, altro che cane o lupo. Tuttavia, ottenne l'effetto contrario: a causa di un fulmine improvviso, Cain lo strinse ancora di più, facendogli mancare momentaneamente l'aria.
    « Datti una regolata » gli fece, non utilizzando comunque un tono di rimprovero. In fondo non era colpa sua, ma diamine, stringere le coperte o qualunque altro oggetto inanimato? Ogni volta era la stessa storia.
    Allungò un braccio verso il comodino, afferrando una bustina piena di cioccolatini e caramelle varie. « Vuoi? » gliele offrì, infilandoci a sua volta una mano e mettendosene in bocca uno.
    « Sei consapevole che domani le lezioni cominciano alle otto e mezza, vero? » appoggiò la bustina sulle lenzuola accanto a lui, e tirò su il lenzuolo in modo da coprire sia lui sia Cain - quest'ultimo in parte, era troppo alto per lui. La cosa divertente era che Abel era sempre il primo a lamentarsi dei comportamenti del rosso, come in quel caso, ma era anche il primo ad accoglierlo durante le notti burrascose come quella. Che paradosso.

    Cain Asriel Skriker
    Cain si sarebbe messo a scodinzolare se fosse stato nella sua forma originaria. Affondò la mano nel sacchetto alla ricerca delle caramelle alla frutta, riempiendosi la bocca nemmeno fosse l'ultimo pasto della vita. Interpretò il fatto che Abel avesse rimboccato le coperte come una rassegnazione a tenerlo lì con lui, e gli sorrise raggiante. Anche se brontolava peggio di un vecchietto, sapeva che era troppo buono per sbatterlo fuori. « Sei consapevole che domani le lezioni cominciano alle otto e mezza, vero? » ricordò l'albino, prendendo la sua parte di dolci. Era il suo grillo parlante, quello che gli ricordava che esistevano impegni diversi dalle gare di bevute al bar o le feste universitarie dove si infiltrava i venerdì sera, mentendo spudoratamente sull'età. La prima risposta gli uscì in un insieme di parole farfugliate, così aspettò di ingurgitare tutte le caramelle prima di ribattere. « Perfetto, posso recuperare le ore di sonno in classe ». Di solito si affidava agli appunti presi dai compagni per recuperare le lezioni, passando sempre per il rotto della cuffia. Da quando lui e Abel frequentavano classi diverse, non aveva più un secchione da cui copiare i compiti, una grave perdita. Appoggiò di nuovo la testa contro il suo petto e cercò il sacchetto alla cieca, posizionato accanto a lui. Purtroppo gli capitò tra le mani uno di quei cioccolatini al latte stomachevoli, e anzichè rimetterlo al suo posto, Cain lo porse al compagno. « Mangia. Se continui a dimagrire potrei scambiarti per uno spettro ».
    Era costantemente in pensiero per lui, soprattutto perchè non poteva affiancarlo nelle missioni. Gli altri Alpha non lo tenevano d'occhio con la stessa devozione che ci metteva il rosso. Ogni volta che lo vedeva uscire dalla porta dell'Istituto, temeva che fosse l'ultima.
    E dire che aveva giurato di proteggerlo.
    - Ma adesso c'è qualcun'altro che pensa a lui, no? - gli bisbigliò una vocina, e i dolcetti assunsero all'improvviso un gusto acido.
    Che Abel stesse frequentando la testa degli Alpha, Raphael Mauthe, non era un mistero.
    Il vero interrogativo da porsi era il perchè quei due avessero deciso di iniziare una relazione. Raphael era la cosa più simile ad un ghiacciolo che Cain avesse mai visto, totalmente incapace di provare ed esprimere sentimenti. Certo, ricopriva il ruolo più importante tra i Marauders, secondo solo a Grim stesso, ma questo non faceva di lui il miglior ragazzo della storia.
    Dopo qualche istante di silenzio, il rosso liberò Abel dalla presa, rotolando nello spazio accanto e mettendo un braccio sopra agli occhi per creare il buio che gli serviva, senza dover spegnere la luce. L'occhio sinistro, nascosto dietro alla benda, gli faceva un male del diavolo, come ogni volta che pioveva. Aveva provato a starsene buono nel suo letto, ma la solitudine e il silenzio, insieme alle saette che squarciavano il cielo, gli erano sembrate ottime scusanti per infiltrarsi nella camera al piano di sopra, sfruttando i vecchi rampicanti che ricoprivano l'Istituto. Chissà per quanto tempo ancora avrebbe potuto continuare a rifugiarsi nella stanza del compagno, ora che un altro uomo lo reclamava. Soffocò un ringhio di frustrazione e diede le spalle all'albino, sdraiandosi su un fianco. « Non capisco cosa ci trovi in Mauthe. Una statua sa essere più affettuosa » sibilò, non riuscendo a trattenere il commento.
    « E poi non sa niente di te, mentre io potrei scriverci un libro, sulla tua vita ».
    Cain continuò a lamentarsi del Black Dog che aveva sottratto il suo migliore amico, sminuendolo in ogni modo possibile. Tra loro non correva buon sangue, era sempre stato così. Raphael lo disprezzava, e il ragazzo aveva il sospetto che ci fosse il suo zampino nella decisione di tenerlo tra i Beta. Era il terzo anno che provava a superare le prove (pratiche e scritte), per passare alla classe d'elite.
    Ci arrivava vicinissimo, e infine il verdetto era sempre lo stesso: non idoneo. Casualmente l'ultima parola spettava a Raphael.
    « Te lo dico, questa storia non mi piace.
    C'è sotto qualcosa ». Che si trattasse di un ricatto? Conoscendo il carattere docile di Abel non era da escludere. « Mi hanno detto che nell'ultima missione te la sei vista brutta, e lui dov'era? In prima linea, sennò sai che umiliazione! » aggiunse, ricordando le voci di corridoio che giravano al riguardo. In realtà, l'Istituto intero sembrava supportarli e apprezzarli. L'unico a cantare fuori dal coro era lui. Voltò la testa quel tanto che bastava per mostrargli il suo disappunto, le sopracciglia aggrottate e le braccia incrociate sul petto.
    In quanto migliore amico e quasi fratello maggiore, spettava a lui l'approvazione degli eventuali fidanzati di Abel, e Raphael era un "no" su tutta la linea.

    Abel Cyril Gytrash
    Sapeva che Cain fosse un caso perso per quanto riguardava lo studio, ma l'albino non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo quando l'amico ammise di volersi fare una sana dormita sul banco, il mattino stesso. Lasciò correre, gustandosi un altro cioccolatino, mentre Cain appoggiò la testa sul suo torace. Aveva già sprecato abbastanza fiato con lui a riguardo di prendere le lezioni e lo studio seriamente, ma le parole di Abel gli erano entrate da un orecchio e uscite dall'altro subito dopo. Lui aveva la coscienza a posto, ci aveva provato più e più volte: il resto, era stata una scelta - a suo parere sbagliata, ma a quanto pare non gli interessava granché - di Cain. La sua attenzione fu richiamata dal ticchettio rilassante della pioggia sul vetro della finestra, e rimase a guardare fuori finché non sentì la voce del rosso: gli offrì un cioccolatino, invitandolo - o costringendolo? - a mangiarlo, aggiungendoci la raccomandazione di non dimagrire ancora.
    Sapeva di aver perso dei chili nell'ultimo periodo: i suoi pasti erano praticamente inesistenti, e sopravviveva di snack durante la giornata. Halloween, poi, era uno dei periodi peggiori per i Black Dog a causa degli spettri che si divertivano a seminare il caos: in fondo era la loro festa, e si scatenavano procurandogli non pochi problemi. Era da un paio di notti che gli avevano concesso un po' di riposo, altrimenti era sempre stato occupato con delle missioni. Se non ricordava male, la notte seguente ne avrebbe avuta un'altra da svolgere insieme a Grim e qualche altro Alpha in un grande cimitero appena fuori città. Abel non si lamentava dello sforzo e della fatica, ma si sentiva davvero sotto pressione. Come se non bastasse, era anche uno studente, e non uno di quelli che prendeva lo studio poco seriamente. Cain sembrava comunque essersene accorto, e ciò lo spinse ad accettare il cioccolatino che gli aveva offerto - anche perché i dolci erano il suo punto debole, era fuori questione rifiutarne uno.
    Quando, incredibilmente, il compagno si decise a prendersi la parte di letto che gli spettava, Abel tirò un sospiro di sollievo ben poco udibile. Magari aveva deciso finalmente di andare a dormire e starsene zitto e buono, donandogli la pace che tanto cercava. L'albino si distese completamente, sentendo chiaramente le grida di gioia delle ossa della schiena, e si coprì con la coperta più pesante. Sebbene si potesse considerare pieno autunno, la fine di ottobre in Inghilterra era praticamente l'inizio della stagione invernale. Si godette i minuti di silenzio che Cain gli concesse, e pensando che stesse dormendo allungò il braccio verso l'abat jour per spegnere la luce, ma quella rimase accesa, il pollice fermo sull'interruttore.
    « Non capisco cosa ci trovi in Mauthe. »
    Abel si voltò lentamente verso di lui, mentre continuava a parlare. Cosa c'entrava, in quel momento, il suo ragazzo? Cain non faceva altro che ricordargli che Raphael non fosse il compagno adatto a lui. L'albino lo ignorava, liquidandolo subito dopo con un "Non sono affari tuoi" e cambiando argomento. Il problema era che Abel sapeva benissimo che Raphael non fosse il ragazzo dei suoi sogni. Non lo idolatrava e non lo difendeva, semplicemente perché sapeva che non ne sarebbe valsa la pena. Si lasciava scorrere tutte le cattiverie addosso ogni volta, come se non lo riguardassero personalmente.
    « Te lo dico, questa storia non mi piace. C'è sotto qualcosa » il rosso continuava, ma Abel lo ascoltava solo in parte. Quando Raphael aveva cominciato ad interessarsi a lui, era stato un po' restio a dargli confidenza, ma dopo un primo e lunghissimo periodo in cui l'albino aveva desiderato solamente che lo lasciasse in pace si era buttato in ciò che Raphael aveva da offrirgli. Quel che provava per lui non era amore, ma non gli era neanche del tutto indifferente. Probabilmente la loro era una relazione a senso unico: Raphael sembrava tenere parecchio al ragazzo, seppur lo dimostrasse assai raramente e unicamente quando erano da soli. I pensieri di Abel erano rivolti a tutt'altra persona invece. Era lui il motivo dell'inizio del rapporto con il moro appartenente alla classe Alpha: si era lasciato andare con il suo attuale compagno per dimenticare lui, e sembrava stesse funzionando, per sua fortuna.
    Cain descriveva Raphael come un individuo senza cuore, ma solamente perché non sapeva cosa si annidava nel cuore di Abel. Tra i due, quello senza sentimenti era senza dubbio lui.
    « Ancora con questa storia? » lo interruppe, mettendosi a pancia in su e percorrendo con gli occhi la figura dell'amico, che gli dava le spalle. « La questione non ti riguarda. » gli ripeté per la millesima volta, mettendosi in bocca un'altra caramella. Era proprio cocciuto, quando ci si metteva.
    « E' il mio ragazzo, e per questo ti invito a restarne fuori. » anche perché se non avesse seguito il suo consiglio - che tanto consiglio non era - le cose si sarebbero complicate, e non di poco. Se avesse saputo che a causa sua aveva deciso di far entrare Raphael nella sua vita... Si sentiva sbagliato. Il periodo in cui aveva cominciato a desiderare che Cain lo vedesse più che come un fratello era stato un incubo. E poi era arrivato Raphael, "per fortuna" avrebbe osato dire. Si sentiva una persona orribile, ma aveva bisogno di proteggere l'amicizia che aveva con Cain prima di tutto.
    « E smettila con questa storia del sotterfugio, o impazzirai. » sospirò, tirandogli un paio di caramelle alla frutta e colpendolo sulle guance. Poteva mettere su il muso quanto voleva, non avrebbe messo in pericolo il rapporto che si era creato tra loro fin dalla tenera età.

    Cain Asriel Skriker
    Okay, Abel quella notte cercava guai.
    Lo stava praticamente implorando di litigare, e i litigi del rosso non si limitavano mai alle sole parole. Tutto ciò che riguardava l'amico, toccava in modo inevitabile anche lui, e lo sapeva.
    Il Black Dog poteva sentire i nervi tendersi e i canini allungarsi, mentre guardava Abel alzare di nuovo una barriera tra loro con le solite scuse del "non sono affari tuoi". E con quale facilità, poi! « E' il mio ragazzo, e per questo ti invito a restarne fuori. »
    « Ragazzo? Un cane da compagnia, al massimo! » ribattè, e sentì la sua voce farsi pericolosamente raschiante. Non era il caso di trasformarsi lì, in un letto che non sarebbe riuscito a sostenere nè il suo peso, nè la sua furia. Cain strinse i denti e fece un paio di respiri profondi per calmarsi, anche se la tentazione di distruggere qualcosa era forte.
    No, non qualcosa. Qualcuno.
    « E smettila con questa storia del sotterfugio, o impazzirai. » Ecco la vera abilità di Abel:
    dire le cose sbagliate nel momento sbagliato.
    Il ragazzo non prese bene nemmeno la leggerezza con cui lo rimproverò, come fosse una questione di poco conto, lanciandogli addosso le caramelle che avrebbero dovuto rabbonirlo. Impiegò mezzo secondo ad alzarsi e sovrastarlo, le mani strette nel cuscino ai lati della sua testa. Era furioso, vedeva letteralmente rosso. « Io non ti capisco » ringhiò, a un soffio dal suo volto imperturbabile. « Da quando hai bisogno di uno come lui? Pensa solo ad ammazzare e dare ordini. Ti ha fatto il lavaggio del cervello? Oppure ti sentivi così solo da attaccarti al primo che capita? Pensavo di bastarti io, per quello! ».
    Da quel che ricordava, Cain non l'aveva mai fatto sentire escluso o abbandonato, anzi. Nei momenti in cui stavano insieme, Abel gli sembrava sempre tranquillo, a suo agio, perchè si fidava di lui e sapeva di poter essere sè stesso in sua presenza. Dove aveva sbagliato? Prima di rovinare del tutta la federa del compagno, il rosso si sollevò di scatto e scese dal letto, non badando più al fragore della tempesta. Imboccò la porta a passo di marcia, ben consapevole del rischio di essere sorpreso da qualcuno sul piano degli Alpha.
    « Me ne vado, contento? Così libero il posto per qualcun'altro ». Le sue parole erano veleno puro, il suo occhio destro una fiamma ardente.
    « Non venire a piangere da me quando ti sarai accorto che avevo ragione. Buonanotte, idiota ».
    Sbatté la porta in modo teatrale e fin troppo rumoroso, ma ormai non gli importava. In momenti come quello perdeva la ragione, e diceva cose che in situazioni normali non avrebbe mai detto, specialmente ad Abel. L'improvviso scoppio d'ira aveva dell'incredibile, dato che, ragionandoci a mente lucida, lui non aveva alcun diritto di mettere parola nelle relazioni altrui. Raphael era un comandante cinico, misurato, che sapeva il fatto suo, quindi da un certo punto di vista poteva dirsi il partner perfetto per uno come l'albino. Allora perchè l'idea che gli mettesse le mani addosso lo faceva stare così male?
    Ah, giusto. L'istinto protettivo del fratello maggiore. Nel suo immaginario, Abel era una fragile creaturina da proteggere, sebbene crescendo avesse imparato a difendersi egregiamente da solo. E poi, d'un tratto, l'oggetto del suo odio salì le scale, bloccandogli il passaggio. Raphael Mauthe in carne ed ossa, con la divisa lacerata e il viso sporco di terra. Doveva essere appena rientrato da una missione, il capo supremo. Gli occhi scuri lo squadrarono con il solito cipiglio schifato di chi guarda un gatto morto a lato della strada, poi il disprezzo si tramutò in rabbia quando fece i suoi calcoli, passando da lui alla porta della stanza di Abel. « Cosa non ti è chiaro nella frase "stagli alla larga", Skriker? » disse, incenerendolo dove si trovava. Cain, che traeva divertimento dalla rabbia altrui, sfoggiò il ghigno impertinente che fungeva da marchio di fabbrica, scrollando le spalle. « Ho dormito con lui molte più volte di te, Alpha. Parti svantaggiato ». Il ringhio che gli riservò fu molto soddisfacente. Era riuscito a penetrare nella sua corazza di indifferenza con grande facilità. « Sei così ansioso di rimanere tra i Beta? Perchè se vuoi posso accontentarti anche quest'anno ». Le parole divennero versi rabbiosi quando Cain gli si scagliò contro nella sua forma di Black Dog, una bestia dal pelo nero e gli occhi color sangue. Raphael riuscì a trasformarsi appena qualche istante prima di cadere lungo la gradinata, ed il suo corpo massiccio attutì il colpo. Finirono entrambi sul pianerottolo sottostante, in una zuffa di morsi e unghiate. Poteva anche essere il comandante, ma Cain gli teneva testa come nessuno tra i Marauders. Raphael chiuse la bocca attorno alla sua zampa anteriore, e il rosso rispose puntando alla giugulare. Non appena sentì il sapore del sangue in bocca, l'istinto di sopravvivenza gli suggerì di stringere ancora e ancora, nonostante i guaiti di protesta. L'Alpha si liberò appena in tempo, prima di rispondere con una testata in pieno petto che tolse il respiro all'avversario, costringendolo ad indietreggiare. La rissa svegliò i compagni che dormivano nelle stanze adiacenti, tutti appartenenti ai Beta e avvezzi ai comportamenti impulsivi di Cain. Un ragazzo piuttosto robusto, Uriel, lo bloccò in una morsa ferrea, finchè l'altro abbaiava e si dibatteva. Raphael impiegò poco a riacquistare la sua proverbiale calma, tornando all'aspetto umano e decisamente malconcio di poco prima. La gola gli sanguinava, ma grazie ai poteri di Black Dog iniziò a cicatrizzare in fretta. « Tienilo stretto » ordinò, finché un gruppetto nutrito di curiosi si stava radunando in corridoio per assistere alla scena. Il rosso ritornò alla forma originaria suo malgrado, il braccio destro ricoperto di morsi e inutilizzabile. Ringhiava ancora, sebbene la stanchezza lo costringesse a starsene lì buono e in attesa del verdetto. Non gli importava delle conseguenze. Era riuscito a farlo scomodare e tanto bastava.

    Abel Cyril Gytrash
    Prima che se ne potesse accorgere, Cain gli fu letteralmente sopra. L'unico occhio scoperto lo guardava furente, e parole velenose uscivano dalla sua bocca. Era evidente che fosse fuori di sé dalla rabbia, ma ciò non scomodò l'imperturbabile Abel in un primo momento. Finché si parlava di Raphael gli stava anche bene: bastava eludere l'argomento e tanti saluti. Ma quando lo accusò di essersi avvicinato a lui a causa della solitudine, l'albino aggrottò le sopracciglia.
    « Pensavo di bastarti io, per quello! »
    No, fino a qualche tempo fa non gli sarebbe bastato. Tutto ciò che il rosso gli offriva era perché lo vedeva come un fratello, lo aveva sempre visto sotto quella luce. Ad Abel era cominciata a stare scomoda quella situazione, ma poteva rovinare il loro rapporto per un suo capriccio? Cain era tutto ciò che aveva sempre avuto, la sua unica certezza. Preferiva sopprimere quegli orribili sentimenti, sfruttando quelli di Raphael. Si sentiva una persona orribile e ne era pienamente cosciente, ma la sua paura di perdere il suo unico amico e fratello - perché questo era ciò che erano - era più forte di qualsiasi altro turbamento.
    « Io invece non capisco te » sibilò l'albino, ancora immobilizzato sotto le braccia del compagno. « e il tuo assurdo accanimento. » lo disse in modo più cattivo di quanto volesse, invece di utilizzare il suo solito tono apatico e leggermente scocciato. Non fece in tempo ad aggiungere altro che Cain scese dal letto in fretta e furia, gridandogli contro, e di rimando Abel gli diede le spalle, rigirandosi nel letto.
    « Vattene pure. » gli disse, qualche istante prima che chiudesse la porta. In contemporanea, un fulmine cadde vicino all'edificio, illuminando la stanza a giorno. Accanto all'albino, c'erano le due caramelle alla frutta che Cain non aveva accettato. Strinse le coperte, recuperando il libro che il rosso gli aveva sistemato con ben poca attenzione sul comodino. Si tirò su, non appoggiandosi stavolta alla testiera del letto ma stando curvo con la schiena, e prese a sfogliare le pagine alla ricerca del punto in cui aveva bruscamente interrotto la lettura. Si ritrovò a sbuffare a metà pagina, e guardò fuori dalla finestra. I tuoni erano veramente forti quella notte.
    "Affari suoi." si disse, sistemando il libro in grembo. Scacciò anche il pensiero che se fosse stato scoperto sul piano dei dormitori degli Alpha avrebbe potuto passare qualche guaio. Se la sarebbe cavata da solo, dopo tutto ciò che si erano gridati contro non avrebbero risolto la questione in fretta, e di sicuro Cain non sarebbe tornato nella sua stanza la notte stessa.
    Decise di rimandare la nottata di lettura ad un'altra volta: non riusciva a concentrarsi sul testo, perciò spense la luce e si infilò tra le coperte.
    Il rosso non aveva mai accettato la sua relazione con Raphael, e non sprecava occasione per ricordargli quanto incompatibili potessero essere. Abel faceva finta di ascoltarlo, liquidandolo ogni volta con la scusa di non dover ficcare il naso negli affari altrui. Eppure questa volta lo aveva sentito più frustrato del solito. Forse era l'ora tarda che lo rendeva nervoso, o il temporale. Magari l'indomani mattina avrebbero parlato normalmente, accantonando la questione; in caso contrario, lo avrebbe lasciato sbollire. Non gli piaceva sprecare fiato per questioni del genere.
    Era ancora sveglio quando udì dei guaiti al piano di sotto, e tese subito le orecchie. A quelle seguirono delle voci dal tono rabbioso, e gli sembrò di riconoscerle. Una era sicuramente Raphael, ci avrebbe messo la mano sul fuoco. L'altra, più debole, possibile che appartenesse a Cain? Posò i piedi a terra e si alzò dal letto, rischiando di inciampare nelle ciabatte davanti alla porta. Al pianerottolo dove si trovavano i dormitori dei Beta, riusciva a distinguere delle voci e si affrettò ad andare a controllare cosa stesse succedendo.
    Il primo viso che mise a fuoco fu quello di Raphael, con addosso la divisa rovinata e diverse ferite sul viso. Scendendo le scale, mantenendo la sua solita compostezza, riuscì a intravedere un taglio alla gola che si stava rimarginando velocemente. Dai danni all'ambiente circostante, sembrava avesse combattuto contro un suo simile. Si guardò intorno, e quando vide il braccio sanguinante di Cain percepì un brivido lungo la schiena che lo fece voltare di nuovo verso il suo ragazzo, gli occhi tramutatisi in due bracieri.
    « Cosa diavolo sta succedendo? » arrivò fino all'ultimo gradino, lo sguardo che volava da un ragazzo all'altro senza risparmiare nessuno dei due.
    « Potete tornare nelle vostre stanze, scusate il disturbo. » dopo qualche istante, si rivolse ai Beta che erano usciti dalle loro camere, e fece cenno ad Uriel di rimanere insieme a lui. Era molto più robusto dell'albino, conoscendo il temperamento di Cain e l'antipatia che correva fra i due avrebbe potuto essergli d'aiuto. Ebbe il tempo di elaborare qualche teoria su cosa fosse potuto accadere: sicuramente si trattava di un combattimento, e per essersi ridotti in quello stato avevano dovuto ricorrere alla loro forma animale, per forza di cose.
    Raphael fece per aprire bocca, ma Abel lo zittì. « Non mi interessa. »
    Sentiva il sangue pulsargli nelle vene, ma l'albino era un maestro nel celare le sue emozioni dietro una maschera di indifferenza e freddezza. L'Alpha sembrava essersi ripreso dai danni subiti, le sue capacità di rigenerazione erano rinominate all'interno dell'Istituto. Questo si alzò in piedi, affiancando Abel e squadrando il rosso dall'alto, mal celando la rabbia e l'indignazione che provava nei suoi confronti.
    « Non la passerai liscia, Skriker. » gli sussurrò, ma Abel riuscì ugualmente a sentirlo.
    « Per stanotte basta e avanza. » non riuscì a starsene zitto, e sostenne gli occhi scuri di Raphael per quella che gli parve un'eternità. Non era la prima volta che l'albino lo interrompeva e gli metteva i bastoni tra le ruote, sebbene la sua indole composta e menefreghista gli consigliava di lasciarsi scorrere tutto addosso. Il moro ringhiò, per poi lasciarsi dietro i due ragazzi diretto alle stanze al piano superiore. Era evidente il fatto che non sarebbe passato sopra a questo fatto, e Cain l'avrebbe davvero pagata cara. E probabilmente non gli era andata giù che avesse preso le difese del rosso: ci sarebbe andato di mezzo anche lui.
    L'attenzione dell'albino si focalizzò poi su Cain, intimando ad Uriel di lasciarli soli. « Si può sapere cosa ti dice la testa? » lo rimproverò, non lasciando trapelare alcuna punta di bonarietà dal tono della sua voce. Non era su di giri per il fatto che Cain fosse uno sconsiderato - lo era anche per quello, ma quel suo tratto passava in secondo piano di fronte alle ferite che aveva al braccio. Il pensiero che qualcuno avesse potuto fargli del male gli mandava il sangue al cervello, nonostante sapesse bene che Cain fosse in grado di proteggersi egregiamente da solo e che non avesse bisogno di Abel per vincere in uno scontro dove si veniva alle mani. Ma mettersi contro Raphael? Si doveva essere pazzi per sfidarlo direttamente.
    « Sei veramente un idiota. » gli si accovacciò accanto, studiando i tagli. In infermeria avrebbe potuto medicarglieli, facendogli passare momentaneamente il dolore. Peccato non avere un briciolo di forza fisica, altrimenti gli avrebbe assestato un bel pugno alla mascella. « Tutti e due siete degli idioti. Come siete arrivati a questo, si può sapere? » domandò freddamente, facendogli segno di seguirlo per andare in infermeria.

    Cain Asriel Skriker
    La voce ferma ed autoritaria di Abel mise tutti a tacere, compreso quell'odioso Alpha a cui aveva quasi staccato la testa a morsi. Cain si godette con una certa soddisfazione il battibecco tra i due, felice di vedere che nemmeno Raphael, in tutta la sua prepotenza, poteva tenere testa all'amico. Quando Abel si arrabbiava faceva più paura di Grim in persona. Fece una linguaccia al moro, che aveva preso la saggia decisione di levarsi dalle scatole. Si era giocato la promozione anche quest'anno, ma poco importava. Ora Raphael sapeva quanto potevano essere pericolose le sue zanne. Non appena l'albino diede ordine ad Uriel di mollare la presa, Cain si ritrovò in ginocchio, il braccio penzolante su un fianco, e lanciò un'occhiataccia al gigante, ringhiando a bocca chiusa per esprimere il suo disappunto. Con lui ci avrebbe parlato più tardi, dopo essersi sorbito la ramanzina del loro capo e le conseguenti punizioni.
    « Si può sapere cosa ti dice la testa? ».
    « Era un incontro amichevole » si giustificò, guardando il pavimento macchiato di sangue.
    « Sei veramente un idiota ».
    « Ma senti chi parla. Il bue che dice "cornuto" all'asino ». Avvertì un lieve pizzicore nei punti in cui Raphael l'aveva assaggiato, segno che, finalmente, le ferite stavano iniziando a ricucirsi. Un po' del magico unguento firmato Marauders e si sarebbe ripreso senza difficoltà. In infermeria ne avevano un bastimento completo.
    Abel gli fece segno di seguirlo al piano di sotto, e il rosso obbedì tra mille imprecazioni. Il braccio stava guarendo, ma faceva comunque malissimo. Per fortuna il compagno era un mago dei bendaggi, e negli anni si era guadagnato il titolo di sua infermiera personale.
    « Tutti e due siete degli idioti. Come siete arrivati a questo, si può sapere? » chiese lui, con i nervi a fior di pelle. Era bravo a serbare rancore, doveva riconoscerlo. Cain avrebbe volentieri scrollato le spalle, se non ne avesse avuta una fuori uso. Si limitò a mettere il broncio e guardare dritto davanti a sè, fino ad intrufolarsi nell'infermeria, che di notte sapeva molto di film horror. I lettini erano vecchi e cigolanti, dagli spifferi delle finestre entravano suoni simili ad urla di spettri.
    Il Black Dog odiava passare il tempo lì dentro, anche se, data la sua sfrontatezza, ci finiva spesso. Il rimbombo di un tuono lo bloccò davanti all'armadietto dei medicinali, ma si impose di non dare di matto proprio in quel momento.
    Doveva sembrare ancora arrabbiato per la discussione di poco prima. Si mise seduto su uno sgabello, in attesa che Abel prendesse il necessario per rimetterlo in sesto. Nessuno dei due pareva intenzionato a spiccicare parola.
    In realtà, il ragazzo stava ancora cercando di dare un nome al groviglio di sensazioni provate quando Abel lo aveva difeso, mettendosi contro il presunto fidanzato. Era stato così appagante leggere la rassegnazione sul volto contuso di Raphael! Quello scemo credeva davvero che il suo fratellino l'avrebbe tradito? Eppure, per un istante, Cain aveva temuto che lui lo abbandonasse, e si era sentito morire dentro.
    Si sfilò la maglietta e mostrò i segni lasciati dall'Alpha ad Abel, già armato di unguento e bende pulite. La spalla e l'avambraccio presentavano solo dei fori profondi, mentre il braccio era un campo di battaglia. La pressione del dito di lui sulle ferite era forte, una sorta di punizione, e Cain strinse i denti per trattenere altre parole poco carine.
    « Ahi! Vacci piano, l'ho capito che sei arrabbiato! » protestò. Grazie al cielo la mano di Abel era fredda, un bel contrasto al bruciore degli squarci sulla pelle. Seguì la medicazione con sguardo assorto, stranamente conscio di ogni minimo tocco, per quanto indelicato.
    Abel era davvero la cura di tutti i suoi mali.
    E quel bastardo voleva portarglielo via.
    « Scusa » mugugnò, approfittando della loro vicinanza per abbandonare la fronte sulla sua spalla. « Ogni cosa di lui mi fa incazzare. Stanotte particolarmente ». Più si avvicinava Halloween, e più Cain rimpiangeva di non far parte degli Alpha, per poter salvaguardare il fratello minore ed impedire che gli succedesse qualcosa di irrimediabile. Raphael non aveva tempo di dargli bado. Era il capo, quello che si metteva in prima linea e rischiava la vita per portare a termine la missione. Un gesto nobile, per carità, ma finchè Abel era al sicuro, per lui potevano andare tutti all'inferno.
    « Non dirò più niente, okay? Anche se hai dei pessimi gusti in fatto di ragazzi ». Magari non proprio niente, ma avrebbe limitato le cattiverie ad un paio di volte alla settimana, giusto per sfogarsi. Quando rialzò il capo si sentì molto più leggero, e riuscì a guardarlo negli occhi senza difficoltà. Le sue iridi erano di una purezza spaventosa, nonostante lui stesso fosse un messaggero degli inferi. La cicogna doveva aver sbagliato casa quando l'aveva mollato dai Gytrash, diciannove anni prima.
    « Il vero problema è che sono geloso, credo.
    Voi due passate un sacco di tempo insieme perchè siete nella stessa squadra, e io me ne sto qui ad aspettare la prossima festa dove imbucarmi per non morire di noia ». Era un piccolo pezzo di verità, sufficiente a riaggiustare le cose tra loro. Almeno, fino a quando Cain e Raphael non si fossero azzannati di nuovo.

    Abel Cyril Gytrash
    Il rosso lo seguì per il corridoio senza fare storie - più o meno. Era impegnato ad imprecare a causa delle ferite al braccio, e le risposte alle sue domande non furono esaurienti. Abel, durante il tragitto, si limitò a indirizzargli occhiate severe da sopra la spalla. Perlomeno riusciva a camminare sulle sue gambe, si poteva dire un miracolo dopo uno scontro con un Alpha potente come Raphael. Per fortuna erano stati interrotti da circostanze esterne, altrimenti non voleva immaginare come sarebbe potuta andare a finire. Conosceva Cain come le sue tasche, e sapeva che non gli ci voleva molto per venire alle mani. Ma Raphael era un tipo controllato e autoritario, cosa lo aveva spinto ad ingaggiare un combattimento con lui? Da una delle due parti doveva essere pur cominciato, e Abel avrebbe puntato tutto su Cain. Ma non attaccava chiunque gli capitasse davanti - seppur conoscendolo, già chiamarsi Raphael Moethe era un validissimo motivo per far fuori qualcuno. Forse l'Alpha gli aveva detto qualcosa che non gli era andato a genio, o forse aveva cominciato proprio lui. Le teorie potevano dirsi infinite, e con il braccio sanguinante di Cain a cui pensare ogni altra cosa finiva in fondo alla lista. Si impegnò per camminare davanti al rosso, sebbene lui fosse più alto e facesse passi più lunghi dei suoi, e quando arrivarono in infermeria le gambe gli dolevano per lo sforzo.
    La stanza di notte non era chissà quanto suggestiva - se era per questo, nemmeno di giorno. Il rosso prese posto su uno sgabello, mentre Abel aprì l'armadio alla ricerca di bende e uno degli unguenti segreti dei Marauders, capace di curare gran parte delle ferite dei Black Dogs. Per un periodo di tempo, l'albino aveva tentato di replicarlo, andando alla ricerca degli oscuri ingredienti che lo componevano, senza comunque riuscire nell'intento. Si voltò verso Cain, pronto a medicarlo, e non si lasciò inorridire dalla quantità e dalla profondità di ferite che Rapahel gli aveva inferto. Alcune avevano cominciato a cicatrizzarsi, altre erano visibili sulla pelle diafana del ragazzo.
    Sbuffando sonoramente, Abel cominciò a passare l'unguento sui tagli sul braccio, premendo con forza. Lo faceva apposta, e non per i residui della discussione avuta poco prima. Era uno sconsiderato, e in tutti quegli anni non sembrava ancora riuscito a farglielo capire. Seppur non facesse parte degli Alpha e non partecipasse a missioni pericolose, quella sua attitudine rissosa poteva creargli dei problemi. Abel non lo dimostrava, ma aveva seriamente paura che un giorno o l'altro potesse rimanerci secco.
    Il ragazzo ignorò le proteste del rosso e non si preoccupò di utilizzare un tocco più delicato.
    « E taci. » lo sgridò freddamente, passando ai fori che i canini di Raphael avevano lasciato sulla spalla e sull'avambraccio. Mettersi contro un Black Dog influente come il moro era stato folle da parte di Cain. Sicuramente il rosso non ci era andato giù leggero con lui, ma cosa pensava di fare?
    « Sei un incosciente. » sbuffò di nuovo, senza nascondere il suo disappunto e il suo nervosismo. Continuò ad applicargli l'unguento, finendo quasi la crema a disposizione nel contenitore. Le seguenti frasi del compagno lo colsero impreparato, ma si costrinse a non alterare il suo atteggiamento severo. Quando il ragazzo appoggiò la fronte sulla sua spalla, notò che la differenza di altezza tra loro si annullava con Cain seduto sullo sgabello.
    « Ma dai, non lo avevo notato. » ironizzò Abel, appoggiando l'unguento sul tavolo più vicino. Era particolarmente incline ai litigi, quella notte. In meno di mezz'ora, aveva già ingaggiato due scontri con due persone diverse. Non era certo il suo record, ma sperava avesse finito e che una bella dormita potesse calmarlo un po'. Abel non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui, sebbene tra i due fosse il minore e, di conseguenza, quello da "proteggere". Cain era ancora di quell'opinione, nonostante l'albino avesse dimostrato varie volte di sapersela cavare da solo.
    Quando lo aveva visto insanguinato e in difficoltà poco fa, la rabbia si era completamente impossessata di lui. Non gli importava chi avesse torto e chi ragione, se Cain avesse attaccato il suo fidanzato o qualcuno di importante. Ciò che gli importava era che Cain fosse indenne, e al vedere le ferite che gli erano state inferte il sangue gli era salito al cervello. Era impossibile però proteggere il rosso, perciò Abel si era limitato, negli anni, a preoccuparsi per lui e a cercare di evitargli quanti più scontri possibili.
    « Non dirò più niente, okay? »
    Ad Abel scappò una piccola risata, e gli rifilò uno scappellotto sulla nuca. « Non ti credo. »
    L'atmosfera si era decisamente rilassata rispetto a prima, e quando Cain si spostò il ragazzo riuscì ad afferrare le bende, cominciando a srotolarle.
    « Addirittura geloso? » gli fece eco Abel, cominciando a bendarlo a partire dal braccio. « Io sto aspettando solo te, negli Alpha. Vedi di impegnarti quest'anno, magari è la volta buona. » lo disse in una maniera totalmente apatica, probabilmente gli avrebbe potuto far passare la voglia. Ma lo diceva davvero. Poteva stare con Raphael anche ventiquattro ore al giorno per tutta la settimana, avrebbe sempre sentito la mancanza di Cain.
    « Ti sei infilato in un bel guaio, comunque. E io con te. » disse dopo, scuotendo appena la testa. « Chi me l'ha fatto fare? » sbuffò, colpendo con un braccio la spalla sana dell'amico. Sapeva già che avrebbero passato la mattinata nello studio di Raphael, e non l'avrebbe fatta passare liscia a nessuno dei due.

    Cain Asriel Skriker
    Abel contribuì ad alleggerire l'atmosfera, grazie alla sua capacità di sminuire qualsiasi dramma.
    I bendaggi erano stretti al punto giusto, per fortuna. Visti i precedenti, Cain non si sarebbe sorpreso se avesse cercato di bloccargli la circolazione per dispetto. Provò a muovere il braccio su e giù, trovandolo già molto migliorato. « Io sto aspettando solo te, negli Alpha. Vedi di impegnarti quest'anno, magari è la volta buona ». Il ragazzo lo guardò attraverso l'unico occhio sano, quello che gli permetteva di vedere le cose del presente, non del futuro, e la sua espressione divenne improvvisamente più cupa. Il fratello non era al corrente dei giochetti messi in atto da Raphael per impedirgli di salire di grado. Parlarne sarebbe stata la cosa migliore, ma non voleva mettere i bastoni tra le ruote ai due fidanzati. Gli sembrava scorretto, specie dopo i recenti avvenimenti.
    « Già, ci proverò » disse, passando dal volto severo di Abel alla brandina con su scritto il suo nome, lì accanto « Ti sei infilato in un bel guaio, comunque. E io con te ».
    « Ma figurati. Sei il preferito di Mauthe,
    non ti torcerebbe un capello ». Cain scese dallo sgabello e si infilò la maglietta, per quanto lacerata e sporca di sangue secco. Aveva dormito in condizioni peggiori, in fondo. La brandida fece un cigolio sinistro non appena ci si appoggiò per scostare le coperte.
    « Chi me l'ha fatto fare? » protestò l'albino, dandogli un colpetto alla spalla buona.
    « Il tuo amore per me, ovvio ». Il ragazzo gli fece un sorrisetto da in cima al materasso, dove cercava una posizione comoda per non pesare sulla parte destra del corpo. Stava guarendo, ma faceva ancora parecchio male. Si accorse che, oltre il cielo tempestoso, delle nuvole più chiare stavano per annunciare l'arrivo dell'alba, e pensò che dormire per il resto della giornata fosse un'ottima idea. Le lezioni potevano andare a quel paese, così come gli allenamenti. Se non dormiva per almeno otto ore diventava intrattabile, e non faceva bene alla pelle. Che gli fossero già spuntate le occhiaie? Certo, conferivano un'aria vissuta, da duro, ma per lui erano solo antiestetiche. Alla fine decise di stendersi sul fianco e lasciare che l'unguento facesse il suo dovere, mentre fuori la pioggia non smetteva di abbattersi sulle vetrate. « Abel » lo chiamò, improvvisamente serio, « se non dormi con me avrò gli incubi per il resto della settimana. E non ti parlerò più. E ti riempirò la stanza di gatti ».
    Li allevava sul retro dell'Istituto, e in vista dell'inverno doveva trovare una sistemazione per loro, perchè non soffrissero il freddo.
    La verità era che quel posto lo terrorizzava quasi più del temporale, e gli serviva qualcuno di fidato a cui aggrapparsi nel caso fosse spuntato lo Spettro del Pendolo. Nessuno ci credeva, ma lui era sicurissimo di averlo visto.
    Si spostò sull'estremità del letto e alzò le coperte, un'espressione imbronciata che non ammetteva repliche. « Sbrigati. Sto morendo di sonno ». Poco importava se qualcuno li avesse scoperti. Ormai i Marauders erano abituati a vederli sempre appiccicati, non ci facevano più caso. L'unico che poteva aver da ridire era Raphael, ma se così fosse stato, Cain lo avrebbe sbranato lì dove si trovava, e tanti saluti al rispetto per i superiori.

    Abel Cyril Gytrash
    Probabilmente Cain aveva ragione: Raphael non gli avrebbe fatto del male, o comunque il rosso se la sarebbe vista sicuramente peggio. Ma stavolta aveva come l'impressione di aver sorpassato uno dei limiti che, silenziosamente, l'Alpha gli aveva imposto. Che suo fratello e il suo fidanzato non fossero in buoni rapporti era chiaro come il sole, ma chiedere ad Abel di prendere le distanze dal rosso era come chiedergli di non abbassare gli occhi su un solo libro per una settimana. Impossibile, sarebbe impazzito prima. In entrambi i casi. Non lo dava a vedere, ma era più preoccupato per Cain che per altro. Raphael era posato, razionale, perdeva raramente la calma, ma spesso abusava del suo potere di Alpha per distribuire ordini a destra e a manca e cose del genere. Era uno dei tratti del suo carattere che non sopportava, e probabilmente lo avrebbe usato a suo favore anche questa volta.
    Il rosso si avvicinò alla sua brandina personale: capitava così tante volte in infermeria che i Black Dogs avevano deciso di assegnare un letto solo per lui. Ci si appoggiò, e quella accolse il peso del ragazzo con un cigolio affatto rassicurante. Abel radunò i medicinali che aveva utilizzato sul tavolo per metterli a posto.
    « Il tuo amore per me, ovvio » un brivido freddo percorse la schiena dell'albino, e si sbrigò a prendere in mano le creme e le bende per depositarle nell'armadietto. Forzò un sospiro, e sparì dietro un'anta. Cain l'aveva detto con nonchalance e senza pensarci tanto, ma diamine, giustamente non poteva sapere ciò che stava affrontando l'amico.
    "Amore fraterno." si ripeté varie volte, senza tregua, fino a quando quelle due parole persero il proprio senso alle orecchie del ragazzo. Lui non poteva essere innamorato di Cain, punto. C'era poco da aggiungere. Il suo attaccamento nei suoi confronti era qualcosa di malsano, e ne era pienamente cosciente. Doveva riprendersi, il fratello non lo aveva detto con chissà quale intento, era Abel che andava sempre a scavare a fondo quando non c'era nulla da trovare.
    Chiuse l'armadietto cigolante, che con gli spifferi del vento si apriva ugualmente, e buttò un'occhiata al ragazzo. Non aveva ancora preso sonno, ma sembrava essere sul punto di addormentarsi. Era a conoscenza della sua fissa per le classiche otto ore di sonno: la sua pelle ne avrebbe risentito, e chissà quante storie avrebbe potuto tirare fuori per le occhiaie. Abel invece era già tanto se dormiva quattro ore filate, tra missioni, studio e letture lasciate in sospeso. Che vita facile, quella del cialtrone.
    Si avviò verso l'uscita, e poteva sentire chiaramente il richiamo il suo comodo e caldo letto. Nessun libro di fisica, era stremato. La sua mano si posò sulla maniglia, abbassandola, ma non fece in tempo ad aprire la porta che sentì chiamare il suo nome. L'albino sospirò di nuovo, stavolta lasciando trapelare il fastidio.
    « Se non dormi con me avrò gli incubi per il resto della settimana. » ah, ci voleva ben altro per convincerlo. Non era affar suo. Nel peggiore dei casi, gli avrebbe invaso la camera ma non era la cosa peggiore che Cain gli avesse fatto negli anni.
    « E non ti parlerò più. » Abel soffocò una risatina. Come se avesse potuto farlo davvero, sapeva che non ci sarebbe mai potuto riuscire. Calcò la mano sulla maniglia, riabbassandola energicamente facendo sì che il fratello potesse sentirne il rumore.
    « E ti riempirò la stanza di gatti. » questo era davvero troppo. Il ragazzo si gelò sul momento, e le guance persero colore. Odiava i gatti, sicuramente a causa del suo essere un Black Dog e portandoli ad essere, in pratica, nemici naturali. Il fatto che poi il suo migliore amico fosse un gattofilo e li allevasse in camera sua glieli aveva resi ancora più indigesti.
    « Quei cosi in camera mia non ci entrano. » sussurrò, voltandosi appena per vedere Cain fargli spazio sulla brandina. Conosceva Cain, sapeva che lo avrebbe fatto. Lasciò la presa sulla maniglia e sibilò frustrato, indirizzando al ragazzo un'occhiata alquanto infastidita.
    « Ti odio. » fece, avanzando spazientito verso di lui e infilandosi sotto le coperte. Sentì i piedi caldi di Cain contro i suoi, e li strinse in una morsa gelida. Sapeva che, in verità, Cain aveva paura dei temporali, e che l'infermeria di notte non gli piaceva proprio. A volte gli aveva raccontato di averci visto addirittura qualche spirito lì dentro. Abel gli aveva dato spago, ma pensava seriamente che la sua paura fosse del tutto infondata.
    « Vedi di dormire almeno. Tu domani salterai sicuramente le lezioni, ma io no. » gli diede le spalle, convincendosi che posizionarsi in modo da guardarlo dritto negli occhi fosse decisamente troppo. Sentiva il suo respiro sul collo, e ciò non conciliava affatto il sonno. Da quando i letti dell'infermeria erano così stretti?
    « Potevano almeno mettercela alle nove e mezza, come la scorsa settimana. Che palle. » biascicò, chiudendo gli occhi. La sua pigrizia contrastava parecchio con il suo impegno nello studio e nel frequentare i corsi, al contrario di Cain che sembrava avesse voglia di fare tutto tranne che andare a scuola. L'ennesimo tuono illuminò la stanza, facendo capire che l'indomani mattina avrebbe trovato ad accoglierlo una giornata uggiosa.
    « Da domani torno anche disponibile per le missioni. » si passò le mani sul viso, stanco. Dopo una certa ora, Abel non faceva che lamentarsi, parlando però più con sé stesso che con chi aveva intorno. Si era abituato ad oziare per tutta la sera, ormai, da tre o quattro giorni a quella parte. Con Halloween alle porte, i fantasmi diventavano davvero intrattabili, e le missioni si facevano più pericolose del normale.

    Cain Asriel Skriker
    « Sei davvero il Signore dei Ghiacci » sibilò Cain, tirando via i piedi prima che congelassero a contatto con quelli dell'albino. Sapeva che qualsiasi stagione fosse, per Abel era una costante avere piedi e mani fredde,ovvero tutto il suo opposto. Quando si fu ripreso dallo shock li appoggiò sopra ai suoi per scaldarlo, ridacchiando al suo "ti odio".
    « Lo sai che non è vero ».
    Si offendevano spesso (e in modi peggiori), ma non aveva ricordi di un litigio degno di quel nome. Alla fine qualcosa li riavvicinava sempre. Il ragazzo tirò su la coperta e si irritò nel vedere che Abel gli dava le spalle. Ce l'aveva ancora con lui? Certo, l'infermeria non era il posto migliore dove schiacciare un pisolino, eppure lo stava facendo per una nobile causa.
    « Vedi di dormire almeno. Tu domani salterai sicuramente le lezioni, ma io no. »
    Lui grugnì qualcosa di indecifrabile, per nulla pentito della sua scelta di passare la giornata a letto. « Sei tu quello che sbaglia. Ogni giorno che passa assomigli sempre di più ad uno zombie». Infilò un braccio sotto al cuscino, stiracchiandosi per bene prima di scegliere una posizione comoda nei venti centimetri di letto rimasti. Il braccio gli mandò un'altra fitta, quindi le opzioni si restrinsero al dormire di fianco. Mentre Cain decideva l'angolatura giusta per non soffrire come un cane, il fratello si mise ad elencare le lamentele di fine giornata, com'era solito fare quando il livello di stress superava il limite. In effetti aveva una vita parecchio movimentata rispetto alla sua, considerando il ruolo tra gli Alpha e la media dei punteggi sempre altissima. Il rosso, dal canto suo, passava le lezioni teoriche a dormire, leggere romanzi a luci rosse, scarabocchiare o mangiare, per poi sfogarsi durante l'allenamento corpo a corpo. Tendeva a sottovalutare ogni missione, poiché ai Beta erano riservate le cose di medio livello, nulla di eclatante, e il suo unico obiettivo era terminarle in fretta per poter sperperare il denaro in lunghissime bevute. « Da domani torno anche disponibile per le missioni. » Ecco quello che non voleva ricordare. Halloween era insieme una maledizione ed una benedizione, per i Black Dog. La notte dei morti significava spettri a palate da divorare, ma anche il rischio di incappare in qualcosa di più grande. L'anno prima aveva salvato un compagno da un kelpie impazzito, rischiando quasi di annegare. Chissà quali mostri attendevano gli Alpha, stavolta. Si appallottolò come un gatto, accostando la fronte alle scapole tutte pelle e ossa di lui. Dovevano seriamente parlare dei suoi problemi di peso, una volta o l'altra. Era una preda facile in quello stato. « Non devi andare per forza » mugolò, la bocca impastata dal sonno, « potremmo andare a caccia come una volta, oppure a bere whisky finché ci dimentichiamo la strada di casa ». Era già successo, e sebbene Abel reggesse l'alcool in maniera decente, quella notte ne aveva bevuto un bicchierino di troppo. Cain contava sul suo supporto per tornare all'Istituto, ubriaco com'era, e invece si erano ritrovati a dormire su una panchina in attesa che la sbornia passasse. Grim li aveva messi in punizione per una settimana. Tutto questo prima della promozione di Abel, ovviamente. Il Black Dog si chiese in che periodo il fratello e Raphael avessero iniziato a frequentarsi, e perché ne era venuto al corrente solo molto dopo, tramite voci di corridoio. Erano dettagli importanti, anche se lui stesso non parlava all'albino delle ragazze (e ragazzi), che portava nella sua stanza saltuariamente. Forse era giusto così, e la promessa fatta alla madre di Abel di proteggerlo a costo della vita stava diventando più un'ossessione che un impegno. « Grazie per essere rimasto ». Lo disse nel mezzo di uno sbadiglio, prima di abbandonarsi ad un lungo sonno ristoratore. Poteva anche cadere il diluvio universale, non gli importava. Il respiro regolare del fratello, la sua quieta presenza, era un'incentivo a non lasciarsi spaventare da qualche lampo o tuono. Finché erano insieme, nulla gli metteva paura.

    Abel Cyril Gytrash
    La voce del rosso, seppur impastata dal sonno, suonava alle sue orecchie come una ninna nanna. Sua madre gliene aveva cantate di migliori, senza dubbio, ma in quello stato di veglia, insieme a Cain, sentiva lo stress e le preoccupazioni del momento scivolargli addosso come acqua. Possibile? In fin dei conti, l'amico gli trasmetteva sempre una grande agitazione e vitalità. Sicuramente era colpa dell'orario e delle ore di sonno da recuperare. Cain non aveva tutti i torti a paragonarlo ad uno zombie. Ultimamente, proprio a causa dei numerosi impegni e affanni, aveva preso la brutta abitudine di saltare i pasti. Mangiava a colazione e qualche dolcetto durante la giornata, ma nulla di più. Se gli andava di lusso, magari riusciva a trovare il tempo di bere una tazza di tè caldo, ma nient'altro. Era sempre stato magro, ma evidentemente era dimagrito ancora. Non se ne era accorto, a dire la verità, né ci aveva dato troppo peso.
    « Potremmo andare a caccia come una volta, oppure a bere whisky finché ci dimentichiamo la strada di casa » Abel ridacchiò, ripensando all'episodio in questione. Avevano entrambi perso la testa quella sera, quando invece di solito era lui a riportare l'amico a casa dopo serate passate al bar o a qualche festa. Era bello quando erano ancora nella stessa classe, insieme. Avevano cominciato il percorso all'interno dell'associazione fianco a fianco, procedendo di pari passo attraverso le varie classi. Cain non era costretto ad entrare dalla finestra in gran segreto per raggiungere camera sua, frequentavano le stesse lezioni e gli venivano affidati i medesimi compiti, il tempo libero lo trascorrevano in compagnia l'uno dell'altro. Anche ora erano uniti più che mai, ma non era più la stessa cosa. Sembrava che il fatto che Abel fosse riuscito ad avanzare, al contrario del rosso, li avesse divisi, e non solo fisicamente. L'albino aveva una grossa paura, che però riusciva a nascondere egregiamente: e se Cain lo avesse odiato per questo? Per essere riuscito a superare il test ed entrare negli Alpha? Ogni anno cercava di incitarlo a fare di meglio, ed ogni volta il risultato era lo stesso.
    Sentì il fratello accoccolarsi accanto a lui, poggiando la fronte in mezzo alle scapole. « Grazie per essere rimasto »
    Abel trattenne il fiato, e appena percepì il respiro regolare e profondo del ragazzo, si voltò appena verso di lui. La benda che gli copriva l'occhio si era leggermente allentata. A vederlo così sembrava tutt'altro che un messaggero degli inferi. Cambiò posizione, mettendosi a pancia in su e chiudendo gli occhi, e scivolò in un sonno profondo istantaneamente.



    Meno male che negli anni aveva sviluppato una sorta di "orologio naturale", perché svegliarsi alle otto senza impostare la sveglia per il mattino dopo era davvero un'impresa. Appena mise a fuoco l'ambiente intorno a lui, alzò lo sguardo verso l'orologio sulla parete opposta: inutile dire che, appena lesse l'ora, spalancò gli occhi e riacquistò la lucidità. Scese dal letto tentando di non fare rumore e rimboccando le coperte al ragazzo, buttandogli un'ultima occhiata prima di uscire dall'infermeria di corsa. Arrivò alla sua stanza praticamente in volo, riuscendone un quarto d'ora dopo vestito, lavato e con i libri in mano. La prima lezione era letteratura inglese, e avrebbe dovuto cambiare edificio per raggiungere le aule scolastiche. Sbuffò sonoramente, ficcandosi le chiavi in tasca e uscendo di gran carriera dai dormitori. Si sentiva i polmoni in fiamme e sentiva un caldo terribile, ma non poteva permettersi di ritardare e accontentarsi dei posti in ultima fila.
    « Gli occhiali, cavolo » imprecò a bassa voce, ricordando di averli lasciati sul comodino la sera prima, ma tornare indietro era fuori discussione. Oltrepassò il portone dell'edificio scolastico spingendo tra i ragazzi della classe Gamma, alla ricerca della sua aula. Svoltò l'angolo, imboccando le scale, e giunto al secondo piano la porta si aprì, e si ritrovò davanti l'ultima persona che sognava di incontrare: Raphael Mauthe, l'argomento dell'ultima discussione di Cain e Abel, era proprio davanti ai suoi occhi. Si era ripreso completamente, non aveva alcun segno sul viso e la divisa era tornata come nuova.
    « Buongiorno » gli fece, tentando di fargli capire di avere una gran fretta, eppure le iridi scure del compagno non si spostarono dalla sua figura.
    « Ti stavo cercando. » gli rispose di rimando, e il tono severo che utilizzò gli fece accapponare la pelle. « Non hai dormito nella tua stanza stanotte. »
    Abel indurì lo sguardo: era da quando si era messo in mezzo tra lui e Cain quella notte che tra loro aleggiava un certa tensione.
    « Infatti. » confermò l'albino, continuandolo a guardare negli occhi, che assunsero un'espressione adirata. Non era difficile intuire che fosse rimasto con suo fratello, e a quanto pare Raphael ci era arrivato senza bisogno di ulteriori spiegazioni.. « So che ora vorresti parlare, ma ho lezione. Possiamo rimandare a dopo? »
    Dopo una decina di secondi che gli parvero durare un'eternità, Raphael si mosse verso di lui, intenzionato a farlo passare. Prima di posare il piede sul gradino, afferrò il polso di Abel e lo attirò verso di sé.
    « Skriker ti sta portando sulla cattiva strada. » gli sussurrò all'orecchio, per poi posizionare il suo viso all'altezza dei suoi occhi grigiastri. Abel si morse il labbro, e appena sentì la presa di Raphael allentarsi, la strappò.
    « Non vorrei ricorrere a metodi spiacevoli per far sì che ti stia lontano. » mormorò, la sua solita espressione fredda e indecifrabile, per poi staccarsi da Abel e scendere le scale. L'albino lo stette a guardare fino a quando non scomparì dietro la curva: cosa voleva dire? Non sembrava alludere solo alla punizione che gli spettava. Il cuore gli prese a battere all'impazzata, e si infilò nell'aula di letteratura chiudendosi la porta alle spalle. Prendere appunti quella mattina si dimostrò più complicato del previsto, i suoi pensieri si radunavano continuamente su Cain e Raphael.
     
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