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.- Evelya Sadalmelik -"If I had a flower for every time I thought of you, I could walk through my garden forever."
Evelya guardava il proprio riflesso nello specchio, ma era come se ci vedesse attraverso. La sua mente era altrove mentre una serva dal tocco gentile le acconciava i capelli e fermava le ciocche con spille a forma di fiori. Erano bianchi, come il suo abito e le sue scarpe. Una triste premonizione del futuro che la attendeva.
Fece scorrere una mano sulla pesante collana tempestata di gocce di cristallo, fredda sulla pelle, e fu presa dall'impulso di strapparla via.
"Brillate come una stella, signorina Evelya" commentò la serva, contenta come se fosse una sua parente prossima. Era giovane e piena di entusiasmo, grata di trovarsi a quell'evento tanto chiacchierato nell'alta società. L'angelo le fece un sorriso privo di entusiasmo e tornò a rigirare intorno all'anulare sinistro l'anello che Azarel le aveva dato quella stessa mattina. Era largo, rischiava di perderlo ad ogni movimento della mano. Un'ottima scusa per liberarsene appena quella farsa fosse terminata, poteva dare la colpa alla pessima scelta del suo fidanzato di comprare un anello alla cieca. Fidanzato, già.
Appena tornata in patria l'aveva trovato ad attenderla lì, sulla soglia di casa sua, mentre conversava amabilmente con sua madre e faceva complimenti al padre per il modo in cui l'aveva cresciuta. Le era sembrato viscido e scostante come un tempo, se non più agguerrito. Era bastata un'occhiata per rivivere tutti gli incubi legati alla figura di Azarel.
"Visto? Vi avevo detto che l'avrei trovata."
I genitori lo avevano applaudito per le sue gesta coraggiose, ed Evelya si era spenta come una fiamma sotto un bicchiere.
Le giornate scorrevano a rallentatore attraverso i vetri delle grandi finestre di casa Sadalmelik, tra prove d'abito, inviti e tè pomeridiani con persone che conosceva a malapena. Alcune amiche, già sposate da anni, le avevano fatto visita per congratularsi con lei del matrimonio imminente, ed Evelya era stata sul punto di dire che non c'era niente da festeggiare, ma si era morsa la lingua appena in tempo.
Per riempire il vuoto lasciato da Noel, dalla sua vita breve e meravigliosa nel Continente Ibrido, si ritrovava a riavvolgere i ricordi e proiettarli all'infinito nella testa, estraniandosi dalle conversazioni. Lui le avrebbe di certo strappato un sorriso anche in quelle occasioni, l'avrebbe presa per mano e portata via. Le avrebbe fatto fare un volo tra le sue braccia, offrendo la spalla come appoggio, poi sarebbero tornati nel suo appartamento, su quel piccolo divano che li costringeva a stare vicini. Ricordava la morbidezza dei capelli cremisi tra le dita, il magnetismo dei suoi occhi ametista quando la guardava per quello che era, e si sentiva subito meglio. Gli mancava, ma trascinarlo in quelle questioni fumose tra nobili era troppo. Noel doveva vivere libero, senza imposizioni.
Senza di lei.
Si alzò in piedi per verificare che l'abito non toccasse terra, appesantito dai fiori ricamati. Purtroppo era perfetto, cucitole addosso e ripreso più volte vista la sua tendenza a dimagrire di settimana in settimana. L'immagine nello specchio la guardò con aria costernata, sconfitta.
"Sei pronta?" chiese Azarel entrando senza bussare. Era al massimo della sua eleganza, bello come poteva essere qualsiasi angelo con un vestito costosissimo addosso. La squadrò, compiaciuto di ciò che vedeva, e le offrì il braccio da bravo gentiluomo.
"Non dire niente di superfluo, mi raccomando. E cerca di sorridere".
Evelya si morse l'interno della guancia per non protestare, ma alla fine obbedì. Non aveva scelta, si trattava di mera sopravvivenza. La sua famiglia si sarebbe risollevata dalla polvere e avrebbero potuto condurre di nuovo una vita agiata grazie alle entrate del ricco fidanzato. Vincevano tutti, tranne lei.
Entrarono nella sala dei ricevimenti tra mormorii di apprezzamento e falsi sorrisi di circostanza, incontrando gli sguardi affamati dei nobili di Dunne Peyhlra che non aspettavano altro che quell'occasione per nutrirsi di pettegolezzi. Le parole dei presenti erano lontane come echi, Evelya non riusciva a concentrarsi su niente e nessuno. Da brava bambola inanimata quale era, mantenne la stessa espressione artificiosa finché diceva grazie, grazie mille, che piacere, inchinandosi di riflesso. Azarel non la lasciò nemmeno per un istante, controllando che le sue reazioni fossero appropriate e non si lasciasse sfuggire niente di sconveniente.
All'improvviso, qualcosa nell'aria cambiò. L'angelo avvertì un tepore familiare, una scintilla di vita che le fece battere il cuore. Davanti a lei, un giovane molto attraente dai capelli chiari porgeva i suoi omaggi. Era alto e snello, vestito di tutto punto, e nel suo sorriso scorse il profilo aguzzo di un paio di canini. Sebbene gli occhi fossero di una tonalità completamente diversa da quella di Noel, si trattava certamente di lui. Avrebbe riconosciuto quel tono allegro tra altri mille. Sentì un nodo stringerle la gola, rubarle le parole. Un misto di gioia e paura la immobilizzò mentre le labbra calde del demone le sfioravano la mano. Voleva afferrarlo, stringerlo forte, rifugiarsi nel suo abbraccio. Cosa gli era saltato in mente? Presentarsi proprio in quel momento, in territorio nemico, senza alleati. Si disse che non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male, tanto meno ad Azarel. Doveva agire in fretta prima che il fidanzato si accorgesse di qualcosa.
"Forse la signorina Evelya se lo ricorderà, quando eravamo più piccoli ci incontravamo spesso ai balli. Sono felice di rivedervi dopo così tanto tempo."
Lei sorrise, stavolta sul serio, e sentì la bocca dolerle per lo sforzo. "Claude, che piacevole sorpresa. Sono contenta che siate riuscito a venire."
Erano le prime parole genuine che diceva dal suo ritorno. La voce le tremò nel pronunciare quel nome, e vi infuse tutto l'affetto che di solito riservava solo a Noel. Si inchinò aggraziata e non interruppe mai il contatto visivo tra loro, attenta a non lasciarsi tradire dall'emozione.
"A quando il lieto evento?".
"Tra una settimana. In quanto amico della mia Evelya consideratevi invitato, signor Gallagher" rispose asciutto Azarel, forse notando il cambiamento d'atmosfera.
"Non volete aspettare, sarete innamoratissimi."
Evelya strinse le labbra per non ridere a quella frecciatina, il futuro sposo invece la afferrò per la vita a mo' di conferma.
Quando si congedò per lasciar passare gli altri invitati, la ragazza sentì il bisogno di rincorrerlo. Non voleva perderlo di nuovo, dovevano parlare, dirsi tutto prima che il corso degli eventi li separasse per sempre. Doveva dirgli che nel suo cuore c'era posto solo per lui, che lo pensava fino ad immaginarlo accanto a sé, che anche lei lo amava.
"L'hai invitato tu?".
"Sì, è un caro amico d'infanzia."
Azarel mormorò un assenso privo di interesse e riportò l'attenzione sui nobili in attesa di stringergli la mano, ma Evelya aveva occhi solo per Noel. Lo cercò tra un saluto e l'altro, pregando che i festeggiamenti riprendessero quanto prima. Le parve di scorgerlo in un angolo della sala, attaccato distrattamente a un bicchiere. Adorava le sue fattezze demoniache, eppure anche come angelo attirava un sacco di sguardi.
Voleva salvarla. Di nuovo. Alla fine ce la faceva sempre.
Prese congedo da Azarel e raggiunse il fratello minore, scontroso come suo solito nonostante gli apprezzamenti delle giovani in sala. Parve accorgersi subito del cambiamento nel viso di lei, ora roseo per l'emozione e non per la maestria delle truccatrici, e fece schioccare la lingua.
"Avrei preferito gettarlo in mare, ma ha insistito fino allo sfinimento."
"Zach, cosa ti è saltato in mente? Se Azarel lo scopre..." bisbigliò allarmata, per lasciar cadere il discorso appena una giovane coppia le passò accanto, congratulandosi per il lieto evento.
"Non ho potuto fare altrimenti. Ti sei trovata un ragazzo testardo come pochi" disse, fulminando con lo sguardo color rubino un punto ben preciso della sala. Noel riusciva ad adattarsi a qualsiasi ambiente, sembrava nato per la vita di corte. Sorrideva e chiacchierava con sconosciuti di un altro continente come se li conoscesse da sempre, un punto a suo favore se non volevano far insospettire Azarel. Ciò nonostante, si trattava di un Demone molto lontano da casa, in un territorio ostile, con i numeri a suo sfavore e un carattere impulsivo. Evelya si portò le mani al petto per calmare i battiti del cuore mentre cercava un modo per metterlo in salvo.
"Se scappa adesso può ancora trovare qualche nave in partenza dal porto. Devi accompagnarlo subito, ti coprirò io."
"Forse non hai capito: è qui per salvare te."
"Non voglio essere salvata!" Il suo tono controllato s'incrinò, attirando l'attenzione della madre. Parveen era seduta al tavolo più riccamente apparecchiato della sala insieme al marito, e non perdeva occasione per tessere le lodi del futuro genero con chiunque. I suoi occhi, di un castano dorato spento dall'età, si assottigliarono come quelli di un falco durante la caccia. Avevano rotto gli equilibri della festa con un semplice baciamano ed sorriso, come potevano pensare di fuggire inosservati?
"Questi ricevimenti sono una palla" enunciò Aidan con una drammatica entrata in scena, vestito da cavaliere delle fiabe con tanto di spada al fianco. "Ti autorizzo a dartela a gambe, sorellina."
Evelya, sorpresa dal suo arrivo inaspettato, si gettò tra le braccia del primogenito con troppo entusiasmo, ed il vestito stretto la rimise subito al proprio posto mozzandole il respiro.
"Non voglio che gli succeda qualcosa per colpa mia, Aidan. Non me lo perdonerei mai." Soffocò le parole nell'ampia spalla del fratello, che le carezzò la schiena intrappolata dal pizzo.
"E io non mi perdonerei mai se ti facessi sposare un essere insopportabile come Azarel." Lo disse salutando cordialmente il soggetto in questione, poco lontano, strappando un ghigno a Zachary.
"Al diversivo ci penso io. Una volta fuori di qui, scappa."
"Cosa-".
In un gesto assolutamente naturale, Aidan si volse per prendere un calice di vino dal vassoio traballante di un cameriere di passaggio, e nel voltarsi sbattè contro la sorella. Un'ampia macchia rossa iniziò ad espandersi sul vestito candido di Evelya, esterrefatta dalla piega improvvisa degli eventi, ma più lucida che mai. Si volse subito verso Azarel con aria mortificata, mentre una serie di bisbigli concitati riempivano la sala.
"Ops, devo essere già ubriaco." Aidan finse di riparare al danno con il suo fazzoletto, inutile di fronte a quello scempio, sapendo comunque che una qualsiasi sfuriata del futuro marito era improbabile. Lo tenevano d'occhio tutti, e le loro famiglie stavano per unirsi. Un litigio in quel momento era poco auspicabile per Azarel.
"Evie, il tuo bel vestito..." disse costernato, giungendo al suo fianco. Era furioso, glielo leggeva negli occhi.
"Perdonami, vado subito a cambiarmi." Cercò di sembrare altrettanto preoccupata, contenta del fatto che il rossore sulle guance potesse essere scambiato per imbarazzo, anziché euforia. Dopo un inchino frettoloso e tante scuse agli invitati, Evelya corse fuori dal suntuoso salone, ma anziché imboccare il corridoio e le scale, seguì il vento che spirava dalla porta spalancata del terrazzo, lontano dai fasti del ricevimento.
Una figura angelica dal sorriso diabolico attendeva trionfante in cima alla scalinata in pietra che conduceva ai giardini.
Sentì le lacrime scorrere lungo le guance senza controllo, le gambe spingere per raggiungerlo. Le sembrò di tornare a respirare dopo una lunga apnea, un letargo che era durato fin troppo per il suo povero cuore. Si gettò tra le braccia di Noel e strinse forte, come a volerselo imprimere sulla pelle. Era lui, sarebbe sempre stato lui. Inspirò a fondo, senza parole, staccandosi solo quando il calore del ragazzo fu abbastanza per entrambi. Posò una mano sulla guancia calda di lui, guardandolo attraverso la patina acquosa del pianto, e sorrise.
"Noel" sussurrò, e senza alcun ritegno, ignara di cosa stesse per dire, si alzò sulle punte dei piedi e posò le labbra sulle sue. Le sentì riprendere vita, il ghiaccio che l'aveva intrappolata si dissolse man mano che il ragazzo, superato lo sbigottimento iniziale, assecondava quel gesto. Le parve di ardere tra le fiamme che Noel controllava, ogni centimetro di pelle reagiva a quel contatto e bruciava. Aveva sognato tante volte di trovarsi stretta a Noel, persa in un lungo e tenero bacio, ma non di certo in una situazione del genere. Dopo un istante che parve infinito, Evelya si staccò dal Demone e lo prese per mano, senza fiato.
"Vorresti volare via da qui insieme a me?".
Le suonò solenne quanto una promessa di matrimonio, e in quel momento ne fu certa: sarebbe stato Noel o nessun altro.
In fondo alla scalinata, nel buio del giardino, Azarel fece cenno alle sue guardie di rimanere in posizione.
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I due fratelli Sadalmelik, intenti a stordire di parole il presunto futuro parente per tenerlo occupato, si stavano divertendo un mondo. Zachary, dopo aver fatto un cenno a Noel, aveva iniziato a raccontare la dura vita accademica del soldato, e Aidan l'aveva assecondato mettendoci del suo. Era stranamente soddisfacente vedere lui e la madre nel panico più totale, umiliati ad un ricevimento su cui puntavano tutto. L'arrivo di Solomon, vestito in pietosi abiti da viaggio e senza fiato, diede l'occasione ad Azarel di allontanarsi per salutarlo. Fu uno scambio di convenevoli freddo e distaccato, Solomon non brillava per carisma e il fidanzato della sorella sembrava detestarlo in modo particolare. Una volta libero dalle formalità, Solomon raggiunse i fratelli e li trascinò da parte, lontano da orecchie indiscrete.
"Ho scoperto una cosa, dobbiamo interrompere tutto. Dov'è Evie?". L'urgenza nella sua voce fece allarmare i fratelli.
"A quest'ora i due piccioncino saranno già distanti" disse Aidan, "il suo cavaliere è venuto a portarla in salvo."
"Cavaliere? Che stai dicendo?"
Zachary si intromise a malavoglia, sempre scontento di parlare di Noel. "Vivevi con lei e non ti sei mai accorto che un Demone dai capelli rossi le gironzolava attorno?".
Quel dettaglio parve rispondere alla sua domanda. Ricordava vagamente Noel, forse Evelya ne aveva parlato qualche volta, ma non sapeva della loro relazione. Questo complicava le cose.
"Okay, non importa, statemi a sentire: dobbiamo disdire l'accordo matrimoniale, Azarel è un truffatore. Ha debiti con mezzo continente, se nostra sorella lo sposa ci porterà nella fossa con lui."
Aidan cercò il suddetto truffatore nella sala, e scoprì con orrore che stava lasciando il ricevimento con un gruppo di guardie al seguito.
"Andiamo" ordinò, con una mano pronta sull'elsa della spada.
" Parlato Evie " - " Parlato Noel "— ‹ Halcyon Days Code by K▲L › — -
.Izar, Evelya, Cain.The slow dance of the infinite stars.— ‹ Finally Together Code BY K
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.Izar, Evelya, Cain."In the space between chaos and shape there was another chance."Evelya Sadalmelik (18) • Izar Al'Nair (19) • Cain Asriel Skriker (22)— ‹ Finally Together Code BY K
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C'era un silenzio irreale quella notte. Nel buio della stanza si udivano solo i loro respiri, lo scricchiolare del letto ed il frusciare delle lenzuola. Cain posò un bacio leggero sulla fronte del fratello, accoccolato contro di lui, e capì che il vero silenzio era nella sua testa. Per una volta nessuna preoccupazione lo tormentava, come se fosse stato sollevato da ogni incarico e potesse semplicemente dormire accanto al ragazzo che aveva amato per anni senza mai realizzare che si trattasse di amore. Rimboccò le coperte per tenere al caldo entrambi, mentre Abel scivolava nel sonno ed allentava la presa sulla sua maglietta. Cain si chiese se la felicità avesse quello stesso spettro di emozioni, quell'odore e quel calore, perché davvero poteva toccare il cielo con un dito ora che il fratello gli si affidava anima e corpo, tranquillo e spontaneo come il bambino che aveva conosciuto a Lancaster quattordici anni prima.
Erano entrambi molto piccoli. Il rosso si esprimeva più a gesti che a parole, ed Abel non parlava affatto.
Le loro famiglie si incontravano ogni primavera per ricordare i padri scomparsi e far esaminare i figli a Grim, che ne registrava i progressi e controllava il potere tramandato negli occhi dei giovani Black Dog. Cain stuzzicava il nuovo amico, costringendolo a trasformarsi ed inseguendolo per tutto il cortile del collegio tra guaiti ed abbai. Eva Skriker lo rimproverava, Sarah Gytrash lasciava che giocassero e si tenessero compagnia. Ad entrambi mancava un fratello, dopotutto.
- Se Gabriel fosse ancora vivo non avrei mai incontrato Abel - si ritrovava a pensare. Era il destino che faceva girare la ruota.
La primavera dell'ottavo compleanno, Cain ed Abel avevano varcato la soglia del collegio insieme, spaesati da tanto movimento ed un numero inusuale di Black Dog. Si tenevano per mano, a testa alta, e Cain ringhiava quando le occhiate dei superiori si facevano troppo insistenti. Ad ogni ringhio Abel stringeva la presa, rimettendolo al suo posto.
Se non fosse stato per lui l'avrebbero sbattuto fuori in una settimana. Doveva tutto al temperamento controllato del fratello, che gli aveva permesso poi di salire ai ranghi più alti.
« Quindi vai davvero » gli aveva detto mentre Abel faceva i bagagli, pronto a trasferirsi all'ultimo piano insieme agli altri dignitosi Alpha. I libri complicati che adorava leggere erano già riposti di sopra. Stava liberando un letto che Cain già pensava di buttare, dato che senza il fratello a dormirci non aveva alcun senso. Nessuno poteva prendere il suo posto.
« Ti aspetto l'anno prossimo. »
« Contaci. »
Ma la sua stanza era rimasta vuota l'anno seguente, e quello dopo ancora. Finché l'albino compiva gesta eroiche e riceveva le lodi di Grim l'altro viveva nella sregolatezza, scappando dalla finestra quando le responsabilità divenivano oppressive, lo soffocavano.
L'unico in grado di calmarlo andava a caccia di fantasmi e demoni ogni notte, possedeva un'innaturale pelliccia bianca e degli occhi così severi da far sentire giudicato persino un santo.
Oh, e aveva un buon odore.
Questo dettaglio gli era sfuggito. Lo sentiva fin da piccolo, sapeva di casa e lo dava per scontato. Un giorno ne aveva catturato la traccia addosso a Raphael Mauthe, ed ancor prima di capire il perché, l'Alpha era stato appeso al muro da un pugno.
Quel cane borioso si era permesso di contaminare Abel, alzare le zampacce su una creatura pura ed innocente che fino a pochi mesi prima viveva in piena simbiosi con lui.
Ora capiva cosa lo avesse spinto a difendere ciò che sentiva suo.
Con le gambe di Abel attorcigliate addosso ed il respiro lento a scaldargli il petto finalmente capiva.
« Abel » chiamò in un bisbiglio, sentendosi rispondere solo un mmm contro la maglietta. Era esausto, ma trovò comunque la forza di aprire un occhio a mezz'asta per guardarlo.
« Grazie per aver scelto me. »
Le braccia esili dell'albino gli circondarono la schiena, e Cain si sentì al sicuro, come chiuso tra mura impenetrabili, per quanto quella stretta non fosse né forte né pretenziosa.
Sorrise nel dormiveglia, immerso nel profumo fresco del compagno, con i capelli bianchi a solleticargli la guancia, e pregò che ogni risveglio d'ora in poi fosse identico a quello, con quella stessa persona avvinghiata a lui.‹ 19 y/o • Omega Black Dog • Marauder • Sheet ›— ‹ Hellhound Code by K▲L › —don't steal, create! -
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Izar Al'Nair • 26 y/o • Insegnante di matematica
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L'atmosfera si alleggerì non appena Altayr e la professoressa May lasciarono l'ufficio, ma non in maniera definitiva. Semplicemente, il temporale stava viaggiando altrove, senza smettere di gettare saette. Sapeva che la studentessa aveva un carattere particolare, un muro impenetrabile in cui era difficile vedere attraverso. Gli altri insegnanti si lamentavano spesso della sua condotta disastrosa e, in generale, della poca voglia di fare che metteva in tutto, sport escluso, eppure Izar vedeva in lei molto potenziale. Si trattava solo di incanalare quell'enorme quantità di energia in qualcosa di utile, e soprattutto trattarla come un essere umano, non una mina vagante. Già, all'inizio era solo questo: una ragazza problematica da riportare sulla retta via. Com'erano finiti a flirtare di nascosto davvero non se lo spiegava. Forse era per le cose che avevano in comune, o per i sorrisi che gli riservava dopo una lunga giornata in cui tutto era andato storto, o per la pace interiore che provava solo quando la stringeva tra le braccia. Izar si passò il pollice sul labbro inferiore, memore del bacio fugace accompagnato dalla minaccia di sotterrarlo di dolci, e vide il suo riflesso nella finestra mentre ridacchiava soddisfatto. Beh, aveva accettato l'invito a uscire, se non altro. Doveva pensare a qualcosa di divertente da fare, possibilmente lontano chilometri e chilometri da scuola. Altayr non sembrava il tipo da mazzo di rose e cioccolatini - anche se adorava il cioccolato - e il professore era davvero arrugginito in fatto di corteggiamenti. A chi poteva chiedere consiglio senza risultare sospetto? Noel era fuori discussione, l'avrebbe sfottuto a vita, e Abel... Abel amava solo i suoi libri. Bella fregatura. Gli tornò in mente la ragazzina bionda che accompagnava sempre Altayr, un involucro di dolcezza ed ingenuità che lei adorava, e pensò che forse la soluzione era più semplice di quel che sembrava. Non si sarebbe insospettita - non lo faceva mai - e aveva le risposte che Izar cercava. La fortuna di essere un insegnante era che poteva avvicinare chiunque con la scusa di un compito da correggere o un richiamo da fare, così come attirava la sua studentessa preferita quasi ogni giorno. Provò a concentrarsi sul lavoro per i restanti quaranta minuti, passati a stropicciarsi gli occhi dietro le lenti ed imprecare contro un computer che procedeva a rilento. Lo raggiunse anche il professore di storia, un ometto vecchio quanto la sua materia ma davvero comico, seguito a ruota da Miranda May, un po' più truccata di prima. La zaffata di profumo che lo investì appena lei si sedette cancellò l'aroma di caffè in un battibaleno. « A che punto sei? Ti vedo in difficoltà! » L'insegnante di lettere parlava in quel modo civettuolo che di solito Izar associava alle commesse dei negozi di vestiti: dovevano convincerti a comprare, lusingandoti su quanto un pantalone ti stesse bene e ti facesse un bel culo, ovvero "hai tutta la mia attenzione, ma ricordati di pagarmi". Cercava di conversare a tutti i costi, quando il ragazzo voleva solo continuare il lavoro nel silenzio zen di poco prima. Finse di guardare l'orologio, giusto per sembrare preoccupato. « Mi ci vorrà parecchio. Ho i compiti di altre due sezioni. » Il vecchio Mosley, sulla scrivania di fronte, gli diede del povero sfigato e se la rise, accendendosi la pipa.
« Oddio! Pensi di farcela per le sette? ». Miss May era davvero costernata, per quale motivo poi non si capiva.
« Beh, credo di sì » azzardò lui, gli occhi che viaggiavano dal compito di uno studente alle formule sullo schermo. Nemmeno avesse vinto alla lotteria, la professoressa batté le mani ed emise un gridolino ad ultrasuoni che, ci scommetteva, aveva fatto incrinare qualche vetro. « Allora puoi venire alla cena! È tutta la settimana che ne parliamo. Vero Mosley? ». Mosley bofonchiò un boh e si stravaccò sulla sedia girevole, una mano sulla pancia ed una tra le pieghe del libro di testo. Non era di grande aiuto, perciò Izar dovette fare i calcoli da solo: una cena tra colleghi il martedì sera. Ultimamente era così preso da mille impegni che poteva averlo sentito, ma non appuntato. Di solito Noel era sempre entusiasta quando si trattava di cene fuori, e non gli parve di ricordare che gli avesse rotto le scatole a riguardo i giorni precedenti. Okay, stava proprio invecchiando. « Me n'ero scordato... Dove si va? ». Il ristorante in questione, che May descrisse con aggettivi tipo "buonissimo" ed "elegantissimo" era a pochi minuti di distanza da scuola, in un quartiere troppo giovane per chi, come lui, di giovane aveva solo il viso. « Però sai, la mia macchina è dal meccanico. Posso contare su di te? » Riecco la commessa petulante, solo più vicina di venti centimetri. Che Izar sapesse, la macchina della donna era ferma dal meccanico da almeno due mesi, motivo per cui l'aveva accompagnata in stazione un sacco di volte. Guidare non gli dispiaceva, ma era tutto tempo che non passava con Altayr, quindi sprecato. E quel maledetto profumo era penetrato nei sedili, ormai. Rifiutare pareva l'unica opzione contemplabile, soprattutto perché stava cercando di risparmiare, però quegli incontri informali tra colleghi erano un po' alla base delle regole scolastiche non scritte dei professori. Serviva a legare, collaborare meglio, la Preside ci teneva. « Va bene » disse, rassegnato, « allora tra un paio d'ore ci vediamo in parcheggio. » Miranda May esultò di gioia, raccolse la borsetta e lo salutò un paio di volte, dimenticando Mosley e l'odore acre della sua pipa. Era venuta lì solo per chiedere uno strappo, quindi. E rovinare l'umore di Izar. « Magari le dici che sei già occupato, mh? » punzecchiò l'anziano, sbuffando fumo come una ciminiera ingolfata. Per fortuna non si accorse del colore terreo che il ragazzo assunse a quell'affermazione, nascosto dietro lo schermo. Era stato scoperto? La sua carriera era in pericolo? La reputazione di Altayr era... « Fa pure scena muta, furbastro. Ce ne siamo accorti tutti che hai la testa da un'altra parte. Tu e il rosso dell'infermeria fate a gara, ultimamente. »
« Ah giusto, sì. Dovrei dirle che sono... occupato. » Occupato, certo. Occupato a non farsi beccare dagli insegnanti mentre pomiciava con una studentessa otto anni più giovane di lui. Pensava di essere stato discreto, maledizione! Doveva parlarne con Noel, al diavolo le prese in giro. E poi, se i sospetti di Izar erano fondati, rischiavano entrambi. L'amica di Altayr passava decisamente troppo tempo in compagnia del medico, ed era il ritratto della salute.
Alle sei e mezza, tra uno sbadiglio e l'altro, il professore di matematica raccolse le sue cose e preparò la sigaretta in tasca. Fumare in un abitacolo chiuso avrebbe dato fastidio a chiunque, magari Miss May si sarebbe stancata di chiedere passaggi proprio a lui. Comunque, Mosley gli aveva dato uno spunto interessante. Avrebbe parlato alla donna di questa "fidanzata" che lo teneva occupato, ottimo modo per mettere dei paletti tra loro e troncare ogni possibilità di una futura relazione. Nel tragitto verso l'auto scrisse un messaggio ad Altayr sul suo rincasare tardi - mettendo un numero illegale di cuori in fondo alla frase - e pregò che la serata si concludesse senza intoppi. Miranda lo aspettava, appoggiata contro la porta del passeggero con un nuovo paio di tacchi - che dentro l'edificio scolastico non erano ammessi - l'aria compiaciuta ed una manicure che minacciava di graffiargli tutta la carrozzeria. Izar avrebbe pagato miliardi per vedere una certa ragazza al suo posto, intrecciarne le dita sul cambio, lasciarle scegliere la musica che voleva e sparare il volume a mille. La collega si sedette a gambe accavallate ed abbassò il finestrino appena il fumo di sigaretta le arrivò al naso, blaterando di giornate noiose passate da sola, del suo ultimo San Valentino di solitudine, di un compleanno deludente fatto con poche amiche... Okay, aveva recepito il messaggio. « Spero che non ci mandino via troppo presto, ho bisogno di bere. »
Izar colse la palla al balzo, finse di guardare qualcosa sul cellulare e al verde del semaforo ripartì con un colpo secco di acceleratore, l'aria ancora più dispiaciuta. « Bevete anche per me. La mia ragazza mi aspetta a casa alle dieci. »
Bomba sganciata. Non si tornava indietro. Osservò la reazione della donna di sfuggita - era concentrato sulla strada - ma il silenzio che seguì fu abbastanza eloquente. Per riempirlo accese la radio su un notiziario a caso, subito rimpiazzato dalla voce nervosa di Miss May. « Alle dieci è un po' presto... ».
« Sì beh, volevo stare con lei. » Eccome se voleva. Non desiderava altro. Invertire la rotta e andare a prenderla sotto casa per mangiare ad un fast food era mille volte più allettante che passare un altro minuto con la donna molto single e molto offesa lì accanto. « Windstorm lo sa? » chiese all'improvviso, un ghigno dipinto sulle labbra color prugna. Credeva di farla da padrone, metterlo in imbarazzo, e intanto lui rideva internamente. « Perché dovrebbe? Insomma, sono faccende private. » Miranda annuì, gli occhi alla ricerca di un elemento femminile in macchina che potesse tradirlo e l'unghia a picchiettare sul sedile. « Credo che tu le piaccia, ma solo un pazzo frequenterebbe quella delinquente. Chissà come ci rimarrebbe male se lo sapesse! ». Con ogni probabilità non vedeva l'ora di incrociarla il giorno seguente per darle la triste notizia. Il fatto che l'avesse chiamata delinquente, comunque, invogliò Izar ad inchiodare bruscamente e far finire quel trionfo di trucco e profumo sul cruscotto. Peccato che ci tenesse al suo vecchio catorcio. La conversazione verté altrove fino all'arrivo al ristorante, dove i professori erano solo due: educazione fisica e chimica. Altra carne giovane per l'avvoltoio Miranda May. Prima di entrare nel caos del locale, Izar si concesse un ultimo messaggio.
- Quanto si arrabbiano i tuoi se ti vedono scappare di casa alle dieci di sera? -
« Parlato » - Pensato -
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.⚘ EVELYA SADALMELIK ⚘
Il suo egoismo l'aveva portata a questo. Per un capriccio ora Noel non sorrideva più, e faceva male, un male fisico, al pari di una pugnalata in pieno petto. Il ragazzo le stringeva convulsamente le mani, incredulo ed affranto, e lei non riusciva a rispondere ad una sola domanda. Temeva che le parole si sarebbero trasformate in singulti, finché le lacrime radunatesi sotto alle palpebre iniziavano a sfuggirle.
« Non puoi tornare alla vita di prima, se sei scappata c'è un motivo ». Oh dei, lo sapeva fin troppo bene! La libertà che si era presa con la forza, rinunciando a tutto, stava tornando ad essere un sogno irrealizzabile e distante, con la differenza che ora, per l'Angelo, non vi era più alcuna possibilità di redenzione. « Ascoltami, ti prego... » lo supplicò, quasi dolorante nella sua stretta. La piuma bianca stava tra loro come una bandiera di resa - la sua resa - ed Evelya non riusciva a pensare a nessuna giustificazione plausibile. Doveva dirgli di Azarel? Di quanto aveva messo in pericolo il Demone solo con la sua presenza? No, certo che no. Non poteva aggiungere preoccupazione ad altra preoccupazione. « È necessario che io parta, devo... ».
« Sono quasi impazzito quattro giorni senza di te, figurarsi non rivederti più ». D'un tratto guardarlo negli occhi le riuscì molto difficile, soprattutto perché era conscia di avere il viso rigato di lacrime ed un'espressione miserabile. Possibile che Noel tenesse così tanto a lei? Credeva che fosse nella sua indole aiutare il prossimo, e la fanciulla era stata solo l'ennesima poveretta da consolare, probabilmente. Il fatto che si tenessero per mano sempre più spesso o che i loro abbracci durassero alcuni istanti oltre il necessario non significavano certo un attaccamento profondo. Evelya era sicura dei suoi sentimenti tanto quanto era sicura di quelli del rosso, che la considerava una specie di sorella minore da trarre in salvo. Sì, era l'unica spiegazione. « Stai esagerando. Mi conosci appena » mormorò, sorridendo tristemente delle sciocche idee che le frullavano nella testa. Se avesse continuato a fingersi tranquilla, padrona della situazione, magari anche Noel si sarebbe calmato, insieme al fastidioso pulsare del suo cuore. Alla richiesta dell'altro di opporsi alla volontà del fratello - e di tutta la famiglia - Evelya scosse subito il capo. « Non posso, Noel. Sono già fuggita una volta, e da allora ho causato solo guai ». La prospettiva di una vita da reietta, con un pretendente alle calcagna che tutto pareva fuorché un gentiluomo, la terrorizzava davvero, ma coinvolgere il ragazzo di cui si era invaghita e metterlo in pericolo... no, questo mai. Aveva il diritto di proseguire per la sua strada, diventare il grande medico che aspirava ad essere e continuare a sorridere gioioso, evitando di immischiarsi in faide tra casati angelici. « Perderai tutto, e anche io perderò tutto » disse lui, rincarando la dose, intaccando fino all'ultimo briciolo di volontà rimastole,
« perché voglio stare con te, anche tutta la vita, e perché... ». Evelya rimase senza fiato e parole, sfilando una mano dalla sua presa per chiuderla sul petto, attorno alla stoffa leggera del vestito. Uno di loro stava delirando, e non era certa che fosse il ragazzo. Nessuna persona sana di mente avrebbe dichiarato di voler passare la vita con un Angelo indegno perfino di una dote, rigettato dalla famiglia stessa. Aveva interpretato male il discorso, chiaramente. « ... Perché mi piaci, più del dovuto, e non posso sopportare il pensiero che ti facciano qualcosa che tu non vuoi ». Per un lungo istante, la fanciulla si sentì chiusa in una bolla: il mondo spense tutti i rumori, la vista si offuscava quando provava a mettere a fuoco il verdeggiante parco che li circondava, e l'unica macchia distinta di colore era il rosso cremisi dei capelli di lui. Poi sbatté le palpebre e tornò a vedere la figura slanciata del Demone come gli era sempre apparsa. Confortante, un rifugio sicuro, un appiglio. - Non l'ha detto... non l'ha detto - ripeté a sé stessa, perché se il suo sciocco amore era corrisposto allora poteva dire addio alla felicità per sempre. Noel l'avvolse in un abbraccio così lentamente che le parve non arrivare mai, finché sentì il respiro caldo sulla pelle scoperta del collo. Era un bene che non la guardasse in faccia, per tutti e due. « T... ti piaccio in che senso? Come un'amica? » chiese, titubante, ma perfino quell'unica speranza le fu negata appena Noel fece cenno di no con la testa. Se Zachary non fosse venuto a prenderla, se il fidanzato avesse semplicemente rinunciato ad averla, se la vita avesse ripreso il suo corso, Angelo e Demone sarebbero rimasti insieme. Quella realizzazione consumò l'ultimo briciolo di compostezza. Evelya posò la fronte sulla spalla del rosso, osservando le lacrime cadere ai loro piedi e le mani ancora giunte a stringere la piuma. Non era giusto, per nessuno dei due. « Vorrei non averti mai incontrato ».
Con un considerevole sforzo - mentale e fisico - fece un passo indietro, ritraendo entrambe le mani per pulirsi le gote umide di pianto. « Se non mi fossi innamorata di te ora non soffrirei così, e invece ho complicato tutto ». Fece il possibile per non vacillare sotto lo sguardo sconvolto di lui, consapevole che poche confessioni d'amore corrisposto dovevano essere finite a quel modo. Nelle favole che leggeva il cavaliere salvava la principessa, le giurava fedeltà eterna e la chiedeva in sposa. Ora Noel non poteva fare altro che dirle addio. « Mi dispiace, non sai quanto, ma devo tornare a casa. La mia famiglia ha bisogno di me, e non posso voltarle le spalle... non più ». Era precisamente così: con la sparizione della figlia, i Sadalmelik sarebbero stati derisi in eterno, sommersi dagli scandali, e nessuno avrebbe chiesto in moglie una donna fuggita dal primo marito in un semplice gesto di ribellione. Inoltre, fin tanto che Azarel il traditore era in circolazione non poteva vivere tranquilla.
« Farò tesoro dei nostri momenti insieme. Quella piuma non ricrescerà mai, quindi non credo che ti dimenticherò facilmente ». Sorridere le costò molta energia, eppure ritenne giusto salutarlo con un po' meno di lacrime. Dei, ne aveva versate talmente tante che credeva fossero esaurite.
« Sono stata... ingiusta con te. Come potrò ripagarti di tutti i favori che mi hai fatto? Non basterebbe una vita sola ». Fissandosi le dita intrecciate sul ventre, Evelya non osò alzare lo sguardo. Sapeva che il minimo tentennamento l'avrebbe ricondotta al punto di partenza, e si era impegnata tanto per non crollare davanti a Noel, per separarsi da lui con le dovute maniere. « Credimi, farei qualsiasi cosa per rimanerti accanto, ma questo è un addio ».
« Parlato Evie ». – - Pensato Evie -. – « Parlato Noel ».— ‹ Lovebloom Code BY K▲L › — -
.—⎿ NOAH ALDEBARAN ⏋—
Non era facile lasciare Noah senza parole, più che altro per l'indifferenza che mostrava nei confronti di qualsiasi cosa al di fuori del Taurus, di Elnath o di sé stesso. Un ritratto? Proprio a lui? Quella ragazzina era proprio stramba. La sua faccia era una maschera inespressiva e... noiosa, tutto il contrario rispetto alla nuova conoscenza, che pareva uscita da un programma televisivo per bambini. Come faceva a sorridere sempre, senza stancarsi di essere gentile con tutti? Probabilmente nemmeno Aster arrivava ai suoi livelli. « Sei brava, ma non ne uscirebbe niente di buono » replicò, sentendosi in dovere di uccidere l'entusiasmo sul nascere, ma nulla da fare, Liane proseguì imperterrita. « Un giorno mi verrai a trovare? ». Noah inarcò un sopracciglio alla richiesta bizzarra, ancora sconvolto dall'ondata di cordialità che gli riversava contro. Si conoscevano da poche ore e già voleva rivederlo, incredibile. Il fatto che fosse socievole quanto un sasso non la infastidiva nemmeno un po'? « Di solito lavoro tutto il giorno » disse, gli occhi posati su un lobos troppo coccolone per essere il suo « vedremo ». Non voleva darle false speranze, anche perchè odiava uscire - soprattutto d'estate - e il laboratorio senza di lui non andava avanti. Era un periodo relativamente tranquillo, gli restavano giusto un paio di protesi da mettere a punto, forse poteva trovare il tempo di passare dalle parti dell'Università, caldo soffocante permettendo. « Beh, gli piaci. Te lo ritroverai tra i piedi spesso » rispose alla richiesta di portarsi appresso l'animale meccanico con una nota di ilarità appena accennata, sorpreso a sua volta dall'attaccamento spontaneo che dimostrava. Di solito odiava le persone, come il suo padrone, eppure Liane aveva sconvolto la loro routine a tempo di record. Come faceva un esserino così piccolo a contenere tanta energia restava un mistero. Lo stava costringendo a parlare un sacco per i suoi standard. L'inventore era abituato a rispondere a monosillabi a chiunque, motivo per cui Aster si occupava di relazioni con il pubblico e lui lavorava dietro le quinte in religioso silenzio. La creaturina gli fece un sacco di complimenti - il laboratorio l'aveva lasciata senza parole, se n'era accorto - arrivando persino a chiedere di usare qualche macchina. « Una che non rischio di far esplodere toccando un solo bottone, magari » suggerì, e Noah sentì il sangue defluirgli dal viso al ricordo dei rumori tremendi che la serra aveva fatto dopo il suo passaggio. « L'hai preso per un parco giochi, mi sembra ». Nonostante la rispostaccia ci pensò su davvero, ripassando mentalmente tutti i macchinari che aveva per capire se qualcuno fosse a portata di scimmietta. No, per niente. Costruiva cose utilil, complesse, ma inadatte a chi non era del settore. Gli balenò l'idea di progettare un oggetto a suo uso esclusivo, eppure quello stesso pensiero lo turbò. Da quando si preoccupava di fare regali agli sconosciuti? Il caldo gli dava alla testa. « Posso farti vedere come funzionano, ma non devi toccarle. E' pericoloso ». L'indole da fratello maggiore tornava a galla in sua compagnia, gli sembrava di riprendere il maldestro Fay ai tempi in cui ancora viveva a Wanta Unu. Forse era per quel motivo che la sopportava così bene, e così a lungo. Tra una chiacchiera e l'altra arrivarono nei pressi di un quartiere appartenente alla parte antica della città, dove l'avvento della tecnologia era giunto tardi, in modo sporadico. I lampioni erano pochi e tutti sfarfallanti, le strade malridotte e gli edifici a dir poco cadenti. Come poteva non preoccuparsi per Liane, a quel punto? Sembrava il genere di quartiere malfamato dove rischiavi la vita anche solo a passeggiare alla luce del sole. Inutile sprecare fiato, la ragazza era allegra e spensierata come sempre. O era molto forte, o molto stupida. Noah guardò lei ed Elnath scambiarsi gli ultimi saluti, una strana sensazione di disagio ad attanagliargli lo stomaco. Sarebbe stata al sicuro da sola? Ne dubitava. « Ci vediamo. Sai dove trovarmi, ormai ». Fece un vago cenno con il capo e si voltò nella direzione opposta, imitandola, ma riuscì a fare solo pochi passi. Aveva camminato lentamente di proposito, tentato dall'accompagnarla con lo sguardo finchè non fosse sparita dietro a qualche vicolo. La sentì chiamare il suo nome, sinceramente sorpreso dalla naturalezza con cui lo pronunciò, dato che per tutti lui era solo "Aldebaran l'inventore", e attese in silenzio il responso. Il fatto che non sorridesse lo sconvolse, forse anche più del modo in cui gli afferrò la mano per posarsela sul capo. I capelli aranciati erano sottili e lisci, quasi impalpabili, di un colore talmente brillante da risaltare alla poca luce presente lungo la via. « Sei davvero strana, Liane » disse, un minuscolo sorriso ad increspare le labbra. Pareva un cucciolo bisognoso d'affetto. Accolse la richiesta e fece scorrere le dita sulla testolina di lei, che arrivò persino a ringraziarlo. C'era qualcosa dietro a quella facciata da ragazza allegra che non lo convinceva, una solitudine profonda ed una tristezza tale da cercare anche la più insulsa delle carezze. Noah le tirò indietro i capelli fino a scoprire la fronte, liscia e tonda come quella di un bambino, in modo che fosse costretta ad alzare la testa e guardarlo in faccia. Era una brava attrice, doveva dargliene atto. « Non sei costretta a sorridere sempre con me » mormorò, prima di scompigliargli le ciocche e rimettere le mani in tasca. « Buonanotte ». Elnath abbaiò i suoi saluti un paio di volte, ancora scodinzolante, finché entrambi imboccavano la via del ritorno. Okay, aveva detto qualcosa di totalmente stupido e fuori luogo, ma in quel momento gli era parso sensato. Nessuno poteva essere felice ventiquattr'ore su ventiquattro, neppure il più ricco degli Angeli di Dahlu Wamy. - Ecco perchè odio l'estate. Mi rammollisco -.
Di ritorno al Taurus evitò bellamente le domande di Aster, fin troppo inquisitorie, e salì al piano di sopra, tra le mura rassicuranti del laboratorio. Anziché riprendere il lavoro da dove l'aveva interrotto - la protesi di un braccio stava sdraiata sul bancone da lavoro dal giorno prima - Noah prese carta e matita e fece qualche schizzo veloce di un'immagine che gli frullava per la mente da quando aveva salutato Liane. - Dunque, leggero, rumoroso, colorato... -. Il risultato fu un uccellino dalla testa tonda ed il becco minuscolo, sul quale appuntò peso e grandezza approssimativi. Ovviamente doveva volare per stare al ritmo frenetico di Liane e non esserle d'intralcio, e con una ricetrasmittente all'interno sarebbero potuti rimanere in contatto nel caso le fosse successo qualcosa, no? Un'ottima trovata. Tempo di realizzare l'assurdità della situazione e l'albino accartocciò il progetto, chiedendosi se per caso non ci fosse stata qualche strana droga nel pesce che Aster gli aveva propinato a cena. « Cosa cazzo mi prende? ». Lo chiese a sé stesso e ad Elnath, sdraiato sotto al bancone, che in risposta sollevò appena l'orecchio. Magari era per via delle poche ore di sonno. Sì, doveva dormirci su e smetterla di preoccuparsi. Srotolò il materasso di fortuna che gli faceva da secondo letto, spense la luce, chiuse gli occhi e imprecò a denti stretti, poi prese il foglio stropicciato ed iniziò a scrivere numeri su numeri.
« Parlato/Noah » ✦ - Pensato/Noah - ✦ « Parlato/Liane »Fallen Angel ♦ 18 y/o ♦ April 22 ♉ ♦ Earth ♦ Char. Sheet
NB: l'uccellino è l'ultimo a destra <3