Anywhere but Here

Izar x Altayr | Sunda

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    Izar Al'Nair

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    Mutaforma demoniaco ‖ 19 y/o
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    Altayr Clarity Windstorm

    Il Corvo attese che Altayr recuperasse le sue cose, fermo davanti al portone d'ingresso e ben attento a ciò che lo circondava. Rowen poteva non essere solo, magari aveva anche allertato qualcuno affinché lo pedinasse. Poteva aspettarsi qualsiasi sotterfugio da parte del Demone. Preso com'era dalla ricognizione, Izar si accorse dell'arrivo della ragazza solo quando ne sentì la stretta della mano, le dita delicate che si incastravano perfettamente tra le sue. Cambiò immediatamente umore, tornando nel loro piccolo mondo. Che carina, era arrossita di nuovo, anche se molto meno rispetto a prima. Non andava bene, doveva mantenere un certo standard, così alzò le loro mani intrecciate e posò sulle sue nocche un bacio leggero. Ecco, ora si che ragionavano. « Hai caldo? E dire che non siamo nemmeno a metà marzo » disse, un sorriso furbesco a prendersi gioco di lei e delle raccomandazioni appena fatte di non accennare alle sue guance color pomodoro. Ormai aveva la situazione sotto controllo, poteva continuare per ore senza stancarsi. Sunda li accolse con le sue vie lunghe e strette, scarsamente illuminate, dove l'assenza di persone rendeva il tutto solo più lugubre. Il mutaforma aumentò la stretta di riflesso, richiamando il sangue demoniaco e gli occhi corvini per non farsi cogliere impreparato da eventuali attacchi a sorpresa. Il silenzio non sempre era una buona cosa, andava temuto più di ogni suono, a detta del suo saggio tutore.
    « Non pensavo potessi provare qualcosa per una come me, sul serio » disse Altayr, riempiendo il vuoto opprimente che si era creato. Izar ridacchiò in risposta, perchè per lui le stelle si erano allineate il giorno in cui i due si erano incontrati sotto la pioggia battente di Mekar Ledo. Quello che credeva essere odio innato, in realtà altro non era che un segnale che la sua anima gemella esisteva. Ci aveva messo solo qualche anno di troppo a comparire davanti a lui. « Una come te? Ti sembro il tipo che sceglie le sue vittime a caso? ». La guardò a lungo prima di proseguire, indugiando sul corpicino perfetto fasciato nell'abito nero. Nonostante il colore anonimo, sarebbe saltata all'occhio anche in una stanza buia. Ed era sua, finalmente. « E' che sei uguale a me in molte cose, e compensi tutti i miei punti deboli. Quello che provo quando ti ho vicina non l'ho mai provato con nessun'altra. Vorrà pur dire qualcosa, no? ».
    « Credevo avessi già fatto strage di cuori tra le principessine demoniache. » A quell'accusa, Izar assunse l'espressione di chi aveva appena preso un pugno in pieno stomaco. « Per carità. I Demoni sono egocentrici da far paura, e prendono tutto come un gioco. Il vecchio ci ha provato a presentarmi qualcuna, ma me ne sono liberato in fretta ». Circondarsi di persone false e approfittatrici era il suo ultimo pensiero, al momento. « E poi il mio cuore è già occupato » aggiunse, facendole l'occhiolino. Da quando Altayr era entrata nel suo campo visivo non era esistito nient'altro, per lui. Superarono un'armeria, un negozio di vestiti ed uno alimentari, rigorosamente serrati e con le insegne girate al contrario. Gli edifici sembravo tutti mal ridotti, davvero inospitali. No, non avrebbe mai messo radici in quel buco d'inferno. « E' stata proprio una serata niente male. »
    La voce dell'Aquila, addolcita dall'imbarazzo, faceva apparire qualsiasi cosa più luminosa, anche se di lampioni se ne vedevano pochi, e la luna si era nascosta dietro a grosse nubi grige. Il ragazzo l'avvicinò dando un leggero strattone, imitando il sorriso malizioso di lei. « Sì, in molti sensi » concordò.
    La tentazione di ripetere l'attività fugace di qualche ora prima era forte, ed Izar stava facendo i conti con il suo autocontrollo da troppo tempo, ma riuscì ad arginare i pensieri sconvenienti per lasciare posto al romanticismo. Diamine, stava diventando come il tutore maniaco che l'aveva cresciuto. Doveva fare attenzione. Quando l'Aquila indicò il luogo che le faceva da casa, il moro desiderò intensamente fermare il tempo. Era già arrivato il momento di dirsi addio? Lasciò che la mano di lei scivolasse via dalla sua presa, impotente, per poi ritrovare la fanciulla aggrappata al suo collo. - Calmacalmacalma - si ripeté a mo' di mantra, sporgendosi in avanti per facilitarle il lavoro, le braccia incrociate dietro alla sua schiena.
    « Non voglio » mormorò contro la sua spalla, una bambina ostinata che non voleva obbedire agli ordini. - Se, calma un corno -. Come un filo che si spezza, anche la proverbiale pazienza del Corvo venne meno, mentre le sue labbra scendevano lungo il profilo del collo, sotto l'orecchio, per lasciare baci appena accennati sulla pelle nivea di lei. Risalì fino alla mascella, sulla guancia, e infine ritrovò la bocca che aveva fissato come un ebete per la maggior parte della serata. Stavolta fu un po' meno delicato, approfondendo il contatto senza rendersi conto di dove le sue mani stessero andando. Provare ad alzarle la gonna (per fortuna più lunga di quelle che la maggior parte delle donne di Sunda indossavano), non era esattamente un buon inizio di relazione. Era già arrivato più su del ginocchio, mossa degna di Samael. Gli serviva una seduta di meditazione intensiva, altroché. Si staccò bruscamente e allontanò Altayr prima di combinare qualche guaio, liberando un sospiro che gli parve infinito. « Okay, pausa ». Le rivolse un sorriso imbarazzato, sentendosi colpevole fino all'osso.
    « Dobbiamo accordarci su questa cosa, Altayr. Non sono abbastanza allenato. Appena supero di nuovo il confine prendimi a pugni, va bene? ». Poi ripensò ai colpi micidiali dell'Aquila e si corresse. « Non troppo forti, però ». Appena tornato a casa si sarebbe fatto subito una doccia gelida per fare ammenda a tutti i pensieri impuri che gli frullavano per la testa, poco ma sicuro. Ora che aveva raggiunto un traguardo importante non poteva mettersi a bruciare tutte le tappe. Ringraziò che le finestre dell'edificio di fronte fossero sbarrate, perchè già sentiva i commenti della gente sulla sua condotta deplorevole. Affondò le mani in tasca e si fissò la punta delle scarpe, indeciso su come continuare. Nemmeno lui voleva andarsene, anzi. La parte più sporca del suo cervello gli suggeriva di proporre la camera da letto per il prossimo incontro. « Non voglio far passare altri due mesi prima di rivederti. Beh, neanche due ore. Hai programmi per domani sera? ». Perfetto, un'appuntamento poteva riaggiustare le cose. O peggiorarle. Era tutto nelle mani dei suoi nervi saldi.

    « Parlato » - Pensato -

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    Era solamente una bambina capricciosa. Non voleva lasciarlo andare nonostante le enormi responsabilità che aveva sulle spalle, e stava facendo finta che il giorno in cui avrebbe dovuto dirgli di essere una cacciatrice di taglie non sarebbe mai arrivato. Eppure, in quel momento, molto semplicemente, voleva solo trattenerlo ancora un po'. Sapeva che quella stretta non sarebbe durata in eterno, che avrebbe potuto incontrarlo di nuovo uno di quei giorni, ma era stato più forte di lei. Non voleva lasciarlo andare, come se quel contatto potesse farlo rimanere lì, insieme a lei. Esattamente come aveva sperato succedesse quando il Corvo le aveva detto di dover partire per Sunda. Illusa.
    Certo non si sarebbe aspettata una reazione del genere da parte di Izar. Un brivido le percorse la schiena da cima a fondo quando sentì le sue labbra posarsi sul suo collo, del tutto inaspettate. Lo stomaco le si ingarbugliava mano a mano che il ragazzo continuava, e quando si avvicinò alla sua bocca, Altayr quasi lo anticipò. Non si trattava di un bacio leggero come lo era stato il primo, e l'Aquila si scoprì a desiderare quel contatto da tempo. Beh, ne era valsa l'attesa. Percepì il tocco caldo delle dita del mutaforma poco sopra il suo ginocchio, e strinse tra le mani il tessuto della giacca istintivamente. Avrebbe dovuto fermarlo, decisamente, ma non riuscì a concentrarsi su nient'altro se non quel bacio. Si dispiacque quando Izar la allontanò con un gesto secco, senza ripensamenti, ma allo stesso tempo gliene fu grata: lei non ci era riuscita.
    Altayr ricambiò il sorriso del ragazzo: era adorabile, sul serio. Quasi sembrava che si sentisse in colpa per ciò che aveva fatto. La brezza fresca che tirava gli rinfrescò le guance, e meno male, perché le sentiva caldissime.
    « Lascia fare a me » scherzò, imitando il Corvo e mettendo le mani nelle tasche della giacca. La prossima volta non si sarebbe fatta distrarre. Sentiva ancora la pressione delle labbra del ragazzo sulle sue, e lo stomaco fece un'altra capriola. L'aveva finalmente baciato di nuovo. Lo guardò di nuovo di sottecchi, mentre si mostrava stranamente interessato alle sue scarpe. Più il suo sguardo si soffermava su di lui, più si convinceva che non poteva esistere qualcuno più adatto a lei. Non riusciva ad immaginarsi al fianco di nessun'altro se non lui. Il destino era stato davvero beffardo: a ripensare al loro primo incontro non avrebbe mai immaginato di poter finire così.
    « Non voglio far passare altri due mesi prima di rivederti. Beh, neanche due ore. » l'Aquila non riuscì a trattenere un sorriso. Non sapeva se sarebbe riuscita a sopravvivere altri due mesi senza di lui, non dopo la svolta che aveva subito il loro rapporto. Si preannunciava una vera e propria agonia. « Hai programmi per domani sera? » fece per rispondere di getto con un euforico "No, sono libera come l'aria!" ma si fermò appena in tempo. Certo che aveva programmi. Aveva accettato una missione, per la notte dell'undici marzo. Siccome si trovava in zona, aveva deciso di svolgere l'incarico: la paga non era male stavolta, e sarebbero finiti tutti nelle tasche di sua madre. A causa dell'inverno non aveva guadagnato granché nei mesi passati. Per fortuna la primavera alle porte.
    « Domani ho da fare » rispose, chiudendo le mani, nascoste in tasca, a pugno. « Però si potrebbe fare sabato sera » aggiunse speranzosa. Domenica pomeriggio sarebbe partita, e allora addio ad ogni occasione di incontrarsi nuovamente. Prima di tornare nel Luhd Epnet però, aveva anche qualcosa da confessare. Aveva un brutto presentimento al riguardo, ma era meglio essere chiari fin da subito. Non voleva metterlo in pericolo, e Izar doveva sapere a cosa andava incontro.
    « Izar » prese un respiro profondo, costringendosi a mantenere il contatto visivo. « La prossima volta che ci vediamo ti devo parlare di... di una cosa. » scandì bene le parole, e invece che sentirsi più leggera, un grave peso le si posò sul cuore. Era fatta, ora non poteva tirarsi indietro. Avrebbe scoperto ciò che realmente era, e sarebbe stata lei a dirglielo. Aveva una paura folle di perderlo, ma non vedeva altre soluzioni se non quella di parlargliene faccia a faccia. Il solo pensiero la faceva sentire male. Non si trattava di una cosa da niente, doveva confessargli il suo più oscuro segreto. Non voleva che andasse via da lei, ma già riusciva ad immaginare il ragazzo voltargli le spalle. Sentì una stretta al cuore tanto forte da farle mancare il respiro.
    « Ma adesso è ora di tornare al nido, Corvo » ghignò, scacciando per l'ennesima volta il futuro che la attendeva, e si avvicinò al mutaforma in modo da colmare la distanza che li separava. Si alzò sulle punte, posando sulle labbra di lui un bacio gentile. Non ne avrebbe mai avuto abbastanza. Era normale desiderarne ancora, ancora e ancora? Fu un contatto breve, non paragonabile al precedente, ma si staccò ugualmente senza provare a fare altro, specchiandosi nei suoi occhi completamente verdi. Non gli facevano così paura, non più almeno. Si allontanò da lui di qualche passo, diretta verso la porta di casa. Aveva l'impressione che Sadir li stesse osservando dalla finestra, e il suo sesto senso era spesso affidabile.
    « Stai attento sulla via del ritorno » esclamò, animata dal pensiero di poterlo rivedere ancora. « E salutami Samael » le solite frasi per perdere un po' di tempo, esatto. Gli dedicò un ultimo sorriso prima di scomparire dietro il portone di legno scuro consumato dal tempo. Appoggiò la schiena ad esso, portandosi una mano sul cuore: batteva all'impazzata, maledizione.
    Salì le scale di corsa, buttando la borsa e la giacca sul divano con noncuranza, un sorrisone da ebete stampato in faccia. Non fu sorpresa di trovare Sadir attaccato alla finestra in salotto, lo sguardo rivolto verso la strada.
    « Ancora sveglio? » gli domandò Altayr, avvicinandosi a lui a braccia conserte.
    « Mi ha svegliato il cane dei vicini. » fece di rimando lui, tentando di accendersi una sigaretta. Peccato che i vicini non avessero alcun animale da compagnia, ma non vi diede bado. Si appoggiò alla parete, in modo da guardarlo negli occhi, e anche i suoi occhi caddero dove fino a qualche attimo fa stavano lei e Izar.
    « Passata una bella serata? » chiese l'uomo, il volto illuminato dalla luce della luna che filtrava attraverso le persiane. Sadir non riuscì a nascondere il sarcasmo, o forse non ci aveva nemmeno provato.
    « Decisamente » Era chiaro che il Demone avesse visto tutta la scena, non poteva nasconderglielo. L'euforia del momento fu rimpiazzata da una strana sensazione, pesante e oppressiva. La sua doppia vita tornava di nuovo a tormentarla, insieme al pensiero che stesse facendo qualcosa di completamente sbagliato.
    « Come hai fatto a dire a tua moglie di essere un cacciatore di taglie? » chiese di punto in bianco, spezzando il silenzio che si era creato tra i due. Prima di rispondere, l'uomo esalò una boccata di fumo verso l'esterno.
    « I cacciatori sono per te come una famiglia, giusto? » la ragazza annuì, aspettando che continuasse. « Erano anche la mia » L'avevano accolta quando non non le era rimasto più nulla, dando un senso alla sua esistenza violenta e apparentemente insignificante. Come poteva non considerarli tali?
    « Prima di incontrare lei. Diventò la mia nuova famiglia. » Altayr trattenne il respiro al sentire quelle parole. Izar, la sua nuova famiglia. Significava lasciare tutto per lui, giusto? Strinse i lembi del vestito tra le dita, quasi se come quella confessione fosse fin troppo chiara. Izar era diventato la sua stella, letteralmente. Non voleva metterlo in pericolo, voleva solo renderlo felice. Ed essere un'assassina non avrebbe di certo contribuito. Eppure, era tutto ciò che sapeva fare, viveva di quello.
    « Ci penserai domani a mente lucida Altayr, vai a dormire adesso » Sadir sembrò captare i suoi pensieri. Buttò il mozzicone di sigaretta dalla finestra, allontanandosi per andare in camera da letto. Lo seguì con lo sguardo, e quando scomparve in corridoio tornò a guardare la strada attraverso gli spiragli sottili che le persiane offrivano.
    Le due cose non potevano coincidere, avrebbe dovuto scegliere prima o poi. E la cosa la faceva seriamente star male, quasi quanto il pensiero di poter perdere Izar senza riuscire a convincere a non farlo.
    "La mia famiglia."
    Sarebbe stata una notte lunga anche quella.

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    mutaforma demoniaco (aquila) - aria - 19 anni - scheda - libra sun, leo moon, aries rising

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    Izar Al'Nair

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    No, sabato non andava bene per niente. Il padre aveva organizzato una riunione con i nuovi vicini di casa e le loro stupide figlie al seguito, ovviamente di sera. Doveva iniziare a pensare ad un modo per liquidare la cosa in fretta. Una stretta di mano, un sorriso e via. Non era sicuro che gliel'avrebbero permesso, ma si parlava di Altayr, una soluzione l'avrebbe trovata. « Potrei fare tardi » disse, sconsolato. Magari Samael poteva inventarsi una scusa per trascinarlo fuori di casa prima della mezzanotte. Il Corvo alzò lo sguardo nel sentirsi chiamare, incontrando il viso serioso ed improvvisamente teso della ragazza. « La prossima volta che ci vediamo ti devo parlare di... di una cosa. » Izar annuì, cercando di controbilanciare il suo stato d'animo con un'espressione calma e distesa. « Solo una cosa? Ne abbiamo tante da dirci ». Da quel momento avrebbero condiviso tutto ciò che non si erano raccontati nei mesi di separazione. L'idea di scoprire il passato di Altayr, cosa amava e cosa odiava, quale fosse il suo colore preferito e simili lo rendeva ancora più ansioso di rivederla. Erano sciocchezze, ma ci teneva. Accolse con sommo piacere il bacio di congedo che l'Aquila gli impresse sulle labbra, sfiorandole la guancia per i pochi secondi che gli concesse prima di allontanarsi.
    « Stai attento sulla via del ritorno, e salutami Samael » Lui rispose al candido sorriso con un cenno del capo, assicurandole che non si sarebbe messo nei guai. E a proposito di Samael, gli toccava giusto una penitenza, quella notte. Accompagnò Altayr con lo sguardo finché non fu sicuro che fosse entrata in casa sana e salva (non si poteva mai sapere), e tornò sui suoi passi, cercando un punto da cui prendere lo slancio ed alzarsi in volo. Era troppo euforico per far caso al vento freddo, l'odore di pioggia o i colori lugubri della città che scorreva sotto di lui.
    - Non me lo sono sognato, stavolta. E' tutto vero -. Nemmeno la vista della decadente reggia Al'Nair riuscì ad incrinargli l'umore. Due guardie piuttosto attempate lo guardarono con la solita aria di sufficienza, spalancando i cancelli, mentre l'Ibrido a cui era stato dato il compito di seguirlo attendeva pazientemente sui gradini d'ingresso. Si chiamava Argo, un prigioniero costretto a scontare la pena ai servizi del nemico. Nonostante la sorte avversa, il ragazzo era sempre di buon umore. « Signor Izar, ben tornato! Ho qui i suoi impegni per domani ». Inutile dire che il compito di segretaria pareva piacergli molto. Il Corvo prese il foglio che lui gli porse, scritto nella solita grafia illeggibile, e i due si addentrarono per le stanze buie. Izarhaya odiava la luce, in fondo. « Perchè diavolo continui a immischiarmi in incontri combinati, si può sapere? » chiese, irritato. Sul programma del giorno seguente ve ne erano ben tre. « Ordini dall'alto. Ah, il signor Samael la stava cercando ». Perfetto, proprio la persona che voleva vedere. Passò direttamente alla sua stanza, congedando in fretta il servetto petulante, e non si disturbò nemmeno a bussare. Il Demone stava sfogliando una delle sue riviste altamente educative, sigaretta alla mano. Non appena lo vide mollò tutto a terra e corse ad abbracciarlo, nemmeno non si vedessero da secoli. « Congratulazioni, canaglia! Oh, il mio bambino sta crescendo! Ora dobbiamo parlare dell'ape e del fiore, così sarai preparato per la prossima volta ».
    « Ma piantala. Quel discorso me l'hai fatto quando avevo sette anni. Se ci ripenso mi vengono i brividi ». Samael ridacchiò al ricordo, ancora convinto di aver fatto del suo meglio come padre di riserva. Lo sommerse di domande da teenager, mentre Izar gli rubava una sigaretta e cercava l'accendino nel caos della piccola stanza. « E' andato tutto bene, ti dico. Ah, Altayr ti saluta ».
    « Adoro quella ragazza. Saprà metterti in riga. Come spiegherai la cosa a tu sai chi? ». Quello era il vero inghippo. Izarhaya cercava ancora di incastrarlo in una relazione vantaggiosa, solo ed esclusivamente con dei Demoni. La sua nuova fidanzata era tutto ciò che avrebbe evitato di rifilargli. Peccato che il parere dell'uomo contasse meno di zero.
    « C'è tempo, per quello » sbottò, liberandosi dalla presa micidiale del rosso. Non importava cosa avrebbero pensato gli Al'Nair. Niente e nessuno si sarebbe messo tra loro. Passò la nottata a perdersi in chiacchiere, lo sguardo rivolto al cielo stellato che aveva fatto da cornice al loro primo bacio. Ancora non ci credeva. Chissà di cosa voleva parlargli. Prese il cellulare dalla tasca e le lasciò un ultimo messaggio, cancellandolo e riscrivendolo più volte. Alla fine optò per il più innocente, ignorando i suggerimenti di Samael di farle delle avance.
    "Mi sono dichiarato per primo, quindi ho vinto io. Buonanotte, maestà". La regina dei cieli aveva appena trovato il suo suddito numero uno, poco ma sicuro.

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